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Codice Civile
Codice Penale

Inadempimento contrattuale – Vizi della scala

La sentenza afferma il principio di diritto secondo cui l’opponente a un decreto ingiuntivo, dimostrando l’inadempimento contrattuale della controparte, può ottenere una riduzione del pagamento. Nel caso specifico, l’inadempimento riguardava la presenza di vizi nella costruzione di una scala.

Pubblicato il 17 September 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 2836/2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI Sezione Unica CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._809_2024_- N._R.G._00002836_2019 DEL_08_09_2024 PUBBLICATA_IL_09_09_2024

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2836/2019 promossa da:
(C.F. ) e (C.F. quali eredi di con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME del foro di Rimini (PEC ed elettivamente domiciliati all’indirizzo telematico del difensore giusta mandato in calce al ricorso per la prosecuzione del giudizio ex art. 302 c.p.c. RAGIONE_SOCIALE nei confronti di (P.IVA in persona del legale rappresentante pro tempore, con patrocinio dell’avv. NOME COGNOME (PEC ed elettivamente domiciliata all’indirizzo telematico del difensore giusta mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta OPPOSTA ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo

CONCLUSIONI

Per parte opponente:
come nelle note ex art. 127-ter c.p.c. depositate in data 26 ottobre 2023 Per parte opposta:
come nelle note ex art. 127-ter c.p.c. depositate in data 7 novembre 2023 IN FATTO Con atto di citazione ritualmente notificato ed iscritto a ruolo in data 23 luglio 2019 il sig.
ha proposto innanzi al Tribunale di Rimini opposizione tardiva avverso il decreto ingiuntivo n. 1899/18 con il quale gli era stato ingiunto il pagamento in favore della società della somma complessiva di € 8.853,08 chiedendo che fosse accertata la nullità della notifica del decreto ingiuntivo opposto e fosse, pertanto, dichiarata la legittimità dell’opposizione ex art. 650 c.p.c. e l’inefficacia del provvedimento monitorio opposto ex art. 644 c.p.c.;
l’opponente ha altresì chiesto che fosse sospesa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e che fosse accertato che egli nulla doveva alla società opposta con conseguente revoca e/o annullamento del provvedimento monitorio;
in via riconvenzionale l’opponente ha chiesto che la società convenuta fosse condannata a restituirgli gli acconti versati ed a risarcirgli i danni sofferti nella misura complessiva di € 10.000,00 ovvero nella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia.

A sostegno della spiegata opposizione il sig. ha allegato che egli non aveva avuto tempestiva conoscenza del provvedimento monitorio opposto a causa della nullità della notifica;
che il credito monitorio traeva origine dalla fornitura e posa in opera di una scala;
che tale scala era risultata affetta da vizi e difetti tempestivamente denunciati per iscritto;
che la società opposta aveva, in ogni caso, riconosciuto la sussistenza dei vizi lamentati;
che egli aveva diritto alla restituzione di quanto già pagato a titolo di acconto ed al risarcimento dei danni subiti;
che sussistevano i presupposti per la sospensione dell’esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto;
che sussistevano i presupposti per la condanna della società opposta per lite temeraria.

Si è costituita tardivamente la società che, in via /pregiudiziale, ha chiesto che fosse dichiarata l’improcedibilità dell’opposizione stante la ritualità della notifica del provvedimento monitorio opposto e che, nel merito, ha chiesto che l’opposizione fosse respinta ed il decreto ingiuntivo opposto integralmente confermato anche quanto alla definitiva esecutorietà evidenziando come, al netto degli acconti versati, essa vantasse ancora un credito di € 6.166,17 nei confronti dell’opponente.

La richiesta di sospensione dell’esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto formulata da parte opponente non è stata coltivata ed i Procuratori delle parti sono stati autorizzati al deposito delle memorie ex art. 183 sesto comma c.p.c. E’ stata disposta C.T.U. ed è stata fissata udienza di precisazione delle conclusioni.

Nelle more del giudizio è intervenuto il decesso dell’opponente ed è stata dichiarata l’interruzione del giudizio che è stato riassunto a cura degli eredi dell’opponente.

La società opposta si è costituita in seguito alla riassunzione.

E’ stata nuovamente fissata udienza di precisazione delle conclusioni sostituita dal deposito di note scritte ex art. 127-ter c.p.c. Con ordinanza in data 22 febbraio 2024 la presente controversia è stata trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali e di replica.

IN DIRITTO

In via preliminare devono essere richiamate le considerazioni svolte nell’ordinanza in data 2 dicembre 2020 in punto nullità della notificazione del decreto ingiuntivo opposto:
in particolare si richiama l’orientamento espresso in maniera sostanzialmente univoca dal Supremo Collegio secondo il quale “In tema di notificazione ex art. 143 c.p.c., l’ufficiale giudiziario, ove non abbia rinvenuto il destinatario nel luogo di residenza risultante dal certificato anagrafico, è tenuto a svolgere ogni ulteriore ricerca ed indagine dandone conto nella relata, dovendo ritenersi, in difetto, la nullità della notificazione, con il conseguente obbligo per il giudice di disporne il rinnovo ai sensi dell’art. 291 c.p.c., previa fissazione di apposito termine perentorio. (Così statuendo, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto la regolarità di una notifica eseguita ex art. 143 c.p.c. semplicemente sulla base dell’assenza del nominativo della destinataria sul citofono dell’indirizzo di residenza anagrafica, trascurando di rilevare che la dicitura ‘famiglia’ seguita da altro cognome, presente sullo stesso citofono, corrispondeva effettivamente alla residenzadella destinataria, essendo quel cognome riferibile al defunto marito)” (cfr. Cass. 8638/17;
successivamente cfr. Cass. 40467/21 “Il ricorso alle formalità di notificazione previste dall’art. 143 c.p.c. per le persone irreperibile non può essere affidato alle mere risultanze di una certificazione anagrafica, ma presuppone sempre e comunque che, nel luogo di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche e che di esse l’Ufficiale Giudiziario dia espresso conto”;
in senso contrario non vale richiamare Cass. 32444/21 secondo la quale la “omessa indicazione, nella relata, delle ricerche anche anagrafiche, fatte dall’ufficiale giudiziario, delle notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario e dei motivi della mancata consegna, non costituisce causa di nullità della notificazione, non essendo tale sanzione prevista espressamente nell’elenco dei motivi di cui all’art. 160 c.p.c.” in quanto rimasta del tutto isolata nel recente panorama della Giurisprudenza di legittimità).

Si osserva che nell’ambito del presente giudizio risulta prodotta esclusivamente la relata di notifica ex art. 143 c.p.c. sub doc. 2 di parte opponente, mentre non risulta documentato alcun diverso e precedente tentativo di notifica da parte della società opposta e, del pari, non risulta documentato in alcun modo che l’Ufficiale Giudiziario abbia svolto indagini finalizzate a rintracciare il destinatario con la conseguenza che deve ritenersi la piena ammissibilità dell’opposizione tardiva al decreto ingiuntivo opposto. In senso contrario non vale far leva sul fatto che il sig. aveva la propria residenza nel luogo in cui è stata richiesta ed effettuata la notifica in quanto, ai fini della valutazione della ritualità della notifica, è necessario che l’Ufficiale Giudiziario dia atto di aver effettuato ricerche ed indagini al fine di trovare il destinatario, ricerche che, nel caso di specie, come sopra evidenziato, non risultano documentate.

In senso contrario neppure vale richiamare la pronuncia n. 10983/21 (richiamo contenuto nella comparsa di costituzione e risposta) che ha riguardo alla diligenza che può essere richiesta al notificante, anche perché è proprio la lettera dell’art. 650 c.p.c. che ammette l’opposizione oltre il termine nell’ipotesi di irregolarità della notifica (oltre che nell’ipotesi di caso fortuito e forza maggiore) quando l’opponente provi di non aver avuto tempestiva conoscenza del provvedimento monitorio:
in proposito il Supremo Collegio ha chiarito che “Ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo (di cui all’art. 650 c.p.c.) non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre, altresì, la – il cui onere incombe sull’opponente – che a causa di detta irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione.

Tale prova deve considerarsi raggiunta ogni qualvolta, alla stregua delle modalità di esecuzione della notificazione del richiamato provvedimento, sia da ritenere che l’atto non sia pervenuto tempestivamente nella sfera di conoscibilità del destinatario.
” (cfr. Cass. 20850/18; in precedenza in senso conforme Cass. 27529/17, Cass. 11550/13 e Cass. 10386/12);
nel caso di specie deve ritenersi che, alla luce delle modalità di esecuzione della notificazione (art. 143 c.p.c.) possa ritenersi positivamente acquisita la prova che il decreto ingiuntivo opposto non sia tempestivamente pervenuto nella sfera di conoscibilità del dante causa degli opponenti.

Nel merito occorre evidenziare in primo luogo che “L’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall’opposto, che assume la posizione sostanziale di attore, mentre l’opponente, il quale assume la posizione sostanziale di convenuto, ha l’onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda o l’esistenza di fatti estintivi o modificativi di tale diritto” (cfr. Cass. 2421/06) con la conseguenza che resta assorbita l’eccezione di inefficacia del decreto ingiuntivo opposto per violazione dell’art. 644 c.p.c. e con l’ulteriore conseguenza che, nel caso di specie, l’onere della prova in ordine alla sussistenza dell’an e del quantum della pretesa azionata in via monitoria gravava sulla società opposta, mentre sulla parte opponente gravava l’onere della prova della sussistenza di elementi impeditivi o estintivi della pretesa monitoria; occorre ancora evidenziare che risulta pacificamente fra le parti che il credito azionato in via monitoria dalla società opposta tragga origine dalla fornitura da parte di quest’ultima al dante causa degli odierni opponenti di una scala;
parte opponente ha lamentato che tale scala sarebbe stata affetta da una pluralità di vizi costituenti inadempimento della società opposta, diminutivi del valore della prestazione resa nonché causa di danni di cui ha chiesto il risarcimento;
dal doc. 7 di parte opponente e dalla valutazione integrata e congiunta dei doc. 8, 9, 10, 11 e 12 di parte opponente emerge chiaramente che la sussistenza dei vizi è statariconosciuta dalla società opposta che, difatti, ha indicato una pluralità di interventi per la correzione dei difetti rilevati, interventi dei quali non risulta provata l’avvenuta realizzazione.

Anzi la disposta C.T.U., i cui esiti – in quanto esenti da vizi logici e fondati su ragionamento scientifico coerente – sono integralmente condivisi da questo giudicante, ha evidenziato che “la scala presenta difetti di montaggio che si traducono nella posizione non precisa dei gradini (non sono perfettamente orizzontali e sono posti ad altezze diverse variando le distanze tra loro:
quindi le alzate sono diverse), i vetri dei parapetti non sono posati in linea e quindi manca la linearità del parapetto stesse (ci sono dei gradini sia nella parte superiore che inferiore), questo ha comportato una rotazione del vetro che le distanze tra due lastre del vetro contigue sono moto diverse e questo comporta un aspetto architettonico non accettabile” con la conseguenza che deve ritenersi positivamente acquisita la prova dell’inadempimento della società opposta alle obbligazioni sulla stessa gravante e con l’ulteriore conseguenza che, tenuto conto del fatto che la società opposta non è in alcun modo intervenuta e del fatto che per l’eliminazione di tutti i difetti sarebbe necessario un intervento massiccio non compatibile con il valore dell’affare, deve ritenersi che la somma residualmente dovuta dagli odierni opponenti alla società opposta debba essere stimata nella misura di € 1.203,61 cui deve essere aggiunta l’IVA di legge. Non può trovare accoglimento la domanda riconvenzionale di risarcimento del danno avanzata da parte opponente che non ha trovato riscontro probatorio ed in relazione alla quale neppure sono state avanzate puntuali deduzioni istruttorie da parte opponente.

Dalle considerazioni che precedono discende che il decreto ingiuntivo opposto deve essere revocato e che i sig.ri devono essere condannati a pagare alla società la somma di € 1.203,61 oltre IVA di legge ed interessi legali dal dovuto al saldo;
discende altresì che deve essere disattesa la domanda di condanna per lite temeraria avanzata da parte opponente.

Residua la pronuncia in ordine alle spese di lite che, avuto riguardo alla reciproca parziale soccombenza, restano integralmente compensate fra le parti alla luce del disposto dell’art. 92 c.p.c. nel senso emendato da C. Cost. 77/18.

Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
1) revoca il decreto ingiuntivo n. 1899/18;
2) condanna i sig.ri pagare alla società la somma di € 1.203,61 oltre IVA di legge ed interessi legali dal dovuto al saldo;
3) compensa fra le parti le spese di lite.
Rimini, 8 settembre 2024
Il Giudice dott. NOME COGNOME […

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