REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA Sezione Lavoro
Il Tribunale, nella persona del giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._481_2024_- N._R.G._00001319_2023 DEL_02_08_2024 PUBBLICATA_IL_05_08_2024
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1319/2023 promossa da:
(C.F. , con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso difensore avv. NOME COGNOME RICORRENTE contro (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME elettivamente domiciliato presso il difensore avv. COGNOME RESISTENTE
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da ricorso introduttivo e memoria difensiva di costituzione.
IN FATTO E IN DIRITTO Con ricorso depositato il 3.7.2023 adiva il Tribunale di Bologna, quale giudice del lavoro, evocando in giudizio l’ per chiedere che fosse revocato il decreto ingiuntivo n. 200/23 con il quale era stato condannato al pagamento a favore dell’Istituto della somma di €. 33.432,39 a titolo di indebita percezione dell’indennità di disoccupazione.
Affermava che:
1) era stato dipendente di era stato collocato in mobilità, previo accordo sindacale e risoluzione del rapporto di lavoro il 30.11.2012, cosicché l’ gli aveva comunicato l’accoglimento della sua domanda relativa all’indennità di mobilità con decorrenza 6.12.2012;
2) aveva ricevuto per tre mesi riceveva l’indennità di mobilità quando, valutata l’opportunità di intraprendere una propria attività imprenditoriale, il 18.1.2013 aveva costituito l’impresa ;
3) aveva quindi chiesto e ottenuto l’anticipazione dell’indennità di mobilità ordinaria erogatagli il 3.4.2013 per la complessiva somma di € 23.899,31;
4) poiché tale attività aveva registrato delle perdite, aveva accettato RAGIONE_SOCIALE l’11.10.2014 la proposta di lavoro a tempo determinato con un’agenzia di sicurezza, ma già il 21.10.2014, senza mai aver effettivamente lavorato, aveva dato le dimissioni;
4) l’ aveva così formulato la richiesta di restituzione delle somme erogate in unica soluzione con l’indennità di mobilità;
5) nulla doveva all poiché il rapporto di lavoro si era ricostituito solo de iure, non de facto e, pertanto, non era venuta meno la finalità del pagamento dell’indennità di disoccupazione;
6) in ogni caso, non doveva essere restituita all’ somma relativa alla trattenuta fiscale IRPEF pari a €.
7.138,76, poiché l’Istituto previdenziale non l’aveva pagata a lui ma versata direttamente all’Erario.
Da qui l’odierno giudizio.
Si costituiva in giudizio l’ chiedendo il rigetto dell’opposizione perché infondata in fatto e in diritto.
Affermava che il rapporto di lavoro del ricorrente con era regolarmente instaurato prima che fosse decorso il termine di ventiquattro mesi dal percepimento dell’indennità e, quindi, ex art. 7, comma 5, L. n. 223/91 le somme gli erano state indebitamente pagate e dovevano essere restituite.
La causa era istruita solo documentalmente ed era decisa all’udienza del 9.4.2024, all’esito della discussione orale, con lettura del dispositivo e motivazione riservata.
Le domande del ricorrente sono solo in parte fondate e, come tali, devono essere accolte nei limiti di seguito precisati.
Ex art. 7, comma 5, L. n. 223/91 “I lavoratori in mobilità che ne facciano richiesta per intraprendere un’attività autonoma o per associarsi in cooperativa in conformità alle norme vigenti possono ottenere la corresponsione anticipata dell’indennità nelle misure indicate nei commi 1 e 2, detraendone il numero di mensilità già godute … Le somme corrisposte a titolo di anticipazione dell’indennità in mobilità sono cumulabili con il beneficio di cui all’articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49.
Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del Tesoro, sono determinate le modalità per la restituzione nel caso in cui il lavoratore, nei ventiquattro mesi successivi a quello della corrispondente, assuma una occupazione alle altrui dipendenze nel settore privato o in quello pubblico, nonché le modalità per la riscossione delle somme di cui all’articolo 5, commi 4 e 6”.
Nel caso in esame è pacifico fra le parti – e comunque documentalmente provato (documento n. 15 di parte ricorrente) – che il ricorrente è stato assunto – dall’11.10.2014 al 21.10.2014 – alle dipendenze di agenzia di sicurezza e dunque abbia assunto un’occupazione alle altrui dipendenze, il che fa sorgere in capo a lui l’obbligo della restituzione di quanto ricevuto, come espressamente previsto dalla citata norma.
Nè può rilevare che in quel periodo non abbia svolto alcun servizio né abbia percepito alcuna retribuzione, poiché il contrato è stato comunque da lui concluso, con la conseguente assunzione dei relativi diritti e obblighi, il che è proprio ciò che la norma pone quale presupposto per la restituzione di quanto percepito.
Così come non può rilevare l’orientamento giurisprudenziale, citato dal ricorrente che è relativo a fattispecie diversa, con il quale la Corte di legittimità ha affermato che:
“6. Si è affermato, richiamato il R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 45 e circa la ratio dell’indennità in esame, che “l’evento coperto dal trattamento di disoccupazione è l’involontaria disoccupazione per mancanza di lavoro, ossia quella inattività, conseguente alla cessazione di un precedente rapporto di lavoro, non riconducibile alla volontà del lavoratore, ma dipendente da ragioni obiettive e cioè mancanza della richiesta di prestazioni del mercato di lavoro (così Corte Cost. 16/7/1968, n. 103).
La sua funzione è quella di fornire in tale situazione ai lavoratori (e alle loro famiglie) un sostegno al reddito, in attuazione della previsione dell’art. 38 Cost., comma 2”.
… 8. Deve dunque affermarsi, in applicazione di tali principi, che elemento ostativo alla percezione dell’indennità di disoccupazione è da ravvisarsi nell’effettiva ricostituzione del rapporto, nei suoi aspetti giuridici ed economici, in conformità alla ratio dell’istituto.
In sostanza essa va restituita se nel medesimo periodo il lavoratore ha percepito la retribuzione”.
Si tratta infatti di un’ipotesi in cui il rapporto era già costituito prima del licenziamento del lavoratore che ha percepito l’indennità e che – una volta ottenuta la ricostituzione del rapporto – è tenuto alla restituzione solo se il rapporto riprende effettivamente.
Nel caso in esame, invece, il lavoratore costituisce volontariamente un nuovo rapporto di lavoro dopo avere percepito l’indennità, che è la condotta che la norma citata indica quale presupposto per la restituzione della somma, essendo venuto meno lo stato di disoccupazione.
In relazione a tale domanda l’opposizione deve essere rigettata.
Nessuna ripetizione è invece dovuta circa la somma relativa a ritenuta fiscale – pari a €. 7.946,80.
Poiché infatti l’ ha versato al lavoratore l’indennità al netto delle ritenute fiscali ne consegue che, salvi i rapporti col Fisco, può ripetere l’indebito nei confronti del lavoratore nei limiti di quanto effettivamente percepito da quest’ultimo, restando esclusa la possibilità di ripetere importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente (Cass. civ., sez. lav., n. 1464/12, con riferimento alla retribuzione pagata dal datore di lavoro, ma con principio applicabile anche al caso in esame).
In relazione a tale domanda l’opposizione deve invece essere accolta e, per l’effetto, deve essere revocato il decreto ingiuntivo opposto.
deve essere condannato al pagamento a favore dell’ della somma di €. 25.475,59, pari alla differenza fra quanto richiesto dall’ ed €.
7.946,80.
Su di essa sono poi dovuti gli interessi legali dalla domanda al saldo.
La novità della questione costituisce grave ed eccezionale motivo per compensare interamente fra le parti le spese processuali.
Il Tribunale di Bologna, nella persona del giudice del lavoro dott. NOME COGNOME definitivamente pronunciando nella causa n. 1319/23 R.G. LAV.
promossa da contro l’ , in persona del Presidente pro tempore, ogni diversa istanza disattesa e respinta, così provvede:
– accoglie parzialmente l’opposizione e, per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto;
– condanna al pagamento a favore dell’ della somma di €.
25.475,59, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo;
– compensa per intero fra le parti le spese processuali;
– fissa il termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione.
Bologna, 23.4.2024 Il giudice del lavoro dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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