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Codice Civile
Codice Penale

Liberazione da mutuo cointestato e convivenza di fatto

La sentenza ribadisce che l’interruzione di una convivenza di fatto non implica automaticamente un diritto all’indennizzo per la parte che ha contribuito all’acquisto di un immobile intestato all’ex partner. Per ottenere la liberazione da un mutuo cointestato o un indennizzo per arricchimento senza causa, è necessaria la prova di un concreto e attuale impoverimento patrimoniale direttamente correlato all’arricchimento dell’altra parte, nonché l’assenza di una giusta causa. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la mancata disponibilità dell’immobile derivasse dalla rottura del rapporto di convivenza e non dall’erogazione del mutuo.

N.
R.G. 1577/2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI MILANO

SEZIONE PRIMA CIVILE nelle persone dei seguenti magistrati:
NOME COGNOME Presidente NOME COGNOME Consigliere NOME COGNOME Consigliere Relatore ha pronunciato la seguente

SENTENZA N. 3596_2017 N._R.G._00001577_2016 DEL_24_07_2017 PUBBLICATA_IL_02_08_2017

nella causa iscritta al n. r.g. 1577/2016 promossa in grado d’appello (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv. ), con elezione di domicilio in presso e nello studio degli avv. APPELLANTE CONTRO con il patrocinio dell’avv. , con elezione di domicilio in presso e nello studio dell’avv. APPELLATO avente ad oggetto:

Arricchimento senza causa sulle conclusioni:

Per Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, respinta e disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione:
a) annullare la sentenza n. 1083/2015 resa inter partes dal Tribunale di Varese e, in riforma della stessa:
1) condannare il convenuto a far ottenere all’attrice dalla a sua cura e spese, la totale liberazione da ogni obbligazione derivante dal mutuo del , nonché condannare il convenuto a far ottenere all’attrice la cancellazione dei suoi dati da tutte le centrali rischi cui la Banca abbia eventualmente effettuato le relative segnalazioni;
2) condannare il Sig. al risarcimento del danno dall’attrice subito, per ogni mese trascorso da fino a qua2ndo il non provveda ad estromettere la Sig.ra dal mutuo, accollandosene in toto gli oneri e facendo sì che la Sig.ra risulti cancellata dalla tenuta dalla quantificando tale danno nella somma che parrà di giustizia, anche in via equitativa, con rivalutazione e interessi;
3) in via subordinata rispetto alle domande sub a) e b), accertare e dichiarare la ricorrenza dei presupposti ex artt. 2041 e 2042 c.c., e conseguentemente condannare il sig. a pagare all’attrice l’indennizzo ivi previsto, nella misura di Euro 245,00 mensili, per ogni mese trascorso da fino a quando il non provveda ad estromettere la Sig.ra dal mutuo, ovvero nella misura che parrà di giustizia, anche in via equitativa, con rivalutazione e interessi, tenendo conto del fatto che il mutuo scadrà nel lontano 4) ove riproposta in questa sede, respingere la domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto nella comparsa di costituzione e risposta, dichiarandone la nullità e, comunque, l’infondatezza; b) con vittoria di spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizio.

Per Foglio di precisazione conclusioni Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello adita, contrariis rejectis, così giudicare:

In via principale, DICHIARARE inammissibile e comunque rigettare l’appello proposto da avverso la sentenza N. 1083/2015 del Tribunale di Varese in data poiché destituito di fondamento in fatto ed in diritto.
In subordine, Nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda dell’appellante, DICHIARARE compensata la somma di euro 11.760,00 con i maggiori costi sostenuti dal Sig. nel corso della convivenza – nella misura che apparirà di giustizia a esperita istruttoria, anche con valutazione equitativa – e dei quali la sig.ra beneficiato in modo esclusivo.
Con vittoria di spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1.

Con atto di citazione notificato in data , la sig.ra ha convenuto in giudizio il sig. per sentir dichiarare risolto ex art. 1453 c.c. l’accordo intercorso tra i due, nonché il risarcimento del danno subito per effetto del presunto inadempimento contrattuale, quantificato in euro 11.760 o nell’altra somma ritenuta di giustizia.

L’attrice chiedeva, inoltre, la condanna del convenuto a farle ottenere la totale liberazione da ogni obbligazione assunta nei confronti della derivante dal mutuo stipulato in data e, in subordine che, qualora fosse stata accertata l’inesistenza di un negozio tra le parti, venisse dichiarata la sussistenza dei presupposti di cui agli artt. 2041 e 2042 c.c. e che il convenuto fosse condannato a pagare la somma di euro 11.760.

2.
A sostegno della propria domanda, parte attrice ha allegato:
– di aver avuto una relazione sentimentale con il convenuto dal 2003 al , dalla quale aveva tratto origine una convivenza more uxorio, svoltasi per la gran parte presso l’abitazione di , detenuta dalla coppia in locazione;
– che il sig. durante tale periodo, intenzionato ad acquistare un appartamento di nuova costruzione in , si era accordato con l’attrice affinché, dietro cointestazione del mutuo per l’acquisto dell’appartamento, condividessero il godimento dello stesso, intestato in via esclusiva al convenuto;
– che la stipula del contratto di mutuo ipotecario cointestato al 50% per il valore di CHF 250.000,00 (franchi svizzeri), finalizzato all’acquisto dell’appartamento di , e il contestuale contratto di acquisto di detto immobile sono avvenuti in data (docc.
4 e 5 fasc. primo grado) secondo gli accordi presi;
– che subito dopo l’acquisto dell’immobile il sig. interruppe la relazione con la sig.ra senza consentire a quest’ultima l’ingresso nell’abitazione;
– che a causa della sottoscrizione di tale mutuo l’attrice non sarebbe stata più in grado di acquistare una casa di abitazione propria.

3.
Il sig. regolarmente costituitosi in data , ha chiesto il rigetto delle domande attoree e, in via riconvenzionale subordinata, la compensazione della somma di euro 11.760 con i maggiori costi sostenuti dal nel corso della convivenza.

4. Rigettate le istanze istruttorie in quanto ritenute generiche, il Tribunale di primo grado ha rigettato la domanda di parte attrice, condannandola al pagamento delle spese di lite.

5.
Con atto di citazione notificato in data la sig.ra proposto appello avverso la predetta sentenza, per sentirne dichiarare l’annullamento e la riforma.

6.
Il sig. con comparsa di risposta depositata il , si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado.

7. All’udienza del le parti precisavano le proprie conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

8. Le questioni su cui la Corte è chiamata a pronunciarsi sono le seguenti:
– sulla domanda di liberazione delle obbligazioni derivanti dal mutuo;
– sulla domanda di arricchimento senza giusta causa.

Sulla prima questione 9.

Il giudice di primo grado ha così statuito:
“né del resto può essere accolta la domanda di condanna del convenuto a far ottenere la liberazione dalle obbligazioni derivanti dal mutuo, in quanto alcuna norma dell’ordinamento attribuisce tale potere al giudice e tale diritto alla attrice, difettando, pertanto, uno dei presupposti dell’azione.

” 10. L’appellante afferma l’erroneità della sentenza del Tribunale nella parte in cui ha statuito che non sussiste alcuna norma che consenta di ottenere la liberazione dalla cointestazione di un mutuo, sostenendo che in casi analoghi a quello in esame la giurisprudenza avrebbe riconosciuto la sussistenza dei presupposti dell’azione.

L’appellante fa, in particolare, riferimento al caso deciso dalla Corte di Cassazione (Cass. n. 9957/1997) in cui è stata riconosciuta la possibilità per il fideiussore di agire in giudizio contro il debitore principale, il quale fosse inadempiente rispetto all’obbligazione, stabilita con scrittura privata, di sollevare l’attore dalla fideiussione prestata in favore di un terzo, creditore del convenuto, sicché l’attore aveva chiesto e ottenuto la condanna del convenuto (debitore principale) all’adempimento dell’obbligazione assunta nei suoi confronti (liberazione dalla fideiussione prestata).

11.
L’appellato assume l’infondatezza del suddetto motivo di impugnazione, rilevando che il caso allegato da controparte si riferirebbe ad una fattispecie per nulla analoga al caso in esame, in quanto concernente un’obbligazione fideiussoria, solidalmente prestata da due soggetti, nei confronti di un soggetto terzo, ma con la fondamentale differenza che tra il primo soggetto ed il secondo era intervenuta una scrittura privata in cui il primo si obbligava a liberare il secondo, entro un determinato periodo di tempo, dall’obbligazione assunta a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni contratte dal terzo soggetto nei confronti di un istituto di credito. L’appellato afferma, infatti, che nella controversia in esame non vi sarebbe alcuna scrittura privata ( od obbligazione concordata) con la quale le parti avrebbero assunto impegni di liberazione;
inoltre, se la sig.ra non avesse violato il dovere di fedeltà, che si presumeva implicito nel rapporto fra le parti, avrebbe continuato a godere dell’abitazione del sig. sicché non potrebbe imputarsi a quest’ultimo alcun inadempimento.

Opinione della Corte 12.
La Corte ritiene che il presente motivo di appello sia infondato.
La domanda posta dall’appellante, consistente nella richiesta di condanna dell’appellato a farle ottenere la liberazione da ogni obbligazione assunta nei confronti della in forza del contratto di mutuo stipulato in data non può trovare accoglimento, in quanto non è ravvisabile alcun obbligo giuridico in tal senso in capo al sig.

Dall’asserito inadempimento del rispetto all’intesa fra le parti, concretatesi pacificamente nell’accordo alla cointestazione di un mutuo per l’acquisto di un’abitazione di proprietà del sig. e in godimento congiunto tra i due, non può essere desunto un obbligo di facere del sig. consistente nella liberazione da un’obbligazione assunta dalla sig.ra con un terzo soggetto creditore, che non è parte del presente giudizio.

Il precedente giurisprudenziale allegato da parte appellante avvalora, in tal senso, la suddetta valutazione in diritto, in quanto si tratta di un’ipotesi differente dal caso oggetto del presente giudizio, dal momento che in esso sussisteva uno specifico obbligo giuridico, nascente da scrittura privata, che imponeva al debitore principale la liberazione del fideiussore dall’obbligazione assunta nei confronti del terzo creditore.

La richiesta di condanna ad essere liberata dall’obbligazione assunta nei confronti della non trova alcun fondamento nell’accordo stipulato tra le parti, il quale, anche ove avesse natura contrattuale, non potrebbe, in caso di inadempimento, tradursi nella possibilità di ottenere la condanna ad un facere di tipo liberatorio nei confronti della banca, precedentemente non concordato tra i due co-mutuatari.

13.
A fortiori, come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, l’accordo preso tra le parti non è inquadrabile nell’ambito di un rapporto contrattuale, ma va piuttosto sussunto nella categoria delle obbligazioni tra conviventi.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito, sul punto, che le obbligazioni tra conviventi more uxorio rientrano nel quadro delle obbligazioni naturali, in quanto rese nell’adempimento dei doveri di carattere morale e civile di solidarietà e reciproca assistenza posti alla base della famiglia di fatto, salva la possibilità di esperire l’azione di ingiustificato arricchimento nel caso in cui le prestazioni rese da un convivente e convertite (in tutto o in parte) a vantaggio dell’altro esorbitino dagli indicati limiti di proporzionalità e adeguatezza (cfr. Cass. n. 18632/2015; Cass. n. 11330/2009; Cass. n. 3012/1978).

14.
Alla luce delle predette considerazioni, la Corte osserva che non può trovare accoglimento la domanda principale di parte appellante.

15.
La Corte, pertanto, rigetta il primo motivo di appello, confermando la sentenza di primo grado.

Sulla seconda questione 16.
Il Giudice di primo grado ha rigettato la domanda di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c. proposta dall’attrice in via subordinata, rilevando l’insussistenza dei relativi presupposti, ed in particolare che:
– l’attrice non ha fornito la prova di un nesso tra l’arricchimento del sig.
ed il depauperamento della sig.ra – l’attrice non ha fornito la prova dell’impossibilità per la sig.ra accedere a finanziamenti;
– l’attrice non ha fornito adeguate allegazioni e criteri di liquidazione del quantum dell’indennizzo, non potendo quest’ultimo essere parametrato alla mancata percezione dei canoni di locazione che l’attrice appellante non avrebbe pagato se la convivenza fosse continuata;

17.
L’appellante deduce la contraddittorietà della sentenza di primo grado nella parte in cui il giudice ha affermato, da un lato, che la prestazione richiesta all’attrice, consistente nel coobbligarsi per l’acquisto di una casa di proprietà per il convenuto, non era adeguata e proporzionata e quindi riconducibile all’arricchimento senza causa;
dall’altro, ha affermato che l’attrice non avrebbe dato prova del proprio depauperamento.

In particolare, sarebbe errato l’assunto secondo il quale la prova del depauperamento dell’attrice poteva essere data solo mediante documentazione di una banca dalla quale risultasse un rifiuto motivato ed espresso ad una domanda di finanziamento;
al contrario il giudice non avrebbe tenuto conto delle altre prove allegate in atti, rappresentate in particolare dalla visura della centrale rischi della.

Peraltro, lo stesso Tribunale avrebbe accertato che il solo fatto di rendersi coobbligata in un contratto di mutuo per l’acquisto di una casa di proprietà esclusiva del convenuto per ben 25 anni non fosse adeguato e proporzionato in relazione alle condizioni economiche della convenuta;
il che renderebbe provato, per presunzioni, il fatto che per l’attrice dal 2008 sarebbe stato impossibile o comunque assai gravoso avere accesso al credito.

18.
In tal senso l’appellante rileva che risulta evidentemente difficoltoso ottenere un ulteriore finanziamento per chi abbia già ricevuto un credito di oltre 180.000,00 euro, a fronte di un’unica fonte di entrate derivante dal proprio stipendio (circa euro 1.800,00 al mese).

La signora afferma, inoltre, di aver sostenuto spese per godere di altre abitazioni che non avrebbe sostenuto se avesse abitato insieme al sig. presso la casa si , con il timore, peraltro, di essere obbligata dalla Banca a pagare le rate di un mutuo servito per l’acquisto di una casa di cui è proprietario solo In conclusione, l’appellante afferma che il nesso tra la locupletazione del ed il depauperamento della sarebbe rappresentato dal fatto della cointestazione del mutuo, che al genera vantaggi (un più basso tasso di interesse, una valuta più forte, uno stato di indebitamento più leggero di quello che risulterebbe se il mutuo fosse intestato a lui solo) e all’appellante genera non compensati svantaggi (segnalazione alla centrale rischi, impossibilità o quanto meno difficoltà ad accedere ai finanziamenti, esposizione al rischio di pagamento delle rate di mutuo in caso di mancato pagamento delle stesse da parte del

19. Con riguardo alla concreta determinazione dell’indennizzo, l’appellante afferma che, tenuto conto del fatto che la sig.ra non ha mai usufruito dell’immobile acquistato per effetto del mutuo cointestato, essendo la rottura avvenuta prima dell’inizio della convivenza in quell’immobile, si può ragionevolmente ritenere che il depauperamento subito dall’appellante possa essere rapportato al valore del diritto di godimento perduto, pari ad euro 11.760,00 (totale riferito alla metà del valore locatizio dell’immobile, calcolato dal alla presunta data della risoluzione giudiziale).

20.
L’appellato assume l’infondatezza del presente motivo di appello, rilevando che nella fattispecie in esame mancherebbero i presupposti per l’applicazione dell’articolo 2041 c.c..

In tal senso, l’appellante rileva che:
i) la giusta causa sarebbe costituita dal rapporto sentimentale e di convivenza intercorrente tra le parti;
ii) la mancanza di giusta causa non potrebbe in ogni caso sussistere quando lo squilibrio economico in favore di una parte a danno dell’altra si sia verificato con il consenso della parte che si ritiene pregiudicata;
iii) il sig. sostenuto integralmente le spese notarili per l’atto di compravendita e per il contratto di mutuo, del quale ha pagato regolarmente ed interamente le rate, oltre ad aver sostenuto tutte le spese relative all’immobile, senza aver gravato in alcun modo sul patrimonio dell’appellante.

Opinione della Corte 21.
La Corte osserva che anche il presente motivo di appello è infondato.
La Corte rileva che la giurisprudenza di legittimità ha precisato che sono elementi costitutivi della fattispecie di cui all’articolo 2041 c.c. l’arricchimento a favore di un soggetto, il correlato impoverimento subito da un altro soggetto, il nesso di correlazione tra i predetti due requisiti, l’assenza di una giusta causa dell’arricchimento, la mancanza di qualsiasi altra azione in favore dell’impoverito per ottenere la reintegrazione patrimoniale.

La Corte di Cassazione ha, inoltre, chiarito che, ai fini della quantificazione dell’indennizzo, occorre tener conto non di quanto l’autore dell’arricchimento avrebbe percepito ove vi fosse stato un valido ed efficace rapporto negoziale, ma del solo detrimentum concretamente sofferto dall’impoverito, con esclusione del lucro cessante che gli sarebbe derivato se la prestazione fosse stata effettivamente resa in esecuzione di un valido contratto (cfr. Cass. n. 23780/2014).

22.
La Corte rileva che nel caso in esame la domanda di parte appellante non possa trovare accoglimento per mancanza dei presupposti dell’azione di cui all’articolo 2041 c.c..

Più nel dettaglio, occorre evidenziare che ai fini dell’azione di arricchimento non rileva depauperamento potenziale che l’autore dell’arricchimento possa subire, ma l’effettivo ed attuale impoverimento subito, con la conseguenza che non risultano in alcun modo rilevanti le deduzioni di parte appellante circa l’esposizione della sig.ra al rischio del pagamento delle rate di mutuo in caso di mancato pagamento delle stesse da parte del 23.

Risulta infatti agli atti, e non è in alcun modo contestato da parte appellante, che il sig. ha pagato regolarmente ed interamente le singole rate del mutuo cointestato, oltre ad aver sostenuto tutte le spese relative all’immobile, senza aver gravato in alcun modo il patrimonio dell’appellante.

Né, d’altra parte, il depauperamento può consistere nell’impossibilità per la sig.ra usufruire dell’immobile acquisito con il predetto mutuo cointestato e nella necessità di stipulare contratti di locazione per esigenze abitative, dal momento che l’impoverimento, ed il correlato indennizzo, non possono essere relazionati allo svantaggio personale che le è derivato in relazione alla rottura del patto di convivenza intervenuto fra le parti, di carattere strettamente personale e non avente carattere obbligatorio, ma esclusivamente all’impoverimento patrimoniale concretamente sofferto dal depauperato (cfr. Cass. n. 23780/2014).

24.
E’ emblematica in tal senso la circostanza che lo stesso valore indicato dalla parte appellante per la liquidazione dell’indennizzo risulta parametrato al valore del diritto di godimento perduto, essendo riferito alla metà del valore locatizio dell’immobile di cui la sig.ra avrebbe acquisito il godimento in forza degli accordi presi con il sig.

Tale non può essere considerato il pregiudizio subito, posto che l’interruzione di una convivenza di fatto non può direttamente implicare un arricchimento e un impoverimento in tal senso, in mancanza di accordi sul punto, poiché detto evento incide primariamente nella sfera che riguarda la libera determinazione delle parti che instaurano una convivenza di fatto che, come tale, è liberamente scindibile e non soggetta a indennizzi di sorta, in mancanza di preventivi accordi.

Il fatto, poi, che l’appellato si avvantaggi di un mutuo a tasso agevolato non può valutarsi come un vantaggio sproporzionato ricevuto al tempo dell’instaurata convivenza di fatto.

25.
Mancando quindi l’allegazione di un concreto, attuale e rilevante impoverimento dell’appellante correlato in via diretta ed immediata ad un arricchimento effettivo dell’appellato per effetto del mutuo ricevuto a tasso agevolato, in tale contesto di rapporti tra ex conviventi di fatto non può darsi rilevanza ai danni prodottosi in occasione della convivenza interrottasi, trovandosi l’appellante e l’appellata entrambi nella situazione di avvantaggiarsi di una libertà reciproca senza eccessivi ulteriori oneri. Pertanto, posto che il godimento dell’immobile in via esclusiva da parte dell’appellato non è riconducibile all’erogazione del mutuo a un tasso agevolato, ma a un fatto non necessariamente imputabile all’ex convivente, la domanda di parte appellante non può essere accolta, in quanto la mancata disponibilità dell’immobile deriva dalla rottura del rapporto di convivenza e la concessione del mutuo a un tasso agevolato rientrava, tra l’altro, nell’alveo delle obbligazioni naturali che, nel caso concreto, non hanno eccessivamente onerato la convivente.

26.
Un arricchimento rilevante potrebbe emergere solo ove l’appellato cessasse di versare le rate del mutuo di spettanza della ex convivente, accollandole alla medesima con aggiunta di ulteriori oneri, fatto che tuttavia non si è nei fatti verificato.

27.
Alla luce delle predette considerazioni, la Corte rigetta il secondo motivo di appello.

Sulle spese di lite

28.
Stante il principio della soccombenza, le spese del presente grado di giudizio sono poste a carico della parte appellante, , la quale viene condannata a rifondere alla parte appellata, , le spese del secondo grado di giudizio, liquidate secondo le tariffe di cui al D.M. 55/2014 in complessivi € 4.115,00, oltre il raddoppio del contributo unificato.

La Corte d’Appello, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così decide:
Rigetta l’appello proposto dalla sig.ra e, per l’effetto, conferma la sentenza n. 1083/2015 del Tribunale di Varese;

II.
condanna la parte appellante, , a rifondere in favore della parte appellata, , le spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi € 4.115,00, oltre agli accessori fiscali e previdenziali spettanti per legge e raddoppio del contributo unificato.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte,
Il Consigliere relatore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME

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