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Le prestazioni del socio di società per azioni

Le prestazioni del socio di società per azioni regolate dall’art. L’ampiezza del dettato normativo dimostra che il legislatore ha inteso rimettere al momento costitutivo della società la valutazione circa le conseguenze sullo status di socio derivanti dal detto inadempimento.

Le prestazioni del socio di società per azioni regolate dall’art. 2345 c.c., a carattere accessorio e non rappresentate da conferimenti in danaro, ben possano consistere in attività personali simili a quelle di un prestatore d’opera, sicché la concreta prestazione di attività da parte del socio costituisce adempimento dell’obbligo sociale, anziché svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato tra il socio e la società (Cass. 7 aprile 1987, n. 3402).

E tali prestazioni, che l’atto costitutivo può porre a carico dei soci di società per azioni, costituiscono adempimento di obbligazioni sociali e non di obbligazioni inerenti ad un rapporto contrattuale diverso e distinto da quello sociale, ancorché ad esso collegato.
Sicché, in caso di inadempimento, devono essere sanzionate, per questa inosservanza, secondo le previsioni dell’atto costitutivo, a norma del citato art. 2345 c.c., dovendosi perciò escludere che l’assemblea dei soci possa irrogare all’inadempiente una sanzione diversa da quella prevista (Cass. 8 novembre 2000, n. 14523).

In particolare, l’art.2345 c.c., inserito nel libro quinto, capo quinto, sez. IV, del codice civile, recante la disciplina dei conferimenti nelle società per azioni, sotto la rubrica “prestazioni accessorie” dispone nel primo comma che, oltre l’obbligo dei conferimenti, l’atto costitutivo può stabilire l’obbligo dei soci di eseguire prestazioni accessorie non consistenti in danaro, determinandone il contenuto, la durata, le modalità e il compenso, e stabilendo particolari sanzioni per il caso d’inadempimento.

Il secondo comma aggiunge che le azioni, alle quali è connesso l’obbligo delle prestazioni anzidette, devono essere nominative e non sono trasferibili senza il consenso degli amministratori.

Il terzo comma prescrive che, se non è diversamente disposto dall’atto costitutivo, gli obblighi previsti dalla norma non possono essere modificati senza il consenso di tutti i soci.

Nell’esegesi di tale norma, parte della dottrina ha ritenuto che essa descriva un fenomeno di collegamento negoziale tra il contratto di società e il contratto tra società e socio avente ad oggetto le prestazioni, contratto che può anche essere successivo alla costituzione della società stessa e non figurare nell’atto costitutivo.

La Suprema Corte non ha ritenuto, tuttavia, di dover aderire a tale indirizzo, apparendo preferibile l’orientamento, secondo cui le prestazioni accessorie costituiscono adempimento di obbligazioni sociali e non di un rapporto contrattuale diverso e distinto dal rapporto sociale, anche se a questo collegato.

Ciò per le considerazioni seguenti.

L’art.2345 c.c. si colloca nella disciplina delle società per azioni.

Disposizione analoga è contenuta per le Società a responsabilità limitata nell’art. 2478 c.c..

L’art.2345 c.c. si applica poi anche nelle società cooperative per il richiamo operato dall’art. 2516 del detto codice.

Si tratta, quindi, di un istituto proprio del diritto delle società, in cui è interamente calato e nel quale trova compiuta disciplina.

Questo primo approccio ha immediato riscontro nella stessa natura accessoria delle prestazioni.

Come emerge dal testuale tenore dell’art.2345 c.c., il rapporto di accessorietà si pone con l’obbligo dei conferimenti, che è primario obbligo dei soci, e tale rapporto qualifica come obbligazione sociale anche quella inerente alle prestazioni che, non a caso, secondo la previsione normativa, trovano anch’esse la loro fonte nell’atto costitutivo, onde non si vede perché dovrebbe ipotizzarsi un titolo distinto rappresentato da un contratto tra società e soci.

Si deve osservare, infatti, che, se le prestazioni accessorie hanno tale carattere in relazione ai conferimenti (e la stessa collocazione nell’ambito della disciplina di questi lo conferma), esse non possono non partecipare della qualifica di obbligazione sociale propria di questi.

E’ vero che, per il principio dell’autonomia negoziale, prestazioni accessorie possono trovare la loro fonte anche in un contratto distinto.

Ma, quando la materia è regolata dall’atto costitutivo (o dallo statuto), secondo la previsione dell’art. 2345 c.c., la fonte e la disciplina di quelle prestazioni sono in tale atto, e ciò vale a configurarle come oggetto di obbligazioni sociali, non già di un rapporto contrattuale distinto, del quale non è identificabile la struttura, visto che esso verrebbe a coincidere con il contenuto (sia pure non necessario ma soltanto eventuale) dell’atto costitutivo medesimo.

Nei termini ora detti, è stato infatti ritenuto che le prestazioni del socio di società per azioni di cui all’art. 2345 c.c., a carattere accessorio e non rappresentate da conferimenti in denaro, ben possono consistere in attività personali simili a quelle di un prestatore d’opera, sicché la concreta prestazione di attività da parte del socio costituisce adempimento dell’obbligo sociale, anziché svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato tra il socio e la società (Cass., 7 aprile 1987, n. 3402; Cass., 15 novembre 1971, n. 3259).

L’art. 2345 c.c., invero, demanda all’atto costitutivo di stabilire (tra l’altro) particolari sanzioni per il caso d’inadempimento del socio.

L’ampiezza del dettato normativo dimostra che il legislatore ha inteso rimettere al momento costitutivo della società la valutazione circa le conseguenze sullo status di socio derivanti dal detto inadempimento.

E’ vero che questo può incidere in modo pregnante sulla partecipazione sociale; è pur vero, però, che l’apprezzamento al riguardo va compiuto in modo generale nell’atto costitutivo, nel cui ambito le applicazioni concrete vanno mantenute.

Se l’assemblea potesse discostarsi dalle regole contenute nel patto sociale, applicando anche sanzioni non previste, il disposto dell’art. 2345 c.c. in parte qua resterebbe eluso fino al punto di diventare superfluo, perché sarebbero applicate non già le dette regole bensì le determinazioni adottate di volta in volta dall’assemblea.

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza n. 5316 del 28 febbraio 2024

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