REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA – 3° SEZ. LAVORO –
Il Giudice dr.ssa, in funzione di giudice del lavoro, all’esito della trattazione scritta ex art.83 co.7 lett.h) d.l.n.18\2020 conv.nella l.n.27\2020 in data 10.6.2020 ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 3176/2020 pubblicata il 10/06/2020
nella causa iscritta al n°\2017 del r.g. lavoro e vertente
TRA
XXX rapp.ta e difesa dall’avv.to in virtù di mandato in calce al ricorso
Ricorrente
E
YYY
Convenuta
NONCHE’
I.N.P.S. in persona del Presidente p.t. rapp.to e difeso dall’avv.to in virtù di procura generale notarile alle liti.
Convenuto
OGGETTO: pagamento differenze retributive e indennità di maternità.
MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO E IN DIRITTO
Con ricorso depositato in data 10.11.2017 la ricorrente in epigrafe indicata esponendo che era aveva lavorato alle dipendenze di YYY dal 17.7.2014, che era stata nominata direttore tecnico, che tali mansioni sono riconducibili al 1° livello del ccnl per i dipendenti di imprese artigiane di estetica, che era stata inquadrata nel 4° livello, che aveva lavorato dal martedì al sabato dalle ore 10,00 alle 18,00, che in data 30.9.2015 la ricorrente entrava in maternità a rischio, che in data 13.10.2016 la ricorrente comunicava le dimissioni per giusta causa non avendo percepito lo stipendio dal mese di aprile 2016, che il datore di lavoro aveva illegittimamente trattenuto l’indennità di maternità, ha chiesto, previo accertamento del diritto all’inquadramento nel 1° livello ccnl dedotto, la condanna della convenuta al pagamento della somma di E.19616,12, quali differenze retributive per l’effetto maturate e, in via gradata, previo accertamento del diritto all’inquadramento nel 2° ovvero nel 3° livello ccnl dedotto, la condanna della convenuta al pagamento della somma maturata a titolo di differenze retributive nonché nonché alla regolarizzazione previdenziale; ha chiesto il pagamento delle mensilità non corrisposte per il periodo dal mese di aprile al mese di ottobre 2016 e la condanna il solido della convenuta e dell’Inps al pagamento dell’indennità di maternità, oltre accessori di legge e spese di giudizio.
Si è costituito l’Inps che ha eccepito preliminarmente l’improcedibilità della domanda, la decadenza e la prescrizione del diritto nonché il pagamento dell’indennità di maternità per il periodo 1.1.2016 – 30.9.2016; ha chiesto il rigetto della domanda, vinte le spese.
A seguito di regolare notifica del ricorso e del relativo decreto di fissazione dell’udienza di discussione la convenuta non si è costituita e ne viene dichiarata la contumacia.
Parte ricorrente ha tempestivamente depositato note di trattazione scritta riportandosi al ricorso.
La domanda è parzialmente fondata e va accolta entro i limiti di seguito indicati.
Anzitutto deve riconoscersi il diritto della ricorrente all’inquadramento nel 1° livello ccnl per i dipendenti di imprese artigiane di estetica tenuto conto che la nomina della ricorrente quale direttore tecnico e responsabile del centro estetico gestito dalla convenuta, nomina successivamente revocata a seguito della astensione dal lavoro per maternità, costituisce prova del possesso delle competenze tecniche che caratterizza il livello rivendicato e che le consentiva di sovrintendere all’attività svolta presso il centro estetico.
Non può, al contrario, ritenersi provato lo svolgimento dell’attività secondo l’orario di lavoro dedotto atteso che le relative dichiarazioni dei testi escussi, i quali hanno confermato le allegazioni attoree, non possono ritenersi prova idonea poiché essi, oltre ad essere legati alla ricorrente da vincoli di parentela ovvero di convivenza, non erano continuativamente presenti sul luogo di lavoro.
Il riconoscimento del diritto al pagamento delle differenze retributive va, perciò, limitato alle differenze sulla retribuzione ordinaria e sulla 13° mensilità maturate in applicazione dei parametri retributivi propri del 1° livello – con l’esclusione, altresì, dell’indennità sostitutiva per ferie non godute e permessi in difetto dell’adempimento dell’onere probatorio relativo alla continuità dell’attività lavorativa – per il periodo dal mese di luglio 2014 a tutto il mese di settembre 2015 preso atto che per il periodo successivo la stessa ricorrente ha dedotto di essere stata assente per maternità.
La domanda va, inoltre, respinta nella parte in cui è chiesta la condanna della convenuta al pagamento delle retribuzioni relative al periodo 1.1.2016 – 30.9.2016 poiché detto periodo rientra tra quello in cui è stata liquidata dall’Inps indennità di maternità; ed invero l’Istituto ha eccepito, producendo relativo estratto contributivo, la liquidazione della prestazione in oggetto per il periodo 1.1.2016 – 30.9.2016 sicchè per i mesi suindicati nulla è maturato a titolo di retribuzione.
Quanto, infine, alla richiesta di condanna della convenuta e dell’Inps in solido al pagamento dell’indennità di maternità che la ricorrente assume di non aver ricevuto dalla datrice di lavoro va, anzitutto, rilevato, il difetto di legittimazione passiva di quest’ultima. In proposito la giurisprudenza ha costantemente affermato che “Ai sensi dell’art. 1 del D.L. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito in legge 29 febbraio 1980 n. 33, l’indennità di maternità, dovuta dall’I.N.P.S., viene corrisposta all’avente diritto a cura del datore di lavoro in funzione di “adiectus solutionis causa”; ne consegue che nella controversia promossa dalla lavoratrice per ottenere il pagamento della suddetta indennità è l’I.N.P.S. il soggetto legittimato passivo, non rilevando in contrario la circostanza che il datore di lavoro, adducendo di aver corrisposto l’indennità in questione, abbia già effettuato il conguaglio fra la somma ad essa corrispondente ed i contributi dovuti. Nel caso di mancato pagamento dell’ indennità da parte del datore di lavoro incombe infatti sull’I.N.P.S. – che dovrebbe chiedere al datore di lavoro, che ponga a conguaglio dei contributi dovuti le prestazioni asseritamente anticipate al lavoratore per conto dell’Istituto, la prova della avvenuta erogazione, e cioè la quietanza delle somme ricevute dalla dipendente – l’onere di rivalersi nei confronti di quest’ultimo, dopo aver corrisposto all’avente diritto la prestazione dovuta” (ex plurimis Cass.sez.Lav.sent.n.639\1997).
La medesima domanda proposta nei confronti dell’Inps deve dichiararsi inammissibile per intervenuta decadenza ai sensi dell’art. 47 del d.p.r. n. 639/70 e succ.mod.
Tale disposizione prevede che l’azione riguardante le prestazioni previdenziali temporanee (le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88) va proposta nel termine di un anno dalla richiesta della prestazione.
Nel caso di specie, tenuto conto del periodo di erogazione della prestazione non può che rilevarsi l’intervenuta maturazione del termine annuale di decadenza all’atto del deposito del ricorso.
In parziale accoglimento della domanda la convenuta è, dunque, condannata al pagamento della somma complessiva di E.6348,18 di cui E.2947,59 per t.f.r. I singoli importi vanno maggiorati degli interessi legali calcolati sulle somme annualmente rivalutate secondo indici istat.
Le spese di giudizio sono compensate tra la ricorrente e la convenuta in ragione di 1\2 stante il parziale accoglimento, la società convenuta è condannata al pagamento della restante metà.
Per effetto della soccombenza la ricorrente è condannata al pagamento delle spese di lite in favore dell’Inps.
P.Q.M.
Accoglie parzialmente la domanda e, per l’effetto, accertato il diritto della ricorrente all’inquadramento nel 1° livello del ccnl dedotto, condanna YYY al pagamento della somma complessiva di E.6348,18, di cui E.2947,59 per t.f.r., maturata per i titoli dedotti nonché alla conseguente regolarizzazione contributiva, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria; rigetta la domanda nella restante parte, rigetta la domanda proposta nei confronti dell’Inps.
Compensa le spese di giudizio tra parte ricorrente e la convenuta in ragione di 1\2 e condanna la convenuta al pagamento della restante metà liquidata, in misura così ridotta, nella complessiva somma di E.2950,50, comprensiva di spese nella misura del 15%, con attribuzione. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Inps spese liquidate nella complessiva somma di E.2876,00, comprensiva di spese nella misura del 15%.
Si comunichi.
Roma 10.6.2020
Il Giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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