REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DELL’AQUILA
in persona dei magistrati:
ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 1374/2019 pubblicata il 09/08/2019
nella causa civile di appello iscritta al n. del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2018, XXX in decisione nell’udienza collegiale del 22/1/2019, vertente tra
XXX, rappresentata e difesa dall’Avv. come da procura in margine al ricorso
– appellante e
YYY, rappresentato e difeso dall’Avv., come da procura in calce alla comparsa di costituzione – appellato e
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello dell’Aquila avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n. del Tribunale Ordinario di Avezzano, pubblicata il 17/11/2017 in materia di separazione personale
Conclusioni: nell’udienza di precisazione delle conclusioni del 22/1/2019 il procuratore dell’appellante concludeva come da verbale
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con sentenza n. pubblicata il 17/11/2017 il Tribunale Ordinario di Avezzano, su ricorso del sig. YYY, dichiarava la separazione personale dei coniugi YYY e XXX, addebitava a quest’ultima la responsabilità della separazione, affidava congiuntamente ai genitori i due figli minori, nati rispettivamente nel 2007 e nel 2009, con collocazione prevalente presso il padre, al quale assegnava la casa coniugale, rinviando per la disciplina del diritto di visita della madre a quanto disposto nell’ordinanza presidenziale in data 9/4/2015, poneva a carico della sig.ra XXX l’assegno di mantenimento dei figli, determinato nell’importo di Euro 300,00 mensili, nonché il 50% delle spese straordinarie, rigettava le domande della sig.ra XXX di addebito della separazione al marito, di assegnazione della casa coniugale, di affidamento dei figli e di condanna del sig. YYY a corrisponderle l’assegno di mantenimento dell’importo di Euro 1.000,00 al mese, per sé e per i figli, e condannava la sig.ra XXX alla refusione delle spese processuali, liquidate nella complessiva somma di Euro 2.898,00, oltre accessori di legge.
Il Tribunale, per quanto ancora interessa, riteneva provata l’infedeltà coniugale della sig.ra XXX quale causa della crisi coniugale sulla base delle riproduzioni fotografiche allegate alle relazioni dell’investigatore privato incaricato dal sig. YYY, corroborate dalla testimonianza resa dalla zia di quest’ultimo, non riteneva invece adempiuto l’onere della prova in ordine all’episodio di percosse di cui la sig.ra XXX aveva accusato il marito, che sarebbe avvenuto nel gennaio del 2010, confermato unicamente dalla testimonianza della sorella della predetta resistente.
Rilevava infine il Tribunale che andava confermato l’affido condiviso dei figli minori della coppia, con collocazione prevalente presso il padre e diritto di visita della madre, come disposto nell’ordinanza presidenziale, tenuto conto che il fatto che la sig.ra XXX si fosse allontanata dall’abitazione coniugale dopo il deposito del ricorso per separazione da parte del marito e non avesse proseguito gli incontri con gli assistenti sociali chiamati ad occuparsi del caso non costituivano elementi decisivi per derogare al principio della bigenitorialità, risultando che la predetta sig.ra XXX aveva mantenuto rapporti telefonici con i figli minori e non emergendo a suo carico manifeste carenze o inidoneità educative tali da rendere pregiudizievole per i bambini l’affidamento ad entrambi i genitori.
Avverso tale sentenza ha proposto appello la sig.ra XXX con ricorso depositato il 5/4/2018, sulla base di un due motivi, di cui il primo articolato in varie censure, chiedendo che la separazione venisse addebitata al marito per avere violato il principio della bigenitorialità, con conseguente affidamento esclusivo a lei dei due figli minori ed obbligo del sig. YYY di corrisponderle l’assegno di mantenimento di Euro 1.000,00, rivalutabile annualmente, di cui Euro 700,00 per sé ed Euro 300,00 per i figli, ed un contributo economico per il reperimento di idonea abitazione, e di provvedere al 70% delle spese straordinarie relative ai minori.
Con comparsa depositata il 27/11/2018 si costituiva in giudizio il sig. YYY, chiedendo il rigetto dell’appello proposto dalla sig.ra XXX.
Anche il Procuratore Generale della Repubblica chiedeva il rigetto dell’appello.
Nell’udienza di precisazione delle conclusioni del 22/1/2019 il procuratore dell’appellante si riportava ai propri scritti difensivi. Nessuno compariva per l’appellato. La causa veniva quindi trattenuta in decisione con concessione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Con il primo motivo di appello la sig.ra XXX lamenta che il giudice di primo grado abbia fondato la propria decisione sul rapporto dell’investigatore privato incaricato dal marito, nonostante tale rapporto non fosse stato confermato in sede giudiziale a mezzo di testimonianza giurata dell’investigatore. Lamenta inoltre che il Tribunale non abbia invece ritenuto provato l’episodio di percosse riferito dalla sorella, ritenendo la teste inattendibile solo in virtù del rapporto di parentela con lei esistente.
Deduce poi che dalla trascrizione dei messaggi scambiati dal marito con tale *** emergeva che nello stesso periodo al quale si riferivano le fotografie prodotte dal sig. YYY il predetto intratteneva una relazione extraconiugale.
Contesta di avere lasciato la casa in stato di abbandono quando se ne era allontanata nel gennaio del 2015, come il Tribunale avrebbe potuto rilevare dalle fotografie da lei scattate prima della partenza, che provavano che l’appartamento era in ordine, ed asserisce che il degrado constatato dagli assistenti sociali era frutto di un disegno messo in atto dal marito contro di lei per allontanarla dalla casa e dai figli.
Rileva che il marito le aveva impedito di fare rientro in casa al suo ritorno e che il sig. YYY aveva assunto una donna che non parlava italiano per occuparsi della casa e dei bambini e che dormiva dell’abitazione.
Il motivo è infondato.
La liceità dell’utilizzo della relazione investigativa redatta da un tecnico incaricato da una delle parti del giudizio è stata più volte affermata dalla Corte di Cassazione, sia nell’ambito dei rapporti di lavoro, ove è consentito al datore incaricare un’agenzia investigativa al fine di verificare condotte illecite da parte dei dipendenti (vedi, ex plurimis, Cass. n. 20613 del 2012, Cass. n. 12489 del 2011, Cass. n. 3590 del 2011 ; Cass. n. 26991 del 2009, Cass. n. 18821 del 2008, Cass. n. 9167 del 2003), sia nell’ambito familiare, fatta salva la non ripetibilità delle spese sostenute (Cass. n. 11516 del 2014; Cass. n. 8512 del 2006, Cass. n. 683 del 1975).
Correttamente il Tribunale ha ritenuto provata la violazione dell’obbligo di fedeltà da parte della sig.ra XXX sulla base delle immagini del 12/11/2013 e del 28/3/2014, che la ritraggono scambiare effusioni con due diversi uomini per strada, tenuto anche conto che l’odierna appellante non ha contestato l’autenticità delle fotografie né ha offerto nessuna spiegazione alternativa in ordine ai rapporti intrattenuti con le persone con le quali è ritratta.
Sul punto va osservato che l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà rappresenta una violazione particolarmente grave degli obblighi coniugali, che determina normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e costituisce pertanto circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile (vedi Cass. n. 16859 del 2015).
Nel caso in esame la condotta dell’appellante, stante anche l’assenza di riservatezza nell’intrattenere relazioni extraconiugali, risulta offensiva per la dignità e l’onore dell’altro coniuge.
Né la sig.ra XXX ha fornito la prova, come era suo onere, che la sua condotta non era stata causa della crisi coniugale, già anteriormente determinatasi (vedi Cass. n. 3923 del 2018).
Correttamente infatti il Tribunale ha ritenuto non provato l’episodio della spinta che il sig. YYY avrebbe inferto alla moglie nel gennaio del 2010, facendola sbattere contro il mobiletto del bagno, ed al quale sarebbe stata presente la sorella dell’odierna appellante.
Tale episodio risulta infatti dedotto dalla sig.ra XXX per la prima volta a distanza di più di cinque anni, non è corredato da certificazione medica ed è stato confermato dalla sorella dell’appellante in un clima ormai di scontro tra le due famiglie.
Quanto poi agli sms scambiati fra il sig. YYY ed una donna non identificata, si tratta di messaggi successivi alle fotografie del novembre del 2013 ed aventi contenuto non univoco, che, pertanto, non spostano la responsabilità della sig.ra XXX in ordine alla causazione della rottura dell’unità familiare.
La vicenda dell’assunzione da parte del sig. YYY di una colf straniera appare poi del tutto inconferente, trattandosi di fatto avvenuto quando i due coniugi vivevano già separati, fermo restando che l’appellante non ha fornito nessuna prova che il marito intrattenesse una relazione con tale persona.
Alla conferma dell’addebito della separazione alla sig.ra XXX consegue, ai sensi dell’art. 156, comma 1, c.c. il rigetto della sua richiesta di condanna del marito a versarle un assegno di mantenimento.
Venendo al rapporto con i figli minori ed all’esame della domanda di affidamento esclusivo, va osservato che la sig.ra XXX non ha neppure indicato le ragioni per le quali ritiene che l’affidamento dei bambini anche al padre sarebbe contrario al loro interesse.
Ne consegue che la domanda risulta manifestamente infondata, con conseguente applicabilità dell’art. 96, comma 3, c.p.c., secondo quanto disposto dall’art. 337 quater, comma 2, c.c.
Sul punto va anche rilevato che la sig.ra XXX non ha contestato di essersi allontanata da casa dal 13 al 19 gennaio del 2015 limitandosi a preavvertire il marito con un telegramma e senza preoccuparsi di chi si sarebbe preso cura dei figli durante la sua assenza e mentre il sig. YYY era al lavoro. Se va poi osservato che la cura dell’abitazione spetta ad entrambi i coniugi e che pertanto il degrado e la sporcizia costatati dagli assistenti sociali nell’accesso del 15/1/2015 sono addebitabili anche al sig. YYY, nessuna prova ha fornito la sig.ra XXX che prima della sua partenza l’appartamento fosse in condizioni decorose, avendo prodotto fotografie dell’immobile prive di riscontri temporali. Deve inoltre rilevarsi che dalle dichiarazioni rese dalle insegnanti dei figli della coppia, sentite dai Carabinieri nell’ambito del procedimento svoltosi dinanzi al Tribunale per i Minorenni, prodotte in primo grado dalla sig.ra XXX, emerge che quest’ultima dal settembre del 2014 non si occupava più di riprendere i figli a scuola, nonostante non avesse impegni lavorativi, incombenza alla quale provvedevano il sig. YYY o i familiari di quest’ultimo.
Quanto poi ai rapporti con i minori, la trascrizione delle conversazioni telefoniche intercorse fra l’appellante ed i figli, prodotta da quest’ultima, mostra un approccio del tutto incongruo ai bambini, apparendo precipuo interesse della madre accertare dove dormiva la colf assunta dal marito, aspetto sul quale insiste con numerose domande non solo al sig. YYY, ma anche ai figli.
Sulla base di quanto esposto va pertanto condivisa la decisione del Tribunale sia in ordine all’affidamento dei minori sia in ordine alla loro collocazione.
Con il secondo motivo di appello la sig.ra XXX deduce che il giudice di prime cure l’aveva illegittimamente condannata alla refusione delle spese di lite al marito, pur essendo ella ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
Il motivo è manifestamente infondato, atteso che tale ammissione nel processo civile, ai sensi dell’art. 74, comma 2, d.P.R. n. 115 del 2002, non vale ad addossare allo Stato anche le spese che la parte ammessa sia condannata a pagare all’altra parte, risultata vittoriosa (vedi Cass. n. 8388 del 2017).
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano sulla base dei valori medi indicati nelle tabelle allegate al d.m. n. 55 del 2014 per le cause di valore indeterminabile, escluse la fase di trattazione, che non si è svolta, e la fase decisionale, non avendo il procuratore dell’appellato partecipato all’udienza di precisazione delle conclusioni e non avendo depositato gli scritti conclusionali.
Stante la manifesta infondatezza della richiesta di affidamento esclusivo dei figli, la sig.ra XXX deve essere condannata, ai sensi dell’art. 337 quater, comma 2, c.c. e 96, comma 3, c.p.c. al pagamento in favore della controparte di una somma che si reputa equo determinare, all’incirca, nella metà del massimo dei compensi liquidabili in relazione al valore della presente causa (cfr. Cass. n. 5725 del 2019).
Al rigetto dell’appello consegue altresì l’obbligo della sig.ra XXX di versamento di un ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per la proposizione della presente impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, non risultando la parte appellante ammessa al patrocinio a spese dello Stato per questo grado di giudizio.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa, così provvede:
1) rigetta l’appello;
2) condanna XXX a rifondere a YYY le spese del presente grado di appello, che liquida nella somma di Euro 3.300,00, oltre accessori di legge e rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%;
3) condanna XXX al pagamento a YYY della somma di Euro 3.000,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.;
4) dichiara XXX tenuta a versare una ulteriore somma pari al contributo unificato dovuto per la proposizione della presente impugnazione.
Così deciso in L’Aquila, nella camera di consiglio del 25/6/2019.
Il Giudice estensore
Il Presidente dr.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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