N. 5795/2018 R.G.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI PERUGIA SECONDA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale in funzione di giudice di appello, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._1188_2024_- N._R.G._00005795_2018 DEL_04_09_2024 PUBBLICATA_IL_05_09_2024
nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 5795/2018 promossa da:
(C.F. , con il patrocinio dell’avv. COGNOME COGNOME presso il cui studio in Bastia Umbra (PG), INDIRIZZO è elettivamente domiciliata come da procura in atti;
COGNOME contro C.F. ), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME presso il cui studio in Reggio Emilia, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata come da procura in atti;
APPELLATA
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale del 09/05/2024 che si intende qui interamente richiamato.
IN FATTO E DIRITTO
1. Con atto di citazione regolarmente notificato alla controparte, interponeva appello avverso la sentenza n. 562/2018 del Giudice di Pace di Perugia depositata in data 10.07.2018 e non notificata, con la quale il giudice di prime cure, ritenendo non provato il diritto fatto valere in giudizio, ha rigettato la domanda formulata nei confronti della per ottenerne la condanna al pagamento della somma di euro 4.630,18 per non aver esattamente adempiuto quanto concordato nel contratto di transazione del 29.05.2015, con cui, riconosciuti i vizi delle opere edili eseguite sull’immobile di proprietà dell’attrice come da questa denunciati, la si impegnava ad eliminarli a propria cura e spese tramite interventi integrativi e/o sostitutivi.
L’impugnazione, rivolta avverso il capo della sentenza con cui il Giudice di Pace di Perugia ha statuito il rigetto della domanda in quanto del titolo su cui si fonda il diritto di credito dedotto dall’attrice, ossia la menzionata transazione, era stata prodotta una copia sottoscritta unicamente da questa e non anche dalla controparte, è affidata ad un unico motivo, con cui l’appellante ha dedotto che il documento sottoscritto da ambedue le parti non è stato prodotto in primo grado per incolpevole impossibilità, dovuta al breve termine concesso dal Giudice e dalla mancata apertura della fase istruttoria, che non ha consentito all’attrice di rinvenirlo tra i documenti posti nella sua disponibilità, ipotesi da ricondursi al C.F. disposto dell’art. 153 comma 2 c.p.c. Ha pertanto depositato tale documento in allegato all’atto di appello, escludendo che tale produzione integri il divieto di cui all’art. 345 c.p.c., anche in quanto documento indispensabile ai fini del decidere, e rassegnato le seguenti conclusioni: “Voglia l’Ill.mo Tribunale Civile di Perugia, ogni diversa istanza disattesa e reietta, in accoglimento dell’appello proposto ed in riforma totale e/o parziale della impugnata sentenza:
In via principale: condannare la convenuta-appellata al pagamento in favore dell’attrice della somma di € 4.630,18, oltre interessi dalla domanda;
In via istruttoria:
ammettersi le prove richieste con la memoria 12.02.2017, da intendersi qui per trascritta, ed insiste perché venga autorizzata la produzione della transazione sottoscritta, sia per quanto sopra esposto e sia perché documento indispensabile ai fini della decisione.
– Salvo, in ogni caso, il deferimento del giuramento decisorio all’appellata sui capitoli che ci si riserva di articolare.
– Il tutto con vittoria di spese legali di entrambi i gradi di giudizio”.
Si è costituita in giudizio la chiedendo dichiararsi inammissibile l’avverso gravame per violazione dell’art. 342 c.p.c., nonché inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c. la produzione della transazione, non essendo la sua mancata produzione nel giudizio di primo grado dovuta a causa ad essa non imputabile.
Ha comunque disconosciuto la propria sottoscrizione, in quanto non apposta dal legale rappresentante , nonché la conformità della copia all’originale.
Ha infine eccepito la decadenza dell’appellante dalle istanze istruttorie richieste e non ammesse in primo grado, giacché non riproposte in sede di precisazione delle conclusioni.
All’udienza del 22.10.2020 il giudice – considerato la disponibilità alle parti dei diritti oggetto di controversia e l’opportunità della definizione stragiudiziale della lite – disponeva l’esperimento di un tentativo di mediazione ai sensi del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, rinviando la causa per l’eventuale precisazione delle conclusioni, in caso di mancato accordo.
Conclusosi con esito negativo il procedimento di mediazione, all’udienza del 09.05.2024 le parti precisavano le proprie conclusioni riportandogli agli atti introduttivi del giudizio di appello e il giudice tratteneva la causa in decisione con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
2. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c. formulata dalla secondo la quale l’appellante avrebbe omesso di indicare i punti della sentenza impugnata di cui chiede la riforma. A tal riguardo si osserva che la previsione di cui alla norma richiamata è soddisfatta laddove l’impugnazione individui con chiarezza le questioni oggetto di contestazione e le confutazioni all’iter argomentativo seguito nella pronuncia appellata.
In particolare, la specificità dei motivi di appello deve essere parametrata all’ampiezza e alla portata della sentenza impugnata e consistere in una critica puntuale della decisione tale che il giudice del gravame percepisca con certezza il contenuto delle censure in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice.
Tenuto conto della essenzialità argomentativa della pronuncia qui appellata – concentrata sul rilievo che il contratto di transazione prodotto in giudizio e costituente il titolo fondante la pretesa attrice era privo della sottoscrizione della – si ritiene che il motivo di appello con cui è stata dedotta l’incolpevole impossibilità di produrre in primo grado il documento nella copia recante la sottoscrizione di ambedue le parti sia sufficientemente specifico e che, pertanto, l’eccezione sia infondata.
Ciò posto e venendo al merito dell’impugnazione, si osserva in primo luogo che la giurisprudenza citata dall’appellante a conforto del gravame è inconferente, poiché nel caso di specie non si discute dell’ammissibilità in grado di appello della produzione dell’originale di un documento prodotto in copia in primo grado.
Infatti – sorvolando sul fatto che quanto telematicamente prodotto in allegato all’atto di citazione in appello non è, e non potrebbe esserlo per evidenti ragioni, l’originale del contratto di transazione e che comunque, in tempi più recenti, la giurisprudenza si è pronunciata sul punto in senso difforme da quello della richiamata Cass. civ. 1366/2016 (cfr. Cass. civ. 34025/2022) – la questione che viene in rilievo è se la copia di tale contratto sottoscritta da entrambe le parti debba considerarsi documento nuovo rispetto a quella prodotta in primo grado e recante unicamente la sottoscrizione dell’odierna appellante e, se sì, entro quale limite ne sia ammessa la produzione in appello ai sensi dell’art. 345 c.p.c. Se dunque la giurisprudenza non concorda sul fatto che la novità cui fa riferimento la norma citata attenga anche alla consistenza rappresentativa di un documento (nel rapporto cioè tra una copia e l’originale da cui è stata estratta), non sembra viceversa potersi dubitare che un documento debba considerarsi nuovo in relazione al suo contenuto.
Nel caso di specie, il difetto di corrispondenza sostanziale tra il documento depositato in primo grado e quello prodotto in allegato all’atto di appello è dato dalla presenza, in quest’ultimo, della sottoscrizione di tutte le parti in calce al contratto di transazione che, lungi dal segnare una difformità meramente grafica, opera quale fondamentale discrimine tra un atto idoneo ad esprimere e dimostrare la concorde volontà delle parti a vincolarsi alle obbligazioni ivi previste e un atto privo di tale valore. Pertanto, attesa la diversità dei due documenti e la conseguente novità di quello prodotto in questa seda, occorre valutare se, ai fini della sua ammissibilità, ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 345 c.p.c. quale eccezione al divieto di nuove produzioni in appello.
Occorre a tal riguardo rammentare che per effetto delle modifiche introdotte dal D.L. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, dalla L n. 134/2012 – con cui è stato soppresso dal testo dell’art. 345 comma 3 c.p.c. l’inciso «…(salvo) che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero…» – è venuta meno l’ipotesi della indispensabilità della prova, pur invocata dall’appellante, sicché l’unico caso in cui la produzione documentale in appello è tuttora ammissibile rimane quello costituito dalla impossibilità di operarla prima per causa non imputabile alla parte, senza che induca a diverse conclusioni la constatazione che l’irrigidimento del divieto di prove nuove in appello determinerebbe un’intollerabile scollatura fra la verità materiale e quella processuale, poiché la naturale propensione del processo all’accertamento della verità dei fatti va sempre coniugata con il regime delle preclusioni operante nel rito civile. Ciò posto, l’incolpevole impossibilità di produrre in primo grado la transazione sottoscritta da entrambe le parti è stata dedotta in maniera del tutto generica, essendosi l’appellante limitata ad attribuirla al “breve termine concesso dal Giudice” e alla “mancata apertura della fase istruttoria”, che le avrebbero impedito “di rinvenirla tra i documenti posti nella sua disponibilità”.
Tuttavia, deve constatarsi che nel corso del giudizio di primo grado, sebbene la avesse specificamente contestato l’avversa produzione sotto il profilo della carenza della propria sottoscrizione e, quindi, dell’inidoneità a dimostrare l’esistenza dell’accordo dedotto dall’attrice quale titolo della propria pretesa creditoria, questa non ha mai rappresentato di essere impossibilitata a produrne la copia sottoscritta da entrambe le parti, come risulta dall’esame degli atti del fascicolo di primo grado, in cui anzi insiste nell’affermare soddisfatto l’onere probatorio a suo carico (cfr. nota conclusionale).
Tale circostanza, se non fossero già sufficienti la genericità delle allegazioni di cui all’atto di appello e che le medesime sono rimaste prive di qualsivoglia riscontro probatorio, esclude già di per sé la verosimiglianza di quanto dedotto circa l’impossibilità di provvedere alla produzione del documento per causa a sé non imputabile.
Ne deriva che non sussiste il fatto decisivo per l’ammissibilità del documento nuovo in secondo grado di giudizio ai sensi dell’art. 345 c.p.c. e pertanto l’infondatezza dell’appello proposto, che proprio sulla base di tale documento chiede la riforma della decisione impugnata.
Quanto alle questioni sollevate relativamente alle istanze istruttorie non accolte dal Giudice di Pace, si ritiene che l’esame ne sia precluso dalla mancata impugnazione del capo della sentenza in cui, richiamando il disposto dell’art. 1967
c.c., questi ha statuito che la prova della transazione incombente su parte attrice poteva essere soddisfatto unicamente con la produzione della medesima, non potendovi sopperire altri mezzi di prova.
3. Le spese processuali ai sensi dell’art. 91 c.p.c. seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo secondo il DM 55/2014, tenuto conto del valore effettivo della causa e dell’attività effettivamente espletata in complessivi € 950,00 per compensi, oltre IVA (se non detraibile dalla parte vittoriosa), CPA ed accessori come per legge.
Sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. 115/2002 affinché la parte che ha proposto l’appello integralmente respinto sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione medesima a norma del comma 1-bis.
Il Tribunale in funzione di giudice dell’appello, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa:
– rigetta l’appello proposto da avverso la sentenza n. 562/2018 del Giudice di Pace di Perugia;
– condanna a rifondere a le spese del presente grado di giudizio che si liquidano in complessivi € 950,00 per compensi, oltre IVA (se non detraibile dalla parte vittoriosa), CPA ed accessori come per legge, con distrazione delle stesse a favore del suo difensore avv. NOME COGNOME che ne ha fatto istanza;
– dichiara che sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. 115/2002 affinché sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione medesima a norma del comma 1-bis.
Perugia, 4 settembre 2024.
Il Giudice dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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