n. 682/2023 RG CA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI GENOVA SEZIONE SECONDA CIVILE nelle persone dei magistrati:
dott. NOME COGNOME Presidente dott.ssa NOME COGNOME Consigliere dott. NOME COGNOME Consigliere relatore riuniti in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente:
SENTENZA N._1322_2024_- N._R.G._00000682_2023 DEL_04_11_2024 PUBBLICATA_IL_05_11_2024
nella causa d’appello contro la sentenza n. 1341/2023 pronunciata dal Tribunale Civile di Genova in composizione monocratica, pubblicata il giorno 01/06/2023, nella causa 2958/21 RG, notificata, promossa da:
in persona del legale rappresentante rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Genova in forza di procura in atti ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Genova, INDIRIZZO contro , Genova 24.10.1995, rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOME del Foro di Genova, come da procura 8.7.24, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Genova, INDIRIZZO
APPELLATO avente a oggetto:
opposizione a decreto ingiuntivo nelle quali le Parti hanno assunto le seguenti
CONCLUSIONI
PER L’APPELLANTE “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Genova contrariis reiectis:
– in via principale e nel merito, previa remissione della causa in istruttoria, accogliere per i motivi tutti dedotti in narrativa il proposto appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale di Genova – sez. III – Dott. COGNOME del 01 giugno 2023 1341/2023 pubbl.
il 01/06/2023 resa nel giudizio rg 2958/2021 di opposizione a decreto ingiuntivo n. Ing. 4/21 tra in persona del legale rappresentante pro-tempore (opponente) contro (opposto) accogliere tutte le conclusioni avanzate nel giudizio di primo grado che qui si riportano:
‘nel merito, revocare e/o annullare il decreto ingiuntivo in questione e, conseguentemente, accertare e dichiarare la pretesa dell’opposto manifestatamente infondata che nulla essendo dovuto dall’odierna opponente all’ opposto per le causali di cui al decreto ingiuntivo de quo e, per l’effetto, respingere e/o rigettare integralmente le domande tutte così formulate nel relativo ricorso per ingiunzione;- inoltre, dichiarare la manifesta infondatezza e temerarietà dell’azione di ricorso per decreto ingiuntivo, considerato anche il pregiudizio derivante dall’inopinata esecuzione – anche in ordine alle spese e compensi del presente giudizio, tenuto conto della fondatezza della opposizione e della manifesta infondatezza e temerarietà del ricorso per decreto ingiuntivo in oggi opposto. Con riserva di ulteriori deduzioni, conclusioni e richieste negli scritti difensivi prescritti dalla legge, all’esito della trattazione allorché l’opposta avrà adempiuto, come per legge, agli oneri probatori che la riguardano e conseguentemente disattendere tutte le eccezioni e le istanze sollevate dall’appellato/a dinanzi il Tribunale per tutti i motivi meglio esposti nel presente atto.
Con vittoria di spese e compensi oltre il rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge relativi ad entrambi i gradi di giudizio.
’ In via istruttoria, si chiede l’ammissione delle istanze istruttorie non ammesse e/o rigettate in primo grado per tutte le ragioni esposte nella parte motiva del presente appello e nello specifico:
Si produce la seguente documentazione:
1. contratto somministrazione ODV /RAGIONE_SOCIALE 2. Lettera e fatture RAGIONE_SOCIALE 3.
Contratto transazione ODV/RAGIONE_SOCIALE.
” PER L’APPELLATO “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita:
• In via pregiudiziale di rito:
dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione proposta da parte di in quanto proposta con citazione anziché con ricorso pur in presenza di materia locatizia e necessità di applicazione del relativo rito quindi disporre la conversione del rito da ordinario a locatizio ex artt. 434 e 447 bis cpc in combinato disposto tra loro;
• Ancora in via pregiudiziale di rito:
dichiarare l’inammissibilità dell’appello proposto da ex art 342 cpc e/o ex art. 348 bis cpc;
• In ogni caso respingere l’appello e le domande tutte formulate da parte di sia in I grado di giudizio che nell’odierna sede di gravame di merito e tutte le eccezioni avversarie in quanto totalmente infondate, e per l’effetto confermare integralmente la sentenza n 1341/2023 del Tribunale di Genova.
Con vittoria di spese legali e competenze tutte ex DM 55/2014, del doppio grado di giudizio oltre a rimborso forfettario, CPA ed iva come per legge con distrazione delle stesse in favore dell’Avv. NOME COGNOME ex art 93 cpc la quale dichiara di averle anticipate.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso per decreto ingiuntivo del 22.12.2020 depositato presso il Tribunale di Genova, otteneva il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo n. 4/2021 , 31.12.20, con cui il Giudice ingiungeva all’attuale appellante di pagare euro 20.125,73, oltre interessi a spese legali.
Nello specifico, il , nel ricorso, esponeva quanto segue:
– tra il 2016 e il 2020 aveva concesso in locazione a l’immobile di sua proprietà sito in INDIRIZZO
– era stato in essere tra le Parti, presso il Tribunale di Genova, un contenzioso relativo ai danni che aveva provocato all’interno dell’immobile durante la locazione;
– nelle more del predetto contenzioso, in data 30.6.2020, le Parti avevano raggiunto un accordo transattivo a risoluzione del contratto di locazione e di ogni controversia in essere tra le medesime;
– in esito a quanto sopra, tuttavia, aveva ricevuto una bolletta/intimazione di pagamento da parte di IREN, datata 28.10.2020, per euro 20.125,73, relativa al periodo ottobre 2016-ottobre 2020, periodo nel quale l’immobile era nella disponibilità di , in forza del citato contratto, ospitando presso l’immobile giovani extracomunitari immigrati;
– di avere, pertanto, diritto a richiedere tale importo in forza degli obblighi contrattuali, rispetto alla spettanza delle spese ordinarie, fra cui, per legge, ex art. 9 L. 392/78, rientra la fornitura di acqua.
In data 4.2.2021 il decreto veniva notificato a ODV, unitamente ad atto di precetto e provvedimento presidenziale ex art 482 cpc. ingiuntivo eccependo, in particolare, quanto segue:
– poiché il rilascio dell’immobile da parte della era avvenuto nel luglio 2020, come da accordi transattivi, la bolletta in questione originava, in tesi, da un contratto di somministrazione di acqua corrente che il aveva stipulato per sé a partire da detto periodo;
– il debito, pertanto, non afferiva ad una questione legata al contratto di locazione, bensì a importi relativi a un autonomo contratto di somministrazione, concluso dall’opposto in data successiva alla transazione intervenuta tra le Parti, sì che la pretesa azionata era infondata.
Ciò detto, in esito alla notifica, l’opponente iscriveva a ruolo la causa di opposizione, portante il n. di RG 2958/2021, presso il Tribunale di Genova, proposta nelle forme di cui sopra, in data 26.3.21, a fronte di una notifica del decreto ingiuntivo risalente al 4.2.2021.
Nel giudizio di opposizione, si costituiva l’allora opposto eccependo, vertendosi in materia locatizia, sebbene la notifica dell’opposizione fosse avvenuta entro il termine di 40 gg., in modo irrituale, con citazione a udienza fissa, l’iscrizione a ruolo del giudizio di opposizione era stata effettuata comunque oltre il 40 ° giorno.
L’opposto, quindi, preliminarmente chiedeva dichiararsi l’inammissibilità dell’opposizione di , per irritualità della stessa, essendo stata introdotta, come detto, non con ricorso, e, comunque, per intervenuta decadenza rispetto al termine previsto dall’art. 641 c.p.c. , contestando le avversarie deduzioni, a fronte di quanto già indicato nel ricorso monitorio.
Dopo numerosi rinvii richiesti alternativamente da entrambe le Parti per tentare di addivenire a una composizione bonaria della controversia, il Giudice, ritenendo la causa matura per la decisione, fissava udienza di discussione ex art. 281 sexies c.p.c. All’ esito dell’udienza, il Tribunale di Genova pronunciava la sentenza oggi impugnata, statuendo quanto segue:
Il Tribunale di Genova, in composizione monocratica in persona della dott.ssa COGNOME definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, istanza ed eccezione disattesa, così decide:
dichiara l’inammissibilità dell’opposizione tardiva;
condanna parte opponente al pagamento in favore di parte opposta delle spese di lite, che liquida in Euro 2.200,00 per compenso, oltre spese generali al 15%.
Iva e cpa come per legge, con distrazione in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
” Il primo Giudice, in particolare, assumeva tale decisione poiché:
– riconduceva l’oggetto della controversia alla materia locatizia, a fronte del tenore del ricorso per decreto ingiuntivo opposto;
– applicava, quindi, i principi di diritto più volte espressi dalla Suprema Corte di Cassazione (Cass. 2329/2023 e Cass. SSUU 927/2022) secondo cui l’opposizione a decreto ingiuntivo in materia locatizia deve essere proposta con ricorso depositato in cancelleria entro il termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo e, qualora l’opposizione sia stata proposta con citazione – come accaduto nel caso di specie -, l’opposizione stessa è valida solo se l’atto introduttivo viene iscritto a ruolo nei medesimi quaranta giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo. Nei confronti della predetta sentenza proponeva appello, sempre con citazione, per i seguenti motivi, dando atto, va chiarito, di allegare documenti al gravame, numerati come 1, 2 e 3, che, tuttavia, salvo quanto presente nel fascicolo di primo grado, non si rinvengono sul PCT, il tutto formulando i motivi di gravame che seguono:
I.
Il primo capo della sentenza, dichiarativa dell’inammissibilità dell’opposizione per tardività della stessa, era da riformare per violazione e falsa applicazione di legge in relazione tale motivo l’appellante ha lamentato l’errore in cui era, in tesi, incorso il Tribunale nel considerare il contratto-rapporto di locazione quale titolo dedotto nel ricorso monitorio promosso dall’odierno appellato, travisando i principi della Suprema Corte in materia, e, in particolare, la sentenza n. 2329/23, richiamati nella decisione di primo grado. Secondo la , infatti, il procedimento monitorio trovava fondamento non nella locazione, quanto piuttosto nel preteso diritto di uno dei comproprietari dell’immobile a essere rimborsato dalla in ordine a un proprio debito, derivante da un autonomo contratto di somministrazione, concluso successivamente al rilascio dell’appartamento in questione.
A tal riguardo l’appellante ha dedotto che da subito aveva stipulato un autonomo contratto di somministrazione di acqua corrente che era perdurato fino alla risoluzione della locazione, così da attestare l’esistenza di due distinti contratti di somministrazione di acqua corrente, con un gestore, contratti indipendenti, privi di connessione e assolutamente eterogenei.
In merito, conseguentemente, la ha eccepito l’infondatezza del tentativo di controparte di ricondurre il contratto di somministrazione nell’ambito della disciplina del contratto di locazione regolato dalla L. 392/78, disciplina afferente alle fattispecie in cui la fornitura di acqua corrente viene anticipata, se contrattualmente convenuto, ovvero è una componente delle spese di amministrazione, sì che solo in tal caso ci si troverebbe innanzi a oneri accessori regolamentati dalla L. 392/78 o dal singolo contratto di locazione. L’appellante, per l’effetto, ha dedotto che il titolo azionato era da individuarsi in un arricchimento senza causa o in un indebito, riferito al contratto di somministrazione, che non aveva comunque alcuna connessione con il contratto di locazione.
In conclusione, ha dedotto , aveva errato il Tribunale poiché non era possibile evincersi dal ricorso monitorio che a fondamento del medesimo fosse stato posto il contratto/rapporto di locazione.
L’appellante ha, poi, censurato il Giudice di primo grado, che non aveva tenuto in alcuna considerazione la circostanza dell’intervenuta transazione novativa intercorsa tra le Parti, così da sostituire integralmente, con la propria disciplina sostanziale e processuale, il sottostante rapporto locatizio, il tutto con gli effetti, di merito e in rito, correlati a detto atto negoziale, non affrontando tale tema, prima di pronunciare in rito, apoditticamente applicando il rito locatizio, invece di quello ordinario. In forza di dette censure e considerazioni, anche rispetto all’ordine delle questioni disaminate dal Tribunale, in relazione alle allegazioni dell’opponente, la , nel porre in risalto la fondatezza del gravame, ha chiesto la rimessione in istruttoria della causa in fase di appello, per i seguiti di merito.
II.
Il secondo capo della sentenza, afferente alle spese di giudizio, era da riformare in conseguenza del fondamento delle doglianze che precedono.
Con tale motivo, nello specifico, l’appellante, coerentemente a quanto esposto eccepito osservato e dedotto nel primo motivo di gravame, ha lamentato la condanna alle spese, poiché ingiusta rispetto ad una soccombenza insussistente, con conseguente necessaria riforma anche di tale capo della pronuncia.
L’appellante, ciò detto, ha poi affrontato, in paragrafo non rubricato, il merito afferente all’infondatezza dell’avversaria pretesa creditoria, assumendo le conclusioni di cui sopra.
Si è costituito di fronte alla Corte l’appellato , il quale ha contestato tutto quanto 1) improcedibilità ed inaccoglibilità ex art. 342 e 348 bis c.p.c. dell’appello proposto da L’appellato, richiamando i principi in materia precisati dalla Cassazione, ha osservato come l’art. 342 cpc debba essere interpretato nel senso che l’impugnazione , a pena di inammissibilità, doveva esporre, in modo chiaro ed esauriente, le doglianze, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento alle specifiche questioni e punti contestati nella sentenza impugnata, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa idonea a confutare e contrastare le ragioni del primo Giudice, così da esplicitare l’idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata. Nel caso di specie, viceversa, secondo l’appellato, tali criteri non erano stati rispettati dall’appellante , con gli effetti in rito già evidenziato.
Anche ai sensi dell’art. 348 bis cpc, ha rilevato l’appellato, risultava come fosse del tutto improbabile che l’impugnazione venisse accolta, richiamando la sentenza impugnata principi consolidati, il Tribunale avendo utilizzato argomenti coerenti e contenendo una motivazione adeguata sotto il profilo logico giuridico;
2) Sempre in via preliminare di rito:
inammissibilità dell’appello di quanto proposto con rito ordinario anziché con rito locatizio Con tale eccezione l’appellato ha rilevato come, avendo il Tribunale respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo per errata scelta del rito da parte dell’opponente, qualificando espressamente, sia pure solo in sentenza, la causa come vertenza locatizia da introdursi, anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, con il cosiddetto rito del lavoro locatizio ex art 447 bis cpc, l’appellante avrebbe dovuto conseguentemente proporre l’impugnazione con detto rito, attraverso ricorso ex art 434 c.p.c., in combinato disposto con l’ art 447 bis c.p.c. L’appellato, pertanto, ha evidenziato che non avendo la agito in tal senso, l’appello risultava inammissibile anche sotto questo profilo. 3) Sull’inammissibilità e comunque infondatezza anche nel merito dell’opposizione a decreto ingiuntivo di I grado, proposta da , con conseguente inammissibilità’ ed infondatezza dell’ appello di detta associazione anche nel merito.
Con tale difesa, il ha rilevato come, dalla piana lettura del ricorso per decreto ingiuntivo, emergesse in modo chiaro che il rapporto intercorso fra le Parti processuali, azionato in sede monitoria, andasse, con ogni evidenza , ricondotto al contratto di locazione intercorso tra il medesimo e L’appellato, dunque, ha richiamato l’orientamento di legittimità in ultimo espresso dalla Suprema Corte del 2023, rispetto alla valenza vincolante, in punto rito, della prospettazione dell’attore sostanziale, così da dedurre come il rapporto genetico dedotto alla base del decreto ingiuntivo non potesse che essere tale contratto, al di là di infondate interpretazioni delle pronunce di legittimità. , pertanto, ha chiesto il rigetto dell’appello, concludendo nel senso di cui in epigrafe, deducendo come fosse documentale ed evincibile dagli atti del processo, la circostanza secondo cui l’iscrizione a ruolo dell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo (procedimento che comunque doveva essere introdotto con ricorso) era avvenuta tardivamente.
Nel merito, comunque, l’appellato ha , altresì, osservato che la circostanza afferente alla negazione avversaria, in punto sussistenza di una connessione tra il contratto di locazione stipulato. p.c. , allo stesso tempo, nel merito, evidenziando l’infondatezza dell’assunto, essendo del tutto evidente lo stretto rapporto causale tra la locazione ed il consumo d’acqua, al di là del fatto che al momento del recapito della bolletta il titolare della fornitura fosse il medesimo, ferma , in ogni caso, anche rispetto alla transazione opposta, la giurisprudenza di legittimità richiamata dal Tribunale circa il radicamento del rito in forza della domanda introduttiva.
Alla prima udienza del 02.04.2024, la Corte fissava davanti a sé l’udienza di rimessione della causa in decisione al giorno 08.10.2024, assegnando alle parti i termini ex art. 352 c.p.c. per la precisazione delle conclusioni e per il deposito di comparse conclusionali e note di replica, udienza in esito alla quale il Consigliere relatore riservava al Collegio la pronuncia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
E’ opportuno premettere che la Difesa dell’appellante non ha proceduto dei termini perentori assegnati, come da ordinanza ex art.352 c.p.c., ad alcuno degli incombenti previsti, per poi il 9.10.24 depositare un atto, denominato comparsa conclusionale, come tale del tutto tardiva, sì da non poter essere presa in considerazione, al di là, peraltro, di un contenuto di poche righe che richiama le difese pregresse, ferma la mancanza degli allegati indicati nella citazione in appello sub nn.1,2 e 3. La stessa sorte deve avere la nota spese depositata dall’appellante il 9.10.24, del tutto inammissibili e non valutabili essendo, tuttavia, per l’effetto, anche le deduzioni difensive di cui alla “ nota urgente” 16.10.24, in punto valore della controversia, svolte in apparente, del tutto abnorme, replica, rispetto , peraltro, alla richiesta contestuale di “ espunzione” per tardività dei citati atti avversari. Ciò detto, muovendo dalla disamina del primo motivo di appello, afferente alla pretesa errata applicazione delle norme in tema di opposizione a decreto ingiuntivo da parte del primo Giudice, osserva la Corte quanto segue:
è pacifico che l’iscrizione a ruolo della causa di opposizione ebbe luogo oltre il termine di decadenza di gg.40 dalla notifica, in relazione al combinato disposto di cui agli artt.641 e 645 c.p.c.;
è altrettanto pacifico che l’introduzione di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo debba essere fatta con ricorso in rapporto a quanto previsto dall’art. 447bis c.p.c., da depositare nel citato termine, l’uso errato della citazione non essendo di per sé preclusivo della validità dell’opposizione qualora, proprio per la specialità del rito, nel termine di 40 gg., si proceda all’iscrizione a ruolo della causa, in difetto di ciò l’opposizione essendo inammissibile per tardività;
è, ancora, indubbio che il ricorrente ex artt.633 e segg. c.p.c. sia l’attore sostanziale del giudizio di opposizione, fase eventuale, che segue il radicamento di un giudizio, con relativa pretesa, nel momento in cui viene depositato il ricorso per ingiunzione, sì che fase monitoria e di opposizione, ove questa si incardini, costituiscono un unico processo;
in forza di quanto sopra, dunque, come esposto dal Tribunale, al fine di individuare il rito corretto, va fatto riferimento alla prospettazione dell’attore sostanziale, ricorrente per ingiunzione, e, dunque, al contenuto del suo ricorso;
nel caso di specie , la semplice disamina del ricorso monitorio, con tanto di richiami a quanto dovuto in forza del contratto di locazione, oltre che ex art. 9 L.392/78, attesta indubitabilmente una pretesa creditoria fondata su detto rapporto contrattuale, ancor più rispetto alla quanto indicato nell’atto, nell’autunno 2020, in esito ad una transazione afferente ad altre questioni;
la prova, d’altra parte, che il ricorrente avesse agito deducendo, quale fonte del suo diritto, il contratto di locazione, si rinviene nelle stesse ragioni contenute nell’atto di opposizione di fronte al Tribunale, in cui la , attuale appellante, si difendeva proprio contestando la debenza in forza delle vicende di tale contratto, opponendo la valenza della pregressa transazione e deducendo di aver sempre pagato il dovuto in forza di quanto previsto nel contratto stesso, con relativi rimborsi dei consumi, nonostante l’intestazione della fornitura in questione, rimasta in capo al ( vedasi pagg.3,4,5 e 6 della citazione ex art.645 c.p.c.); l’articolazione delle difese di cui al gravame, al netto del merito, che rappresenta un “posterius” rispetto alla questione di rito posta a fondamento della sentenza appellata, dà comunque atto del fatto che la pretesa creditoria di cui al ricorso fosse stata prospettata con riferimento al contratto di locazione ( “ E’ ben evidente che il riferimento surrettiziamente introdotto da Controparte al contratto di locazione è meramente strumentale…”), dopo aver, altresì, lamentato che nel ricorso fosse stata riportata una trascrizione parziale della transazione relativa alla locazione medesima ( pagg.2 e 3): tutto ciò, a ben vedere, conforta la decisione del primo Giudice, rivelando, ai fini “ de quibus”, la prospettazione locatizia del ricorrente.
Orbene, a fronte di tali acquisizioni e considerazioni, merita di essere riportato quanto ha affermato e chiarito la Suprema Corte:
– con sentenza a SS.UU. n.927, 13.1.22, circa la valenza non generale dell’art. 14 DPR 150/11 e le forme necessarie per proporre una valida opposizione a decreto ingiuntivo in materia locatizia, anche con citazione, ma alle condizioni di cui sopra, rispetto, altresì, all’unicità del processo introdotto con ricorso monitorio, segnatamente come segue:
“” ( pag.12)…La sentenza 18 settembre 2020, n. 19596, in tema di esperimento del procedimento di mediazione nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, ha ribadito che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo “è stato ormai da tempo definito da questa Corte, con l’avallo di autorevole dottrina, come suddiviso in due fasi, la prima a cognizione sommaria e la seconda a cognizione piena” e che l’ opposizione a decreto ingiuntivo non è l’impugnazione del decreto.
Sebbene nel dibattito scientifico l’interpretazione propensa alla natura (anche) impugnatoria del procedimento per opposizione a decreto ingiuntivo non manchi tuttora di autorevole sostegno, confutazioni della stessa si trovano altresì nelle motivazioni di altre recenti sentenze di queste Sezioni Unite: la sentenza 27 dicembre 2010, n. 26128; la sentenza 23 luglio 2019, n. 19889; la sentenza 14 aprile 2021, n. 9839.
5.4.2.
Deve dirsi quindi stabilizzato nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite quanto già affermava la sentenza 7 luglio 1993, n. 7448:
“l’opposizione prevista dall’art. 645 c.p.c. non è un’actio nullitatis o un’azione di impugnativa nei confronti dell’emessa ingiunzione, ma è un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio”, non quale “giudizio autonomo, ma come fase ulteriore (anche se eventuale) del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo”… 5.6.4.
In relazione all’opposizione a decreto ingiuntivo per crediti relativi ad un rapporto di locazione di immobili urbani -e perciò disciplinata dall’art. 447-bis c.p.c. -, che sia proposta con atto di citazione notificato alla controparte, anziché con ricorso depositato nella cancelleria, emerge piuttosto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la necessità di procedere alla conversione dell’atto introduttivo secondo il criterio di cui all’art. 156, comma 3, c.p.c, potendosi, cioè, ritenere tempestiva l’opposizione, nonostante l’errore sulla forma dell’atto, qualora sia avvenuta entro il termine stabilito dall’art. 641 c.p.c. l’iscrizione a ruolo mediante deposito in cancelleria della citazione, non essendo invece 2017, n. 21671; Cass, Sez. 6 – 3 , 29 dicembre 2016, n. 27343; Cass. Sez. 3, 2 aprile 2009, n. 8014; per l’applicazione, in generale, del principio di conversione nelle ipotesi di introduzione del processo – sia che si tratti di impugnazione che di opposizione a decreto ingiuntivo – secondo un modello formale errato: Cass. Sez. Unite, 10 febbraio 2014, n. 2907; Cass. Sez. Unite, 8 ottobre 2013, n. 22848; Cass. Sez. Unite, 23 settembre 2013, n. 21675; Cass. Sez. Unite, 14 marzo 1991, n. 2714).
Secondo tale orientamento, l’errore sulla forma dell’atto introduttivo, come citazione o come ricorso, ai fini del prodursi degli effetti sostanziali e processuali della domanda (inteso quale errore sul singolo atto, isolatamente considerato, e non già quale “errore sul rito”), se non comporta ex se una nullità comminata dalla legge, va comunque valutato alla luce dei requisiti indispensabili che l’atto deve avere per raggiungere il suo scopo (art. 156, secondo comma, c.p.c.).
Essendo in gioco la valutazione della tempestività di un atto introduttivo di un processo al fine di impedire una decadenza, non rileva la manifestazione di volontà sostanziale ad esso sotteso, quanto la sua idoneità ad instaurare un valido rapporto processuale diretto ad ottenere l’intervento del giudice ai fini di una pronuncia nel merito (arg. anche dall’art. 2966 cc).
La pendenza del giudizio, quale momento idoneo ad impedire una decadenza, anche in nome delle esigenze di instaurazione del contraddittorio con la controparte, finisce così per correlarsi al compimento dell’atto che rappresenta ex ante il corretto esercizio del diritto di azione nella sua tipica forma legalmente precostituita, oppure al verificarsi del medesimo effetto altrimenti prodotto ex post dall’atto difforme dal modello legale, allorché la fattispecie possa dirsi successivamente integrata dagli elementi necessari alla sua funzione tipica… …5.7. Va pertanto enunciato, ai sensi dell’art. 384, comma 1,p.c, il seguente principio di diritto:
“Allorché l’opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di locazione di immobili urbani, soggetta al rito speciale di cui all’art. 447-bis c.p.c, sia erroneamente proposta con citazione, anziché con ricorso, non opera la disciplina di mutamento del rito di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 150 del 2011 – che è applicabile quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dai modelli regolati dal medesimo decreto legislativo n. 150/2011 -, producendo l’atto gli effetti del ricorso, in virtù del principio di conversione, se comunque venga depositato in cancelleria entro il termine di cui all’art. 641 c.p.c”…” – con la pronuncia , sez. 6-3, n. 2329 del 25.1.23, secondo cui: “…del tutto infondatamente, di conseguenza, i giudici del merito hanno conferito prevalenza, ai fini della qualificazione dell’originaria domanda proposta in sede monitoria, ai contenuti dell’eccezione di incompetenza sollevata dalla società opponente ed alla successiva qualificazione operata dal giudice di primo grado, trattandosi, in entrambi i casi, di evenienze qualificative successive alla proposizione della domanda, in ogni caso destinata di per sé (ossia secondo la qualificazione datane dal ricorrente per decreto ingiuntivo) a cristallizzare i termini della controversia proposta e la conseguente identificazione del rito applicabile per la relativa decisione…”, così da giungere, in situazione inversa, ma comunque dirimente, alla seguente massima: “…In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, ai fini dell’individuazione del rito applicabile all’atto di opposizione, deve aversi riguardo al titolo posto a fondamento della domanda proposta in via monitoria, a nulla rilevando nè l’eventuale erroneità della sua qualificazione da parte del ricorrente in monitorio, né la successiva diversa qualificazione operata dall’opponente o dal giudice, trattandosi di evenienze successive alla proposizione della domanda, la quale è destinata a cristallizzare i termini della controversia proposta e la conseguente identificazione del rito applicabile per la relativa decisione, secondo la qualificazione datane dal ricorrente. ”
Detti arresti giurisprudenziali risultano inequivoci, a conforto della corretta decisione del primo Giudice, qui condivisa dalla Corte, non potendo essere taciuto che con gli arresti medesimi l’appellante non si è confrontato in modo reale nel gravame, sovrapponendo questioni di merito e di rito ( oltre che, financo, prospettando situazioni di fatto diverse da quelle di cui alla citazione ex art.645 c.p.c., vedasi quanto dedotto a pag.5 dell’opposizione, per poi assumere, di fronte a questa la presenza di due contratti di fornitura dell’acqua con IREN per l’immobile locato), ciò discende il rigetto del gravame, il che rende superfluo valutare le questioni afferenti agli artt.342 e 348bis c.p.c., poste dall’appellato, così come l’eccezione afferente alle forme dell’appello con citazione, piuttosto che con ricorso, in ragione di una pronuncia di primo grado comunque ex art. 281 sexies c.p.c. assunta dal Tribunale, con gli effetti conseguenti circa il principio di apparenza del rito in sede di impugnazione ( ex plurimis Cass. sez. I, n. 17646, 21 6.21, al di là del contenuto della sentenza), questione quest’ultima che, merita di essere sottolineato, si pone, in ogni caso, “a valle” della già intervenuta definitività del decreto ingiuntivo, rispetto al rito locatizio ad esso connesso, come da ricorso originario.
Passando al secondo motivo di gravame, relativo alle spese di lite, di ogni evidenza è come lo stesso sia superato dagli esiti, sfavorevoli, del primo motivo, che confermano l’effettiva soccombenza in primo grado della occorrendo chiarire che le successive deduzioni di cui all’atto di appello afferiscono al merito, sì da porsi, in radice, al di fuori della questione processuale pregiudiziale, assorbente, sopra affrontata.
*** *** *** Essendo esauriti i motivi di appello da disaminare, occorre procedere alla liquidazione delle spese di lite del grado, che non possono che essere poste integralmente in capo all’appellante, spese che, tenuto conto dell’impegno comunque nuovamente richiesto, anche rispetto alle prospettazioni articolate sub primo motivo, vanno liquidate, in forza del DM 55/14, per le sole fasi di studio, introduttiva e decisionale, rispetto al valore della controversia ( scaglione fino a € 26.000,00, in rapporto al credito ed al dichiarato in appello), applicando la media tabellare ( non ravvisandosi ragioni, proprio per i motivi di gravame, rispetto alle difese richieste, per una diminuzione), in complessivi € 3.966,00, oltre al 15% per spese generali, ex art. 2 citato DM, CPA ed IVA come per legge. Attesa, in ultimo, la totale soccombenza dell’appellante, va dato atto che ricorrono i presupposti dell’art. 13, comma 1quater, del DPR n. 115/2002.
definitivamente pronunciando nella causa d’appello contro la sentenza n. 1341/2023 pronunciata dal Tribunale Civile di Genova in composizione monocratica, pubblicata il giorno 01/06/2023, RG 2958/21, la Corte così provvede:
RIGETTA l’appello e, per l’effetto, CONFERMA la sentenza impugnata;
CONDANNA l’appellante al pagamento delle spese di lite in favore dell’appellato, spese che liquida in complessivi € 3.966,00, oltre al 15% per spese generali, ex art. 2 DM 55/14, CPA ed IVA come per legge, di distrarsi a favore del Difensore, dichiaratosi antistatario Avv. NOME COGNOME del Foro di Genova;
DA’ ATTO, in ragione del rigetto dell’appello, che ricorrono i presupposti , in capo all’appellante, per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del DPR n. 115/2002.
Genova, lì 16.10.2024 IL CONSIGLIERE est.
IL PRESIDENTE Dott.
COGNOME Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.