Immobili privi di concessione edificatoria, esclusa la nullità del preliminare.
Nel caso esaminato, la Corte d’Appello aveva ritenuto che la ricorrente non avesse provato l’inadempimento della convenuta, e che la presunta irregolarità urbanistica degli immobili non fosse la ragione che aveva determinato la mancata comparizione del rappresentante legale della promittente venditrice per la data fissata per la stipula del definitivo il 4 e il 5 agosto del 2006.
Infatti, il 4 agosto il suddetto rappresentante legale aveva avuto un problema di salute, documentalmente accertato, e la successiva convocazione per il giorno successivo non era giustificata, essendo necessario un preavviso di almeno tre giorni e non potendosi attribuire alcuna rilevanza al fatto che l’impedimento del rappresentante della società convenuta era di modesta entità.
La Corte di Cassazione ha ritenuto, pertanto, del tutto irrilevante la dedotta ammissione in giudizio da parte della promittente acquirente della irregolarità urbanistica del bene compravenduto.
Quanto alla violazione della L. n. 47 del 1985, articolo 40, la Suprema Corte ha ribadito l’indirizzo interpretativo secondo il quale: “La sanzione della nullità prevista dalla L. n. 47 del 1985, articolo 40, per i negozi relativi a immobili privi della necessaria concessione edificatoria trova applicazione ai soli contratti con effetti traslativi e non anche a quelli con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, non soltanto in ragione del tenore letterale della norma, ma anche perché la dichiarazione di cui all’articolo 40, comma 2, della medesima legge, in caso di immobili edificati anteriormente all’1 settembre 1967, o il rilascio della concessione in sanatoria possono intervenire successivamente al contratto preliminare.
Ne consegue che, in queste ipotesi, rimane esclusa la sanzione di nullità per il successivo contratto definitivo di vendita, ovvero si può far luogo alla pronunzia di sentenza ex articolo 2932 c.c.” (Sez. 2, Ord. n. 6685 del 2019).
L’orientamento alla base dell’estensione della nullità L. n. 47 del 1985, ex articoli 17 e 40, ai contratti preliminari, espresso nelle sentenze n. 23591/13 e 28194/13 della Corte di Cassazione, non ha trovato seguito nella successiva giurisprudenza di legittimità (salvo che nella sentenza n. 18621/2015) mentre l’esclusione dei contratti obbligatori dall’ambito di operatività della nullità L. n. 47 del 1985, ex articolo 40, costantemente affermata nella giurisprudenza di legittimità anteriore alle citate sentenze n. 23591/13 e 28194/13 è stata ribadita nelle sentenze della Corte di Cassazione n. 28456/2013, 9318/16, 21942/2017 e 11659/18 oltre che in quella sopra citata.
Tale indirizzo è oramai definitivamente consolidato.
Nella specie, peraltro, l’irregolarità urbanistica non era neanche relativa alla mancanza di permesso di costruire ma solo alla destinazione d’uso del bene.
Si trattava, dunque, di una mera irregolarità urbanistica poi oggetto di sanatoria.
Sul punto, è opportuno ribadire anche il recente approdo delle sezioni Unite che hanno affermato la natura di nullità solo formale della previsione di cui alla L. n. 47 del 1985, articolo 40.
In occasione della citata pronuncia, infatti, si è affermato il seguente principio di diritto: “La nullità comminata dall’articolo 46 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e dagli articoli 17 e 40, della L. n. 47 del 1985, va ricondotta nell’ambito dell’articolo 1418 c.c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile.
Pertanto, in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato” (Sez. U, Sent. n. 8230 del 2019).
Ne consegue che l’irregolarità urbanistica dell’immobile lamentata dai ricorrenti non rileverebbe neanche ai fini della nullità del contratto definitivo ed infatti il giudice ha pronunciato sentenza ex 2932 c.c..
La presunta prova di tale irregolarità, infine, non potrebbe rappresentare alcuna dimostrazione dell’inadempimento della promittente venditrice visto che la stessa ha agito per l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare ex articolo 2932 c.c., mostrando di avere interesse alla conclusione dell’affare mediante la stipula del definitivo.
Corte di Cassazione, Sezione Seconda, Ordinanza n. 6191 5 marzo 2021
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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