REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE CIVILE DI CATANIA – SEZIONE LAVORO –
Il Giudice Monocratico, in funzione di Giudice del Lavoro, nella persona della dott.ssa, all’udienza del 24 Aprile 2019 ha pronunciato, ai sensi dell’art. 429, comma 1 c.p.c. come sostituito dall’art. 53 del D.L. 25 giugno 2008 n. 112, convertito dalla L 6 agosto 2008 n. 133, dando lettura del dispositivo e dell’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, la seguente
SENTENZA 1962/2019 pubblicata il 24/04/2019
Nella causa civile iscritta al n. del ruolo generale affari contenziosi dell’anno 2016, e vertente
TRA
XXX, nato a, c.f., residente in, ed elettivamente domiciliato in, presso lo studio dell’avv., che, unitamente e disgiuntamente, lo rappresenta e difende per mandato allegato all’atto introduttivo del giudizio.
Ricorrente
CONTRO
L’ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE, (I.N.P.S.), in persona del legale rappresentante p.t., ed elettivamente domiciliati in, presso l’avvocatura provinciale dell’Istituto e rappresentato e difeso dagli avv.ti, mandato generale alle liti n., a rogito n. in Notar.
Resistente
OGGETTO: indebito, invalidità civile
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso al Tribunale Ordinario di Catania, in funzione di Giudice del Lavoro, depositalo il 15.03.2016, il ricorrente premetteva che, con lettera datata 13.01.2015, l’I.N.P.S. di, gli chiedeva la restituzione della somma di € 48.425,78, per conguaglio lordo derivante dal ricalcolo della pensione, Cat INVCIV, relativamente al periodo dall’1.11.1998 al 28.02.2015; che presentava istanza di annullamento in autotutela (ricorso n. del), chiedendo il riesame del provvedimento impugnato, di sospenderne gli effetti e di procedere al suo annullamento (totale o parziale) ai sensi di quanto previsto dall’art. 2 quater del D.L. n. 564/94, dal D.M. 37/97 e dall’art. 27 L. n 28/99; che in data 23.07.2015, la Commissione Medica per l’accertamento dello stato di invalidità di, confermava il suo stato di invalido con totale e permanente inabilità lavorativa al 100% e portatore di handicap in situazione di gravita; che con successiva comunicazione, l’INPS di ricalcolava la predetta pensione con decorrenza dal Giugno 2015 e gli comunicava l’esistenza di un credito a suo favore di € 289.90; che viceversa restava inevasa la sua richiesta di annullamento del 12.05.2015.
Eccepiva, pertanto, l’illegittimità del provvedimento datato 13.01.2015, sostenendo che le somme percepite derivavano dal verbale di invalidità del 21.06.1983, che aveva accertato il suo stato di invalidità al 100% con il riconoscimento della pensione ed il diritto all’indennità di accompagnamento e che le sue condizioni erano nel tempo peggiorate, come confermato dal verbale del 23.07.2015. Contestava, quindi, la richiesta di restituzione dell’ente previdenziale rilevando il difetto di motivazione, la contraddittorietà dei due provvedimenti, l’uno che richiedeva la restituzione e l’altro che riconosceva un credito, la prescrizione e comunque l’irripetibilità delle somme in mancanza di dolo dell’interessato. Concludeva chiedendo, previa sospensione, l’annullamento del provvedimento datato 13.01.2015, ovvero accertarsi l’irripetibilità delle somme perché percepiti in buona fede ovvero la loro rideterminazione alla luce dei motivi di opposizione, con vittoria di spese e compensi.
Instaurato il contraddittorio, si costituiva l’I.N.P.S., il quale eccepiva l’infondatezza del ricorso, evidenziando che l’indebito era scaturito dalla circostanza che il ricorrente aveva svolto dall’1.01.2006 attività lavorativa alle dipendenze della Regione Sicilia, percependo redditi superiori a quelli previsti dalla legge per godere in misura piena del trattamento pensionistico. Redditi che non erano mai stati comunicati all’ente previdenziale. Contestava l’eccezione di prescrizione, chiedendo pertanto il rigetto del ricorso.
La causa, istruita documentalmente, veniva rinviata, previa concessione di un termine per il deposito di note conclusive, per discussione e decisione.
Con provvedimento presidenziale di questo Tribunale, il sottoscritto giudicante, veniva incaricato in supplenza della trattazione del presente giudizio ed all’odierna udienza, sulle conclusioni rassegnate dalle parti come in atti ed all’esito della discussione, veniva pronunciata la presente sentenza, della quale è stata data lettura del dispositivo e dell’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.
Va osservato che, nella specie, non è controversa né la sussistenza del diritto dell’I.N.P.S. a procedere alla rettifica di precedenti errori nel calcolo e nell’erogazione del trattamento pensionistico (potere di rettifica, del resto, espressamente previsto dalla normativa di riferimento) né la sussistenza, nel caso concreto, dell’errore di cui si tratta.
Ciò che, invece, è controverso è il diritto dell’I.N.P.S. alla ripetizione dell’indebito oggettivo che, alla stregua della medesima normativa di riferimento, è limitato all’ipotesi in cui l’errore sia derivato da fatto doloso del beneficiario.
Orbene, a mente della costante esegesi interpretativa, la nozione di dolo prevista dalla normativa in oggetto è peculiare e non coincide con la connotazione soggettiva – in termini di consapevolezza e volontà – prevista dalla figura penalistica, essendo invece sufficiente che l’errore sia addebitabile a fatto sia pure non fraudolento del beneficiario purché inerisca a circostanze non note all’ente previdenziale. Si leggano, a tal riguardo, ad esempio Cass. Sez. L, Sentenza n. 1978 del 03/02/2004 (“Le normative speciali che, in relazione alle prestazioni previdenziali ed assistenziali ( nella specie, assegno di invalidità civile), limitano l’operatività delle norme del codice civile sulla ripetizione dell’indebito, prevedendo la irripetibilità delle somme indebitamente corrisposte, escludono l’applicabilità di detta disposizione di favore nel caso di dolo del beneficiario. Tale stato soggettivo consiste nella semplice consapevolezza della effettiva insussistenza del diritto, non richiedendosi, agli effetti di cui si tratta, che l’interessato abbia posto in essere comportamenti attivi diretti ad ingannare l’ente erogatore, ed essendo configurabile il dolo anche nel caso in cui il pagamento non dovuto sia stato effettuato per errore, pur se determinato da negligenza dell’ente. Pertanto, anche se la relativa prova è fornita prevalentemente, ma non necessariamente, da un comportamento fraudolento del beneficiario della prestazione, il dolo rileva, ove dimostrato, anche negli altri casi, come nella ipotesi di pagamenti di entità tale da rendere evidente l’esistenza di un errore e l’insussistenza del diritto del destinatario, oppure di pagamenti, a favore di soggetti di adeguata cultura ed esperienza, che siano privi di qualsiasi nesso con rapporti in essere o in via di attivazione”); Cass. Sez. L, Sentenza n. 3334 del 18/02/2005 (“In tema di ripetibilità dei ratei di pensione di reversibilità indebitamente pagati, la nozione del dolo del soggetto che ha indebitamente percepito i trattamenti pensionistici (contenuta in origine nell’art. 13, primo comma, della legge 30 dicembre 1991, n.412, secondo cui la omessa o incompleta segnalazione da parte dei pensionati di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall’ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite) costituisce un principio generale di settore e pertanto è rimasta invariata anche dopo l’entrata in vigore della legge 23 dicembre 1996, n.662, globalmente sostitutiva di quella precedente”; Cass. Sez. L, Sentenza n. 21019 del 08/10/2007 (“Nell’indebito previdenziale il dolo opera non nel momento di formazione della volontà negoziale, bensì nella fase esecutiva, riguardando un fatto causativo della cessazione dell’obbligazione di durata, non noto all’ente debitore, titolare passivo di un numero assai rilevante di rapporti, il quale non può ragionevolmente attivarsi per prendere conoscenza della situazione personale e patrimoniale dei creditori, senza la collaborazione attiva di ciascuno di loro. Conseguentemente, costituisce comportamento doloso il silenzio di chi ha l’obbligo di dichiarare onde ottenere il beneficio previdenziale (nella specie, l’omessa comunicazione della cessazione dello stato di vedovanza in riferimento alla rendita ai superstiti per infortunio mortale sul lavoro subito dal coniuge) e a ravvisare il detto stato soggettivo non è necessario un positivo e fraudolento comportamento essendo sufficiente la consapevolezza dell’insussistenza del diritto (emergente, nella specie, dal tenore del provvedimento di attribuzione della rendita, recante l’obbligo di inviare il certificato negativo di nuovo matrimonio); Cass.Sez. L, Sentenza n. 14347 del 15/06/2010 /”Nell’indebito previdenziale il dolo opera non nel momento di formazione della volontà negoziale, bensì nella fase esecutiva, riguardando un fatto causativo della cessazione dell’obbligazione di durata, non noto all’ente debitore, titolare passivo di un numero assai rilevante di rapporti, il quale non può ragionevolmente attivarsi per prendere conoscenza della situazione personale e patrimoniale dei creditori, senza la collaborazione attiva di ciascuno di loro. Conseguentemente, è doloso il comportamento del lavoratore che nella richiesta di ricostruzione della pensione, abbia sbarrato la domanda, inserita nel prestampato, relativa alla circostanza dell’eventuale prestazione di lavoro all’estero o della pregressa residenza in territorio straniero”).
Orbene, nella specie, l’I.N.P.S. ha asserito che l’errore nel calcolo e nell’erogazione della pensione in parola sia derivato dall’omessa dichiarazione del beneficiario in ordine alla situazione reddituale per il periodo di riferimento, con il sussistere di incompatibilità con l’attività lavorativa esercitata dal ricorrente (cfr.: memoria di costituzione, note difensive e documentazione in atti).
Siffatta circostanza è rimasta incontestata, non avendo parte ricorrente spiegato alcuna difesa specifica in merito, né dimostrato come era suo onere di non aver superato il limite reddituale per il periodo di riferimento.
Con riguardo alla ripetizione di indebito va condiviso l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “In tema di indebito previdenziale, il pensionato, ove chieda, quale attore, l’accertamento negativo della sussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito, ha l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto alla prestazione già ricevuta, la cui esistenza consente di qualificare come adempimento quanto corrispostogli dall’Istituto convenuto, ferma, peraltro, la necessità che quest’ultimo, nel provvedimento amministrativo di recupero del credito, non si sia limitato a contestare genericamente l’indebito ma abbia precisato gli estremi del pagamento, corredati dall’indicazione, sia pure sintetica, delle ragioni che non legittimerebbero la corresponsione delle somme erogate, così da consentire al debitore di effettuare i necessari controlli sulla correttezza della pretesa, il cui accertamento ha carattere doveroso per il giudice, rispondendo a imprescindibili esigenze di garanzia del destinatario dell’atto di soppressione o riduzione del trattamento pensionistico in godimento. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha rilevato che correttamente la corte territoriale aveva ritenuto incomprensibili le ragioni della pretesa restitutoria, non emergendo dalla richiesta dell’INPS indicazioni adeguate a porre in grado la pensionata di verificare se si trattasse di un trattamento attribuito “sine titulo” ovvero di una erogazione conseguente ad un calcolo errato dell’ente)”. – Sez. L, sentenza n. 198 del 05.01.2011.
Sul punto la Corte di Cassazione aveva anche precisato che “In tema di ripetibilità dei ratei di pensione di reversibilità indebitamente pagati, l’art. 1, commi 260 – 265, della legge n. 662 del 1996, nell’innovare integralmente la disciplina precedentemente contenuta nella legge n. 412 del 1991, ha ancorato il diritto dell’ente di procedere alla ripetizione delle somme erogate alla sussistenza dei requisiti reddituali e soggettivi del pensionato, senza, peraltro, incidere sulla regolamentazione della ripetibilità in caso di dolo del soggetto che abbia indebitamente ricevuto i trattamenti previdenziali, che resta affermata dall’art. 1, comma 265, della legge n. 662 del 1996. Ne consegue che deve ritenersi tuttora operante la previsione di cui all’art. 13, comma 1, della legge n. 412 del 1991, che, nell’identificare la nozione di dolo nell’omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta che non siano già conosciuti dall’ente, consentendo la ripetibilità delle somme per tale ragione indebitamente percepite, costituisce principio generale di settore che informa anche la successiva disciplina di cui alla legge n. 662 del 1996. …”- Sez. L, Sentenza n. 25309 del 01/12/2009.
Alla stregua della sopra riportata esegesi, l’omessa comunicazione dei redditi percepiti integra il fatto ascrivibile al beneficiario e non noto all’I.N.P.S. (che, nel caso concreto, ne è venuto a conoscenza solo a seguito di accertamenti successivi) costituente dolo ai sensi della normativa di settore e idoneo a consentire la ripetizione dell’indebito oggettivo.
Sulla base delle superiori considerazioni va ritenuta legittima la ripetizione di indebito disposta dall’Istituto previdenziale, tuttavia l’importo va rideterminato alla luce dell’eccezione di prescrizione, parzialmente fondata per il periodo antecedente il 2005, e per come riconosciuto dallo stesso ente nelle sue note conclusive.
Ne consegue che il ricorrente va condannato alla restituzione della complessiva somma di € 30.967,01, quantificazione non oggetto di specifica contestazione da parte del ricorrente, mentre va dichiarata la prescrizione delle restanti somme portate dalla comunicazione del 13.01.2015.
La peculiarità concreta della fattispecie – con la peculiarità della connotazione del dolo nella normativa di settore e la connessa difficoltà interpretativa – consente di compensare integralmente le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Giudice Monocratico, ritenuta la propria competenza e definitivamente pronunciando sul ricorso depositato in data 15.03.2016 da XXX contro l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, (I.N.P.S.), in persona del legale rappresentante p.t., disattesa ogni contraria domanda ed eccezione, così provvede:
1) Dichiara la legittimità della ripetizione e per l’effetto condanna il ricorrente alla restituzione in favore dell’I.N.P.S. della complessiva somma di € 30.967,01, rigetta nel resto il ricorso.
2) Compensa le spese di giudizio.
Così deciso in Catania all’udienza del 24.04.2019
Il Giudice Onorario
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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