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Codice Penale

Insussistenza obbligo contributivo per liquidatore

L’obbligo contributivo per i liquidatori di società sussiste solo se l’attività svolta presenta i caratteri di abitualità e prevalenza, come previsto per i soci di società di persone. Il semplice recupero di crediti pregressi, pur se protratto nel tempo, non configura un’attività d’impresa tale da far sorgere l’obbligo contributivo.

N. R.G. 86/2023

REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO sezione lavoro

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella persona fisica del magistrato dott. NOME COGNOME pronunzia la seguente

S E N T E N Z A N._156_2024_- N._R.G._00000086_2023 DEL_01_10_2024 PUBBLICATA_IL_01_10_2024

nella causa per controversia in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria promossa con ricorso depositato in data 2.3.2023 d a rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME pec ricorrente c o n t r o in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME pec e dall’avv. NOME COGNOME pec convenuto

CONCLUSIONI

DI PARTE RICORRENTE “Accertare e dichiarare l’inefficacia e/o illegittimità e/o nullità dell’iscrizione d’ufficio del ricorrente alla Gestione commercianti d.d. 30.07.2021 notificata in data 12.08.2021;

accertare e dichiarare l’inefficacia e/o illegittimità e/o nullità dell’avviso di addebito n. 412-2022-00013138-35-000- notificato in data 27.01.2023 – e conseguente annullare e/o dichiarare nullo l’avviso di addebito n. 412- 2022-00013138-35-000- notificato in data 27.01.2023 – per assenza dei requisiti previsti dalla legge per l’iscrizione alla Gestione commercianti, per tutti i motivi dedotti in narrativa e/o per quelli diversi e ulteriori che dovessero emergere in corso di causa.

Con vittoria di spese, diritti ed onorari

CONCLUSIONI

DELLA PARTE CONVENUTA “Rigettare l’avverso ricorso per la sua infondatezza in fatto e diritto e per l’effetto dichiarare legittimo l’avviso di addebito impugnato con condanna del ricorrente al pagamento dei contributi previdenziali e correlate sanzioni ivi richiesti.

Il tutto con rifusione anche delle spese e competenze processuali”

MOTIVAZIONE la domanda proposta dal ricorrente Il ricorrente propone opposizione ex art. 24 d.lgs. 26.2.1999, n.46 ed art. 30 D.L. 31.5.2010, n. 78 conv. con L. 30.7.2010, n. 122 avverso l’avviso di addebito emesso dall’ sub n. NUMERO_CARTA notificato in data 27.1.2023 e avente a oggetto contributi e somme aggiuntive in favore della Gestione commercianti, in relazione al periodo gennaio 2016 – gennaio 2021, per complessivi € 7.859,90.

le ragioni della decisione Il ricorrente nega la debenza dei contributi in favore della RAGIONE_SOCIALE, che l’ ha preteso con l’avviso di addebito opposto, in relazione al periodo gennaio 2016 – gennaio 2021, per complessivi € 7.859,90.

Egli afferma di non aver esercitato alcuna attività commerciale nel periodo cui si riferiscono i contributi e le correlative sanzioni oggetto dell’avviso di addebito de quo.

A sostegno allega che:

i) in data 28.12.2015 la società – di cui l’opponente era socio e al cui lavoro aziendale lo stesso partecipava con abitualità e prevalenza, essendo, quindi, iscritto all’I.RAGIONE_SOCIALE – è stata posta in liquidazione, con contestuale cancellazione della qualifica di impresa artigiana per cessazione dell’attività, come attestato dalla visura CCIAA sub doc. 2 fasc. ric. ;

ii) con effetto al 31.12.2015 l’opponente ha chiesto la cancellazione della sua iscrizione all’I.RAGIONE_SOCIALE – Gestione RAGIONE_SOCIALE (doc. 3 fasc. ric.);

iii) a decorrere dall’1.1.2016 la società non ha più svolto l’attività d’impresa che costituiva il suo oggetto sociale (realizzazione di impianti elettrici), né nessun’altra impresa, tant’è vero che:

 non ha più acquistato materiali;

 gli unici costi sostenuti hanno riguardato la tenuta della contabilità (che era affidata a RAGIONE_SOCIALE), il pagamento di imposte, l’affidamento di consulenze finalizzate alla liquidazione del patrimonio e la manutenzione per il mantenimento in buono stato degli immobili presenti nel patrimonio sociale;

 le fatture attive emesse nel 2016 hanno riguardato la cessione dei beni strumentali e dell’intero magazzino di materiali elettrici, avvenuta già nel gennaio 2016, in favore del socio (che, in data 1.1.2016, ha iniziato a esercitare la propria impresa individuale di installazione di impianti elettrici) (doc. 4 fasc. ric. ), la cessione di mobili d’ufficio, pure avvenuta nel gennaio 2016, in favore della socia (doc. 4 fasc. ric. ), nonché la prestazioni di servizi eseguiti anteriormente all’1.1.2016 in favore dei clienti e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ;

 la fattura attiva emessa nel 2017 ha riguardato la cessione di un immobile ancora presente nel patrimonio della società (doc. 5 fasc. ric.);

 le due sole fatture attive emesse nel 2018 hanno riguardato la cessione di una parte del fondo ancora presente nel patrimonio della società, nonché la costituzione di servitù a carico di detto fondo in favore di fonti confinanti (doc. 6 fasc. ric.);

 la fattura attiva emessa nel 2019 ha riguardato la costituzione di servitù a carico del fondo ancora presente nel patrimonio della società (doc. 8 fasc. ric.);

 la fattura attiva emessa nel 2020 ha riguardato prestazioni di servizi eseguiti anteriormente all’1.1.2016, in favore del cliente (doc.13 fasc. ric.);

di conseguenza il ricorrente si è occupato nel periodo afferente alle pretese contributive avanzate dall’ (gennaio 2016- genaio 2021) unicamente della sola attività di liquidazione, che è consistita esclusivamente nella cessione di attrezzature, di giacenze di magazzino, di mobili d’ufficio e degli immobili rientranti nel patrimonio sociale;

tale attività si è svolta in modo saltuario come era oggettivamente necessario richiesto, anche perché le incombenze di carattere amministrativo e contabile, nonché gli adempimenti fiscali venivano curati da RAGIONE_SOCIALE Imprese;

iv) in data 22.12.2020 è stata revocata la liquidazione della società è cessato dalla carica di liquidatore (doc. 2 fasc. ric.).

Afferma, altresì, che la spunta della casella “occupazione prevalente” nell’ambito della dichiarazione dei redditi 2016 (quadro RO del modello Unico 2017) – circostanza che ha indotto l’ a reiscrivere alla Gestione commercianti con decorrenza dall’1.1.2016 e ad avanzare le pretese contributive oggetto dell’avviso di addebito opposto – è stata dovuta a un mero errore di compilazione da parte del funzionario addetto alla elaborazione di detta dichiarazione fiscale.

L’art. 1 co.1 L. 22.7.1966, n. 613 prevede:

“L’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti è estesa agli esercenti piccole imprese commerciali iscritti negli elenchi degli aventi diritto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie istituita con legge 27 novembre 1960, n. 1397 , agli ausiliari del commercio ed agli altri lavoratori autonomi iscritti nei predetti elenchi, nonché ai loro familiari coadiutori, indicati nell’articolo seguente”;

l’art. L. 27.11.1960, n. 1397 dispone:

“Ai fini dell’iscrizione all’assicurazione contro la malattia i soggetti di cui al precedente comma devono:

1) essere iscritti, come titolari o gestori in proprio, nel registro di cui agli articoli 1 e 3 della legge 11 giugno 1971, n. 426, ed essere in possesso dell’autorizzazione del comune o della licenza dell’autorità di pubblica sicurezza, ove esse siano prescritte per l’esercizio della loro attività;

2) ovvero essere iscritti nella sezione speciale del registro e in possesso dell’autorizzazione secondo le norme di cui all’ articolo 1 della legge 20 novembre 1971, n. 1062;

3) oppure essere muniti, limitatamente ai titolari dell’impresa, della licenza od autorizzazione prevista per l’esercizio della loro attività da una delle seguenti disposizioni di legge:

a) testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 , agli articoli 31 e 37 per il commercio e la vendita delle armi, degli strumenti da punta e da taglio;

agli articoli 46 e 47 per il commercio e la vendita degli esplosivi, polveri piriche e polveri senza fumo;

agli articoli 86 e 103, primo e secondo comma, per gli esercizi ivi contemplati;

all’articolo 115 per le agenzie e gli uffici di affari;

all’articolo 127 per quanto concerne i commercianti in oggetti preziosi e gli orafi;

b) 524, sulla disciplina degli esercizi pubblici di vendita e consumo di alimenti e bevande;

c) 987, per il commercio di piante, parti di piante e semi;

d) 327, per il commercio in forma ambulante;

e) 1265, all’articolo 194 per l’apertura e l’esercizio di stabilimenti balneari, termali, di cure idropiniche, idroterapiche, fisiche di ogni genere;

f) 1293, e relativo regolamento approvato con 1074, per l’organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio;

g) 170, e 745, convertito nella 1034, per l’impianto e l’esercizio di apparecchi di distribuzione automatica di carburante”;

l’art. 1 co. 202 L. 23.12.1996, n. 662 dispone:

“A decorrere dal 1° gennaio 1997 l’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti di cui alla legge 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, è estesa ai soggetti che esercitino in qualità di lavoratori autonomi le attività di cui all’articolo 49, comma 1, lettera d), della legge 9 marzo 1989, n. 88, con esclusione dei professionisti ed artisti” l’art. 49 co.1 lett. d) L. 9.3.1989, n. 88 prevede:

“attività: commerciali, ivi comprese quelle turistiche;

di produzione, intermediazione e prestazione dei servizi anche finanziari;

per le attività professionali ed artistiche;

nonché per le relative attività ausiliarie;

”, l’art. 29 L. 3.6.1975, n. 160 (come sostituito dall’art. 1 co.203 L. 662/1996) prescrive:

“L’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla legge 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;

b) abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione.

Tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonché per i soci di società a responsabilità limitata;

c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza;

d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri o ruoli”.

Le contestazioni espresse dall’opponente avverso le pretese contributive, avanzate dall’ con l’avviso di addebito opposto, riguardano la ricorrenza del presupposto ex art. 29 co.1 lett. c) L. 160/1975.

Infatti egli nega che, svolgendo l’attività di liquidatore, abbia partecipato al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.

pur non contestando che l’opponente si sia limitato a esercitare l’attività di liquidatore, sostiene che anche l’aver soltanto ricoperto questo ruolo integra il presupposto ex art. 29 co.1 lett. c) L. 160/1975.

L’assunto non è fondato già alla luce delle valutazioni espresse dallo stesso in via generale e astratta, vale a dire nel messaggio del 10.6.2010 n. 15352 (doc. 23 fasc. ric. ), dove ha così ritenuto:

“Al fine di individuare correttamente le coordinate temporali di ogni imposizione contributiva, è opportuno precisare che per “attività aziendale” deve intendersi l’insieme delle operazioni e delle funzioni che siano attinenti al perseguimento dell’oggetto sociale dell’impresa o alla concreta attività che essa eserciti, come risulta dalla documentazione reperibile presso la CCIAA o dalle rilevazioni effettuate dagli organi di vigilanza.

Con riferimento alla fase conclusiva della vita di un’impresa, è stato affermato, con circolare n. 32 del 15 febbraio 1999, che lo stato di liquidazione della società “non comporta necessariamente la cessazione dell’attività dei soci e che, in tale presupposto, i contributi continuino ad essere dovuti sulla base del reddito d’impresa”;

con la successiva circolare n. 12 del 1° febbraio 2008 si è precisato che “l’iscrizione alla Gestione commercio continuerà a permanere valida sia per i soci liquidatori e sia per gli altri soci che continuano a svolgere l’attività sociale rimanendo inalterato il principio dell’attività svolta con carattere dell’abitualità e della prevalenza”.

A tal proposito, è opportuno evidenziare che il presupposto perché permanga l’obbligo di iscrizione consiste nello svolgimento, con i caratteri dell’abitualità e della prevalenza, della “attività sociali”, ossia di quelle operazioni inerenti al raggiungimento dell’oggetto sociale e quindi analoghe alla quotidiana attività che l’impresa ha esercitato durante la propria vita.

Ne consegue che il socio liquidatore è soggetto all’obbligo d’iscrizione alla gestione commercianti fintanto che oggetto delle operazioni di liquidazione siano gli stessi beni o servizi già oggetto dell’attività d’impresa (l’ipotesi più semplice è data dallo smaltimento delle scorte di magazzino a prezzi ribassati).

Pertanto, pur ribadendo il principio secondo cui lo stato di liquidazione non comporta necessariamente la cessazione dell’attività che ha dato luogo all’iscrizione, si evidenzia che la predetta cessazione non è necessariamente legata alla cancellazione dell’impresa presso la CCIAA.

È possibile, infatti, che il soggetto, pur trovandosi in condizione di non poter più esercitare l’attività (avendo ad esempio liquidato le merci o i servizi, oppure avendo cessato le utenze o il contratto di locazione dei locali aziendali, oppure non essendo più in possesso di un registratore di cassa, ecc.), non possa procedere alla cancellazione dell’impresa, in quanto in attesa di alienare i beni strumentali.

In questi casi, non si è più in presenza di un’attività aziendale che costituisce titolo per l’imposizione contributiva, bensì di una mera monetizzazione dei beni utilizzati per l’esercizio dell’attività medesima, con conseguente venir meno dei requisiti d’iscrizione alla gestione commercianti…” Quindi in questo documento di prassi l’ ha ritenuto sia configurabile in capo alla società in liquidazione l’esercizio di un’attività d’impresa e, quindi, l’esistenza di un “lavoro aziendale” nonché la partecipazione ad esso da parte del liquidatore, non già nell’intera fase della liquidazione e, quindi, fino all’estinzione della società, ma per il solo periodo in cui le operazioni di liquidazione riguardino beni o servizi oggetto dell’attività d’impresa in precedenza esercitata (significativo è l’esempio dello “smaltimento delle scorte di magazzino a prezzi ribassati”) e non anche “i beni strumentali”, il cui possesso solo per il dato di non aver trovato acquirenti non integra esercizio di attività d’impresa. Inoltre lo stato di liquidazione comporta la cessazione dell’attività che ha dato luogo all’iscrizione quando, a seguito delle dismissioni effettuate, la società si trova nella condizione di non poter più esercitare l’attività.

La Suprema Corte sostiene che la posizione del liquidatore deve essere valutata – al fine di stabilire se sussista a suo carico l’obbligo contributivo in favore dell’ commercianti – alla luce del medesimo parametro applicabile agli altri soci ossia del disposto ex art. 29 co.1 lett. c) L. 160/1975.

In proposito ha statuito:

 in Cass. 30.1.2014, n. 2064 e Cass. 31.1.2014, n. 2139:

“Per i soci incaricati di effettuare le operazioni inerenti la messa in liquidazione della Società continuano ad essere operanti le norme comuni in vigore nella Gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali….

Soltanto qualora, prima o durante le operazioni di liquidazione della società, l’attività svolta da uno o più soci perda i requisiti dell’abitualità e della prevalenza, deve escludersi che permanga per gli stessi l’obbligo contributivo…”;

nell’ “attività lavorativa che determina l’insorgenza degli obblighi contributivi” rientra anche quella “svolta durante il periodo della liquidazione della società in nome collettivo ritenuta in rapporto di strutturale continuità con la fisiologica attività commerciale ed agenziale svolta in precedenza” ossia riferibile “all’originario oggetto della compagine sociale ed alla classificazione merceologica di essa”;

in Cass.15.7.2021, n. 20254:

“Quanto alla figura del liquidatore deve osservarsi che, in generale, non sussiste alcuna incompatibilità con lo svolgimento di attività commerciale avente le caratteristiche sopra indicate [ossia con “la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza”].

Sotto tale profilo la Corte ha correttamente rilevato che l’iscrizione alla gestione commercio conserva validità con persistenza dell’obbligo contributivo, sia per i soci liquidatori che per gli altri soci che continuino a svolgere attività sociale, anche durante la fase di liquidazione e fino alla cessazione di tutte le attività sociali ed alla cancellazione della società dal registro delle imprese, sempreché l’attività svolta conservi i caratteri dell’abitualità e della prevalenza.

” Venendo alla vicenda in esame, è rilevante, in primo luogo, evidenziare che le circostanze allegate dal ricorrente nel proprio atto introduttivo – vale a dire:

a decorrere dall’1.1.2016 la società non ha più svolto l’attività d’impresa che costituiva il suo oggetto sociale (realizzazione di impianti elettrici), né nessun’altra impresa, tant’è vero che:

 non ha più acquistato materiali;

 gli unici costi sostenuti hanno riguardato la tenuta della contabilità (che era affidata a RAGIONE_SOCIALE), il pagamento di imposte, l’affidamento di consulenze finalizzate alla liquidazione del patrimonio e la manutenzione per il mantenimento in buono stato degli immobili presenti nel patrimonio sociale;

 le fatture attive emesse nel 2016 hanno riguardato la cessione dei beni strumentali e dell’intero magazzino di materiali elettrici, avvenuta già nel gennaio 2016, in favore del socio (che, in data 1.1.2016, ha iniziato a esercitare la propria impresa individuale di installazione di impianti elettrici) (doc. 4 fasc. ric. ), la cessione di mobili d’ufficio, pure avvenuta nel gennaio 2016, in favore della socia (doc. 4 fasc. ric. ), nonché la prestazioni di servizi eseguiti anteriormente all’1.1.2016 in favore dei clienti e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;

 la fattura attiva emessa nel 2017 ha riguardato la cessione di un immobile ancora presente nel patrimonio della società (doc. 5 fasc. ric.);

 le due sole fatture attive emesse nel 2018 hanno riguardato la cessione di una parte del fondo ancora presente nel patrimonio della società, nonché la costituzione di servitù a carico di detto fondo in favore di fonti confinanti (doc. 6 fasc. ric.);

 la fattura attiva emessa nel 2019 ha riguardato la costituzione di servitù a carico del fondo ancora presente nel patrimonio della società (doc. 8 fasc. ric.);

 la fattura attiva emessa nel 2020 ha riguardato prestazioni di servizi eseguiti anteriormente all’1.1.2016, in favore del cliente (doc.13 fasc. ric.);

di conseguenza il ricorrente si è occupato nel periodo afferente alle pretese contributive avanzate dall’ (gennaio 2016-genaio 2021) unicamente della sola attività di liquidazione, che è consistita esclusivamente nella cessione di attrezzature, di giacenze di magazzino, di mobili d’ufficio e degli immobili rientranti nel patrimonio sociale;

tale attività si è svolta in modo saltuario come era oggettivamente necessario richiesto, anche perché le incombenze di carattere amministrativo e contabile, nonché gli adempimenti fiscali venivano curati da RAGIONE_SOCIALE Imprese;

– hanno trovato riscontro nell’istruttoria testimoniale svolta nel presente giudizio.

Infatti il teste ha dichiarato:

“Io sono stato socio della società svolgevo la mia attività lavorativa all’interno dell’azienda della mia società.

L’azienda svolgeva una impresa di realizzazione di impianti elettrici.

E’ vero che gli ultimi cantieri hanno concluso le loro attività nel corso del 2015.

A partire dal 2016 non abbiamo più esercitato l’attività di impresa oggetto della società A partire da quell’anno non abbiamo effettuato alcun acquisto e assunto costi di qualsiasi genere in funzione dell’esercizio dell’attività di impresa.

Dal 2016 l’attività svolta da mio fratello è consistita esclusivamente di quanto necessario ai fini della vendita delle attrezzature e delle giacenze di magazzino nonché dell’immobile di proprietà della società.

Una volta effettuata la vendita delle attrezzatture delle giacenze di magazzino del patrimonio della società sono rimasti esclusivamente due immobili e un terreno di pertinenza, e quindi la società non disponeva più degli strumenti necessari per esercitare l’attività di impresa.

E’ vero che le fatture emesse nel 2016 a carico dei clienti e RAGIONE_SOCIALE riguardavano prestazioni di servizi e cessioni di beni che la società aveva effettuato e ultimato nel 2015.

Anche la fattura emessa nel 2020 a carico di si riferiva a lavori svolti o ultimati dalla società entro l’anno 2015.

Confermo le circostanze di cui al cap.31 di cui mi viene dato lettura [Gli adempimenti fiscali, le incombenze di carattere amministrativo e contabile sono sempre state svolte ed adempiute da RAGIONE_SOCIALE Imprese ed, in particolare, il funzionario che dal 2003 al 2022 ha personalmente gestito la società sotto il profilo amministrativo, contabile e fiscale è il sig.

il teste ha riferito:

“Lavoro alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE.

La società era una cliente di RAGIONE_SOCIALE.

Ho prestato personalmente servizio di assistenza amministrativa contabile e tributaria in favore di detta società.

Confermo che in coincidenza con l’apertura della fase di liquidazione la società ha cessato di esercitare l’attività di impresa.

Preciso che le circostanze di cui sono a conoscenza sono quelle che emergono dalla documentazione che ho avuto modo di esaminare nell’esercizio delle mie prestazioni di assistenza.

Confermo che a far data dal 2016, non vi sono documenti attestanti l’assunzione da parte della società di costi funzionali allo svolgimento dell’attività di impresa di realizzazione di impianti elettrici.

All’inizio del 2016 la società ha ceduto a attrezzature e giacenze di magazzino, infatti quest’ultimo ha iniziato ad esercitare un’impresa dello stesso genere ma di natura individuale.

A partire dal 2016 non risultano essere state emesse dalla società fatture attive riguardanti cessione di beni o prestazioni di servizi eseguite dopo il 2015.

Per quanto concerne le fatture emesse nel 2016 a carico di e COGNOME e la fattura nel 2020 a carico di si tratta di corrispettivi maturati in favore della società in relazione a lavori ultimati entro l’anno 2015.

Da quanto emerge dalla documentazione che io ho avuto modo di visionare le uniche attività che sono state svolte successivamente al 2015 da hanno riguardato la cessione delle attrezzatture e delle giacenze di magazzino, peraltro avvenuta già a gennaio 2016, il recupero dei tre crediti di cui ho detto COGNOME e e la vendita degli immobili costituita da capannoni e un terreno di pertinenza”.

Risulta così compiutamente accertato che in epoca successiva alla deliberazione, adottata in data 28.12.2015, di messa in liquidazione della società il cui oggetto sociale era costituito da un’impresa di realizzazione di impianti elettrici, l’attività di liquidazione svolta dall’odierno opponente, in qualità di liquidatore, è consistita:

a) nella dismissione dei beni strumentali, dei mobili d’ufficio, dell’intero magazzino di materiali elettrici e degli immobili in precedenza utilizzati nell’esercizio dell’impresa;

b) nel recupero, due nel 2016, uno nel 2020, di tre crediti maturati dalla società nei confronti di clienti per prestazioni di servizi eseguiti anteriormente alla messa in liquidazione.

In ordine ad a), quanto alla dismissione dei beni strumentali e dei mobili d’ufficio, si tratta di un’attività di liquidazione che palesemente non si è svolta – utilizzando il criterio discretivo indicato dalla Suprema Corte – in un “rapporto di strutturale continuità con la fisiologica attività commerciale” esercitata in precedenza dalla società (realizzazione di impianti elettrici) e che, quindi, non è riferibile “all’originario oggetto della compagine sociale ed alla classificazione merceologica di essa”; o comunque – richiamando quanto ritenuto dall’ nel messaggio n. 15352/2010 – “non riguarda beni o servizi oggetto dell’attività d’impresa in precedenza esercitata”.

Quanto alla dismissione dell’intero magazzino di materiali elettrici, può essere considerata un’attività di liquidazione dotata di tali requisiti, ma, essendo avvenuta nei primissimi giorni del primo mese dopo la messa in liquidazione (l’emissione delle relative fatture risale al 15.1.2016, come emerge dai doc. 4 fasc. ric. )

, non è idonea a costituire il substrato di una partecipazione dell’opponente al lavoro aziendale in grado di fondare le pretese azionate dall’ le quali si riferiscono al periodo gennaio 2016 – gennaio 2021.

Quanto alla dismissione degli immobili, pur essendo avvenuta in epoca successiva (2017 e 2018), non è sussumibile in un’attività d’impresa in quanto dopo la dismissione dei beni strumentali la società si è trovata nella “condizione di non poter più esercitare l’attività d’impresa”, venendosi così a realizzare la situazione in cui, secondo quanto ritenuto dall’ nel messaggio n. 15352/2010, “lo stato di liquidazione comporta necessariamente la cessazione dell’attività d’impresa”.

In ordine a b), si tratta di un’attività di liquidazione che effettivamente si pone in un “rapporto di strutturale continuità con la fisiologica attività commerciale” esercitata in precedenza dalla società.

Tuttavia il fatto che il ricorrente l’abbia esercitata non appare sufficiente a fondare le pretese avanzate dall’ con l’avviso opposto, la cui causa petendi, come si è già più volte evidenziato, è costituita dalla personale partecipazione, con carattere di abitualità e prevalenza, del ricorrente al lavoro aziendale afferente alla società Ciò per le seguenti ragioni:

il recupero del credito presso il cliente è avvenuto in epoca immediatamente successiva alla messa in liquidazione (l’emissione della relativa fattura risale al 25.1.2016, come emerge dai doc. 4 fasc. ric.);

i recuperi dei crediti presso il cliente RAGIONE_SOCIALE e presso il cliente sono avvenuti in epoca successiva al gennaio 2016 (rispettivamente nel febbraio 2016 e nel dicembre 2020), ossia quando, essendo già avvenuta la dismissione dei beni strumentali, la società si trovava “in condizione di non poter più esercitare l’attività d’impresa”;

infine il recupero di tre crediti nell’arco di cinque anni (gennaio 2016 – dicembre 2020) appare palesemente insufficiente a configurare quel carattere di abitualità, che la partecipazione personale al lavoro aziendale deve possedere per poter determinare l’insorgenza di un obbligo contributivo che riferisce al periodo gennaio 2016 – gennaio 2021.

Da ultimo, del tutto inidonea a integrare il fatto costitutivo dell’obbligo contributivo in favore dell’ RAGIONE_SOCIALE – rappresentato dalla partecipazione, con carattere di prevalenza al lavoro aziendale nel periodo gennaio 2016 – gennaio 2021 – la circostanza che, nella dichiarazione dei redditi 2016 (quadro RO del modello Unico 2017) presentata da , l’attività, da lui svolta nella società sia stata indicata quale “occupazione prevalente”.

Infatti, secondo l’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte (ex multis, anche di recente, Cass. S.U. 30.6.2016, n. 13378; Cass. 13.9.2024, n. 24856; Cass. 9.9.2024, n. 24186;) la dichiarazione dei redditi costituisce una dichiarazione non già di volontà negoziale dispositiva, ma di scienza;

ciò comporta che il presupposto costitutivo della pretesa tributaria sia rappresentato non già dalla dichiarazione, ma dai fatti che in essa il contribuente ha dichiarato.

Quindi:

quanto al profilo tributario, la dichiarazione è rettificabile al fine di emendare errori od omissioni:

se in danno dell’erario, entro i termini ex art. 43 d. P.R. 29.9.1973, n. 600;

se in danno al contribuente entro il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, fermo restando che il contribuente può, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria;

quanto ad altri rapporti giuridici (quale quello previdenziale) la dichiarazione può essere assimilata a una confessione stragiudiziale e come tale può essere liberamente apprezzata dal giudice (art.2735 co.1 cod. civ.).

Nel caso in esame, la dichiarazione resa dall’opponente non riveste un valore probatorio di rilievo in quanto è inserita in un modello che verosimilmente egli non ha compilato personalmente;

inoltre il ricorrente ha offerto prova contraria a mezzo dei testi le cui deposizioni e il loro valore probatorio è già stato evidenziato.

* * * definitiva, accoglimento dell’opposizione proposta dal ricorrente , deve essere dichiarata l’insussistenza dei crediti pretesi dall’ mediante l’avviso di addebito emesso sub n. NUMERO_CARTA e notificato in data 27.1.2023

Le spese, come liquidate in dispositivo, non possono che seguire la soccombenza.

Il tribunale ordinario di Trento – sezione per le controversie di lavoro, in persona del giudice istruttore, in funzione di giudice unico, dott. NOME COGNOME definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata, così decide:

1. In accoglimento dell’opposizione proposta dal ricorrente , dichiara l’insussistenza dei crediti pretesi dall’ mediante l’avviso di addebito emesso sub n. NUMERO_CARTA e notificato in data 27.1.2023.

2. Condanna l’ alla rifusione, in favore del ricorrente , delle spese di giudizio, liquidate nella somma di € 4.000,00, maggiorata del 15% per spese forfettarie ex art. 2 co.2 d.m.

10.3.2014, n. 55, oltre ad IVA e CNPA.

Trento, 1 ottobre 2024

IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO IL GIUDICE dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME

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