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Inammissibilità dell’impugnazione del lodo

La sentenza chiarisce la distinzione tra ordine pubblico interno e internazionale nell’impugnazione del lodo arbitrale. L’applicazione dell’art. 2944 c.c. da parte del collegio arbitrale non è contraria all’ordine pubblico, in quanto la disciplina della prescrizione rientra nell’ordine pubblico interno. Le parti possono sottoporre il loro rapporto alla legge straniera anche sulla prescrizione. L’inammissibilità del motivo di impugnazione comporta l’inattaccabilità della pronuncia arbitrale.

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Pubblicato il 18 febbraio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. 1573/2020 R.G.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE PRIMA CIVILE riunita in camera di consiglio e composta dai seguenti magistrati:

Dott. NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere relatore ha emesso la seguente

S E N T E N Z A N._582_2025_- N._R.G._00001573_2020 DEL_29_01_2025 PUBBLICATA_IL_29_01_2025

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1573 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2020, trattenuta in decisione con ordinanza ex art. 127-ter c.p.c. del 9.7.2024 e vertente T R A N. 353/2018

RAGIONE_SOCIALE ROMA (C.F./P.IVA ), in persona del curatore Rag. rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME (C.F./P.IVA ), con sede legale in Roma, INDIRIZZO in persona del legale rappresentante p.t. rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME

CONCLUSIONI

“Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello Civile di Roma, contrariis reiectis, in accoglimento della presente impugnazione:

in via preliminare e rescindente, dichiarare la nullità del Lodo Arbitrale rituale deliberato e sottoscritto in data 03/12/2019 dal Collegio Arbitrale composto dagli Avv.ti NOME COGNOMEPresidente), NOME COGNOME e NOME COGNOME sia nella parte in cui, accogliendo l’eccezione di prescrizione del credito azionato dal , ha violato per le ragioni anzidette la norma di ordine pubblico di cui all’art. 2944 c.c., sia nella parte in cui, accertando l’attuale inesigibilità da parte del del credito quest’ultimo azionato, ha violato per le ragioni anzidette i principi di ordine pubblico della causalità e della relatività dei contratti desumibili, rispettivamente, dagli artt. 1325, 1343 e 1418 c.c. e dagli artt. 1321 e 1372 c.c.; nel merito ed in via rescissoria, previo accertamento sia della sopravvenuta inefficacia della cessione di credito richiamata all’art. 6 del contratto di erogazione servizi del 30/06/2009 regolante i rapporti tra le parti, sia dell’avvenuta ed efficace retrocessione in capo alla cedente della piena titolarità dei crediti vantati nei confronti della in forza del predetto contratto di erogazione servizi, condannare la al pagamento in favore del Fallimento n. 353/2018 della della somma di € 60.908,58 ancora dovuta in forza delle fatture n. 6 del 19/01/2011, n. 73 del 01/08/2011 e n. 124 del 31/12/2011, oltre interessi moratori maturati e maturandi dalla data di scadenza di dette fatture sino al saldo; in ogni caso, con vittoria sia delle spese del presente grado di giudizio, sia delle spese, anche di funzionamento, del procedimento arbitrale”.

Per l’impugnata:

“Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello adita, per i motivi di cui in narrativa, in ordine alle richieste dell’attore di nullità e riforma del lodo arbitrale rituale, deliberato e sottoscritto in data 03.12.2009 dal Collegio Arbitrale composto dagli Avv.ti NOME COGNOMEPresidente), NOME COGNOME e NOME COGNOME costituito in data 11.06.2019, nella controversia promossa dal Fall. N. 353/2018 della nei confronti della NEL MERITO – dichiarare inammissibile e/o comunque rigettare, perché non impugnabile e comunque destituito di fondamento giuridico e fattuale, l’appello proposto dal Fall. N. 353/2018 SUBORDINE – si chiede che la domanda di pagamento se accolta venga contenuta nel minimo.

IN ULTERIORE SUBORDINE – in ulteriore subordine si chiede la condanna del Fall. N. 353/2018 della ai sensi dell’art. 96 c.p.c. al risarcimento dei danni da lite temeraria da liquidarsi d’ufficio in via equitativa.

In ogni caso, condannare parte appellante alle spese e competenze professionali difensive del secondo grado di giudizio, oltre rimborso forfettario del 15% oltre IVA e CPA”.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

La Corte, letti gli atti e sentito il relatore, osserva quanto segue.

Il Fallimento (n. 353/2018 del Tribunale di Roma) promuoveva domanda arbitrale nei confronti di chiedendo la condanna della società al pagamento della somma di euro € 60.908,58 oltre interessi, portata dalle fatture n. 6 del 19/01/2011, n. 73 del 01/08/2011 e n. 124 del 31/12/2011.

A sostegno della propria domanda deduceva che la qualità di mandataria della locataria finanziaria del complesso immobiliare sito in Roma, INDIRIZZO in forza di contratto di leasing immobiliare n. I01.103 stipulato in data 16.1.2001 con la RAGIONE_SOCIALEp.a.

, aveva stipulato in data 30.6.2009 con la un contratto di erogazione di servizi avente ad oggetto la fornitura e la materiale disponibilità di una porzione adibita ad uso ufficio del predetto complesso immobiliare, prevedendo all’art. 6 che i pagamenti dei corrispettivi contrattuali a carico della avrebbero dovuto essere effettuati in favore della RAGIONE_SOCIALE.a.

, cessionaria di tutti i crediti derivanti dal contratto, a garanzia del regolare pagamento dei canoni di locazione finanziaria ad essa spettanti.

Subentrata la alla RAGIONE_SOCIALE in data 8.4.2010 nel contratto di leasing immobiliare e poi perfezionato l’acquisto in data 30.12.2016 da parte della del complesso immobiliare avrebbe perduto giustificazione causale divenendo inefficace, con retrocessione in capo alla fallita della titolarità ed esigibilità dei residui crediti contrattuali ancora inadempiuti da parte della replicava deducendo l’inesigibilità del credito da parte del , stante l’assenza di un formale atto del cessionario finalizzato alla retrocessione del credito in favore della dichiarandosi estranea ai rapporti intercorrenti tra quest’ultima e la RAGIONE_SOCIALE LEASING. Rilevava, peraltro, che il credito in contestazione dovesse ritenersi ormai estinto per prescrizione, non essendo pervenuta alcuna richiesta di pagamento delle fatture (emesse nel 2011) da parte della RAGIONE_SOCIALE, né da parte della ma solo la richiesta del Curatore del risalente al 2018 e, quindi, inidonea a interrompere utilmente i termini prescrizionali.

Il collegio arbitrale, nel lodo deliberato e sottoscritto il 03.12.2019, accoglieva l’eccezione di prescrizione sollevata dall’odierna parte impugnata e, nel merito, rigettava la pretesa del al pagamento delle somme oggetto della domanda, escludendo l’automatica retrocessione del credito in capo alla in assenza di dichiarazione liberatoria del cessionario e non ritenendo sufficientemente provato, peraltro, che la cessione dei crediti contrattuali derivanti dal contratto di erogazione di servizi fosse finalizzata all’assolvimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di leasing. Con atto di citazione dinanzi a questa Corte il ha impugnato il lodo arbitrale per contrarietà all’ordine pubblico, lamentando, in primo luogo, la violazione dell’art. 2944 c.c. sull’interruzione della prescrizione per effetto del riconoscimento del diritto, dovendosi ritenere sufficientemente circostanziata la dichiarazione con la quale il legale rappresentante pro tempore della società impugnata all’udienza del 9.4.2015 (nell’ambito del procedimento di espropriazione presso terzi r.g.e. 37342/2014 promosso da Equitalia Sud.

nei confronti della riconobbe il debito sostenendo tuttavia che la fosse debitrice della società RAGIONE_SOCIALE anziché di essendo l’istituto giuridico della prescrizione informato da finalità di ordine pubblico.

Ha poi formulato come ulteriore motivo d’impugnativa sempre per l’asserita contrarietà del lodo all’ordine pubblico la violazione dei principi di causalità e relatività dei contratti, lamentando l’erroneità del lodo per aver ritenuto necessario, ai fini del ritrasferimento del credito ceduto in capo al cedente a seguito dell’estinzione dell’obbligazione garantita, un’attività a tal fine proveniente dall’attuale titolare del credito.

Nel costituirsi in giudizio la ha contestato l’ammissibilità e il fondamento dell’impugnazione avversaria chiedendone il rigetto, con condanna ex art. 96 c.p.c. L’impugnazione deve essere dichiarata inammissibile.

L’art. 829 comma terzo c.p.c., come riformato dal D.L.vo n. 40/2006, ha, come noto, in antitesi con la previgente disciplina, stabilito che l’impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia sia ammessa solo se espressamente disposta dalle parti o dalla legge e che sia comunque sempre ammessa l’impugnazione delle decisioni per contrarietà all’ordine pubblico.

Diviene dunque decisivo definire i contorni della clausola di contrarietà all’ordine pubblico.

Se per la dottrina essa si identifica con un’ipotesi di “nullità radicale” sì da consentire l’impugnazione per questa via del lodo solo se il contrasto con i principi che caratterizzano l’ordinamento è tanto grave da poter essere rilevato d’ufficio e senza limiti di tempo, nella giurisprudenza di legittimità si è consolidata la netta distinzione tra: ordine pubblico internazionale (o ordine pubblico in senso stretto), rappresentato dall’insieme dei principi, che si desumono dalla Carta costituzionale o che, pur non trovando in essa collocazione, fondano comunque l’intero assetto ordinamentale e formano il cardine della struttura etica, sociale ed economica della comunità nazionale, conferendole una ben individuata ed inconfondibile fisionomia (v. Cass. n. 16755/2013, Cass. n. 27592/2006, Cass. n. 4040/2006, Cass. n. 1183/2006, Cass. n. 26976/2005, Cass. n. 22332/2004). Cass., sez. 1, 20 gennaio 2006, n. . , 6 dicembre 2002, n. 17349; Cass., 13 dicembre 1999, n. 13928; più di recente Cass., sez. 1, 4 luglio 2013, n. 16755).

Sono in sostanza i principi fondamentali che rispondono all’esigenza di carattere universale di tutelare i diritti dell’uomo o che informano l’intero ordinamento in modo tale che la loro lesione si traduce in uno stravolgimento dei valori fondanti l’assetto ordinamentale (v. Cass. n. 15822/2002), le “regole fondamentali poste dalla costituzione e dalle leggi a base degli istituti giuridici nei quali si articola l’ordinamento positivo nel suo adeguarsi all’evoluzione della società” (così, Corte Cost. n. 18/1982).

Anche il diritto comunitario ha elaborato una nozione di ordine pubblico, identificandola con “gli interessi fondamentali della collettività”, potendo “includere, in particolare, questioni legate alla dignità umana, alla tutela dei minori e degli adulti vulnerabili e al benessere degli animali” (Direttiva 2006/123/CE);

ordine pubblico interno, nozione utilizzata nel diritto internazionale privato per indicare le norme di applicazione necessaria che imponendo l’applicazione del diritto nazionale operano come limite al riconoscimento del diritto straniero (v. Cass. n. 27592/2006), identificandosi in tal modo con qualsiasi norma imperativa.

Ritiene questa Corte, in armonia con la più recente evoluzione della giurisprudenza di legittimità ed anche in coerenza con il dettato codicistico che distingue tra contrarietà a norme imperative e contrarietà all’ordine pubblico, che la nozione di “ordine pubblico” contenuta nel terzo comma dell’art. 829 c.p.c. vada riferita all’ordine pubblico internazionale (o ordine pubblico in senso stretto) e non all’ordine pubblico interno e che, dunque, vada interpretata come rinvio alle norme inderogabili e fondamentali dell’ordinamento (v. Cass. n. 8718/2024, Cass. n. 27615/2022, Cass. n. 21850/2020). Del resto, la riforma dell’arbitrato del 2006, che ha rovesciato il rapporto tra regola ed eccezione per l’impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, ha inteso rafforzare la stabilità del lodo estendendo all’arbitrato interno una regola prevista in campo transnazionale, nel quale l’ordine pubblico è da sempre identificato con le Facendo applicazione dei principi appena enunciati al caso di specie, deve escludersi che l’applicazione dell’art. 2944 c.c. operata dal collegio arbitrale sia contraria all’ordine pubblico, integri cioè una violazione di una norma cogente fondamentale del nostro assetto ordinamentale. Innanzitutto, la disciplina legale della prescrizione è tradizionalmente considerata appartenente all’ordine pubblico interno e non all’ordine pubblico internazionale, tanto che le parti possono validamente sottoporre il loro rapporto alla legge straniera anche sul punto della prescrizione (v. Cass. n. 3173/1960).

Inoltre, come noto, la prescrizione non è rilevabile d’ufficio ma deve essere sempre opposta dal soggetto passivo ed è rinunciabile ed il rigore pubblicistico che informa, peraltro non tutte, le disposizioni di cui agli artt. 2934 ss. c.c è in alcuni casi attenuato se non addirittura eluso, ad esempio dalla possibilità riconosciuta dall’art. 2965 c.c. di stabilire convenzionalmente un termine di decadenza all’esercizio di un diritto anche in presenza di un termine di prescrizione.

E’ indubbio poi che la finalità pubblicistica dell’istituto mal si concili le ipotesi nelle quali la prescrizione non opera affatto e che comunque l’esigenza di certezza che è alla base di detto istituto, una volta tradotta sul piano concreto, non possegga alcuna connotazione pubblicistica abbia riguardo esclusivamente al soggetto passivo del rapporto e al suo interesse alla liberazione.

L’inammissibilità del primo motivo di impugnazione, che non integra, per i motivi appena esplicitati, un’ipotesi di contrarietà della decisione arbitrale all’ordine pubblico, comporta l’inattaccabilità della pronuncia nella parte in cui ha accolto l’eccezione di prescrizione sollevata da ritenendo inidonea ad interrompere il termine prescrizionale la dichiarazione ricognitiva resa dal legale rappresentante di detta società il 09.04.2015 nel procedimento esecutivo presso terzi n. 37342/2014 RGE Tribunale di Roma, promosso da Equitalia Sud nei confronti della ’esame del secondo motivo di impugnazione afferente l’esigibilità della pretesa creditoria risulta, dunque, superfluo. applicazione della regola della soccombenza, parte impugnante deve essere condannata a rifondere a parte impugnata le spese di lite da questa anticipate, che liquida come indicato in dispositivo in applicazione del DM 55/2014 come modificato dal DM 147/2022.

Deve essere, infine, respinta l’istanza ex art. 96 c.p.c. proposta da non sussistendo i presupposti della mala fede o colpa grave, atteso che la presente impugnazione non è stata introdotta per fini abusivi né integra un comportamento processuale gravemente colposo.

La Corte, definitivamente pronunciando, così provvede:

1) Dichiara inammissibile l’impugnazione;

2) Condanna il impugnante a rifondere a parte impugnata le spese di lite da questa anticipate, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso, nella camera di consiglio del 27.01.2025.

Il consigliere estensore Il presidente Dott. NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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