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Indebito previdenziale, onere della prova

Indebito previdenziale, accertamento negativo dell’obbligo di restituire quanto l’ente previdenziale abbia ritenuto indebitamente percepito, onere della prova

Pubblicato il 01 March 2019 in Diritto Previdenziale, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Civitavecchia

Sezione Lavoro, in persona della Dott.ssa, ha pronunciato la seguente

SENTENZA 102/2019 pubblicata il 28/02/2019

nella causa iscritta al n. RG degli Affari Contenziosi Lavoro dell’anno 2017 e vertente

TRA

XXX, nella qualità di erede di YYY, elettivamente domiciliata in
, nello studio dell’Avv. che la rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso

RICORRENTE

E

INPS elettivamente domiciliato in, nello studio dell’Avv., in forza di procura notarile

RESISTENTE

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato in data 25.07.2017 XXX, nella qualità di erede di

YYY, chiedeva dichiararsi l’illegittimità del provvedimento di ripetizione di indebito adottato dall’Inps il 7.03.2017 (all.1) perché generico e immotivato e comunque per irripetibilità del credito; per l’effetto domandava l’accertamento che nulla è dovuto dalla YYY all’INPS; con vittoria delle spese di lite, da distrarsi.

L’Inps si costituiva in giudizio e resisteva alla domanda.

La causa, istruita per documenti, matura per la decisione allo stato degli atti, veniva discussa e decisa all’udienza odierna come da dispositivo.

Va preliminarmente disattesa l’eccezione di improcedibilità della domanda ex art. 443 c.p.c.

sollevata da INPS, non avendo il resistente specificamente contestato il documento 2 di parte ricorrente ove risulta che la XXX ha presentato ricorso amministrativo in data 24.03.2017.

Pertanto, al momento del deposito del ricorso, erano decorsi i 90 giorni fissati dall’art. 46 l. n. 88/1998 (secondo cui “Trascorsi inutilmente novanta giorni dalla data della presentazione del ricorso, gli interessati hanno facoltà di adire l’autorità giudiziaria”).

Nel merito, osserva il Giudice che la materia dell’indebito previdenziale è stata oggetto di riflessione da parte della SC, che con sentenza 18046 del 04/08/2010 resa a sezioni unite, ha affermato il seguente principio: “In tema d’indebito previdenziale, nel giudizio instaurato, in qualità d’attore, dal pensionato che miri ad ottenere l’accertamento negativo del suo obbligo di restituire quanto l’ente previdenziale abbia ritenuto indebitamente percepito, l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto a conseguire la prestazione contestata, ovvero l’esistenza di un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrisposto, è a suo esclusivo carico.”.

La Corte, poi, con sentenza n. 198 del 05/01/2011, ha avuto modo di chiarire che: “In tema di indebito previdenziale, il pensionato, ove chieda, quale attore, l’accertamento negativo della sussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito, ha l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto alla prestazione già ricevuta, la cui esistenza consente di qualificare come adempimento quanto corrispostogli dall’Istituto convenuto, ferma, peraltro, la necessità che quest’ultimo, nel provvedimento amministrativo di recupero del credito, non si sia limitato a contestare genericamente l’indebito ma abbia precisato gli estremi del pagamento, corredati dall’indicazione, sia pure sintetica, delle ragioni che non legittimerebbero la corresponsione delle somme erogate, così da consentire al debitore di effettuare i necessari controlli sulla correttezza della pretesa, il cui accertamento ha carattere doveroso per il giudice, rispondendo a imprescindibili esigenze di garanzia del destinatario dell’atto di soppressione o riduzione del trattamento pensionistico in godimento”.

Applicando tali principi al caso di specie, la ricorrente sostiene che il provvedimento amministrativo di ripetizione dell’indebito del 7.03.2017 sia del tutto generico, tanto da non consentirle la verifica dell’asserito indebito pagamento e della correttezza della pretesa restitutoria.

Tuttavia, va rilevato che detto provvedimento, seppure sinteticamente, contiene l’esatta indicazione delle motivazioni alla base della ripetizione dell’indebito (“sono state riscosse rate di pensione non spettanti in quanto l’ammontare dei redditi personali e/o del coniuge ha determinato il ricalcolo della stessa in misura inferiore a quella corrisposta” e “è stata corrisposta la maggiorazione sociale o l’aumento sociale della pensione non spettante a causa del possesso di redditi di importo superiore ai limiti stabiliti dalla legge”) nonché l’indicazione del periodo di riferimento (dal 01.01.2010 al 31.12.2013).

Tali elementi risultano tali da consentire all’interessato una precisa cognizione della ragioni del provvedimento, senza recare alcun pregiudizio al suo diritto di difesa; essendo stato individuato il motivo della richiesta di ripetizione nell’ammontare dei redditi percepiti dalla YYY e dal coniuge in un lasso di tempo determinato, infatti, la ricorrente ben avrebbe potuto difendersi nel merito, dimostrando che negli anni 2010, 2011, 2012 e 2013 la YYY ed il coniuge hanno percepito redditi inferiori ai limiti di legge (le cui disposizioni si reputano conosciute ai consociati senza che fosse necessaria una esplicita indicazione nel provvedimento di ripetizione).

Conformemente ai principi espressi dalla citata giurisprudenza di legittimità, infatti, la XXX, agendo per l’accertamento negativo della sussistenza dell’obbligo, assunto in qualità di erede della YYY, di restituire quanto percepito da quest’ultima, aveva l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto alla prestazione già ricevuta.

Tale onere non è stato adempiuto dalla ricorrente che ha persino omesso di allegare, nel ricorso introduttivo, i fatti costitutivi del diritto della YYY alla prestazione pensionistica ricevuta, specificando l’ammontare dei redditi percepiti, nel periodo di riferimento, dalla YYY e dal coniuge. Tale carenza assertiva rende inutilizzabili i documenti allegati al ricorso,dovendosi rammentare, in rito, il principio di autosufficienza del ricorso ex art. 414 c.p.c. – per cui il fatto costitutivo della domanda non può essere individuato de relato, a maggior ragione se con riguardo a scritti che attengono al distinto piano della prova – e tenuto altresì conto che non spetta certo al Giudice, terzo nel giudizio, di sostituirsi alla parte scegliendo, nella congerie dei dati attestati documentalmente, quelli che dovrebbero soddisfare gli oneri attorei di allegazione.

Il mancato assolvimento di tale onere di allegazione e prova, fa si che debba dirsi accertata la sussistenza dell’indebito.

Ciò posto, occorre passare a verificare se ricorra nel caso di specie l’ipotesi di irripetibilità prevista dall’art. 13 della legge 412 del 1991.

Come è noto, tale articolo è intervenuto a delimitare l’ambito applicativo dell’art. 52 l. 88/89 secondo il quale “nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento modificato, siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato”. Orbene, il comma 1 dell’art. 13 l. 412 del 1991 ha precisato che “le disposizioni di cui all’articolo 52, comma 2, della legge 9marzo 1989, n. 88, si interpretano nel senso che la sanatoria ivi prevista opera in relazione alle somme corrisposte in base a formale,definitivo provvedimento del quale sia data espressa comunicazione all’interessato e che risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all’ente erogatore, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato”.

Nel caso di specie, la XXX, pur invocando l’applicazione di tale disposizione di legge, non ha prodotto alcun provvedimento dell’INPS, espressamente comunicato alla YYY e viziato da errore, sulla cui base sarebbero state corrisposte le somme oggi accertate come indebite.

Ne discende l’inapplicabilità della ipotesi di irripetibilità dell’indebito prevista dall’art. 13, comma 1, della legge 412 del 1991, mancando l’allegazione dei fatti costituitivi di tale fattispecie.

Neppure può essere validamente invocata la norma contenuta nel secondo comma del citato articolo, che impone all’INPS di procedere annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e di provvedere, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza.

Interpretando tale disposizione di legge, la giurisprudenza di legittimità ha, infatti, escluso che possa rilevare nel senso di escludere la ripetibilità dell’indebito l’inosservanza, da parte dell’Istituto, dell’obbligo di verificare annualmente l’esistenza di situazioni reddituali del pensionato incidenti sul diritto o sulla misura della pensione, ritenendo che l’operatività di tale obbligo sia condizionata alla preventiva segnalazione, da parte del pensionato, di tali fatti (Cass. civ. , sez. lav., 24 gennaio 2012 n. 953; Cass. Civ., sez. lav., 20 gennaio 2011 n. 1228).

Pertanto, non avendo la XXX dimostrato che la YYY abbia provveduto a comunicare all’Inps i redditi – propri e del coniuge – relativi agli anni 2010, 2011, 2012 e 2013 (nonché in che data abbia provveduto a tale comunicazione) non può essere verificata la tempestività della richiesta di restituzione dell’indebito rispetto alla segnalazione dei fatti.

Alla luce delle argomentazioni che precedono il ricorso va, dunque, integralmente respinto.

Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono come di norma la soccombenza.

PQM

Respinge il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese di giudizio che liquida in complessivi € 970,00 di cui € 843,00 per compensi ed € 127 per spese generali oltre iva e cpa.

Civitavecchia, 28.02.2019

Il Giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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