N. R.G. 11051/2023
TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO SEZIONE IV
CIVILE VERBALE DELLA CAUSA n. 11051/23 R.G.
tra – con l’avv. NOME COGNOME e COGNOME NOME COGNOME CONVENUTO CONTUMACE All’udienza del 12.02.2025 alle ore 12.24 innanzi alla dott.ssa NOME COGNOME e al GOP NOME COGNOME sono comparsi:
Per l’avv. NOME COGNOME e l’avv. COGNOME NOME COGNOME Giudice invita le parti a precisare le conclusioni.
Parte attrice precisa le conclusioni come da foglio di precisazione delle conclusioni depositato telematicamente il 7.2.2025, dando atto di aver aggiornato le voci di danno alla luce della CTU, nonché in considerazione del tempo trascorso dalla domanda.
Rilevano, con riferimento alla voce di danno di cui si chiede la liquidazione in via equitativa, che la stessa è stata determinata utilizzando a base il coefficiente di invalidità temporanea dell’8%, moltiplicato per il tempo trascorso, rilevando come i CTU a pag. 47 abbiano molto ben descritto il disagio sofferto dall’attore.
Richiamano il contenuto dei propri atti e dell’istruttoria svolta.
Instano, per l’accoglimento della domanda oltre al riconoscimento degli interessi moratori di cui al 4 comma dell’art. 1284 c.c. dalla notifica della citazione (Cass. 61/2023).
Dopo breve discussione orale, il Giudice si ritira in camera di consiglio.
All’esito della camera di consiglio, dando atto che le parti non sono presenti, pronuncia sentenza ex art. 281 sexies cpc dandone lettura.
Il Giudice NOME COGNOME N. R.G. 11051/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TORINO SEZIONE QUARTA CIVILE in persona del Giudice Unico dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. la seguente
S E N T E N Z A N._759_2025_- N._R.G._00011051_2023 DEL_12_02_2025 PUBBLICATA_IL_12_02_2025
nella causa civile n. 11051/23 R.G. promossa da:
c.f. con l’avv. NOME COGNOME e l’avv. NOME COGNOME ATTORE – – contro – , c.f. , p.iva – CONVENUTO CONTUMACE– OGGETTO:
risarcimento danni per responsabilità medica
CONCLUSIONI
le parti hanno concluso come da verbale di udienza 12.02.2025.
Concisa esposizione delle ragioni in fatto e in diritto della decisione La presente controversia trae origine dalla domanda proposta da nei confronti di al fine di ottenere, previa risoluzione del contratto, la restituzione dei corrispettivi versati per le prestazioni non correttamente eseguite, oltre al risarcimento dei danni non patrimoniali e patrimoniali patiti a seguito degli interventi odontoiatrici eseguiti dal medico.
L’attore ha riferito di essersi sottoposto, il 16.10.2028, a visita medica presso lo studio dentistico del dott. , poiché affetto da parodontopia diffusa che provocava la mobilità di alcuni denti, difficoltà funzionali ed un’estetica insoddisfacente;
all’esito dell’accertamento medico veniva concordato un trattamento di implantologia mascellare All-on-4 (4 impianti ed un ponte fisso mascellare) e un trattamento Trefoil mandibola (tre impianti ed un ponte fisso C.F. mandibolare);
per gli interventi in questione il preventivo presentato fu di € 21.750,00 scontato ad € 17.127,00, oltre al costo dell’anestesista da corrispondere direttamente al professionista per € 600,00, importi interamente corrisposti dall’attore attingendo al proprio TFR.
Parte attrice ha dichiarato che, sin dai primi giorni dopo l’intervento, si verificarono rotture, fratture e distacchi dei denti della protesi, problemi con la pulizia delle protesi, con la masticazione, alla lingua, con la pronuncia di alcune parole.
Alla luce delle problematiche riscontrate, nei mesi di settembre – ottobre 2020, il dott. , rilavorò la protesi superiore, riducendone le dimensioni, e rifece completamente la protesi inferiore, tuttavia, tali interventi risultarono inefficaci e il sanitario decise di non intervenire ulteriormente ritenendo di aver fatto tutto quanto in suo potere;
l’attore ha sottolineato che il modulo di consenso informato sulla protesi Trefoil veniva consegnato e sottoscritto in assenza di alcuna spiegazione solamente il 5 ottobre 2020 a prestazione ultimata.
Il sig. si è sottoposto a visita medico legale dalla quale è emerso che la diagnosi fatta dal dott. fosse corretta, risultando discrezionale, ma non appuntabile, la scelta delle protesi effettuata dal professionista;
che fosse corretto l’inserimento dei 7 impianti eseguiti (salvo un eventuale successivo riscontro negativo quando fossero state rimosse le protesi);
che sussistesse il disagio orale patito dal sig. e che la sintomatologia lamentata fosse causata prevalentemente da difetti costrittivi dei corpi protesici che ne impedivano una corretta integrazione funzionale;
che, per la risoluzione dei problemi fosse opportuno il rifacimento delle protesi.
L’attore si è sottoposto a consulto presso un altro specialista che ha quantificato il costo degli interventi necessari a rettificare l’operato del dr. in € 16.235,00.
Sulla base di tali considerazioni l’attore, per il tramite del suo legale, ha intimato al dr. di risarcire il danno patito, quantificandolo in € 15.800,00 (pari ad € 4.000 per la realizzazione delle protesi provvisorie, € 7.385 quali emolumenti da restituire, oltre al risarcimento del danno biologico, del costo della CTP, degli esami e della pulizia professionale, nonché di una cifra pari ad € 2.000 da imputarsi ai disagi lamentati in ragione delle protesi non correttamente realizzate).
Parte attrice ha riferito che il sanitario ha aperto, nel maggio 2021, il sinistro presso la propria compagnia assicurativa e la previa visita medico legale del sig. eseguita presso il fiduciario, ha proposto dapprima € 4.000 a titolo di risarcimento del danno, poi € 4.500,00, oltre al concorso alle spese spese legali a definizione totale del sinistro, ma in ogni caso alcuna somma è stata mai corrisposta e la proposta veniva rifiutata.
Risultando vano l’ulteriore richiesta stragiudiziale di risarcimento dei danni avanzata dall’attore nei confronti del medico, informato delle intercorse trattative con l’assicurazione e, preso atto dell’esito negativo della proceduta di mediazione per la mancata partecipazione del dott. , l’attore ha adito l’Autorità giudiziaria chiedendo, in definitiva:
di accertare l’inadempimento della prestazione odontoiatrica da parte del convenuto e il danno cagionato alla parte attrice, patrimoniale e non patrimoniale con conseguente condanna del dott. alla pagamento della somma complessiva di € 17.957,45, o di quella minore o maggiore accertata in corso di causa, di cui € 4.000,00 a titolo di danno patrimoniale pari ai costi da sostenere per la realizzazione delle due protesi provvisorie necessarie per il recupero delle corrette dimensioni del cavo orale;
€ 317,44 a titolo di danno biologico temporaneo al 25% per i 25 giorni necessari al recupero dei corretti parametri morfo-funzionali con le protesi provvisorie;
€ 4.449,21 a titolo di risarcimento del danno patito a causa dei disagi subiti dal signor in conseguenza della condotta del sanitario e quantificati applicando una invalidità temporanea dell’8% per i 3 anni successivi ai fatti elevabile sino ad un 10-15%;
€ 7.385,00, previa eventuale risoluzione parziale del contratto ovvero per riduzione del prezzo, a titolo di restituzione degli emolumenti corrisposti al dr. per il non corretto adempimento/inadempimento della prestazione odontoiatrica, salvo il diverso inquadramento quale voce di danno, o nella somma maggiore o minore accertata in corso di causa;
€ 1.805,80 a titolo risarcimento dell’ulteriore danno patrimoniale patito relativo ai costi sostenuti per spese mediche, (pulizia dei denti e panoramiche), per la perizia medico legale di parte e per gli esborsi del procedimento di mediazione, oltre interessi, spese ed onorari del presente giudizio.
Nonostante la ritualità della notifica, non si è costituito in giudizio cui è stata dichiarata la contumacia con decreto del 21.09.2023.
In corso di causa, concessi i termini ex art. 183, comma 6 c.p.c. è stata ammessa ed espletata CTU medico legale:
all’esito la causa è stata chiamata all’odierna udienza per la precisazione delle conclusioni e la discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c. ************* 1. La qualificazione giuridica della domanda attorea In ordine all’inquadramento giuridico dell’invocata responsabilità del sanitario convenuto pare opportuno evidenziare che, poiché il fatto dannoso allegato si è verificato tra ottobre 2018 e marzo 2020 (cfr. doc. n. 1.2 attore), la normativa di riferimento è quella introdotta dalla Legge n. 24 dell’ 8 marzo 2017 (c.d. Legge Gelli – ), la quale all’art. 7 prevede un doppio regime di responsabilità: contrattuale per le strutture sanitarie, pubbliche o privare che siano e per i medici che operino in regime di libera professione;
extracontrattuale per il sanitario che presti la propria attività professionale nell’ambito delle suddette strutture “salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente”.
Orbene, nel caso di specie, l’attore si è rivolto allo studio medico del dott. instaurando direttamente con quest’ultimo il rapporto contrattuale relativo alle prestazioni odontoiatriche per cui è causa;
infatti, dalla diamina della documentazione in atti, si evince che sia il preventivo redatto dal dott. il 16.10.018 (doc. n. 3) che le ricevute sanitarie di pagamento delle prestazioni (doc. n. 4) recano l’intestazione del dott. che le ha emesse.
Ne deriva che l’invocata responsabilità dell’odontoiatra convenuto va inquadrata nell’ambito della responsabilità contrattuale.
Dalla qualificazione della responsabilità del professionista nei termini sopra indicati, con conseguente inquadramento nell’ambito della disciplina dettata dagli artt. 1218 e 1176 c. c., derivano le note conseguenze in tema di onere probatorio, sulla base dei principi enunciati in via generale in materia contrattuale dalla nota sentenza delle Sezioni Unite n. 13533/01:
“il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento”.
Analogo principio è stato affermato con riguardo all’ipotesi di inesatto adempimento, nel qual caso “al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento”.
Nell’ambito specifico della responsabilità medica, poi, rileva la pronuncia delle Sezioni Unite n. 577/08:
“il meccanismo di ripartizione dell’onere della prova ai sensi dell’art. 2697 c.c. in materia di responsabilità contrattuale … è identico, sia che il creditore agisca per l’adempimento dell’obbligazione, ex art. 1453 c.c., sia che domandi il risarcimento per l’inadempimento contrattuale, ex art. 1218
c.c., senza richiamarsi in alcun modo alla distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato … l’inadempimento rilevante nell’ambito dell’azione di responsabilità per risarcimento del danno nelle obbligazioni così dette di comportamento non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisce causa (o concausa) efficiente del danno.
Ciò comporta che l’allegazione del creditore non può attenere ad un inadempimento, qualunque esso sia, ma ad un inadempimento, per così dire, qualificato e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno.
Competerà al debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è proprio stato ovvero che, pur esistendo,
non è stato nella fattispecie causa del danno”.
Superata la tradizionale dicotomia tra obbligazione di mezzi e di risultato, in applicazione dei criteri generali di cui agli art. 1218 e 1176 c.c. è pertanto onere del paziente provare l’esistenza del contratto e l’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie per effetto della prestazione sanitaria (ovvero il nesso di causalità tra l’aggravamento o l’insorgenza di nuove patologie e la condotta del sanitario), mentre è onere della parte debitrice provare che la citata prestazione sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto ed imprevedibile con l’uso dell’ordinaria diligenza da lui esigibile in base alle conoscenze tecnico-scientifiche del momento: “Ove sia dedotta la responsabilità contrattuale del sanitario per l’inadempimento delle prestazioni di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità tra l’aggravamento della situazione patologica, o la insorgenza di nuove patologie e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, che una causa imprevedibile e inevitabile ha reso impossibile la esatta esecuzione della prestazione” (cfr. Cass. n. 28991/19 e Cass. n. 28992/19). Ciò posto, va ribadito che dalla documentazione prodotta in atti ed in particolare dal preventivo del 16.10.2018 (doc. n 3), dalle ricevute di pagamento della prestazione (doc. 4), dalla cartella clinica, dal diario clinico (docc. n. 1.1, 1.2.) deve ritenersi provato che tra le parti sia incorso un contratto d’opera professionale avete ad oggetto la prestazione di terapie odontoiatriche.
Pertanto, mentre parte attrice ha assolto al proprio onere probatorio dimostrando la fonte negoziale delle obbligazioni assunte dall’odontoiatra convenuto ed allegando l’inesatto inadempimento della prestazione, producendo altresì in giudizio una valutazione medico legale di parte sulle cure odontoiatriche fornite (cfr. doc. 2.1 e 2.2) e l’intercorsa corrispondenza a mezzo mail intrattenuta con il dott. per lamentare i disagi patiti
(cfr. doc. n. 6), mentre la parte convenuta, non costituendosi in giudizio, non ha dedotto né dimostrato di aver esattamente adempiuto la prestazione e la conseguente non imputabilità del danno lamentato.
************* 2. L’esito della CTU svolta Ora, ai fini dell’accertamento della violazione – da parte dell’odontoiatra- delle regole di diligenza, prudenza e perizia nell’esecuzione degli interventi cui è stato sottoposto il paziente, è stata disposta CTU medico-legale, affidando l’incarico ad un collegio peritale composto dal medico legale e dallo specialista in odontoiatria:
come noto “In materia di responsabilità sanitaria, la consulenza tecnica è di norma consulenza percipiente a causa delle conoscenze tecniche specialistiche necessarie, non solo per la comprensione dei fatti, ma per la rilevabilità stessa dei fatti, i quali, anche solo per essere individuati, necessitano di specifiche cognizioni e/o strumentazioni tecniche:
atteso che proprio gli accertamenti in sede di consulenza offrono al giudice il quadro dei fattori causali entro il quale far operare la regola probatoria della certezza probabilistica per la ricostruzione del nesso causale” (cfr. Cass. n. 26700/18, Cass. n. 3717/19 e Cass. n. 13736/20).
Ancora, il Giudice “può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), ed in tal caso è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche” (cfr. Cass. n. 26854/22).
Ebbene, i CTU, esaminata la documentazione di interesse sanitario prodotta dall’attore, hanno sottoposto a visita il periziando e hanno descritto la sintomatologia riferita dall’attore procedendo nel contraddittorio con il CTP.
Il collegio, con argomentazioni lineari e immuni da vizi logici, ha accertato che “i trattamenti proposti dal dott. erano conformi alla letteratura medica, alle linee guida e alle buone pratiche accreditate all’epoca di fatti.
Relativamente alla perizia e alla diligenza professionale si è rilevato che alcune delle attività poste in essere sono state svolte secondo le leges artis, mentre altre sono state eseguite non correttamente e son pertanto giudicate incongrue” (cfr. pag 58 relazione), in particolare “le attività comprendenti la diagnosi e la chirurgia sono state identificate congrue.
Di quelle protesiche la protesi inferiore e la protesi definitiva superiore sono risultate non congrue.
La protesi superiore provvisoria parzialmente congrua in quanto non è stata correttamente impiegata per studiare la funzionalità dell’arcata ma ha svolto la sua funzione nel consentire la corretta integrazione delle fixtures” (cfr. pag. 54 della relazione) Per rispondere puntualmente a tutti i quesiti, i CCTTUU hanno descritto le condizioni del cavo orale del sig. quando si rivolse al dott. specificando che le stesse erano “rappresentate da arcate con presenza di ancora molti denti ma fortemente parodontopatici e non utilizzabili/recuperabili per una riabilitazione duratura e affidabile”; hanno dato atto delle cure praticate consistenti in “procedure diagnostiche per l’infissione di fixtures.
Esecuzione di n. 19 estrazioni corrispondenti a bonifica totale di entrambe le arcate.
Infissione di n. 7 fixtures:
quattro superiori in 16,12,22 e 26 e tre inferiori in 43,31 e 34.
Realizzazione di n. 1 struttura provvisoria superiore (All- on- Four).
Realizzazione di n. 2 strutture definitive con sbarra metallica:
una superiore (All- on – Four) ed una inferiore (Trefoil)”.
Il Collegio ha dato atto della sintomatologia riportata dall’attore consistente nell’impossibilità di masticare correttamente il cibo, nell’ impossibilità di eseguire una corretta igiene orale, nella difficoltà nel movimento della lingua e a parlare, nelle fratture continue dei denti.
I CCTTUU hanno riferito che “gli interventi sono da considerarsi di routine per gli specialisti del settore”;
non hanno ritenuto sussistente un danno biologico permanente in quanto il disturbo funzionale insorto a seguito delle procedure eseguite male è completamente risolvibile mediante adeguato intervento correttivo;
né è stata riconosciuta invalidità biologica temporanea in quanto non risultavano documentate condizioni “che rispondono a criteri riconosciuti per la determinazione di uno stato di malattia”.
Hanno poi specificato che “il trattamento atto a curare il disturbo generato dalle errate attività poste in essere dal dott. consiste nella sostituzione delle attuali protesi, incongrue, con una corretta riabilitazione.
Operativamente si tratta dell’identificazione di protesi dimensionalmente adeguate con una procedura in cui si riconoscono due momenti”, una fase diagnostica e una fase di verifica e i costi delle procedure suddette sono stimabili in complessivi € 7.500,00.
I CCTTUU hanno, poi, dato atto dell’avvenuto versamento da parte di dell’importo complessivo di € 17.223,00 di cui € 17.127,00 per le prestazioni programmate inerenti la riabilitazione e € 96,00 per l’esecuzione di una non programmata seduta di igiene, a fronte di tale pagamento i CCTTUU hanno stimato in € 6.829,00 l’importo per le prestazioni ritenute non congrue.
In merito alle spese mediche i consulenti del Giudice hanno ritenuto ammissibile a rimborso la somma complessiva di € 287,00 (€ 50,00 per esecuzione di OPT 3;
€ 237,00 per la seduta di igiene professionale presso lo studio “COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME”).
Hanno, infine precisato che l’afflittività del disturbo funzionale lamentato non assurge a stato di malattia, pertanto, non può essere quantificata come IBT;
hanno dato comunque rilievo alla effettiva sussistenza di “un disagio costante dal quale, durante la veglia, il soggetto non può mai avere un momento di “riposo” perché la lingua è in costante stato di costrizione e, per reazione, rimane in perenne attività così come la muscolatura labiale”.
La relazione è stata sottoposta all’esame del CTP di parte attrice il quale, pur concordando con le valutazioni dei CCTTUU ha rilevato come il sig. dopo la visita peritale in corso di CTU, fosse stato sottoposto a rimozione della protesi, ispezione e pulizia, e sostituzione di un moncone, per un costo di € 567,00, importo che secondo il consulente di parte sarebbe rimborsabile in quanto in nesso di causalità con le prestazioni protesiche incongrue.
I CCTTUU, sul punto, a seguito di analitica analisi (crf. pagg. 3 ss. “RISPOSTE A OSSERVAZIONI ), hanno ritenuto ammissibile a rimborso “la somma complessiva di € 415,00 per lo smontaggio e rimontaggio e della protesi superiore e per la sostituzione della vite di serraggio nel sito 14”.
Dette conclusioni risultano del tutto condivisibili, in quanto ampiamente motivate, assunte nel contraddittorio con il CTP della parte costituita oltre che adottando una corretta metodologia d’indagine (come reso evidente dalle parti della relazione sopra riportate).
Ora, per giurisprudenza costante, “Il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive” (cfr. Cass. n. 33742/22, nonché Cass. 11081/20 e Cass. n. 1815/15). A tal proposito si confermano complessivamente superflue le prove orali richieste dall’attore alla luce delle produzioni documentali effettuate e dell’accertamento peritale disposto a mezzo di CTU.
************* 3. La liquidazione del danno.
Occorre a questo punto procedere alla liquidazione del danno patito dall’attore, alla luce delle risultanze della CTU, con le precisazioni che di seguito via via si riportano.
Nel caso di specie il collegio peritale, pur riconoscendo che “le attività incongrue hanno determinato l’insorgere di una alterazione funzionale dell’apparato stomatognatico rappresentata da difficoltà all’eloquio ed alla masticazione con genesi di una costante situazione di disagio”, non ha ravvisato postumi permanenti, in quanto “il disturbo è completamente risolvibile mediante adeguato intervento correttivo”.
I CCTTUU, sul punto, hanno precisato che “il trattamento atto a curare il disturbo generato dalle errate attività poste in essere dal dr. consiste nella sostituzione delle attuali protesi, incongrue, con una corretta riabilitazione”,
procedura che si sostanzia in una fase diagnostica e in una fase di verifica il cui costo è stato stimato in € 7.500,00.
Occorre poi tenere conto della restituzione di quanto versato dall’attore per le prestazioni incongrue, ravvisate dal collegio peritale;
nell’atto introduttivo l’attore ha chiesto € 7.385,00, previa eventuale risoluzione parziale del contratto ovvero per riduzione del prezzo, a titolo di restituzione degli emolumenti corrisposti al dr. per il non corretto adempimento/inadempimento della prestazione odontoiatrica.
Sul punto deve darsi atto che parte attrice ha documentato l’avvenuto versamento della somma complessiva in € 17.237,00 (cfr. doc. n. 4 attore), a fronte di un preventivo di complessivi € 17.127,00 (cfr. doc. n. 3 attore):
il collegio peritale ha ritenuto imputabile alle prestazioni congrue la somma di € 10.298,00, mentre a quelle non congrue la somma di € 6.829,00.
Si tratta, nel caso di specie, di risoluzione parziale, fattispecie espressamente prevista dall’art. 1458 c.c. per i contratti a esecuzione continuata o periodica, “possibile anche per il contratto a esecuzione istantanea, quando il relativo oggetto sia rappresentato – secondo la valutazione del giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo per violazione di legge o vizi logici – non da un’unica cosa infrazionabile, ma da più cose aventi propria individualità, quando, cioè, ciascuna di queste, separata dal tutto, mantenga un’autonomia economico- funzionale, che la renda definibile come bene a sé, suscettibile di diritti o di negoziazione distinti” (cfr. Cass. n. 25845/20). La valutazione della gravità dell’inadempimento deriva dalle considerazioni svolte dal collegio peritale che, come visto, ha ritenuto essersi trattato di un lavoro, quanto meno in parte, incongruo, compiuto senza rispettare le regole di perizia e diligenza professionale;
deve dunque addivenirsi alla risoluzione parziale per inadempimento del contratto, con conseguente restituzione in favore dell’attore degli importi corrisposti per prestazioni ritenute incongrue.
Si tratta di debito di valuta, in quanto importo riconosciuto in restituzione per effetto della risoluzione parziale del contratto, quindi da maggiorarsi dei soli interessi legali con decorrenza dalla domanda, in applicazione dell’art. 2033 c.c. (“In caso di risoluzione per inadempimento di un contratto, le restituzioni a favore della parte adempiente non ineriscono ad un’obbligazione risarcitoria, derivando dal venir meno, per effetto della pronuncia costitutiva di risoluzione, della causa delle reciproche obbligazioni, e, quando attengono a somme di danaro, danno luogo a debiti non di valore, ma di valuta, non soggetti a rivalutazione monetaria, se non nei termini del maggior danno rispetto a quello ristorato con gli interessi legali di cui all’art. 1224 c.c. che va, peraltro, provato dal richiedente” (Cass. 14289/18) Con riferimento al riconoscimento degli interessi moratori nella misura richiesta da parte attrice (peraltro in sede di precisazione definitiva delle proprie conclusioni), la quale ha invocato il quarto comma dell’art. 1284 c.c., occorre rilevare come la Suprema Corte abbia avuto modo di chiarire che “Gli interessi moratori disciplinati dal d.lgs. n. 231 del 2002 sono stati introdotti in attuazione della direttiva 2000/35/CE, al fine di svolgere una funzione deterrente e risarcitoria nei confronti dei debitori inadempienti al pagamento del corrispettivo nelle transazioni commerciali, definite dall’art. 2 d.lgs. cit. Anche se il “solvens” è un imprenditore commerciale, non possono, pertanto, essere conteggiati quando è proposta l’azione di ripetizione dell’indebito, per mezzo della quale è semplicemente chiesto in restituzione quanto sia stato pagato in assenza di una causa giustificativa” (Cass. 26595/22). Nel caso di specie, dunque, vengono riconosciuti i soli interessi al tasso legale.
Inoltre, come noto, “In tema di ripetizione dell’indebito oggettivo, ai fini del decorso degli interessi sulla somma oggetto di restituzione, l’espressione dal giorno della “domanda”, contenuta nell’art. 2033 c.c., non va intesa come riferita esclusivamente alla domanda giudiziale, ma comprende anche gli atti stragiudiziali aventi valore di costituzione in mora ai sensi dell’art. 1219 c.c. (cfr. Cass. SU n. 15895/19): nel caso di specie, rileva la lettera di diffida datata 26.04.2021, notificata ad il giorno successivo (cfr. doc. n. 12 attore).
Il convenuto viene quindi condannato a restituire all’attore la somma di € 6.829,00, oltre interessi legali dal 27.4.2021 al saldo.
Tale somma viene liquidata in favore dell’attore, trattandosi di spesa sostenuta per un intervento odontoiatrico a cui il paziente deve però nuovamente sottoporsi (mediante sostituzione delle attuali protesi, incongrue, con altre);
detta somma verrà dunque utilizzata dal sig. per sottoporsi ad una nuova riabilitazione protesica ad entrambe le arcate, essendo fallita quella eseguita dal convenuto;
non si ritiene pertanto di poter riconoscere oltre alla restituzione del corrispettivo, anche la somma necessaria per il nuovo intervento (€ 7.500,00), giacché in tal modo si verrebbe a determinare un arricchimento del danneggiato, ferma restando la liquidazione degli ulteriori danni patrimoniali e del danno non patrimoniale.
Vengono poi in esame le spese mediche e di cura ritenute congrue dai CCTTUU, pari a complessivi € 702,00 (€ 287,00 come da relazione CTU pag. 21 e € 415,00 come da “risposta alle osservazioni pag. 5).
Viene poi riconosciuta – quale danno patrimoniale – anche la spesa sostenuta per la perizia medico legale ante causam (€ 1.470,00 – cfr.
doc. 33 fasc. attoreo), in quanto spesa necessaria ai fini della formulazione della richiesta risarcitoria oltre che congrua.
Trattandosi di debito di valore, sulle somme sopra indicate devono applicarsi interessi e rivalutazione monetaria, con decorrenza dalla data dei singoli esborsi (€ 50 dal 20.2.2020, doc. 8.3, € 237 dal 20.7.2021, doc. 16 ed € 415 dal 2.4.2024, € 1.470 dall’1.3.2021) sino alla presente pronuncia;
sviluppando il relativo calcolo con i sistemi informatici in uso presso l’ufficio, la somma oggi dovuta è pari ad € 2.645,00 (arr.), oltre interessi legali dalla data della pronuncia al saldo.
Viene poi in analisi la questione relativa ai pregiudizi di natura funzionale patiti dall’attore in esito alle procedure odontoiatriche per cui è causa.
Ebbene, parte attrice ha riferito di aver, sin da subito, riscontrato problemi con la pulizia delle protesi, con la masticazione, alla lingua, con la pronuncia di alcune parole, nonché di aver provato la continua sensazione di avere un oggetto estraneo di grosse dimensioni in bocca.
Lo stesso collegio peritale, pur dichiarando che l’afflittività del disturbo funzionale lamentato non configura uno stato di malattia quantificabile come IBT, ha constatato che quello patito dall’attore è “un disagio costante dal quale, durante la veglia, il soggetto non può mai avere un momento di “riposo” perché la lingua è in costante stato di costrizione e, per reazione, rimane in perenne attività così come la muscolatura labiale”, sempre nell’ambito della CTU viene dato atto di come “Il sintomo, soggettivo, è tuttavia stato oggettivamente accertato nel corso della visita clinica e, con altissima probabilità, da correlarsi con la evidente disarmonia dimensionale tra il volume della lingua e l’insufficiente l’ampiezza delle arcate dentarie, superiore ed inferiore”. Alla luce delle circostanze sopra esposte si dà atto di come il pregiudizio lamentato configuri un danno di natura morale, implicante una limitazione delle normali abitudini di vita del soggetto, alla cui liquidazione si procede in via equitativa, considerando il lasso di tempo intercorso dall’intervento e dunque il protrarsi del tempo in cui l’attore ha subito sino ad oggi tale disagio, nonché la contenta portata disfunzionale del disturbo che peraltro concerne una zona circoscritta del copro (la bocca);
pertanto, il convenuto contumace deve essere condannato a rifondere a la somma di € 3.500,00, equitativamente determinata, a titolo di risarcimento del danno morale.
Tale somma viene liquidata in via equitativa, già ai valori attuali e sulla medesima, con decorrenza dal giorno successivo alla pronuncia della presente sentenza, vanno riconosciuti interessi legali sino al saldo effettivo.
Con riferimento al riconoscimento degli interessi moratori nella misura richiesta da parte attrice che ha invocato il quarto comma dell’art. 1284 c.c., occorre rilevare come la Suprema Corte abbia avuto modo di chiarire che “gli interessi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno hanno fondamento e natura differenti da quelli moratori, regolati dall’art. 1284 c.c., in quanto sono rivolti a compensare il pregiudizio derivante al creditore dal ritardato conseguimento dell’equivalente pecuniario del danno subito, di cui costituiscono, quindi, una necessaria componente, al pari di quella rappresentata dalla somma attribuita a titolo di svalutazione monetaria, la quale non configura il risarcimento di un maggiore e distinto danno, ma esclusivamente una diversa espressione monetaria del danno medesimo che, per rendere effettiva la reintegrazione patrimoniale del danneggiato, deve essere adeguata al mutato valore del denaro nel momento nel quale è emanata la pronuncia giudiziale finale” (v. Sez. 3, Ordinanza n. 24468 del 04/11/2020). Coerentemente a tali premesse, l’art. 1 della legge sul ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali (d.lgs. n. 231/2002), dopo aver stabilito che “le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale”, ha cura di precisare che le medesime disposizioni “non trovano applicazione per pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, compresi i pagamenti effettuati a tale titolo da un assicuratore” (sul punto v. Sez. 3, Ordinanza n. 7966 del 20/04/2020, Rv. 657571 – 01; Sez. 2, Ordinanza n. 28409 del 07/11/2018, Rv. 651183 – 01; v. anche Sez. 3, Ordinanza n. 6322 del 2/03/2023).
Tutte le volte, infatti, in cui il giudice provvede alla liquidazione di un danno, la circostanza che abbia ritenuto di utilizzare uno specifico criterio di liquidazione degli interessi ‘compensativi’ a preferenza di un altro non attiene più all’applicazione dell’art. 1284 c.c., bensì all’applicazione dell’art. 1223 c.c. (ed eventualmente dell’art. 1226 c.c.):
ossia a regole che, nel presiedere al procedimento di liquidazione del danno, vincolano il giudice unicamente alle risultanze degli elementi di prova destinati ad attestare l’entità del danno effettivamente subito dal danneggiato, potendo, a tal fine, fare ricorso anche alle presunzioni che ritiene opportuno valorizzare, oppure, ricorrendo i presupposti dell’art. 1226 c.c., ai criteri equitativi ritenuti più adeguati (Cass. 19063/23).
Nel caso di specie, escludendosi l’applicabilità del comma IV dell’art. 1284 c.c. per le ragioni poc’anzi evidenziate, non avendo l’attore dimostrato l’esistenza di un maggior danno derivante dall’indisponibilità della somma riconosciuta a titolo risarcitorio, vanno riconosciuti gli interessi compensativi nella misura del tasso legale.
************* In definitiva, per le considerazioni che precedono:
deve essere condannato alla restituzione all’attore della somma di € 6.829,00 oltre interessi legali dal 27.4.2021 al saldo (come sopra precisato);
deve essere condannato a rifondere all’attore la somma di € 2.645,00 per le spese mediche riconosciute congrue, importo già comprensivo di interessi e rivalutazione monetaria, con decorrenza dai singoli esborsi, oltre interessi legali dalla data della pronuncia al saldo.
deve essere condannato a rifondere all’attore la somma di € 3.500,00, equitativamente determinata, a titolo di risarcimento del danno morale, oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo effettivo.
********** 4. Spese di lite
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono interamente poste a carico della parte convenuta;
esse vengono liquidate, nella misura meglio vista in dispositivo, in applicazione dei parametri di cui al DM 55/14, come modificato dal DM n. 149/22 (giusta la previsione dell’art. 6 di detto decreto) tenuto conto – oltre che dei soli esborsi documentati (CU, marca), anche per l’avvio del procedimento di mediazione (doc. 30) – del valore della causa come determinato ai sensi dell’art. 5 TF, delle questioni trattate e dell’attività concretamente svolta:
così applicandosi i valori medi, proporzionalmente ridotti per tutte le fasi ivi comprese, la fase istruttoria (tenuto conto della bassa complessità) e decisionale (essendosi svolta ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.), con la maggiorazione del 30% ex art. 4 comma 1 bis DM 10 marzo 2014 n° 55, come modificato dall’art. 1, comma I lett. b) DM 8 marzo 2018 n. 37.
Si precisa che tra gli esborsi liquidati in dispositivo non sono comprese le spese di CTP giacchè, come di recente precisato dalla Suprema Corte, “In tema di spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, non è possibile disporre la condanna del soccombente al pagamento delle stesse in mancanza di prova dell’esborso sopportato dalla parte vittoriosa, dovendosi escludere che l’assunzione dell’obbligazione sia sufficiente a dimostrare il pagamento” (cfr. Cass. n. 21402/22):
nel caso di specie nulla è stato provato.
Le spese di CTU, liquidate con separato decreto, sono poste in via definitiva a carico di parte convenuta.
il Tribunale di Torino in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa:
– dichiara tenuto e condanna a restituire a la somma di € 6.829,00, oltre interessi legali dal 27.4.2021, al saldo;
– dichiara tenuto e condanna al pagamento in favore di della somma di € 6.145,00, oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo;
– condanna il a rimborsare a le spese di lite, che liquida in € 593,80 per esborsi ed € 4.550,00 per compensi, importo comprensivo della maggiorazione del 30% ex art. 4 comma 1 bis DM 10 marzo 2014 n° 55, come modificato dall’art. 1, comma I lett. b) DM 8 marzo 2018 n. 37, oltre 15% Spese Generali, IVA e CPA come per legge;
– pone in via definitiva le spese di CTU a carico di parte convenuta.
Così deciso in Torino, in data 12.02.2025 Il Giudice dott.ssa NOME COGNOME Visto l’art. 52 comma 2 del D. LGS. 196/2003;
il Giudice dispone che sia apposto a cura della cancelleria il divieto di indicazione delle generalità degli interessati e degli altri loro dati identificativi, in caso di riproduzione della presente sentenza nelle ipotesi di cui al citato articolo di legge, a tutela dei diritti o della dignità degli interessati.
Il Giudice dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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