Entro i limiti stabiliti dalla legge, la pubblica amministrazione, tanto nell’indire un bando di concorso quanto nel determinare le concrete modalità del suo esercizio, è dotata di un margine di discrezionalità: discrezionalità destinata a manifestarsi, in particolare, nella scelta delle date di espletamento delle prove di esame.
Ma l’esistenza di un siffatto margine di discrezionalità non colloca l’operare della pubblica amministrazione al di là di ogni possibile sindacato di legittimità, e tanto basta ad escludere che, come nel caso di specie, sia configurabile un difetto assoluto di giurisdizione.
Non si verte certo, cioè, in una situazione in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane (ad esempio: in materia di politica monetaria, di adesione a trattati internazionali o di partecipazione ad organismi sopranazionali, di operazioni belliche, ecc.) e che per questo necessariamente si sottrae alla giurisdizione, sia essa quella del giudice ordinario sia del giudice amministrativo, perché a nessun giudice compete sindacare il modo di esercizio di quelle funzioni, in rapporto alle quali non è dato configurare una situazione d’interesse protetto a che gli atti in cui esse si manifestano assumano o non assumano un determinato contenuto.
Al di fuori di tali situazioni, il modo in cui l’amministrazione esercita i propri poteri discrezionali, per realizzare i pubblici interessi cui è preposta, è scrutinabile in termini di legittimità, ogni qual volta siano state violate norme di legge o quel potere abbia comunque ecceduto i propri limiti e ne sia risultata pregiudicata una posizione soggettiva individuale.
Ma l’interesse del soggetto leso dallo scorretto esercizio del potere si configura, in questi casi, come interesse legittimo.
Tale è, appunto, l’interesse del candidato a che un pubblico concorso al quale egli è stato ammesso si svolga correttamente, senza subire differimenti o interruzioni che ne possano pregiudicare la regolarità.
Orbene, secondo l’orientamento ormai da anni assunto dalla giurisprudenza, l’eventuale lesione di un interesse legittimo, conseguente ad un provvedimento della pubblica amministrazione, è suscettibile di determinare un danno ingiusto, come tale risarcibile a norma dell’art. 2043 c.c., donde la sicura giustiziabilità di una pretesa risarcitoria, attenendo poi al merito ogni valutazione circa l’effettiva esistenza dell’illeceità denunciata.
Le sezioni unite, precisano, che spetta al giudice amministrativo, e non a quello ordinario, disporre le diverse forme di tutela accordata dall’ordinamento in presenza dell’indebita compressione di un interesse legittimo, e che al medesimo giudice amministrativo occorre dunque rivolgersi per far valere la conseguente pretesa risarcitoria, anche indipendentemente da un’eventuale azione di annullamento del provvedimento asseritamente illegittimo da cui sia derivato il danno.
Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza n. 22219 del 16 ottobre 2006
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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