REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte D’Appello di Milano
Seconda Sezione
nelle persone dei seguenti magistrati:
pronunciato la seguente
SENTENZA n. 287/2022 pubblicata il 27/01/2022
nella causa iscritta al n. r.g. 538/2021 promossa in grado d’appello
DA
XXX (C.F. ) E YYY (),
APPELLANTI
CONTRO
NOTAIO ZZZ (C.F.), e
APPELLATO
avente ad oggetto: responsabilità extracontrattuale Conclusioni: come da fogli allegati.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, XXX e YYY convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Monza il notaio dottor ZZZ e, deducendone l’inadempimento all’incarico professionale conferitogli al fine di ottenere l’assistenza necessaria per la stipulazione dell’atto di compravendita sottoscritto in data 31/10/2012 avente ad oggetto il trasferimento del terreno non agricolo e parzialmente edificabile sito nel Comune di Macherio, identificato al catasto al foglio, mappali e e l’espletamento di ogni successiva formalità, ne chiedevano la condanna al risarcimento di tutti i danni patrimoniali subiti, quantificati nella complessiva somma di euro 49.820, 95 di cui 26.552, 57 già imputati a carico di XXX a seguito dell’emissione da parte dell’Ufficio Controlli dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale II di Milano di un avviso di accertamento relativo all’anno 2012 e 23.268, 38 a carico di YYY a seguito dell’emissione sempre da parte dell’Ufficio Controlli dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale II di Milano di altro avviso di accertamento relativo alla medesima annualità.
Il fulcro dell’inadempimento contestato al professionista era costituito dal non avere messo a conoscenza i venditori del disposto di cui all’art. 2 d.l. 282/2002, convertito per tramite della l. 27/2003, che aveva previsto la possibilità per i contribuenti che detenevano detti terreni e partecipazioni all’01/01/2002 di rideterminarne il valore di acquisto utilizzabile. A seguito della rivalutazione, infatti, il valore rideterminato avrebbe potuto essere preso come parametro nel caso di cessione a titolo oneroso dei beni indicati nella normativa sopra menzionata.
A tal fine il contribuente avrebbe semplicemente dovuto predisporre un’apposita perizia giurata di stima del valore d’acquisto rideterminato nonché pagare un’imposta sostitutiva pari al 2% del valore rideterminato per le partecipazioni non qualificate e, quanto ai terreni, al 4% per le quelle qualificate, il tutto entro il termine del 30/09/2002 – prorogato prima al 30/11 e poi al 16/12 dello stesso anno.
Nel caso di specie, a dire degli attori, con perizia giurata espletata dall’architetto *** in data 19/10/2010, si era provveduto ad effettuare la rivalutazione del valore del terreno oggetto di trasferimento al quale era stato attribuito un valore, pari ad euro 505.000, superiore rispetto a quello di acquisto, il che avrebbe dovuto indurre il professionista, che per il ruolo rivestito e la particolare competenza in materia avrebbe dovuto essere a conoscenza di tale normativa oltre che della perizia di stima predisposta dai venditori in quanto asseritamente messagli a disposizione, ad indicare tale maggior valore nell’atto di compravendita, così da consentire loro di fruire del beneficio e di neutralizzare in tal modo la plusvalenza ricavata, e non, piuttosto, a riportare nell’atto un valore di vendita inferiore così da indurre l’Agenzia delle Entrate a disconoscere l’efficacia della rivalutazione effettuata rideterminando la plusvalenza dovuta.
Il notaio ZZZ si costituiva in giudizio chiedendo che le domande formulate dagli attori fossero rigettate in quanto infondate in fatto e in diritto, significando di avere adeguatamente dato seguito alle richieste di controparte, adempiendo all’incarico conferitogli con scrupolo e diligenza professionale.
In particolare, il convenuto eccepiva di essere stato contattato dagli attori solo ai fini della predisposizione dell’atto di compravendita relativo all’appezzamento di terreno di cui supra; che qualsivoglia rapporto precedente la stipulazione dell’atto era stato gestito dall’architetto ***; che come previsto dall’art. 12.3 della bozza del contratto preliminare di compravendita predisposto dai professionisti delle parti, seppur da esse mai sottoscritto, le stesse avevano concordato di far svolgere tutte le verifiche di carattere giuridico e fiscale a propri consulenti prima della stipulazione dell’atto definitivo di compravendita, e che proprio a quell’atto preliminare era allegata la perizia di stima di cui si faceva ivi menzione; che ogni ulteriore adempimento di natura fiscale avrebbe dovuto essere oggetto di specifico mandato professionale al notaio rogante, in quanto la sua prestazione era limitata alle imposte connesse alla compravendita, vale a dire a quelle ipotecarie, catastali e di registro; che, di contro, mai nessuna delle parti aveva fatto menzione all’esistenza di una perizia rivalutativa del terreno, effettuata nell’anno 2010 dallo stesso architetto *** su consiglio del loro commercialista al fine di provvedere ai successivi incombenti di carattere tributario; che mai nessuna ammissione di responsabilità era stata effettuata ante causam dal notaio in quanto la dichiarazione loro rilasciata in data 21/03/2017 era esclusivamente finalizzata ad attestare di fronte all’ente accertativo la buona fede dei venditori innanzi alle contestazioni loro mosse dall’Agenzia delle Entrate e quindi, stante un rapporto di conoscenza ultraventennale, era stata predisposta con il precipuo fine di rendere giustificabile al fisco un successivo atto integrativo che, peraltro, si era anche dichiarato disponibile a predisporre.
L’istruttoria consisteva nell’acquisizione della documentazione prodotta e nell’escussione dei testi *** e ***. Espletata detta fase, previa trattazione scritta ai sensi di quanto previsto dall’art. 83, co. 3 d.l. 18/2020 come integrato dall’art. 36 d.l. 23/2020 ed assegnazione alle parti dei termini di legge per il deposito degli scritti difensivi conclusionali, la causa veniva trattenuta in decisione.
Con sentenza emessa in data 27/11/2020 il Tribunale di Monza rigettava le domande proposte nei confronti del notaio ZZZ ritenendo di non poterne ravvisare un inadempimento nell’incarico professionale conferitogli; per l’effetto, condannava i signori XXX e YYY a rifondergli in solido le spese di lite sostenute nell’ambito del giudizio.
Avverso la sentenza di primo grado proponevano appello XXX e YYY per i seguenti motivi: vizio di extrapetizione della sentenza impugnata ex art. 112 c.p.c. (corrispondenza tra chiesto e pronunciato), contestando al primo giudice di avere arbitrariamente rideterminato i confini del thema decidendum e istando di talché per la nullità della pronuncia; errata valutazione dei rilievi probatori prodotti in primo grado, e in particolare di una dichiarazione del notaio ZZZ allegata da parte attrice sub doc. 6 nel corso del giudizio di prime cure in tesi non debitamente considerata dal giudicante; inesatta quantificazione del danno come operata dal giudice di prima istanza.
Il notaio ZZZ si costituiva chiedendo in via preliminare di dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dai XXX e YYY per la riforma della sentenza del Tribunale di Monza ai sensi e per gli effetti dell’art. 348-bis c.p.c. non avendo alcuna ragionevole probabilità di essere accolta; in via principale di rigettare l’appello proposto con conseguente integrale conferma del provvedimento in esame; in via subordinata e nell’ipotesi di accoglimento, anche parziale, dell’appello svolto dai XXX e YYY e di riconoscimento della pretesa risarcitoria formulata nei confronti dello stesso, di limitare il risarcimento dei danni ai sensi degli artt. 1223, 1225 e 1227 c.c..
In occasione dell’udienza del 13/07/2021, la Corte rinviava al 26/10/2021 per consentire alle parti di precisare le conclusioni. Quindi, tratteneva la causa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare, deve evidenziarsi come l’eccezione di inammissibilità ex art. 348-bis c.p.c. proposta dal notaio ZZZ debba ritenersi superata dalla fissazione dell’udienza per la precisazione delle conclusioni; le doglianze mosse sul punto dall’odierno appellato non possono pertanto essere valutate.
Entrando dunque nel merito della controversia che occupa e con riferimento al primo dei motivi di gravame formulato dagli odierni appellanti deve anzitutto sottolinearsi come per mezzo di tale domanda – vertente, si ricorda, sul vizio di extrapetizione dell’impugnata sentenza – XXX e YYY si preoccupavano essenzialmente di ribadire molte delle argomentazioni già svolte in primo grado, insistendo sull’omesso esame delle stesse in ordine al profilo dell’asserito obbligo informativo ed accertativo incombente sul ZZZ.
Invero, le conclusioni fatte proprie sul punto dal giudice di prima istanza paiono del tutto esaurienti, condivisibili e meritevoli di conferma. In proposito, sembra opportuno richiamare le norme che regolano la fattispecie e i principi giurisprudenziali in materia.
Come è noto, per mezzo del conferimento dell’incarico professionale si instaura tra il cliente e il professionista un rapporto implicante una responsabilità di quest’ultimo ai sensi dell’art. 1218 c.c. che nasce nel momento in cui il predetto viene meno agli obblighi connessi all’attività esercitata, con il conseguente diritto in capo alla controparte al risarcimento dei danni subiti.
Ai sensi dell’art. 1176 c.c., tale inadempimento deve essere valutato avendo riguardo al contenuto dell’obbligazione del professionista e al grado di diligenza da questo applicato nello svolgimento dell’incarico, che deve essere conforme alla diligenza richiesta di volta in volta per la specifica attività.
Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’inadempimento in rilievo può desumersi solamente “dalla violazione del dovere di diligenza adeguato alla natura dell’attività esercitata, ragion per cui l’affermazione della sua responsabilità implica l’indagine […] circa il sicuro e chiaro fondamento dell’azione che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata e, in definitiva, la certezza morale che gli effetti di una diversa sua attività sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente medesimo” (ex multis, Cass. Civ., n. 16846/2005, 1386/1970, 23918/2006).
Con più stretto riguardo alla fattispecie in esame, deve altresì rimarcarsi come nell’obbligazione assunta dal notaio di rogare atti di compravendita immobiliare rientri anche un preciso dovere in capo allo stesso di cura degli aspetti fiscali dei medesimi, al fine di permettere al cliente di beneficiare del trattamento maggiormente vantaggioso. La sussistenza di tale obbligo è stata a più riprese sostenuta dalla giurisprudenza di legittimità, la quale lo ha ritenuto parte integrante dell’incarico di redazione dell’atto notarile e pertanto sussistente anche in assenza di specifiche indicazioni in tal senso (in proposito, Cass. Civ., 26369/2014 e 6/1994).
Sulla base di quanto ricordato supra, ai fini dell’accertamento della responsabilità professionale del notaio rogante, nel caso di specie sarebbe tuttavia stato necessario dimostrare che il predetto fosse stato effettivamente messo a conoscenza dell’avvenuta rivalutazione da parte degli odierni appellanti, i quali avevano due anni prima degli accadimenti posti a base della causa, provveduto ad incaricare l’architetto *** di predisporre la perizia di stima sul terreno versando successivamente allo Stato un’imposta (valutata ex post certamente agevolata) pari al 4% in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 2 dl.l. 282/2002, convertito dalla l. 27/2003.
Alla luce di quanto sinora riassunto e dall’esame della testimonianza resa proprio dallo stesso architetto, dalla quale emerge che quest’ultimo non ebbe mai a consegnare al notaio ZZZ la perizia di stima espletata ma effettivamente solo “una primitiva bozza di accordo” a cui non era tuttavia stato dato alcun seguito non essendo mai stata sottoscritta dalle parti del futuro contratto di compravendita, appare corretta la lettura effettuata dal primo giudice a pag. 6 dell’impugnato provvedimento, secondo la quale, “pacifica essendo l’estraneità del professionista all’avvenuta rivalutazione del bene effettuata nell’anno 2010”, non poteva farsi a meno di rilevare come la relativa questione “avrebbe dovuto essergli specificamente prospettata e segnalata dalle parti interessate, ovverosia dai venditori che avevano fatto ricorso a tale beneficio, tanto più se si considera che tale bozza di accordo, pur non rilevante sotto il profilo giuridico in quanto non sottoscritta, gli era stata consegnata al fine di consentirgli di inserire nell’atto di compravendita i dati relativi alle parti ed al bene trasferito”.
A margine di un’attenta analisi dei rilievi probatori appare pertanto evidente come nessuno dei protagonisti della vicenda abbia documentato di avere trasmesso al notaio la perizia oggetto della contestazione, né tantomeno di avergli esposto la problematica della rivalutazione. Qualora uno dei soggetti coinvolti vi avesse provveduto, sarebbe senz’altro stato tenuto il professionista a riportare nell’atto l’importo rivalutato al fine di neutralizzare gli effetti – negativi, per i venditori – dell’accertamento della plusvalenza da parte della Agenzia delle Entrate in quanto il prezzo di vendita del bene risultava sensibilmente inferiore a quello riportato dalla suddetta perizia dell’architetto *** di due anni prima.
In considerazione della dinamica sopra descritta non pare potersi ragionevolmente ritenere che l’omessa indicazione nell’atto delle risultanze della perizia o prima ancora una mancata informativa spontanea in merito ai contorni della disciplina di cui alla l. 27/2003 da parte dello stesso notaio costituiscano una violazione del mandato professionale conferitogli, sia in seguito alla omessa informazione da parte dei clienti circa la sussistenza della perizia in parola, sia in quanto non rientrava negli obblighi accertativi fiscali del Notaio, atteso che tale profilo esulava dagli oneri fiscali ordinari conseguenti ad una compravendita.
Al contrario, dalla consultazione della bozza di accordo sopra citata è possibile evincere come il prezzo della futura compravendita fosse stato ivi specificatamente indicato in complessivi euro 400.000, ovvero il prezzo successivamente riportato nell’atto di compravendita rogitato dal notaio ZZZ stesso, elemento che conferma ulteriormente come di tale questione, innegabilmente prioritaria nell’interesse degli stessi venditori, non fosse stato fatto cenno alcuno nel corso delle operazioni tipicamente propedeutiche alla predisposizione del rogito.
Del resto, come ancora una volta correttamente sottolineato dal giudice di prime cure, non risulta evincibile dalla documentazione versata in atti alcuna logica ragione per la quale il professionista non avrebbe dovuto provvedere all’inserimento nell’atto di tale dato (ovvero delle risultanze della perizia, particolarmente vantaggiose per i venditori) qualora lo stesso gli fosse stato prospettato dai venditori o, più verosimilmente, dall’architetto che aveva in precedenza curato l’adempimento; quest’ultimo, dotato di qualifiche e competenze tecniche tali da permettergli di comprendere la rilevanza del problema, avrebbe in particolare senz’altro dovuto una volta messosi in contatto col ZZZ metterlo espressamente al corrente dell’avvenuta rideterminazione, trasmettendogli contestualmente la sola perizia espletata in modo da consentirne un’adeguata valutazione.
Per tutte le ragioni sopra esposte, il primo motivo di gravame presentato dagli odierni appellanti non pare meritevole di accoglimento; le doglianze mosse per tramite dello stesso devono di talché essere integralmente disattese.
Le considerazioni svolte dal primo giudice nelle pagine dell’impugnata sentenza sono da ritenersi del tutto condivisibili anche con riferimento al secondo motivo d’appello che ci occupa, con il quale i XXX e YYY censuravano il provvedimento in esame riguardo alla valutazione dallo stesso effettuata del doc. 6 versato in atti nel corso del giudizio di prima istanza, recante – a loro dire – una ammissione di responsabilità da parte del notaio.
Il tenore letterale delle locuzioni utilizzate dal ZZZ per spiegare il proprio punto di vista in merito alla vicenda degli appellanti, accompagnate per di più dalla disponibilità a riportare le circostanze rappresentate in un “atto integrativo e di eventuale rettifica o migliore precisazione” circa la posizione fiscale dei XXX e YYY a cura dello stesso notaio, induceva infatti a ritenere che l’intento del convenuto in primo grado nonché odierno appellato fosse piuttosto quello di evitare, nell’interesse dei propri clienti – che non è contestato conoscesse da svariati anni – ulteriori sanzioni quali quelle rappresentate dagli avvisi di accertamento successivamente notificati a entrambi, per tramite dell’esperimento di un tentativo che nulla aveva a che vedere nelle forme e nei contenuti con una reale assunzione di responsabilità per i fatti da cui è causa.
Per tutte le ragioni sopra esposte, non essendo stata la questione relativa alla rivalutazione del terreno in oggetto stata debitamente prospettata al notaio ZZZ e non emergendo dagli atti l’effettiva sussistenza dei presupposti affinché questi dovesse autonomamente averne contezza o sospettarne l’esistenza, la statuizione da parte del primo giudice di non ravvisare alcuna forma di responsabilità in capo al professionista deve ritenersi corretta, e il gravame in questa sede proposto – ivi comprese, per assorbimento, le doglianze mosse con il terzo e ultimo motivo d’appello formulato dagli odierni appellanti – deve essere rigettato in toto.
La sentenza emessa in data 27/11/2020 dal Tribunale di Monza deve pertanto essere integralmente confermata nei termini di cui al dispositivo.
Le spese di lite del grado d’appello seguono la soccombenza. Le stesse sono liquidate come in dispositivo in applicazione dei valori medi di cui alle tabelle del d.m. 55/2014, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva in concreto svolta.
PQM
La Corte, definitivamente pronunciando nel contraddittorio fra le parti, ogni contraria istanza, domanda, eccezione disattesa:
1. respinge l’appello e per l’effetto conferma in ogni sua parte la sentenza emessa in data 27/11/2020 dal Tribunale di Monza;
2. condanna XXX e YYY al pagamento in favore del notaio ZZZ delle spese di lite per il presente grado di giudizio, che si liquidano in euro 6.615 per compensi professionali oltre IVA, CPA e spese generali al 15%.
Dichiara inoltre la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all’art. 13, co. 1-quater d.P.R. 115/2002 così come modificato dall’art. 1, co. 17 l. 24 dicembre 2012 n. 228.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 26/01/2021.
Il Presidente Est.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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