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Istanza di protezione internazionale

Il diritto alla formalizzazione della domanda di protezione internazionale prevale sulle difficoltà organizzative degli uffici competenti. L’Amministrazione è tenuta ad adottare misure concrete per garantire la registrazione delle domande in tempi rapidi, in quanto l’interesse del richiedente è da considerarsi urgente e meritevole di tutela.

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Pubblicato il 25 febbraio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 963/2025

TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO Nona Sezione Civile

ORDINANZA_TRIBUNALE_DI_TORINO_ N._R.G._00000963_2025 DEL_14_02_2025 PUBBLICATA_IL_17_02_2025

Nel procedimento cautelare iscritto al n. r.g. 963/2025 promosso da:

difeso dall’Avv. NOME COGNOME RICORRENTE/I contro , in persona del Ministro pro tempore rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino presso la quale è ivi domiciliato in INDIRIZZO

PARTE RESISTENTE

Avente ad oggetto: Ricorso ex art. 669bis e segg. e 700 c.p.c.

FATTO E

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso proposto ai sensi dell’art. 700 c.p.c. ha adito il Tribunale di Torino domandando che fosse ordinato alla Questura di Torino, di provvedere a ricevere e registrare inaudita altera parte l’urgente fissazione di appuntamento, per consentire la formalizzazione della domanda di Protezione Internazionale, e di trasmettere la stessa alla per le valutazioni di competenza.

Ritenuti insussistenti i presupposti per provvedere inaudita altera parte il GD ha fissato udienza di comparizione delle parti.

All’udienza dell’13.2.2025 è comparso il ricorrente che, oltre a confermare le circostanze dedotte nel ricorso, ha fornito ulteriori chiarimenti.

Il ricorrente in sede di udienza ha affermato di essere entrato in Italia in data 13.6.2023 attraverso la frontiera di Torino Caselle.

Il ricorrente ha rappresentato che – nei primi tempi in cui si trovava in Italia – egli aveva intenzione di ottenere un ricongiungimento familiare con la madre, il padre e i due fratelli che già dimorano a Torino.

Egli – a suo dire – non sapeva invece di avere anche la possibilità di fare richiesta di protezione internazionale.

Tant’è che – anche quando fu accompagnato in Questura nel settembre 2023 (quando poi venne decretata l’espulsione del ricorrente dal territorio dello Stato, con provvedimento attualmente sub judice) – egli non fece domanda perché non sapeva di tale possibilità (né, conoscendo poco l’italiano, aveva compreso di tale diritto mentre si trovava in Questura).

Solo in seguito, parlando con un amico, egli seppe del diritto a presentare domanda di protezione internazionale.

Pertanto egli ha riferito di avere provato a formalizzare la domanda di protezione internazionale recandosi più volte al mattino presto presso la Questura di Torino, al fine di presentare la domanda;

più in particolare, egli si sarebbe recato in Questura nel corso delle giornate Mercoledì 16 ottobre 2024 dalle ore 7:30 alle ore 11:30;

Giovedì 17 ottobre 2024 stessa ora;

Martedì 23 ottobre 2024 alle ore 8:00;

Giovedì 31 ottobre alle ore 6:00;

Venerdì 1° novembre 2024 alle ore 7:30.

Il ricorrente non ha saputo chiarire quale fosse il criterio di selezione adottato dagli operatori della Questura per accordare priorità ad alcune persone in coda rispetto ad altre.

In qualche caso gli operatori di pubblica sicurezza hanno fatto capire di accordare priorità alle persone che si trovavano da più tempo in Italia.

A corroborare tale allegazione – resa nell’interrogatorio libero – militano alcuni dati documentali:

il passaporto del ricorrente dal quale emerge la data di ingresso in Italia (doc. 1);

diverse fotografie che ritraggono l’imputato in coda davanti alla Questura (doc. 6);

una PEC inviata dal legale del ricorrente alla Questura, nella quale si sollecita l’amministrazione a consentire al ricorrente di formalizzare la domanda di protezione internazionale (doc. 9).

Che la famiglia del ricorrente dimori regolarmente in Italia è attestato dai documenti da n. 2 a n. 5. Il ricorrente ha altresì rappresentato che egli – in assenza del permesso provvisorio che si rilascia ai richiedenti protezione internazionale – non è in condizioni di poter lavorare (tant’è che – allorquando trova un lavoro – i datori di lavoro, dopo un paio di giorni, lo “lasciano a casa”, non potendo assumerlo regolarmente).

L’amministrazione si è costituita, eccependo il carattere pretestuoso dell’iniziativa del ricorrente:

da un lato, si pone in dubbio che egli voglia chiedere protezione internazionale (per il tempo trascorso dal momento dell’ingresso in Italia a quello di formalizzazione della domanda;

per il fatto che – nel decreto di espulsione che ha colpito l’interessato – si dà atto del fatto che egli avrebbe ricevuto informazioni sul diritto a chiedere protezione internazionale, rinunciando ad avvalersene);

dall’altro lato, si contesta che al ricorrente sia stato impedito di presentare domanda di protezione internazionale, evidenziando tuttavia il fatto che l’enorme flusso di richieste rende impossibile per l’amministrazione dare tempestiva soddisfazione ad esse nella loro integralità (e nonostante il rilevante sforzo organizzativo profuso).

All’udienza del 13.2.2025, le parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni e il Giudice si è riservato.

**-***-**

1.Il Tribunale ritiene che nel caso di specie sussista la giurisdizione dell’AGO, vertendosi in materia di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, e che pertanto in astratto si possa configurare la possibilità di adire il Giudice ai sensi dell’art. 700 cpc, ferma restando la necessità di valutare nel caso specifico la sussistenza dei presupposti consistenti nel fumus boni iuris e nel periculum in mora.

In assenza di istanza, per il ricorrente, non è possibile vedersi riconosciuto il diritto che la sua domanda sia esaminata.

Si ritiene pertanto debba parlarsi di interesse procedimentale come specie del diritto soggettivo proprio per la funzione preliminare ed ineliminabile dell’istanza rispetto all’eventuale riconoscimento del diritto.

Segnatamente siamo in presenza di un interesse al rispetto delle modalità e dei termini dell’azione amministrativa, qui intesa come funzione pubblica di verifica dei presupposti per l’autorizzazione al soggiorno degli stranieri.

La Questura non gode di alcun tipo di discrezionalità amministrativa nella ricezione delle domande di rilascio di permesso di soggiorno, di formalizzazione e registrazione delle stesse.

Trattasi dunque, limitatamente a tale profilo, di attività vincolata nel senso che l’amministrazione non può rifiutare di ricevere la domanda.

2. Ciò premesso e venendo al fumus boni iuris, vale la pena ricordare che oggetto della domanda non è il diritto alla protezione internazionale ma il diritto all’immediata formalizzazione della domanda.

In questa prospettiva si deve osservare che la – pur sintetica – indicazione offerta nel ricorso (la della grave insicurezza in cui versava il Paese di origine, p. 2 del ricorso) e le inequivoche indicazioni Nell’affermare ciò, non si intende entrare nel merito – posto che la valutazione della sussistenza in concreto dei presupposti per accordare protezione internazionale non può che essere formulata all’esito dell’articolata istruttoria amministrativa a ciò dedicata – ma solo operare una preliminare valutazione, volta a verificare se la domanda che il ricorrente intende presentare sia qualificabile come domanda di protezione internazionale. 3.

Va puntualizzato che l’art. 6 co. 1 D.Lgs. 25/2008 prevede che la domanda di Protezione Internazionale è presentata personalmente dal Richiedente, tant’è che i due successivi commi disciplinano i casi in cui, eccezionalmente, si attribuisce ad un altro soggetto tale facoltà (genitore o tutore).

Allo stesso modo, la procedura per l’Istruttoria della domanda di Protezione Internazionale di cui al successivo art. 26 evoca inequivocabilmente la presenza fisica del Richiedente asilo.

4.

Non rileva il fatto che la domanda di protezione internazionale avrebbe potuto essere proposta immediatamente alla Polizia di frontiera, al fine di poter entrare subito nel circuito dell’accoglienza.

Al riguardo, si osserva che il ricorrente è entrato nel territorio italiano in modo del tutto regolare (essendo il Perù tra i Paesi che consentono ai loro cittadini l’ingresso in Italia in esenzione visto) e la legge, pur facoltizzando la presentazione della domanda alla polizia di frontiera, certo non preclude che la stessa possa essere richiesta in un momento successivo, seppure il prima possibile, alla Questura più vicina.

Se, poi, è vero che la domanda dovrebbe essere formalizzata tempestivamente (cioè: immediatamente dopo l’ingresso in Italia), è altrettanto vero che il ritardo nella presentazione della domanda non può essere causa di inammissibilità della domanda stessa.

5.

Nel caso di specie, è da ritenere dimostrato – con il livello di evidenza sufficiente nella valutazione di sussistenza del fumus boni iuris – che il ricorrente abbia ripetutamente provato a formalizzare la propria domanda subito dopo l’ingresso in Italia.

Sul punto si rimanda alla documentazione fotografica e documentale sopra menzionata, del tutto coerente con le dichiarazioni rese dal ricorrente in sede di interrogatorio.

D’altra parte, parte resistente nemmeno lamenta difetti di prova relativamente al fatto che il ricorrente si sia recato più volte presso gli sportelli della Questura di Torino al fine di formalizzare la domanda di protezione.

6.

È dunque da ritenere dimostrato – sempre con il livello di evidenza sufficiente nella valutazione di sussistenza del fumus boni iuris – che il ricorrente abbia tentato di formalizzare la domanda di protezione internazionale subito dopo l’ingresso in Italia, senza riuscirvi.

Nel caso in esame è verosimile che il ricorrente si sia recato personalmente, come indicato nelle Linee Guida, più volte presso gli Uffici della Questura e che tuttavia non è poi riuscito ad essere ricevuta nell’orario di sportello non rientrando nella quota giornalmente ammessa dalla Questura.

Solo dopo questi tentativi è stata reinviata dal legale una richiesta che tuttavia rimaneva priva di riscontro.

7. Pur non riscontrandosi comportamenti dalla PA obiettivamente illegittimi, diretti ad ostacolare ed impedire il dispiegarsi del diritto del ricorrente alla presentazione della domanda di fatto, per stessa ammissione della PA il ricorrente nel caso in esame non è ancora stato posto in grado di poter formalizzare la propria domanda, né si può sapere quando potrebbe farlo.

8. L’amministrazione resistente lamenta che il ricorrente avrebbe potuto e dovuto presentare richiesta di protezione internazionale – ove la stessa fosse genuina – già alla Polizia di Frontiera.

Tale prospettazione non risulta persuasiva.

Quanto alle norme in materia di presentazione della tutti i richiedenti asilo;

tutta la procedura è poi scandita da tempi celeri e certi volti a garantire l’effettività di diritti connessi allo status di richiedente asilo:

l’art.3 del Dlgs. n.25/2008, in attuazione della direttiva 2005/85/CE, stabilisce che “… L’ufficio di polizia di frontiera e la questura sono competenti a ricevere la domanda, secondo quanto previsto dall’art.26”, quest’ultima norma stabilisce che “la questura, ricevuta la domanda di protezione internazionale, redige il verbale delle dichiarazioni del richiedente su appositi modelli predisposti dalla Commissione nazionale” “redatto entro tre giorni lavorativi dalla manifestazione della volontà di chiedere la protezione ovvero entro sei giorni lavorativi nel caso in cui la volontà è manifestata all’Ufficio di polizia di frontiera. I termini sono prorogati di dieci giorni lavorativi in presenza di un elevato numero di domande in conseguenza di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti”.

In altri termini:

la Polizia di frontiera e la Questura (quale Autorità di Pubblica sicurezza) sono indicati dalla legge in termini equivalenti tra loro.

9. Non si trascura che il rilevante flusso di domande pone gli uffici amministrativi in condizioni di difficoltà operativa e chiama gli stessi ad un sacrificio organizzativo e a compiere delicate operazioni di bilanciamento tra interessi di rilievo pubblico, onde garantire al meglio possibile l’interesse pubblico.

È certamente vero che ogni diritto deve essere contemperato con altre esigenze del pari meritevoli di tutela, come ad esempio – solo per citarne uno rilevante nel caso di specie avente ad oggetto la pretesa di una prestazione positiva – il diritto al pari trattamento delle situazioni equivalenti, nella consapevolezza che l’amministrazione gode di discrezionalità per quanto attiene ai criteri di organizzazione interna del lavoro dei preposti uffici, criteri che inevitabilmente tengono conto delle risorse disponibili. Ma anche aderendo a tale prospettiva, si ritiene tuttavia che sussista un diritto alla formalizzazione della domanda.

La materia della protezione internazionale è ontologicamente urgente.

Sussiste pertanto un diritto alla formalizzazione da bilanciarsi con le esigenze dell’amministrazione e degli altri utenti titolari delle medesime situazioni soggettive (che non possono e non devono essere discriminati), entro un termine ragionevole e congruo.

L’amministrazione dunque è tenuta a predisporre i mezzi necessari e un’adeguata organizzazione per registrare la domanda nei tempi fissati dalla legge.

Diversamente, si finirebbe con il compromettere un diritto soggettivo per effetto non di atti provvedimentali, ma con meri comportamenti materiali.

10. Sussiste pertanto nel caso concreto il fumus:

la Corte di Giustizia UE (sentenza NOME COGNOME, C-429/15) ha disposto che in assenza di norme dell’Unione in ordine alle modalità di presentazione delle domande di asilo, spetta allo Stato membro fissarle, garantendo però che dette modalità non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’Unione.

Anche l’art 6, par 6, direttiva 2013/33/UE, recepita nel d.lgs 142/2015, secondo cui gli Stati Membri non devono chiedere documenti inutili o sproporzionati a chi presenta la domanda di protezione internazionale, esplicita ulteriormente l’impegno degli Stati Membri a non ostacolare la presentazione della domanda di asilo 11.Sotto il profilo del periculum in mora, che non può essere implicitamente riconosciuto, presupponendo il positivo riscontro delle situazioni di fatto utili ad integrare il pregiudizio irreparabile imposto dalla norma, si rileva che in merito il ricorrente lamenta che a causa della mancata formalizzazione continua a trovarsi in una condizione di irregolarità e non può avere accesso a diritti costituzionalmente garantiti. Sotto tale profilo, l’Amministrazione resistente non contesta le allegazioni difensive.

142/2015:

“1. Il permesso di soggiorno per richiesta asilo di cui all’articolo 4 consente di svolgere attivita’ lavorativa, trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda, se il procedimento di esame della domanda non e’ concluso ed il ritardo non puo’ essere attribuito al richiedente”).

Per quanto concerne l’ impossibilità di essere sottoposto a cure in assenza della iscrizione al SSN, l’art. 34 D.lgs 286/98 disciplina l’assistenza per gli stranieri iscritti al Servizio sanitario nazionale individuando le categorie per cui vige l’obbligo di iscrizione:

a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento;

b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo, per protezione sussidiaria, per casi speciali, per protezione speciale, per cure mediche ai sensi dell’articolo 19, comma 2, lettera d-bis, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza”.

Si desume pertanto che l’iscrizione al SSN non è consentita per tutti gli altri casi ovvero, per chi si trova in posizione di irregolarità.

Il legislatore ha infatti equiparato alla categoria degli stranieri regolarmente soggiornanti (coloro che sono in possesso di un titolo di soggiorno non scaduto e coloro che ne chiedono il rinnovo, in attesa di riceverlo) anche alcune categorie di stranieri che abbiano solo presentato l’istanza (per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza).

Anche la disciplina della iscrizione anagrafica è da ritenersi strettamente collegata a quella appena esaminata.

L’art. 6 comma 7 del D.lgs 286/98 prevede l’iscrizione anagrafica dello straniero regolarmente soggiornante.

Si è già detto che lo straniero che abbia avanzato domanda di protezione internazionale è da considerarsi regolarmente soggiornante, motivo per cui sotto questo aspetto la doglianza è fondata.

Sussiste poi in concreto il rischio di essere passibile di espulsione;

invero in assenza di una ricevuta che attesti l’avvenuta presentazione della domanda di protezione internazionale ovvero anche solo di appuntamento già all’uopo calendarizzato, rende del tutto concreta la possibilità che egli possa essere attinto da un provvedimento espulsivo.

12.

Per le considerazioni che precedono il ricorso va accolto.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di causa.

Il Tribunale in composizione monocratica;

visto l’art. 700 c.p.c. Accoglie il ricorso e per l’effetto dichiara tenuta la Questura di Torino a ricevere e formalizzare la domanda di protezione internazionale nel termine di giorni 30 giorni dalla ricezione della comunicazione del presente provvedimento.

Nulla in punto spese Si comunichi.

Torino, 14 febbraio 2025

Il Giudice NOME COGNOME

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