N. R.G. 2240/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI FIRENZE SEZIONE SECONDA CIVILE
La Corte di Appello di Firenze, Seconda Sezione, in persona dei Magistrati:
Dott. NOME COGNOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere relatore ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._209_2024_-N._R.G._00002240_2021 DEL_31_01_2024 PUBBLICATA_IL_31_01_2024
nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 2240/2021 con
OGGETTO: Contratti bancari(deposito bancario, etc)
promossa da: C.F. , con il patrocinio dell’avv. APPELLANTE contro (C.F. (C.F. rappresentato e difeso dall’Avv. APPELLATO ordinanza 702 ter c.p.c. del Tribunale di Siena pubblicata il nel giudizio iscritto al N. 1987/2017 R.G.
CONCLUSIONI
In data la causa veniva posta in decisione sulle seguenti conclusioni Per la parte appellante «Piaccia all’Ill.ma Corte d’Appello adita, contrariis reiectis, in accoglimento del presente appello, riformare l’ordinanza n. cronol.10212/2021 del Tribunale di Siena, pubblicata il comunicata in pari data e resa definizione del giudizio R.G. n. 1936/2020, nella parte in cui, accogliendo la ricostruzione offerta dal CTU con azzeramento degli interessi rilevati usurari nei trimestri dal per il c/c n. e con espunzione del corrispettivo sull’accordato dal terzo trimestre 2009 al quarto trimestre 2012 quanto al c/c n. , ha accertato che il saldo dei conti correnti dedotti in giudizio fosse pari a € 63.035,57 a debito della correntista e, per l’effetto: – accertare e dichiarare la contraddittorietà e/o illogicità della decisione impugnata nella parte in cui – pur richiamando la sentenza delle Sezioni Unite n. 24675/2017- ha disposto la verifica dell’usura in corso di rapporto, con applicazione dell’art. 1815 comma 2 c.c. nei trimestri in cui il CTU ha rilevato usura “sopravvenuta”, nonostante i tassi contrattualmente pattuiti fossero al di sotto delle soglie usura di periodo, anziché applicare i tassi risultanti dagli estratti conto, non essendo configurabile l’usura “sopravvenuta”; – accertare e dichiarare l’illegittimità dell’ordinanza impugnata nella parte in cui, pur richiamando la sentenza n. 24675/2017 delle SS.UU., ha ammesso la verifica dell’usura in corso di rapporto, nonostante i tassi contrattualmente pattuiti non fossero usurari, anziché applicare i tassi risultanti dagli estratti conto periodici;
– in subordine, nell’ipotesi in cui l’Ecc.ma Corte d’Appello adita ritenesse legittimamente disposta dal primo Giudice la verifica del rispetto del tasso soglia in corso di rapporto, dichiarare l’erroneità dell’ordinanza del Tribunale di Siena nella parte in cui ha disposto l’azzeramento dei tassi usurari nei trimestri dal anziché applicare il criterio di cui alle sentenze n. 602/2013 e 603/2013 della Corte di Cassazione e sostituire i tassi usurari con i tassi soglia di ciascun trimestre di riferimento o, in subordine, sostituirli con i tassi legittimamente pattuiti e applicati nel trimestre precedente o, in estremo subordine, sostituirli con il tasso legale; – in ogni caso, accertare e dichiarare l’illegittimità dell’ordinanza impugnata laddove ha espunto il corrispettivo sull’accordato dal ricalcolo del c/c n. 631118.22 per il periodo che va dal terzo trimestre 2009 al quarto trimestre 2012, in quanto pattuito con l’accordo del – in ogni caso, disporre la rimessione della causa sul ruolo richiesta dall’odierna appellante nelle note di trattazione scritta depositate per l’udienza del e del per un’integrazione peritale e/o la riconvocazione del CTU a chiarimenti affinchè il CTU (i) nei trimestri in cui ha riscontrato usura, applichi il tasso “soglia” di periodo o, in subordine, il tasso di interesse non usurario precedentemente applicato o, in ulteriore subordine, il tasso di interesse legale; (ii) offra un ricalcolo che tenga conto anche del corrispettivo sull’accordato per il c/c n. 631118.22 erroneamente espunto, poiché è stato pattuito.
Con vittoria di spese e compensi».
Per la parte appellata Corte di Appello di Firenze, disattesa ogni contraria istanza, difesa, eccezione e conclusione:
1) rigettare tutti i motivi di appello in quanto infondati, e confermare l’ordinanza impugnata ex art. 702 ter cpc, n. cronol 10212/2021, pubblicata in data dal Tribunale di Siena;
2) condannare al pagamento delle spese del grado di appello, da distrarsi a favore del procuratore antistatario.
Fatti di causa – svolgimento del giudizio Il giudizio di primo grado 1.
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. e decreto di fissazione udienza notificati nell’ ed i sigg. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Siena la esponendo :
– che la società era titolare dei rapporti di conto corrente bancario intrattenuti con presso l’Agenzia di Roma n. 54, n. 631118.22 (già n. 349.03) e n. 631298.23 (già n. 858.29), assistiti da linee di credito;
– che erano stati addebitati interessi ultra legali non pattuiti per iscritto, commis- sioni di massimo scoperto nulle, oneri e commissioni non pattuiti, illegittimo anatoci- smo e interessi usurari;
– che le fideiussioni a nome di erano nulle, in quanto mai stipulate per iscritto.
I ricorrenti chiedevano quindi la condanna della alla restituzione degli adde- biti illegittimi e la dichiarazione di nullità della fideiussione.
Si costituiva in giudizio eccependo il difetto di legittimazione dei fideiussori con riferimento alla domanda di ripetizione, contestan- do nel merito le domande.
Istruita la causa con CTU, produzioni documentali, il Tribunale di Siena con ordinanza ex 702 ter c.p.c. pubblicata il così statuiva :
“accoglie, per le ragioni e nei limiti di cui in motivazione, la domanda avanzata in giudizio da parte ricorrente, e, per l’effetto, accerta che nei rapporti di conto corrente per cui è causa, alla data del , vi era un saldo a debito della pari ad € -63.035,57;
2) rigetta nel resto la domanda;
2) compensa fra le parti le spese di lite;
3) pone definitivamente le spese delle C.T.U. a carico di entrambe le parti nella misura del 50% ciascuna” Per quanto ancora rileva in questa sede osservava il Tribunale:
“La convenuta ha preliminarmente eccepito il difetto di legittimazione ad agire di in proprio, con riferimento alla domanda restitutoria.
L’eccezione appare fondata.
I resistenti, infatti, non hanno la legittimazione attiva in proprio a proporre la domanda di restituzione delle somme illegittimamente addebitate dalla banca alla titolare dei rapporti di conto corrente, ovvero alla Pertanto, i resistenti sono legittimati a proporre domande aventi ad oggetto soltanto la fideiussione menzionata nel contratto di credito del mentre le ulteriori domande vanno rigettate.
Quanto alla domanda di nullità della fideiussione, essa è infondata.
Dalla documentazione in atti, infatti, emerge come i sig.ri in data , hanno sottoscritto il contratto di garanzia, dapprima fino a concorrenza dell’importo di € 216.000,00 e, successivamente, fino a concorrenza di € 360.000,00 con atto datato , onde alcuna carenza di forma scritta risulta sussistente e, nel contratto di affidamento del , deve ritenersi richiamata la seconda fideiussione va chiarito che, nella specie, è proponibile la sola domanda attorea di accertamento negativo del credito, stante la permanenza dei rapporti di conto corrente intercorsi tra la società e la.. ] Venendo al caso di specie, dai documenti in atti risulta quanto segue:
“Conto ordinario n. 631118.22:
Dall’analisi effettuata emerge che il limite stabilito dalla L. 108/1996 non è stato mai superato” “Conto corrente n. 631298.23:
Dall’analisi effettuata emerge pertanto che sul c/c n. NUMERO_DOCUMENTO.NUMERO_DOCUMENTO il limite stabilito dalla L. 108/1996 è stato superato nell’intervallo di tempo che va dal secondo trimestre 2009 al 2° trimestre 2011”.
Il perito d’ufficio, pertanto, ha proceduto ad azzerare gli interessi maturati nei trimestri “usurari”.
Tale ricalcolo è stato poi trasferito sul c/c ordinario sul quale venivano addebitate le competenze.
Anche in questo caso, il ctu ha verificato le aliquote di CMS applicate dalla banca confrontandole con i tassi soglia CMS, tassi soglia calcolati con la media rilevata dalla aumentata del 50% ed è emerso che “La CMS è stata applicata fino al 2° semestre 2009.
Nell’intervallo di tempo considerato non vi è stato alcun superamento della CMS soglia” (pagg. 17 e ss della ctu) Nella specie, il ctu ha rilevato come:
Il “corrispettivo dell’accordato” risulta applicato:
– a partire dal 3° trimestre 2009 sul c/c n. 631298.23 (ex c/c n. 858.29) in virtù dell’accordo sulla modifica delle condizioni contrattuali sottoscritto dalla società correntista il , accordo che prevedeva appunto anche il corrispettivo sull’accordato;
– a partire dal 3° trimestre 2009 sul c/c n. 631118.22 (ex c/c n. 349.03).
In questo caso non è stata rinvenuta nei documenti di causa né un accordo contrattuale né una “Proposta di modifica unilaterale del contratto” ai sensi dell’art. 118 TUB.
La lettera di contratto di credito del firmata dalla società correntista introduce per la prima volta l’applicazione del corrispettivo sull’accordato.
Nelle modifiche contrattuali e nelle lettere di credito successive tale commissione viene nuovamente specificata e confermata.
Pertanto, nei calcoli effettuati dal sottoscritto, il corrispettivo sull’accordato, addebitato antecedentemente all’accordo contrattuale di introduzione della commissione, viene recuperato a credito della società correntista.
Gli importi complessivi sono i seguenti:
€ 9.246,80 di corrispettivo sull’accordato e di € 500,00 per commissione di istruttoria veloce” (pag. 12 e ss della ctu)” L’appello.
2. Proponeva tempestivo appello ritenendo l’ordinanza errata e ingiusta, formulando i seguenti motivi di impugnazione:
in procedendo per violazione degli artt. 112, 184, 190, 196 c.p.c. per contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione al principio enunciato dalle SS.UU. con sentenza n. 24675/2017 e per omessa rimessione della causa sul ruolo per un supplemento peritale ed error in iudicando per violazione degli artt. 115, 116 e 196 c.p.c. ed erronea applicazione dell’art. 1815 comma 2 c.p.c. in relazione alle conseguenze dell’usurarietà riscontrata in corso di rapporto quanto al c/c n. 631298.23 in procedendo per violazione degli artt. 184, 190, 196 c.p.c. per omessa rimessione della causa sul ruolo ed error in iudicando per violazione dell’art. 117 TUB, degli artt. 115 e 116 c.p.c. quanto all’espunzione dal c/c n. 22 degli addebiti a titolo di corrispettivo sull’accordato dal terzo trimestre 2009 al
Per tali ragioni veniva pertanto formulata dall’appellante richiesta di riforma della ordinanza, in accoglimento delle conclusioni come in epigrafe trascritte con condanna della controparte alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Si costituivano in giudizio , che contestavano le censure mosse da parte appellante nei confronti della ordinanza, della quale chiedevano la conferma con vittoria delle spese.
Acquisito il fascicolo di ufficio del procedimento di primo grado, la causa, senza attività istruttoria, veniva trattenuta in decisione in data, sulle conclusioni delle parti, precisate come in epigrafe trascritte, a seguito di trattazione scritta.
Motivi della decisione 3. Preliminarmente deve esaminarsi l’eccezione, formulata da parte appellante in sede di comparsa conclusionale di “difetto di legittimazione dei garanti a resistere all’appello per effetto del “giudicato interno”.
L’eccezione non è fondata;
l’ordinanza impugnata in effetti in un passaggio motivazionale sembra aver rigettato tutte le domande proposte dai fideiussori (“i resistenti sono legittimati a proporre domande aventi ad oggetto soltanto la fideiussione menzionata nel contratto di credito del , mentre le ulteriori domande vanno rigettate.
Quanto alla domanda di nullità della fideiussione, essa è infondata”), ma tale passaggio motivazionale si inserisce nell’ambito della trattazione della “domanda di restituzione”, che è dichiarata non proponibile anche per la società intestataria del conto corrente;
viceversa è ritenuta proponibile, in generale, la “domanda attorea” di rideterminazione del saldo (“nella specie, è proponibile la sola domanda attorea di accertamento negativo del credito, stante la permanenza dei rapporti di conto corrente”), con accoglimento parziale in dispositivo di tale domanda, riferita indistintamente alla “parte ricorrente” (“1) accoglie, per le ragioni e nei limiti di cui in motivazione, la domanda avanzata in giudizio da parte ricorrente”).
Ciò induce a ritenere che sia stato correttamente considerata la legittimazione e l’interesse dei fideiussori, “parte ricorrente”, (se non alla ripetizione) alla rideterminazione del saldo, con interesse e legittimazione anche dei garanti a contraddire nel presente giudizio di appello.
4. Con il primo motivo ( in procedendo per violazione degli artt. 112, 184, 190, 196 c.p.c. per contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione al principio enunciato dalle SS.UU.
con sentenza n. 24675/2017 e per omessa rimessione della causa sul ruolo per un supplemento peritale ed error in iudicando per violazione degli artt. 115, 116 e 196 c.p.c. ed erronea applicazione dell’art. 1815 comma 2 c.p.c. in relazione alle conseguenze dell’usurarietà riscontrata in corso di rapporto quanto al c/c n. NUMERO_DOCUMENTO.23) parte appellante in sintesi lamenta che il Tribunale, pur richiamando il principio espresso dalle Sezioni Unite con sentenza n. 24675/2017 in tema di irrilevanza della “usura sopravvenuta”, abbia proceduto, a fronte del ritenuto superamento dei tassi soglia nel conto corrente n. 631298.23 per il periodo dal secondo trimestre 2009 al 2° trimestre 2011, al totale azzeramento degli interessi; in subordine, osserva parte appellante, ove dovesse essere ritenuta la rilevanza dell’usura sopravvenuta, la conseguenza dovrebbe essere, in ipotesi, la sostituzione del tasso usurario con il tasso soglia del periodo.
Il motivo è fondato.
4.1. Il CTU ha riscontrato il superamento del tasso soglia nel conto anticipi 631298.23, già 858.29 con decorrenza dal terzo trimestre 2009 ( ), sino al secondo trimestre 2011.
In relazione a tale superamento il CTU, attenendosi alle indicazioni del quesito, ha escluso qualsiasi interesse addebitato nel periodo sul conto anticipi e ciò ha comportato anche una correlata diminuzione degli interessi sul conto corrente ordinario n. 631118.22 sul quale venivano trasferiti gli oneri, con una incidenza complessiva di € 56.183,46 (28.695,25+27.488,21 :
vedi relazione di CTU :
“Dall’analisi effettuata emerge pertanto che sul c/c n. il limite stabilito dalla L. 108/1996 è stato superato nell’intervallo di tempo che va dal secondo trimestre 2009 al 2° trimestre 2011.
Il sottoscritto ha proceduto pertanto ad azzerare, così come richiesto dal quesito, gli interessi maturati nei trimestri “usurari”;
tale ricalcolo è stato poi trasferito sul c/c ordinario sul quale venivano addebitate le competenze ai fini della verifica delle soglie usura è emerso che: sul c/c anticipi n. il TEG calcolato è risultato superiore alle soglie usura per n. 9 trimestri, che vanno dal e per i quali conseguentemente sono stati azzerati gli interessi debitori applicati dalla banca pari ad € 28.695,25;
il riconteggio di tale azzeramento è stato poi trasferito sul c/c ordinario, facendo emergere ulteriori minori interessi dovuti dalla società correntista per € 27.488,21”).
Ciò posto si tratta in primo luogo di chiarire se il superamento del tasso soglia sia da ricondurre ad una ipotesi di usura “originaria” ovvero “sopravvenuta”.
In fatto può osservarsi che:
a) per il conto anticipi 631298.23 le parti sottoscrissero il un accordo di modifica delle condizioni contrattuali con decorrenza dal primo , con il quale furono rideterminati il tasso di interesse ordinario, il tasso di interesse per sconfinamento ed introdotto il corrispettivo sull’accordato (vedi all. 8 alla memoria difensiva di primo grado b) tale accordo determinò una modifica non peggiorativa, al ribasso del TEG rispetto alle previsioni precedenti (vedi relazione di CTU:
“il sottoscritto ha verificato come le condizioni applicate risultino non peggiorative per il correntista in riferimento sia ai contratti di apertura dei due c/c, del , che agli accordi contrattuali successivi, elencati alle pagg. 11 e 12 della relazione peritale”);
comunque aveva decorrenza dal primo e fu sottoscritto prima della emanazione e pubblicazione del D.M. sulla G.U. del n. 149, relativo ai TEGM dal primo Tali elementi conducono ad inquadrare la fattispecie nell’ambito della usura “sopravvenuta”:
la pattuizione determinò comunque una diminuzione del TEG;
al momento della pattuizione i tassi convenuti erano al di sotto della soglia;
sono diventati usurari per effetto dell’abbassamento successivo del tasso soglia in base a DM posteriore. Contr (vedi anche la tabella della CTU, che attesta una diminuzione del TEG in correlazione ad una maggiore diminuzione del tasso soglia :
4.2. Si tratta quindi di stabilire quale sia la rilevanza della “usura sopravvenuta” in relazione alla fattispecie per cui è causa:
apertura di credito in conto corrente.
Le Sezioni Unite con sentenza n.24675 erano chiamate a pronunziarsi con riferimento ad un mutuo a tasso fisso stipulato anteriormente alla legge 108/1996, ma nella motivazione è specificato :
“la questione della configurabilità di una “usura sopravvenuta” si pone non soltanto con riferimento ai contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge n. 108 del 1996, come nel caso in esame, ma anche con riferimento a contratti successivi all’entrata in vigore della legge recanti tassi inferiori alla soglia dell’usura, superata poi nel corso del rapporto per effetto della caduta dei tassi medi di mercato e si pone, in teoria, con riguardo sia ai tassi contrattuali fissi che a quelli variabili, anche se in pratica sono essenzialmente i primi a fornire la casistica sinora nota, dato che la variabilità consente normalmente di assorbire gli effetti del calo dei tassi medi di mercato”.
La Corte riporta un passaggio motivazionale della sentenza della Corte costituzionale n. 29 del 2002, in cui i giudici delle leggi, dopo avere escluso l’irragionevolezza dell’interpretazione autentica di cui all’art. 1 del D.L. n. 394 del 2000 (che recita “Ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p., e dell’art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”) avevano tuttavia precisato : “restano, invece, evidentemente estranei all’ambito di applicazione della norma impugnata gli ulteriori istituti e strumenti di tutela del mutuatario, secondo la generale disciplina codicistica dei rapporti contrattuali”.
Sul punto le Sezioni Unite chiariscono :
“è evidente, infatti, che far salva la validità ed efficacia della clausola contrattuale non significa negare la praticabilità di altri strumenti di tutela del mutuatario previsti dalla legge, ove ne ricorrano gli specifici presupposti;
significa soltanto negare che uno di tali strumenti sia costituito dalla invalidità o inefficacia della clausola in questione”.
Le Sezioni Unite si pongono quindi il problema se l’illiceità della pretesa di interessi divenuti usurari possa essere argomentata “su basi diverse, ossia valorizzando, piuttosto che il meccanismo della sostituzione automatica di clausole ai sensi dell’art. 1339 c.c., e art. 1419 c.c., comma 2, il principio di buona fede oggettiva nell’esecuzione dei contratti, di cui all’art. 1375 c.c., per il quale sarebbe scorretto pretendere il pagamento di interessi a un tasso divenuto superiore alla soglia dell’usura come determinata al momento del pagamento stesso, perché in quel momento quel tasso non potrebbe essere promesso dal debitore e il denaro frutterebbe al creditore molto di più di quanto frutti agli altri creditori in genere”, richiamando “la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il principio di correttezza e buona fede in senso oggettivo impone un dovere di solidarietà, fondato sull’art. 2 Cost., per il quale ciascuna delle parti del rapporto è tenuta ad agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o da quanto stabilito da singole norme di legge (Cass. Sez. 3^ , n. 14605; Cass. Sez. 1^ , n. 21250; Cass. Sez. U. , n. 28056; Cass. Sez. 1^ , n. 1618; Cass. Sez. 3^ , n. 22819)”, giungendo tuttavia alla conclusione che “neppure detta tesi persuade”, osservando:
“la violazione del canone di buona fede non è riscontrabile nell’esercizio in sé considerato dei diritti scaturenti dal contratto, bensì nelle particolari modalità di tale esercizio in concreto, che siano appunto scorrette in relazione alle circostanze del caso.
In questo senso può allora affermarsi che, in presenza di particolari modalità o circostanze, anche la pretesa di interessi divenuti superiori al tasso soglia in epoca successiva alla loro pattuizione potrebbe dirsi scorretta ai sensi dell’art. 1375 c.c.;
ma va escluso che sia da qualificare scorretta la pretesa in sé di quegli interessi, corrispondente a un diritto validamente riconosciuto dal contratto” Il principio di diritto conclusivamente enunziato dalle Sezioni Unite è, testualmente, il seguente:
“allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; nè la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto”.
4.3. Richiamate in modo diffuso le argomentazioni delle Sezioni Unite si tratta adesso di stabilire se, ferma comunque l’esclusione della nullità (“sopravvenuta” o “dinamica”) ex 644 c.p., 1815 c.c. della originaria clausola di determinazione di interessi non usurari “nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti”, possa estendersi oltre alla fattispecie oggetto della pronunzia della Corte (mutui contratti prima o dopo la legge 108/1996, a tasso fisso o variabile), anche l’esclusione dell’ulteriore rimedio della illegittimità della pretesa di interessi divenuti usurari per violazione del principio generale di buona fede oggettiva nell’esecuzione dei contratti, di cui all’art. 1375 c.c..
E’ infatti opportuno evidenziare che:
a) nel principio di diritto in precedenza trascritto l’esclusione della violazione della buona fede è testualmente riferita alla “pretesa del mutuante”;
b) espressamente le Sezioni Unite in motivazione danno atto che “in presenza di particolari modalità o circostanze, anche la pretesa di interessi divenuti superiori al tasso soglia in epoca successiva alla loro pattuizione potrebbe dirsi scorretta ai sensi dell’art. 1375 c.c.”.
In particolare non vi è uniformità, nella giurisprudenza di merito ed anche in dottrina, in ordine all’estensione della irrilevanza della usura sopravvenuta sotto il profilo della violazione della buona fede pure anche a finanziamenti diversi dal mutuo e, segnatamente ai cosiddetti “finanziamenti a utilizzo flessibile”, nell’ambito del quale rientrano anche le aperture di credito in conto corrente.
Il contrasto è ravvisabile nella stessa giurisprudenza di legittimità successiva alle Sezioni Unite.
In alcune pronunzie, sia pure senza una specifica motivazione, il principio della generale irrilevanza dell’usura sopravvenuta è stato richiamato anche con riferimento a fattispecie relative a contratti di conto corrente (vedi Cassazione civile sez.
I, n.8525; Cassazione civile sez. VI, , n.21584; Cassazione civile sez. VI, n.7546; Cassazione civile sez. VI, n.6063).
In altra pronunzia di legittimità è stato invece ritenuto che nei rapporti di conto corrente la pretesa della banca di riscuotere interessi divenuti usurari nel corso del rapporto, avendo ad oggetto l’esecuzione di una prestazione oggettivamente sproporzionata, è contraria al principio di buona fede, con necessità di escludere per il periodo (non tutti gli importi addebitati a titolo di interessi ma solo) gli importi eccedenti il tasso soglia: vedi, anche in motivazione, Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 27545 del , Rv. 669094 – 02: “nella stessa richiamata sentenza le Sezioni Unite hanno ritenuto opportuno precisare in motivazione che:
“E’ evidente, infatti, che far salva la validità ed efficacia della clausola contrattuale non significa negare la praticabilità di altri strumenti di tutela del mutuatario previsti dalla legge, ove ne ricorrano gli specifici presupposti;
significa soltanto negare che uno di tali strumenti sia costituito dalla invalidità o inefficacia della clausola in questione”.
Più di recente, le Sezioni Unite, tornando sull’argomento con sentenza n. 19597 del 2020 hanno precisato che:
“In tema di contratti di finanziamento, l’interesse ad agire per la declaratoria di usurarietà degli interessi moratori sussiste anche nel corso dello svolgimento del rapporto, e non solo ove i presupposti della mora si siano già verificati;
tuttavia, mentre nel primo caso si deve avere riguardo al tasso-soglia applicabile al momento dell’accordo, nel secondo la valutazione di usurarietà riguarderà l’interesse concretamente praticato dopo l’inadempimento”.
Dando seguito al dictum delle Sezioni Unite, occorre qui affermare che:
i saggi di interesse usurari – che non siano stati pattuiti originariamente, ma siano sopraggiunti in corso di causa – costituiscono in ogni caso importi indebiti.
Il creditore che voglia interessi divenuti nel corso del rapporto in misura ultra legale pretenderebbe per ciò stesso l’esecuzione di una prestazione oggettivamente sproporzionata:
il suo comportamento sarebbe contrario al generale principio di buona fede contrattuale, che impone alle parti comportamenti collaborativi, anche in sede di esecuzione del contratto.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata nella parte in cui la corte territoriale ha rigettato le conclusioni degli attori in opposizione, che erano dirette a portare in compensazione gli importi eccedenti la soglia di usura:
invero, è illegittima la pretesa della in relazione all’importo (individuato dal ctu) eccedente la soglia di usura”).
In altra, ancor più recente pronunzia, la Suprema Corte in motivazione ha osservato :
“i principi così elaborati dalle Sezioni Unite riguardo al contratto di mutuo, devono ritenersi ragionevolmente estensibili anche al di là dei ristretti confini di detto tipo contrattuale, ben potendo trovare applicazione in relazione ad ogni struttura negoziale avente una causa concreta di finanziamento e, dunque, finalità corrispondenti a quelle proprie del mutuo;
e tanto, laddove non si abbia cura di dimostrare (come specificamente non avvenuto nel caso in esame) il ricorso di un’effettiva e inequivoca volontà negoziale delle parti, manifestata nel corso del rapporto, volta a confermare o a rideterminare gli interessi connessi al finanziamento in una misura che si riveli superiore al tasso soglia” (così Cassazione civile sez. III, , n.32538 che peraltro immediatamente dopo precisa che, “indipendentemente dalla rilevanza della questione concernente la distinzione tra usura originaria ed usura sopravvenuta” nella fattispecie non era provato il superamento delle soglie).
4.4. Fermo l’auspicio di un intervento chiarificatore della Suprema Corte, ritiene il Collegio che la pretesa di interessi divenuti usurari sia, nella concreta fattispecie oggetto di giudizio (apertura di credito in conto corrente, con espressa attribuzione alla banca, ex art. 118 TUB, della facoltà di modificare unilateralmente i tassi “qualora sussista un giustificato motivo”) contraria a buona fede e correttezza.
Sussiste in effetti una differenza strutturale tra un contratto di mutuo (fattispecie oggetto della pronunzia della Sezioni Unite) ed un contratto di conto corrente con apertura di credito e facoltà per la banca di variazione unilaterale dei tassi (fattispecie oggetto del presente giudizio).
Si tratta di una differenza strutturale che, come osservato in dottrina, è chiaramente evidenziata dalla nella comunicazione ufficiale del recante “chiarimenti in materia di applicazione della legge antiusura”, nella quale tra l’altro si legge:
“La rilevazione svolta dalla sui tassi effettivi globali medi distingue due tipologie di crediti:
•per i finanziamenti a utilizzo flessibile sono rilevati i TEG praticati nel trimestre per tutti i conti in essere anche se si tratta di contratti stipulati in precedenza.
Le forme tecniche che ricadono in questa fattispecie sono le aperture di credito in conto corrente, gli anticipi su crediti e sconto di portafoglio commerciale, il factoring e il credito revolving.
I TEG applicati per tali operazioni sono sensibili alle variazioni di mercato, fermo restando quanto disposto dalla legge in materia di variazioni contrattuali unilaterali. ha dato indicazione agli intermediari di condurre una verifica trimestrale sul rispetto delle soglie vigenti in ciascun periodo per tutti i finanziamenti di tale tipo in corso;
•per i finanziamenti con un piano di ammortamento predefinito (credito personale, credito finalizzato, leasing, mutui, prestiti contro cessione del quinto e della pensione, altri finanziamenti) viene rilevato il relativo ai nuovi contratti stipulati nel trimestre.
Per questa tipologia di crediti la verifica sul rispetto delle soglie è compiuta solo al momento della stipula del contratto, in cui la misura degli interessi è stabilita”.
Quindi per i finanziamenti a utilizzo flessibile (quali il contratto di conto corrente con apertura di credito per cui è causa) sono rilevati i TEG “praticati nel trimestre.. anche se si tratta di contratti stipulati in precedenza.. sono sensibili alle variazioni di mercato” e gli intermediari hanno, per espressa disposizione dell’autorità di vigilanza, Cont l’obbligo di compiere “una verifica trimestrale sul rispetto delle soglie vigenti in ciascun periodo per tutti i finanziamenti di tale tipo in corso” (sul punto vedi anche la precedente comunicazione del della stessa relativa alle carte di credito revolving nella quale, tra le condotte ritenute illegittime era menzionato “l’addebito alla clientela di interessi e altri oneri complessivamente superiori alla soglia di usura e l’applicazione di interessi di mora con effetti anatocistici, senza che sia intervenuto un blocco automatico da parte delle procedure informatiche dell’intermediario”).
Viceversa, per “finanziamenti con un piano di ammortamento predefinito” (quali i mutui oggetto della pronunzia delle Sezioni Unite) il è quello “relativo ai nuovi contratti stipulati nel trimestre” e la verifica “è compiuta solo al momento della stipula del contratto”, senza alcun obbligo successivo per gli intermediari.
E’ dunque la stessa , quale autorità di vigilanza del settore e soggetto al quale la legge demanda la rilevazione dei tassi di interesse “considerando la classificazione delle operazioni per categorie omogenee, tenuto conto della natura, dell’oggetto, dell’importo, della durata” che, per i “finanziamenti a utilizzo flessibile”, (nei quali l’entità del credito non è predeterminata se non con riferimento all’importo massimo e neppure è esattamente predeterminata la durata del godimento) che sancisce un preciso obbligo, a carico degli intermediari, di adeguamento ai TEG “praticati.. anche se si tratta di contratti stipulati in precedenza” e tale onere del resto, è agevolmente attuabile attraverso procedure informatiche in relazione a quanto indicato nei Decreti Ministeriali pubblicati Gazzetta Ufficiale e disciplinanti il successivo trimestre.
La violazione di tale obbligo, chiaramente sancito dalla stessa , non può non considerarsi come contrario a buona fede a correttezza, nell’ambito di un rapporto che, eccezionalmente rispetto alla disciplina generale dei contratti, attribuisce proprio alla banca la possibilità di modifica unilaterale dei tassi e delle condizioni contrattuali, a fronte di un “giustificato motivo”, che certamente sussiste nel momento in cui emerge, sulla base delle rilevazioni già rese pubbliche, che l’interesse che la controparte dovrebbe corrispondere è divenuto di gran lunga più oneroso di quello comunemente praticato nelle medesime condizioni di tempo e di luogo, eccedente la soglia determinata con normativa imperativa, è del tutto “fuori del mercato” . Cont In tale contesto, esclusa una “nullità sopravvenuta” e l’applicazione delle sanzioni ex 1815 comma secondo c.c. e 644 c.p., la pretesa di continuare ad ottenere interessi eccedenti la soglia usuraria abusando della facoltà unilaterale di modifica contrattuale eccezionalmente attribuita (rifiutandone l’esercizio pur a fronte delle mutate condizioni di mercato quali certificate dai decreti ministeriali) ed in violazione delle prescrizioni della non può trovare riconoscimento e sussistono indubbiamente quelle “particolari modalità o circostanze” (diverse da quelle ravvisabili per i mutui) nella quali, come riconosciuto dalle stesse Sezioni Unite, “anche la pretesa di interessi divenuti superiori al tasso soglia in epoca successiva alla loro pattuizione potrebbe dirsi scorretta ai sensi dell’art. 1375 c.c.”.
4.5.
E’ opportuno sottolineare, come più volte chiarito dai giudici di legittimità, che “il principio di correttezza e buona fede – il quale, secondo la Relazione ministeriale al codice civile, richiama nella sfera del creditore la considerazione dell’interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all’interesse del creditore – deve essere inteso in senso oggettivo in quanto enuncia un dovere di solidarietà, fondato sull’articolo 2 della Costituzione, che, operando come un criterio di reciprocità, esplica la sua rilevanza nell’imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge” e consente “al giudice di intervenire anche in senso modificativo o integrativo sul contenuto del contratto, qualora ciò sia necessario per garantire l’equo contemperamento degli interessi delle parti e prevenire o reprimere l’abuso del diritto” (vedi tra le altre Cass sez. II ,, n.30853).
Del resto la normativa in tema di usura è un esempio tipico di limite imperativo all’autonoma privata e contrasto all’eccessivo squilibrio delle condizioni contrattuali.
Né è di ostacolo al (parziale) accoglimento della domanda di restituzione- rideterminazione del saldo la originaria deduzione, in diritto, di una nullità contrattuale, da escludere per le ragioni già esposte ed enunziate, in termini generali, dalle Sezioni Unite.
Nella fattispecie la parte aveva comunque allegato, in modo espresso e puntuale, l’illegittimità della pretesa della di esigere interessi in quanto superiori al tasso soglia di riferimento per l’usura;
i fatti costitutivi della causa petendi erano dunque puntualmente dedotti, così come il pettitum (non debenza totale o parziale degli interessi sopra soglia).
In generale il giudice del merito è comunque tenuto ad esaminare le domande delle parti avendo “riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante” (vedi Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26159 del , Rv. ; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21087 del , Rv. );
l ‘applicazione del principio “iura novit curia”, di cui all’art. 113, comma 1, cod. proc. civ., comporta poi la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli richiamati dalle parti, fermo il divieto di ultra o extra-petizione di cui all’art. 112 cod. proc. civ., di mutare i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero di attribuire un bene non richiesto o diverso da quello domandato (vedi Cass. , n.8645; Cass n.5832), limiti tutti qui rispettati.
In ogni caso nell’ambito della funzione di riequilibrio, correzione equitativa dell’autonomia contrattuale, a fronte di condotte qualificabili come abuso del diritto e pretesa dal debitore di una prestazione oggettivamente sproporzionata, al giudice deve essere riconosciuto, a tutela di un interesse generale dell’ordinamento, un potere di rilievo ed intervento anche officioso (vedi ad esempio Cass. Sezioni Unite n.18128 : in tema di clausola penale, il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall’art. 1384 c.c. a tutela dell’interesse generale dell’ordinamento, può essere esercitato d’ufficio per ricondurre l’autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela, e ciò sia con riferimento alla penale manifestamente eccessiva, sia con riferimento all’ipotesi in cui la riduzione avvenga perché l’obbligazione principale è stata in parte eseguita”, che in motivazione tra l’altro osserva: “la legge, quindi, nel riconoscere l’autonomia contrattuale delle parti, afferma che essa ha comunque dei limiti.
L’osservanza del rispetto di tali limiti è demandato al giudice, che non può riconoscere il diritto fatto valere, se esso si fonda su un contratto il cui contenuto non sia conforme alla legge ovvero sia diretto a realizzare interessi che non appaiono meritevoli secondo l’ordinamento giuridico.
L’intervento del giudice in tale casi è indubbiamente esercizio di un potere officioso attribuito dalla legge”).
Peraltro l’intervento giudiziale in funzione “riequilibratrice” nella fase attuativa del rapporto, nel caso in esame, è ancorato, delimitato e vincolato, nel suo concreto esercizio, ad un preciso parametro oggettivo, in conformità alla rilevazioni ed alle indicazioni della , autorità alla quale la legge attribuisce non solo poteri generali di vigilanza del settore ma anche precisi compiti di costante rilevamento e verifica dei tassi di interesse, per finalità pubbliche di controllo delle operazioni creditizie, protezione della controparte dell’impresa offerente credito, dotata di minore forza contrattuale.
4.6.
In parziale accoglimento del primo motivo di impugnazione la causa deve quindi essere rimessa sul ruolo, per ricalcolare il saldo del conto corrente ordinario n. 631118.22 procedendo, per i periodi nei quali è stato riscontrato il superamento del tasso soglia nel conto anticipi n. , non ad azzerare gli interessi debitori, ma ad escludere unicamente gli importi eccedenti il tasso soglia, fermo per il resto quanto indicato nella sentenza di primo grado.
5.
Con il secondo motivo (“Error in procedendo per violazione degli artt. 184, 190, 196 c.p.c. per omessa rimessione della causa sul ruolo ed error in iudicando per violazione dell’art. 117 TUB, degli artt. 115 e 116 c.p.c. quanto all’espunzione dal c/c n. 631118.22 degli addebiti a titolo di corrispettivo sull’accordato dal terzo trimestre 2009 ”) parte appellante lamenta che il Tribunale, recependo quanto indicato dal CTU, abbia escluso dal terzo trimestre 2009 al il corrispettivo sull’accordato, deducendo: “con accordo di modifica delle condizioni contrattuali sottoscritto il e depositato sub doc. 17 del fascicolo di costituzione della (cfr. doc. 5) veniva espressamente comunicata e accettata la variazione contrattuale relativa al corrispettivo sull’accordato Il corrispettivo sull’accordato avrebbe, quindi, sostituito la commissione di massimo scoperto a partire dal terzo trimestre 2009 ed è stato applicato nella misura dello 0,50%, come per legge”.
Il motivo è infondato.
L’art. 2 bis del D.L. 185/2008 n. 185 convertito con L. 2/2009 ha sancito la nullità delle “clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, salvo che il corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme sia predeterminato, unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate, con patto scritto non rinnovabile tacitamente, in misura onnicomprensiva e proporzionale all’importo e alla durata dell’affidamento richiesto dal cliente”, il successivo D.L. 78/2019 convertito con L. 102/2009 ha ulteriormente previsto: “l’ammontare del corrispettivo omnicomprensivo di cui al periodo precedente non può comunque superare lo 0,5 per cento, per trimestre, dell’importo dell’affidamento, a pena di nullità”.
Nella fattispecie nell’accordo e depositato sub doc. 17 del fascicolo di costituzione della relativo al c/c 63118.22 (ex c/c 849), come evidenziato da parte appellata, la casella “CORRISPETTIVO SULL’ACCORDATO” non risulta spuntata, e le relative condizioni economiche sono state lasciate in bianco.
Per il periodo dal terzo trimestre 2009 al , l’esclusione dell’addebito è quindi corretta, in assenza di valida pattuizione, posto che la legge indica solo la misura massima del corrispettivo.
6. Spese al definitivo.
la Corte di Appello di Firenze, NON definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, eccezione, istanza e deduzione, sull’appello proposto da nei confronti di avverso l’ordinanza 702 ter c.p.c. del Tribunale di Siena pubblicata il – in parziale accoglimento del primo motivo, dispone la remissione della causa in istruttoria come da separato ordinanza, per il ricalcolo del saldo del conto corrente ordinario escludendo unicamente gli importi eccedenti il tasso soglia;
– rigetta il secondo motivo di appello – spese al definitivo Così deciso nella camera di consiglio del Il Consigliere relatore – estensore Il Presidente Dott NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME Nota La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell’ambito strettamente processuale, è condizionata all’eliminazione di tutti i dati personali in esso contenuti ai sensi dell’art. 52 D. Lgs n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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