N. R.G. 224/2023
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO sezione lavoro
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella persona fisica del magistrato dott. NOME COGNOME pronunzia la seguente
S E N T E N Z A N O N D E F I N I T I V A N._158_2024_- N._R.G._00000224_2023 DEL_01_10_2024 PUBBLICATA_IL_01_10_2024
nella causa per controversia in materia di lavoro promossa con ricorso depositato in data 7.6.2023 d a rappresentata e difesa dall’ avv. NOME COGNOME pec dall’avv. NOME COGNOME pec ricorrente c o n t r o rappresentato difeso dall’avv. NOME COGNOME pec dall’avv. NOME COGNOME pec convenuto
CONCLUSIONI
DI PARTE RICORRENTE “IN INDIRIZZO
– accertare e dichiarare, per i motivi di cui in narrativa, l’annullamento e/o l’invalidità e/o la nullità e/o l’inefficacia, in tutto o in parte, anche in forza della sollevata eccezione di prescrizione, dei seguenti atti:
a) Verbale Unico di Accertamento e Notificazione 2020000363/DDL del 14.02.2020, emesso dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro presso la sede di Trento;
b) la comunicazione di rettifica di data 05.03.2020;
c) la comunicazione di rettifica di data 15.12.2022;
e, per l’effetto, accertare e dichiarare l’inesistenza del credito vantato dall’ sulla base dei predetti atti.
IN INDIRIZZO
– accertare e dichiarare, per i motivi di cui in narrativa, l’annullamento e/o l’invalidità e/o l’inefficacia e/o l’illegittimità, in tutto o in parte, anche in forza della sollevata eccezione di prescrizione, delle sanzioni irrogate per evasione, applicando se del caso quelle previste per la mera omissione;
IN OGNI CASO:
condannare controparte alla refusione delle spese di procedura e compensi di avvocato, oltre 15% rimborso forfettario, 4% CNPA e IVA, in misura di legge”
CONCLUSIONI
DI PARTE CONVENUTA “Respingersi in toto il ricorso de quo, con integrale conferma dei quanto accertato, e di quanto addebitato con il verbale UNICO DI ACCERTAMENTO E NOTIFICAZIONE N. 2020000363/DDL DEL 14/02/2020, o della somma uguale o minore da accertarsi con espletanda CTU, sia con riferimento alle somme dovute a titolo di contributi e di sanzioni e somme aggiuntive, da calcolarsi al momento del saldo, all’ e/o al Concessionario.
Con rifusione delle spese e competenze del presente giudizio e sentenza provvisoriamente esecutiva” MOTIVAZIONE la domanda proposta dalla società ricorrente La società ricorrente propone domanda volta ad accertare l’inesistenza delle pretese avanzate dall’ nel verbale unico di accertamento e notificazione 2020000363/DDL del 14.02.2020 (doc.1 fasc. ric.) , successivamente rettificato con comunicazione del 5.3.2020 (doc.5a fasc. ric.) e del 15.12.2022 (doc.5b fasc. ric.) , a titolo di:
1) contributi afferenti all’emolumento “contributo di trasporto” dovuto, ai sensi ex art. 16 CCPL per i dipendenti delle imprese edili ed affini della provincia di Trento integrativo del CCNL per i dipendenti delle imprese edili ed affini (doc.9 fasc. ric.), ai dipendenti addetti all’esecuzione di un appalto in Trento – INDIRIZZO nel periodo 13.6.2014 -17.10.2016, come accertato dal Servizio Lavoro della Provincia di Trento mediante il verbale n. 648313 del 21.10.2019 (doc. 2 fasc. ric.);
2) contributi afferenti all’ “indennità di trasferta” corrisposta dalla datrice al dipendente addetto all’esecuzione di un appalto in Cles – loc. COGNOME, nel periodo aprile-maggio 2015, ma non dovuta (e, quindi, avente natura di emolumento retributivo), come accertato dal Servizio Lavoro della Provincia di Trento mediante nota prot. n-. S021/2016/13543/24.1 del 15.3.2016 (doc. 3 fasc. ric.);
3) contributi dovuti a seguito del disconoscimento ex art. 1 co.1175 L. 27.12.2006, n. 296 dell’esonero ex art. 1 co. 118 L. 23.12.2014, n. 190 dal versamento dei contributi riguardanti il rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra e tale limitatamente ai mesi di luglio e settembre 2015, nonché marzo 2016.
4) interessi, nonché sanzioni per evasione ex art.116 co. 8, lett. b) L. 23.12.2000, n. 388.
le ragioni della decisione §1. in ordine all’eccezione, sollevata dalla società ricorrente, di illegittimità del verbale unico di accertamento e notificazione emesso dall’ presso di Trento sub n. NUMERO_DOCUMENTO/DDL, in data 14.2.2020, con conseguente richiesta di annullamento La società ricorrente eccepisce l’illegittimità del verbale unico di accertamento e notificazione emesso dall’ presso di Trento sub n. NUMERO_DOCUMENTO/DDL, in data 14.2.2020, adducendo che “ha determinato..
in capo a l’impossibilità di avere una piena e precisa cognizione dei titoli e dei lavoratori a cui si riferisce la richiesta creditoria”, con conseguente “totale impossibilità di poter prendere posizione ed efficacemente difendersi sul punto”, e chiedendo l’annullamento del predetto verbale.
Parte In disparte la singolarità dell’assunto di trovarsi nella “totale impossibilità” di esercitare il diritto di difesa dopo aver in precedenza dedotto nel merito per oltre 11 pagine – l’asserita illegittimità del verbale de quo non avrebbe comunque, per quanto concerne il profilo contributivo, la conseguenza (annullamento del verbale) affermata dalla società ricorrente.
Infatti l’eccezione è inammissibile in quanto sollevata inutiliter, avendo il presente giudizio per oggetto non già la legittimità di un’ordinanza ingiunzione ex art. 18 L. 24.11.1989, n. 681 afferente a una sanzione amministrativa (la cui irrogazione presuppone effettivamente un valido atto di accertamento ex art. 14 L. 689/1981), ma la fondatezza di pretese contributive avanzate dall’ In proposito assume rilievo il consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. 6.12.2019, n. 31954; Cass. 30.9.2014, n. 20604; Cass. 29.4.2009, n. 9986; Cass. 24.2.2003, n. 2804;), secondo cui:
le obbligazioni, in cui consistono i rapporti previdenziali, hanno natura pubblica in quanto nascono al verificarsi dei presupposti previsti dalla legge;
il procedimento, che l’ente gestore è tenuto porre in essere al fine di consentire i propri o gli altrui adempimenti, ha natura meramente ricognitiva, con esercizio, al più, di mera discrezionalità tecnica (che è attività vincolata a tutti gli effetti), essendo diretto ad accertare la sussistenza dei presupposti necessari per l’insorgenza dell’obbligazione;
gli atti amministrativi di gestione del rapporto obbligatorio previdenziale non hanno, quindi, natura autoritativa e non sono provvedimenti;
anche questi procedimenti, però, oltre che ad essere assoggettati alle regole loro proprie (come, ad esempio, l’art. 13 d.lgs. 23.4.2004, n. 124 invocato dalla ricorrente), devono essere esperiti nel rispetto, se non specificamente derogati da leggi successive, i precetti ex L. 7.8.1990. n. 241 (il cui ambito di applicazione si estende oltre l’area dei provvedimenti);
tuttavia la natura meramente ricognitiva dei procedimenti in questione, unitamente al principio generale di uguaglianza fra le parti di un rapporto obbligatorio, induce alla sicura conclusione che l’inosservanza delle prescrizioni concernenti il procedimento può esplicare effetti soltanto interni ed organizzatori, senza incidenza sul rapporto di obbligazione, che non può restarne influenzato (è chiaro che non sarebbe concepibile far dipendere dall’osservanza delle regole di un procedimento ricognitivo la consistenza della situazione creditoria o debitoria). Opera, quindi, il principio dell’inesistenza di un’autonoma tutela dell’interesse procedimentale, dal momento che l’interesse al giusto procedimento è assorbito dalla posizione sostanziale, completamente protetta dal giudice dei diritti soggettivi.
E’ sul medesimo principio che trova fondamento altro consolidato orientamento della Suprema Corte (ex multis, di recente, Cass. 18.9.2023, n. 26706; Cass. 27.2023, n. 22832; Cass. 16.6.2023, n. 17320;), secondo cui l’eventuale illegittimità degli atti posto in essere dal ente previdenziale creditore (quali l’iscrizione a ruolo ex art. 17 d.P.R. 29.9.1973, n. 602, oggi sostituita in ambito previdenziale dall’avviso di addebito ex art. 30 D.L. 78/2010) o dall’ agente della riscossione (quale la cartella di pagamento ex art. 25 d.P.R. 602/1973, anch’essa oggi sostituita in ambito previdenziale dall’avviso di addebito ex art. 30 D.L. 78/2010), non esime il giudice dalla verifica della fondatezza nel merito della pretesa contributiva, nell’ an e nel quantum. In definitiva eventuali omissioni consumate dagli ispettori nello svolgimento dell’attività istruttoria volta ad accertare la sussistenza di inadempimenti contributivi non determinano l’illegittimità delle correlative pretese da parte dell’ente previdenziale, ma è possibile che condizionino la fondatezza nel merito di quelle pretese.
Quindi deve essere dichiarata l’inammissibilità dell’eccezione, sollevata dalla società ricorrente di illegittimità del verbale unico di accertamento e notificazione emesso dall’ presso di Trento sub n. NUMERO_DOCUMENTO/DDL in data 14.2.2020.
§2. in ordine alla pretesa avanzata dall’ a titolo di contributi afferenti all’emolumento “contributo di trasporto” dovuto, ai sensi ex art. 16 CCPL cit., ai dipendenti addetti all’esecuzione di un appalto in Trento – loc. RAGIONE_SOCIALE di Cognola, nel periodo 13.6.2014 -17.10.2016, pretende il versamento dei contributi afferenti all’emolumento “contributo di trasporto” dovuto, ai sensi ex art. 16 CCPL cit., ai dipendenti addetti all’esecuzione di un appalto in Trento – loc. RAGIONE_SOCIALE di Cognola, nel periodo 13.6.2014 -17.10.2016, come accertato dal Servizio Lavoro della Provincia di Trento mediante il verbale n. 648313 del 21.10.2019 (doc. 2 fasc. ric.).
La società non contesta la debenza dell’emolumento de quo verso i lavoratori (tanto che, come riferito nel verbale e rimasto incontestato, lo ha registrato nel LUL del mese di ottobre 2019, sebbene in ritardo e solo dopo aver ricevuto il verbale emesso dal Servizio Lavoro della Provincia di Trento sub n. 648313 del 21.10.2019), ma sostiene non sia assoggettato a contribuzione in quanto volto “unicamente a rimborsare al dipendente le spese che egli deve sostenere per raggiungere il proprio luogo di lavoro”.
– – – L’assunto non è fondato (e, conseguentemente, la pretesa avanzata da a questo titolo merita accoglimento).
L’art. 16 CCPL cit. dispone:
“Le parti convengono che le imprese nell’ambito delle proprie esigenze organizzative e tecnico-produttive, potranno valutare l’opportunità di organizzare il trasporto dei lavoratori propri dipendenti verso il luogo di lavoro… Nel caso in cui non esista il sistema di trasporto di cui sopra ovvero il medesimo non parta dall’abitazione del lavoratore viene corrisposto un contributo giornaliero pari alle seguenti misure:
€ 1,36 per ogni giornata di presenza per i lavoratori che abitano ad una distanza dal luogo di lavoro, ovvero del diverso punto di ritrovo, oltre i 3 Km e fino a 10 Km;
€ 2,74 per ogni giornata di presenza per i lavoratori che abitano ad una distanza dal luogo di lavoro, ovvero del diverso punto di ritrovo, oltre i 10 Km e fino a 20 Km;
€ 4,78 per ogni giornata di presenza per i lavoratori che abitano ad una distanza dal luogo di lavoro, ovvero del diverso punto di ritrovo, di oltre 20 Km.
Nel caso in cui i lavoratori si avvalgano del sistema di trasporto organizzato dall’impresa dall’abitazione del lavoratore al luogo di lavoro, non competerà il tributo di cui al presente articolo…
Le parti si danno atto che in ragione della natura delle indennità di cui trattasi, sulla medesima non deve essere computata la percentuale di accantonamento alla Cassa Edile (18,50%) e la percentuale per i riposi annui (4,95%).
Le indennità non costituiscono elemento utile ai fini della determinazione del Trattamento di Fine Rapporto”.
Emerge per tabulas che l’emolumento de quo è diretto, come ha ammesso anche la società ricorrente, “a rimborsare al dipendente le spese che egli deve sostenere per raggiungere il proprio luogo di lavoro”.
Nel delineare la disciplina dei rimborsi delle spese di viaggio in riferimento all’imponibile contributivo, occorre, in primo luogo, prendere in considerazione l’art. 29 co.1 e 2 d.P.R. 30.6.1965, n. 1124 (come sostituito dall’art. 6 co.1 d.lgs. 2.9.1997, n. 314), il quale dispone:
“1. Costituiscono redditi di lavoro dipendente ai fini contributivi quelli di cui all’articolo 46, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, maturati nel periodo di riferimento.
2. Per il calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 48 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, salvo quanto specificato nei seguenti commi.
L’art. 46 ora 49 co.1 d. P.R. 917/1986 prevede:
“1. Sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato lavoro dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro.
l’art. 48 ora 51 d.P.R. 917/1986 prescrive:
“1. Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro… 5.
Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente euro 46,48 al giorno, elevate a euro 77,47 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto;
in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo.
Il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto.
In caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto, nonché i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino all’importo massimo giornaliero di euro 15,49, elevate a euro 25,82 per le trasferte all’estero…”.
Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. 2.7.2018, n. 17253; Cass. 8.2.1999, n. 1077;) questa complessa disciplina riserva alla legge la determinazione dell’ammontare della retribuzione assoggettata a contribuzione obbligatoria, sottraendola all’autonomia privata e armonizzando l’imposizione contributiva dei redditi da lavoro dipendente alle disposizioni in tema di imposte sui redditi, e sancisce la generale presunzione di riconducibilità a retribuzione e, quindi, di assoggettamento a contribuzione, di tutto quanto il lavoratore ha diritto di percepire a qualunque tutolo, presunzione che può essere vinta solo dalla dimostrazione che l’erogazione appartiene ad una delle categorie che, in base all’art. 29 co. 2 d.lgs. 1124/1965 e all’art. 51 co. 5 TUIR, sono espressamente e tassativamente escluse da contribuzione.
Tali categorie afferiscono alle “indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale” e ai “rimborsi di spese… sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni”.
Assume, quindi, rilievo decisivo stabilire se le spese sostenute dal lavoratore “per raggiungere il proprio luogo di lavoro” (quali quelle al cui rimborso è finalizzato il “contributo trasporti” ex art. 16 CCPL cit.) rientrino tra le spese sostenute dal dipendente in occasione di “trasferte o … missioni fuori del territorio comunale”.
La risposta deve essere negativa.
Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. 8.7.2020, n. 14380; Cass. 21.2.2001, n. 2571; Cass. 14.9.2007, n. 19236; Cass. 14.8.1998, n. 8004;) l’indennità di trasferta rappresenta un emolumento corrisposto al lavoratore con riferimento a una prestazione eseguita, nell’interesse di parte datoriale, al di fuori della ordinaria sede lavorativa e per un limitato periodo di tempo, e teso a compensare i disagi derivanti dall’espletamento dell’attività lavorativa in luogo differente da quello previsto.
Appare evidente la diversità tra indennità di trasferta e “contributo di trasporto” ex art. 16 CCPL cit. sia in ordine al presupposto (svolgimento della prestazioni lavorativa in luogo diverso dall’ordinaria sede di lavoro – svolgimento della prestazione lavorativa in luogo diverso da quello in cui è ubicata l’abitazione del lavoratore), sia, di conseguenza, al tipo di disagio che viene compensato (i disagi derivanti dall’espletamento dell’attività lavorativa in luogo differente da quello previsto – i disagi derivanti dall’espletamento dell’attività lavorativa in luogo differente da quello in cui si trova l’abitazione del ricorrente). Risulta così chiara l’inconferenza, rispetto alla vicenda in esame, delle pronunce della Suprema Corte richiamate dalla società ricorrente nell’atto introduttivo e nelle note autorizzate depositate in data 6.5.2024, le quali si riferiscono a somme corrisposte al datore a titolo di indennità di trasferta e di rimborso di spese sostenute dai lavoratori per raggiungere il luogo dove eseguire la prestazione, in deroga all’abituale sede.
Quindi deve essere dichiarato che il contributo trasporto ex art. 16 CCPL cit., dovuto dalla società ricorrente i dipendenti addetti all’esecuzione di un appalto in Trento – loc. RAGIONE_SOCIALE di Cognola, nel periodo 13.6.2014 -17.10.2016, era da assoggettarsi a contribuzione aziende con lavoratori dipendenti.
§3. in ordine all’eccezione, sollevata dalla società ricorrente, di parziale prescrizione dei contributi afferenti all’emolumento “contributo di trasporto” ex art. 16 CCPL
La società ricorrente eccepisce la prescrizione quinquennale ex art. 3 co. 9 L. 8.8.1995, n. 335 dei contributi afferenti all’emolumento “contributo di trasporto” ex art. 16 CCPL e (assertamente) maturati fino alla data di inizio del quinquennio antecedente la notificazione, in data 14.2.2020, del verbale unico di accertamento e notificazione emesso dall’ presso di Trento sub n. 2020000363/DDL.
Il convenuto contesta l’eccezione sostenendo sia intervenuta l’interruzione della prescrizione “tenuto conto della registrazione sul LUL del mese di ottobre delle somme retributivamente rilevanti e del valore interruttivo del pagamento dei contributi avvenuto in data 18/11/2019 in quanto da considerare riconoscimento del debito”.
L’assunto è nella sua prima parte infondato in quanto, se è vero che la società ricorrente ha registrato il “contributo trasporto” ex art. 16 CCPL cit. nel LUL del mese di ottobre 2019, ma lo ha considerato (erroneamente) alla stregua di un’indennità di trasferta e, quindi, di un emolumento non assoggettato a contribuzione.
Quindi siffatta condotta non può essere sussunta in un riconoscimento di debito, di talché appare priva dell’efficacia interruttiva ex art. 2944 cod.civ.
L’assunto è, invece, non intelligibile laddove si riferisce al “pagamento dei contributi avvenuto in data 18/11/2019”, che non vi affatto stato (tanto che ha avanzato una pretesa in proposito).
Deve, perciò, essere dichiarato che i crediti contributivi dovuti dalla società ricorrente all’ in relazione al contributo Con trasporto ex art. 16 CCPL cit. indicato nel paragrafo precedente sono prescritti fino alla data del 13.2.2015.
in ordine alla pretesa avanzata dall’ a titolo di contributi afferenti alla “indennità di trasferta” corrisposta dalla società ricorrente al dipendente in relazione al periodo aprile-maggio 2015 pretende il versamento dei contributi afferenti all’ “indennità di trasferta” corrisposta dalla società ricorrente al dipendente addetto all’esecuzione di un appalto in Cles – loc. COGNOME, nel periodo aprile-maggio 2015, ma non dovuta (e, quindi, avente natura di emolumento retributivo), come accertato dal Servizio Lavoro della Provincia di Trento mediante nota prot. n-. S021/2016/13543/24.1 del 15.3.2016.
La società ricorrente non contesta che l’emolumento versato dipendente fosse assoggettato contribuzione, allega e documenta (doc. 11 fasc. ric. ) di aver recuperato dal lavoratore la somma non dovuta a titolo di retribuzione.
Nelle note autorizzate depositate in data 6.4.2024 l’ ha così dedotto:
“Vista la documentazione prodotta dall’azienda (lul di febbraio 2020, che si allega, doc. 1), si riconosce l’avvenuta ripetizione di quanto erogato a titolo di indennità di trasferta.
In riferimento a tale imponibile si provvederà in autotutela a ridurre l’importo dei contributi richiesti con verbale”.
Ne deriva che, in proposito, deve esse dichiarata la cessazione della materia del contendere a seguito di un fatto intervenuto alla fine del mese di febbraio 2020 e, quindi, dopo aver ricevuto il verbale di accertamento e notificazione 2020000363/DDL del 14.02.2020.
in ordine alla pretesa avanzata dall’ a titolo di contributi assertamente dovuti a seguito del disconoscimento ex art. 1 co.1175 L. 296/2006 dell’esonero ex art. 1 co. 118 L. 190/2014 dal versamento dei contributi riguardanti il rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra e tale limitatamente ai mesi di luglio e settembre 2015, nonché marzo 2016.
pretende il versamento dei contributi assertamente dovuti dalla società ricorrente a seguito del disconoscimento ex art. 1 co.1175 L. 27.12.2006, n. 296 dell’esonero ex art. 1 co. 118 L. 23.12.2014, n. 190 dal versamento dei contributi riguardanti il rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra e tale limitatamente ai mesi di luglio e settembre 2015, nonché marzo 2016.
La società ricorrente – pur non contestando di aver fruito dell’esonero dal versamento dei contributi in ordine al rapporto di lavoro subordinato intercorrente con e in relazione ai mesi di luglio e settembre 2015, nonché marzo 2016 – sostiene per una duplice ragione l’infondatezza della pretesa avanzata dall’ nega di essersi trovata nei mesi di luglio e settembre 2015, nonché di marzo 2016, in una situazione di irregolarità contributiva nei confronti dell’ attesa l’infondatezza della pretesa relativa ai contributi afferenti all’emolumento “contributo di trasporto” ex art. 16 CCPL cit. dovuto ai dipendenti addetti all’esecuzione di un appalto in Trento – loc. RAGIONE_SOCIALE Cognola, nel periodo 13.6.2014 -17.10.2016;
afferma, richiamando giurisprudenza di merito, che il disposto ex art. 1 co. 1175 L. 296/2006 “impedisce per il futuro la fruizione di sgravi contributivi alle aziende che, per irregolarità contestate, non abbiano ottenuto il rilascio del DURC ovvero siano state oggetto di accertamento, ma non legittima il recupero di sgravi fruiti prima che l’irregolarità venisse accertata… in tal senso, d’altronde, depone il tenore letterale della norma, che attribuisce rilevanza essenziale al possesso, ad una certa data, di una determinata documentazione (attestante la regolarità contributiva), costituente presupposto per la concessione del beneficio”. ad a) L’assunto è infondato alla luce dell’accoglimento, statuito nel paragrafo §2, della pretesa avanzata dall’ a titolo di contributi afferenti all’emolumento “contributo di trasporto” ex art. 16 CCPL cit..
a b) La tesi sostenuta dalla società ricorrente non persuade.
L’art. 1 co. 1175 L. 296/2006 dispone:
“A decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, all’assenza di violazioni nelle predette materie, ivi comprese le violazioni in materia di tutela delle condizioni di lavoro nonché di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. Emerge dalla littera legis, in modo così chiaro da non consentire diversa interpretazione (art. 12 co. 1 prel. cod.civ. )
, che molteplici sono presupposti, alla cui sussistenza è subordinato il diritto di fruire dei “benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale”, vale a dire:
1) il “possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva” 2) l’ “assenza di violazioni nelle predette materie”, 3) l’ “assenza di altre violazioni in materia di tutela delle condizioni di lavoro nonché di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali”, 4) l’ “assenza di violazioni degli altri obblighi di legge”, 5) l’ “assenza di mancato rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. Nella vicenda in esame la società ricorrente – anche prescindendo dal fatto che non ha allegato (e tanto meno documentato) di essere stata in possesso del documento unico di regolarità contributiva in relazione ai mesi di luglio e settembre 2015, nonché di marzo 2016 (cui riferisce il disconoscimento dell’esonero, che ha posto a fondamento dell’esonero) – si trovava, di contro, in una situazione di irregolarità contributiva nei confronti dell’ in ragione della violazione dell’obbligo avente a oggetto il versamento dei contributi afferenti all’emolumento “contributo di trasporto” dovuto, ai sensi ex art. 16 CCPL cit., ai dipendenti addetti all’esecuzione di un appalto in Trento – loc. RAGIONE_SOCIALE di Cognola, nel periodo 13.6.2014 -17.10.2016, come accertato dal Servizio Lavoro della Provincia di Trento mediante il verbale n. 648313 del 21.10.2019.
Inoltre l’assunto, secondo cui gli sgravi recuperabili sono quelli non già fruiti all’epoca della violazione, ma quelli goduti successivamente all’accertamento della violazione, attribuisce alla norma ex art. 1 co. 1175 L. 296/2006 un portata precettiva incerta (non si comprende in relazione a quale periodo si devono riferire gli sgravi da recuperare) e irragionevole (venendo meno il nesso temporale tra violazione e recupero, si attribuisce alla penalizzazione dell’inadempiente effetti del tutto casuali).
D’altronde secondo l’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. 15.12.2022, n. 36846; Cass. 17.8.2022, n. 24854; Cass. 25.10.2018, n. 27107;) “in tema di benefici contributivi, per la cui fruizione è richiesto il possesso del documento unico di regolarità contributiva (c.d. Durc), la mancata segnalazione dell’irregolarità ostativa al rilascio del Durc, da parte dell’ non determina l’inesigibilità delle differenze contributive rispetto agli sgravi, posto che la ratio della norma è di assicurare la necessaria e costante regolarità contributiva, quale presupposto dell’applicazione degli sgravi”. Quindi deve essere dichiarato che sono dovuti dalla società ricorrente i contributi derivanti, in favore dell’ con dipendenti, a seguito del disconoscimento ex art. 1 co.1175 L. 296/2006 dell’esonero ex art. 1 co. 118 L. 190/2014 dal versamento dei contributi riguardanti il rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra e tale limitatamente ai mesi di luglio e settembre 2015, nonché di marzo 2016.
in ordine alle sanzioni civili applicabili In via subordinata la società ricorrente ritiene che le sanzioni civili debbano essere determinate secondo il parametro prescritto per l’omissione dall’art. 116 co.8 lett. a) L. 23.12.2000, n. 388 (“nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie… ”) e non in base a quello previsto per l’evasione dalla successiva lettera b) (“in caso di evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso in cui il datore di lavoro, con l’intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate”). A sostegno afferma di aver “tempestivamente inviato tutte le dichiarazioni di legge, tanto mediante i prescritti modelli UNILAV quanto mediante i flussi UNIEMENS, senza occultare o omettere alcunché, né tantomeno rendendo registrazioni o denunce mendaci”.
Il motivo di ricorso è fondato parzialmente.
Secondo l’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. 24.6.2022, n. 20446; Cass. 2.5.2018, n. 10427; Cass. 13.3.2017, n. 6405; Cass. 25.8.2015, n. 17119; Cass. 25.6.2012, n. 10509; Cass. 27.12.2011, n. 28966;), il quid pluris che caratterizza la fattispecie della cd. evasione contributiva ex art. 116 co.8 lett. b) L. 388/2000, rispetto a quella della cd. omissione contributiva ex art. 116 co.8 lett. a) L. 388/2000, consiste in due elementi:
l’uno di carattere oggettivo, rappresentato dall’ occultamento di rapporti di lavoro ovvero di retribuzione erogate e comunque del presupposto contributivo;
secondo la Suprema Corte questo requisito sussiste non solo quando vi sia l’assoluta mancanza di un qualsivoglia elemento documentale, che renda possibile l’accertamento della posizione lavorativa o della retribuzioni, ma anche quando ricorra un’incompleta o non conforme al vero denuncia obbligatoria (o richiesta di iscrizione o versamento di contributi o compilazione di prospetti paga e modelli CUD con le stesse caratteristiche di incompletezza o infedeltà), mediante la quale viene celata all’ente previdenziale (e, quindi, occultata) l’effettiva sussistenza dei presupposti fattuali della contribuzione; d’altronde, se si escludessero dalla fattispecie di “evasione” (così sussumendole in quella di “omissione”) tutte le ipotesi che in qualunque modo abbiano reso possibile all’ente previdenziale l’accertamento degli inadempimenti contributivi, anche a distanza di tempo, o in ritardo rispetto alle cadenze informative periodiche prescritte dalla legge, ne conseguirebbe un aggravamento dell’Istituto gestore dell’assicurazione obbligatoria, imponendogli un’incessante attività ispettiva, mentre il sistema postula, anche nel suo aspetto contributivo, per la sua funzionalità, una collaborazione spontanea tra i soggetti interessati (così già Cass. S.U. 7.3.2005, n. 4808;); l’altro di natura soggettiva, rappresentato dal fatto che tale occultamento sia stato attuato con l’intenzione specifica di non versare i contributi o i premi, ossia con un comportamento volontario finalizzato allo scopo indicato.
Secondo la Suprema Corte, stante il collegamento funzionale tra obblighi formali e pagamento dei contributi dovuti, l’omissione o l’infedeltà dell’obbligatoria denuncia è di per sé sintomatica (ove non meramente accidentale, episodica, strettamente marginale) della volontà di occultare il presupposto contributivo al fine di evitare, nella auspicata (beninteso dal debitore infedele) e non implausibile possibilità che la mancanza di successivi accertamenti o riscontri (da attuarsi per di più nell’ambito temporale dei termini prescrizionali) consentano de facto di sottrarsi all’adempimento contributivo ovvero di effettuare il pagamento della contribuzione in misura inferiore al dovuto; d’altra parte non potrebbe altrimenti comprendersi, se non appunto ove dettata da tale fine, l’omissione nelle denunce obbligatorie di dati di cui comunque il debitore è evidentemente a conoscenza, per averli, in tesi, già altrimenti registrati.
Ne deriva che, in linea generale, l’inoltro di denunce infedeli o la loro omissione, da un lato configura occultamento dei rapporti di lavoro o delle retribuzioni erogate o di entrambi e, dall’altro e al contempo, fa presumere l’esistenza di una specifica volontà datoriale di sottrarsi al versamento dei contributi dovuti.
Una siffatta interpretazione della novella introdotta dalla L. 388/2000 consente, anche in ipotesi di denunce omesse o non veritiere, di escludere l’ipotesi dell’evasione, atteso che la suddetta presunzione, proprio perché non assoluta, può essere vinta, con onere probatorio a carico del datore di lavoro inadempiente, attraverso l’allegazione e la prova di circostanze dimostrative dell’assenza del fine fraudolento (perché, ad esempio, gli inadempimenti sono derivati da mera negligenza o da altre circostanze contingenti); il relativo accertamento, tipicamente di merito, resta, secondo le regole generali, intangibile in sede di legittimità ove congruamente motivato.
Orbene, nella vicenda in esame è necessario distinguere tra:
i contributi afferenti all’emolumento “contributo di trasporto” dovuto, in forza dell’art. 16 CCPL cit., ai dipendenti addetti all’esecuzione di un appalto in Trento – loc. RAGIONE_SOCIALE di Cognola, nel periodo 14.2.2015 -17.10.2016 (dovendo, ovviamente, essere esclusi quelli prescritti);
i contributi dovuti a seguito del disconoscimento ex art. 1 co.1175 L. 296/2006 dell’esonero ex art. 1 co.
118 190/2014 dal versamento dei contributi riguardanti il rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra e tale limitatamente ai mesi di luglio e settembre 2015, nonché marzo 2016.
ad A) In proposito, la società ricorrente ha sì registrato nel LUL (quello del mese di ottobre 2019) il “contributo trasporto” ex art. 16 CCPL cit., ma quale emolumento non assoggettato a contribuzione, e quindi ha redatto la prescritta denuncia obbligatoria in modo non conforme al vero (così come i prospetti paga e i modelli CUD).
Sorge così la presunzione (non vinta da ulteriori allegazioni di parte opponente) della volontà di occultare somme che rientravano nella base di computo dei contributi previdenziali.
a B) A conclusioni opposte deve pervenirsi in ordine ai contributi dovuti a seguito del recupero degli sgravi.
Infatti la loro debenza è dovuta a una circostanza (il disconoscimento degli sgravi contributivi) sopravvenuta rispetto alla presentazione delle denunce obbligatorie afferenti i mesi riguardanti i contributi pretesi, di talché non è ipotizzabile che in tali occasioni la società ricorrente abbia occultato retribuzioni erogate o altri presupposto contributivo con l’intenzione specifica di non versare i contributi.
In definitiva, deve essere dichiarato che:
sono dovute le sanzioni civili ex art. 116 co.8 lett. b) L. 388/2000 in ordine al mancato pagamento dei contributi afferenti all’emolumento “contributo di trasporto” ex art. 16 CCPL cit. dovuto, ai sensi ex art. 16 CCPL cit., ai dipendenti addetti all’esecuzione di un appalto in Trento – loc. RAGIONE_SOCIALE di , nel periodo 14.2.2015-17.10.2016 (dovendo, ovviamente, essere esclusi quelli prescritti);
sono dovute le sanzioni civili ex art. 116 co.8 lett. a) L. 388/2000 in ordine ai contributi dovuti a seguito del disconoscimento ex art. 1 co.1175 L. 296/2006 dell’esonero ex art. 1 co. 118 190/2014 dal versamento dei contributi riguardanti il rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra e tale limitatamente ai mesi di luglio e settembre 2015, nonché marzo 2016.
* * * Si rende necessaria, al fine di determinare le somme dovute dalla società ricorrente in virtù degli accertamenti contenuti in questa sentenza, una consulenza tecnica, che sarà disposta qualora le parti non concordassero in ordine al quantum (salvi restando i contrasti in ordine all’an).
Per il proseguimento del processo si emette ordinanza ex art. 279 co.1 n.4 cod.proc.civ..
Anche la pronuncia sulle spese viene differita alla decisione definitiva.
Il tribunale ordinario di Trento – sezione per le controversie di lavoro, in persona del giudice istruttore, in funzione di giudice unico, dott. NOME COGNOME NON definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata, così decide:
1. Dichiara l’inammissibilità dell’eccezione, sollevata dalla società ricorrente di illegittimità del verbale unico di accertamento e notificazione emesso dall’ presso di Trento sub n. NUMERO_DOCUMENTO/DDL in data 14.2.2020.
2. Dichiara che il contributo trasporto ex art. 16 CCPL per i dipendenti delle imprese edili ed affini della provincia di Trento integrativo del CCNL per i dipendenti delle imprese edili ed affini, dovuto dalla società ricorrente dipendenti addetti all’esecuzione di un appalto in Trento – loc. RAGIONE_SOCIALE di , nel periodo 13.6.2014 -17.10.2016, era da assoggettarsi alla contribuzione aziende con lavoratori dipendenti.
3. Dichiara che i crediti contributivi dovuti dalla società ricorrente all’ Gestione aziende con lavoratori dipendenti in relazione al contributo trasporto ex art. 16 CCPL cit. indicato sub 2. sono prescritti fino alla data del 13.2.2015.
4. Dichiara la cessazione della materia del contendere in ordine alla pretesa avanzata dall’ a titolo di contributi afferenti all’ “indennità di trasferta” corrisposta dalla società ricorrente al dipendente in relazione al periodo aprile- maggio 2015.
5. Dichiara che sono dovuti dalla società ricorrente i contributi derivanti, in favore dell’ a seguito del disconoscimento ex art. 1 co.1175 L. 27.12.2006, n. 296 dell’esonero ex art. 1 co. 118 L. 23.12.2014, n. 190 dal versamento dei contributi riguardanti il rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra e tale limitatamente ai mesi di luglio e settembre 2015, nonché di marzo 2016.
6. Dichiara che:
sono dovute le sanzioni civili ex art. 116 co.8 lett. b) L. 23.12.2000, n.388 in ordine al mancato pagamento dei contributi afferenti all’emolumento “contributo di trasporto” dovuto, ai sensi ex art. 16 CCPL cit., ai dipendenti addetti all’esecuzione di un appalto in Trento – loc. RAGIONE_SOCIALE , nel periodo 14.2.2015 -17.10.2016;
sono dovute le sanzioni civili ex art. 116 co.8 lett. a) L. 388/2000 in ordine ai contributi dovuti a seguito del disconoscimento ex art. 1 co.1175 L. 296/2006 dell’esonero ex art. 1 co. 118 190/2014 dal versamento dei contributi riguardanti il rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra e tale limitatamente ai mesi di luglio e settembre 2015, nonché marzo 2016.
7. Riserva alla definizione del giudizio la pronuncia sulla liquidazione delle spese processuali.
8. Dispone con separata ordinanza per il proseguimento della trattazione.
Trento, 1 ottobre 2024 IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO
IL GIUDICE dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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