Repubblica Italiana
In nome del Popolo Italiano
Tribunale Ordinario di Milano Sezione Lavoro
Il Giudice di Milano
quale giudice del lavoro ha pronunciato la seguente
Sentenza n. 2162/2018 pubblicata il 27.07.2018
nella causa promossa da
XXX, con l’Avv.to e con l’Avv.to, elettivamente domiciliato in Milano;
RICORRENTE contro
YYY, con l’Avv.to e con l’Avv.to, elettivamente domiciliato in Roma;
RESISTENTE
OGGETTO: opposizione ordinanza ex L. 92/2012 .
All’udienza di discussione i procuratori delle parti concludevano come in atti.
FATTO E DIRITTO
Con ricorso al Tribunale di Milano, quale Giudice del Lavoro ai sensi dell’art. 1, comma 51, L. 92/2012, depositato in data 145.3.2018, XXX ha convenuto in giudizio YYY proponendo opposizione avverso l’ordinanza resa tra le parti ex art. 1, comma 48, L. 92/2012 avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento intimato a YYY all’esito della procedura per licenziamento collettivo; con vittoria di spese.
Si è costituito in giudizio YYY contestando in fatto e in diritto l’avversario ricorso; con vittoria di spese.
Il ricorso, per i motivi di seguito esposti, non è fondato.
Preliminarmente, tenuto conto che molte delle eccezioni di parte ricorrente si fondano sulle medesime ragioni di cui alla precedente fase introdotta con il nuovo rito sommario della Legge 92/2012, si riportano integralmente le motivazioni dell’ordinanza resa tra le parti ed oggetto di opposizione.
***
[…] Con ricorso al Tribunale di Milano, quale Giudice del Lavoro, ai sensi dell’art. 1, comma 48, L.
92/2012, depositato in data 16.12.2017, YYY ha convenuto in giudizio
XXX per l’accertamento della nullità o illegittimità del licenziamento intimatogli all’esito della procedura ex L. 223/91; con vittoria di spese.
XXX è invece rimasta contumace.
Il ricorso, nei limiti e per i motivi di seguito esposti, è fondato.
***
YYY ha lavorato per XXX dal 18 maggio 2000 al 16 giugno 2017, inizialmente in forza di rapporti a progetto e da ll’1.1.13 assunto con inquadramento quale rilevatore al 7° livello CCNL, svolgendo attività di marketing operativo presso i punti vendita predeterminati e svolgendo a suo dire anche attività di merchandising.
Per quanto di interesse parte ricorrente ha esposto che:
- l’assunzione alle dipendenze di XXX comportava per gli addetti al monitoring il riconoscimento di un compenso inferiore a quando erano inquadrati come collaboratori a progetto in forza delle previsioni del C.C.N.L. all’epoca applicato.
- dopo una serie di proteste e scioperi XXX sottoscriveva in data 9 luglio 2014 un accordo con Filcams Cgil relativo al settore monitoring, finalizzato all’applicazione integrale del contratto nazionale di lavoro del settore terziario a partire dal 31 dicembre 2018 tramite un progressivo superamento delle deroghe al contratto nazionale contenute nell’accordo quadro.
- in data 22/3/16 XXX apriva una procedura di licenziamento collettivo evocando per le ingenti perdite cui sarebbe stata esposta;
- la procedura si chiudeva con accordi di solidarietà e contestualmente accettazione da parte di taluni lavoratori di proseguire rapporto sotto forma di collaborazione.
In data 19/1/17 XXX avviava una seconda procedura di licenziamento collettivo a causa delle significative perdite fatte registrare nel settore rilevamenti – i cui servizi sono forniti in regime di monocommittenza in favore della ZZZ (la ZZZ) – che anche nell’anno 2015 aveva chiuso con una perdita di € 1.861.458,87 determinando un passivo di esercizio di € 858.369,52. Tale dato peraltro risultava confermativo di un trend, posto che negli anni 2013 e 2014 il citato settore aveva conseguito risultati fortemente negativi, con perdite, rispettivamente, di € 936.060,65 ed € 716.525,22 evidenziando, in relazione agli addetti al monitoring, come non fosse più differibile una radicale rivisitazione del modello di business relativo al “Settore Rilevamenti”, sostituendo a quello attuale uno basato sulla esternalizzazione delle attività di Rete.
XXX rappresentava quindi che il personale addetto al “Ril. CC Monitoring”, pari a 20 unità, non prevedeva alcun esubero così come i Ril. Rete IFR” e i “Ril. sede Monitoring”, né gli specialisti ITC rilevamenti e gli addetti ITC Rilevamenti ed escludendo infine esuberi tra i lavoratori addetti al merchandising e gli addetti al monitoring (rilevamento IFR).
A dire del ricorrente il personale amministrativo della sede non veniva licenziato all’esito della procedura mentre i capi area e il personale di coordinamento dei Rilevatori dopo essere stato licenziato veniva assunto dalla società controllata “KKK”; ha altresì allegato che circa 130 dipendenti monitoring con contratto a tempo indeterminato si sono quindi dimessi e sono stati immediatamente riassunti con contratto co.co.co.
*** Tanto premesso, si osserva quanto segue.
Come già sopra accennato, la principale deduzione di parte ricorrente riguarda l’evocata nullità del licenziamento per discriminazione.
La tesi difensiva riguarda il fatto che i lavoratori addetti al monitoring licenziati sarebbero quelli in precedenza organizzatisi sindacalmente per ottenere incrementi retributivi ottenendo poi un accordo di riallineamento.
Ebbene, è opportuno osservare che: La nullità del licenziamento discriminatorio discende direttamente dalla violazione di specifiche norme di diritto interno, quali l’art. 4 della l. n. 604 del 1966, l’art. 15 st.lav. e l’art. 3 della l. n. 108 del 1990, nonché di diritto europeo, quali quelle contenute nella direttiva n. 76/207/CEE sulle discriminazioni di genere, sicché, diversamente dall’ipotesi di licenziamento ritorsivo, non è necessaria la sussistenza di un motivo illecito determinante ex art. 1345 c.c., né la natura discriminatoria può essere esclusa dalla concorrenza di un’altra finalità, pur legittima, quale il motivo economico. (Cass., n. 6575 del 05/04/2016).
Nel caso di specie, ritiene il giudicante che non vi siano allo stato elementi sufficienti per ritenere che la procedura di licenziamento collettivo in commento abbia avuto il dedotto fine di discriminare i lavoratori sindacalizzati.
Deve infatti osservarsi che non vi è prova (di cui certamente era onerato il ricorrente) che tutti i lavoratori interessati dalla procedura di licenziamento (inizialmente indicati in 350 dipendenti) siano (e in che misura) effettivamente tutti quelli coinvolti nelle dinamiche sindacali.
Il dato non è certamente secondario ma avrebbe dovuto essere opportunamente allegato dalla parte.
Non vi sono quindi allo stato del presente procedimento sommario elementi sufficienti e puntualmente allegati dalla parte ricorrente a fondamento della principale doglianza.
***
Parte ricorrente ha inoltre censurato il licenziamento in quanto nullo per ritorsione o rappresaglia.
A tale proposito deve innanzitutto essere ricordato che: Il divieto di licenziamento discriminatorio, sancito dall’art. 4 della legge n. 604 del 1966, dall’art. 15 st.lav. e dall’art. 3 della legge n. 108 del 1990, è suscettibile – in base all’art. 3 Cost. e sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di diritto antidiscriminatorio e antivessatorio, in particolare, nei rapporti di lavoro, a partire dalla introduzione dell’art. 13 nel Trattato CE, da parte del Trattato di Amsterdam del 1997 – di interpretazione estensiva, sicché l’area dei singoli motivi vietati comprende anche il licenziamento per ritorsione o rappresaglia, ossia dell’ingiusta e arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore quale unica ragione del provvedimento espulsivo, essendo necessario, in tali casi, dimostrare, anche per presunzioni, che il recesso sia stato motivato esclusivamente dall’intento ritorsivo (Cass., n. 24648 del 03/12/2015 .
Ebbene, posta tale premessa, si osserva sin d’ora che le ragioni oggettive poste da XXX alla base della procedura di licenziamento collettivo non sono minimamente contestate nel presente giudizio.
In particolare in relazione a quanto dedotto nella lettera di apertura ove si evocava “il perdurare – anche nell’esercizio 2016, da poco conclusosi – di ingentissime perdite nel settore “rilevamenti” – che comprende il reparto “rilevamenti, monitoring – rete” e quello “rilevamenti audit – rete” nonché i rispettivi amministrativi posti a loro supporto distinti in “comandi e controllo” e “sede”. Nel paragrafo dedicato ai motivi che determinano l’eccedenza di personale alla base della presente procedura la società ribadiva “Come ben noto, lo scorso 22 marzo 2016, la società si trovava costretta ad avviare una procedura di licenziamento collettivo per 465 dipendenti determinata dalla necessità di ridurre le significative perdite fatte registrare nel settore rilevamenti – i cui servizi sono forniti in regime di monocommittenza in favore della ZZZ (la ZZZ) – che anche nell’anno 2015 aveva chiuso con una perdita di € 1.861.458,87 determinando un passivo di esercizio di € 858.369,52. Tale dato peraltro risultava confermativo di un trend, posto che negli anni 2013 e 2014 il citato settore aveva conseguito risultati fortemente negativi, con perdite, rispettivamente, di € 936.060,65 ed € 716.525,22”.
Tali circostanze portano a escludere che si possa ravvisare un motivo illecito unico e determinante alla base del licenziamento del ricorrente e pertanto la relativa domanda va respinta.
***
Parte ricorrente ha comunque censurato, per quanto di interesse, la legittimità del licenziamento
per violazione dei criteri di scelta.
A tale riguardo, si osserva che XXX, sempre nella citata lettera di apertura
della procedura di licenziamento del 19.1.17, dava conto della necessità di una rivisitazione del modello di business relativo al “Settore Rilevamenti”, sostituendo a quello attuale uno basato sulla esternalizzazione delle attività di rete.
La società peraltro escludeva dal novero dei possibili esuberi i lavoratori del Ril. CC Monitoring, Ril. Rete IFR, Ril. Sede Monitoring e gli specialisti e adetti ITC Rilevamenti, in quanto non fungibili.
Ebbene, in linea di principio la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che: In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad una singola unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda, la comparazione, al fine di individuare i lavoratori da avviare alla mobilità, può essere limitata – ove sia giustificata dalle ragioni tecnicoproduttive che hanno condotto alla scelta di riduzione del personale – agli addetti delle singole unità produttive interessate alla ristrutturazione, dovendosi intendere come tali ogni articolazione dell’azienda che si caratterizzi per condizioni imprenditoriali di indipendenza tecnica e amministrativa ove si esaurisca per intero il ciclo relativo ad una frazione o ad un momento essenziale dell’attività, con esclusione delle articolazioni aziendali che abbiano funzioni ausiliari o strumentali. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell’anzidetto principio, ha ritenuto giustificata la scelta di limitare il licenziamento ai dipendenti dell’unità che, producendo macchinari non più richiesti dal mercato, veniva chiusa, tanto più che le loro posizioni erano solo apparentemente fungibili rispetto ai dipendenti delle altre unità produttive, tutte distanti a più di duecentocinquanta chilometri) (Cass., n. 13705 del 31/07/2012 ).
Nel caso di specie, si osserva che non si verte nemmeno in tema di unità produttiva bensì di singoli uffici dedicati ad attività di rilevamento, in cui la società, senza che vi sia alcun elemento a supporto, sostanzialmente in maniera autoreferenziale, postula l’infungibilità del personale.
Trattasi di una limitazione della platea dei lavoratori destinatari della procedura di licenziamento collettivo assolutamente illegittima, in linea di principio oltre che in concreto, per difetto di elementi che, fin dalla comunicazione di apertura della procedura, sarebbe stato onere di XXX fornire all’attenzione delle OO.SS.
Ciò ha evidentemente comportato una violazione dei criteri di scelta da parte del datore di lavoro. ***
Il licenziamento per cui è causa deve quindi essere dichiarato illegittimo (ritenendosi per effetto assorbite tutte le ulteriori censure avanzate dalla parte ricorrente), trovando per l’effetto applicazione la tutela di cui all’articolo 5 L. 223/91 ed in particolar modo la previsione del comma 3, a mente del quale, ove, come nel caso di specie, vengano violati i criteri di scelta, deve trovare applicazione il regime di cui al quarto comma dell’articolo 18 Legge 300/70.
Pertanto XXX deve essere condannata alla immediata reintegra di YYY nel posto di lavoro, con lo stesso inquadramento e le medesime mansioni nonché al risarcimento del danno che, a mente dell’art. 18 S.L., ammonta alle retribuzioni (sulla base della retribuzione globale di fatto pari ad € 1.754,53, avendo riguardo alla retribuzione mensile di € 1503,89 calcolata sulle 14 mensilità) dal giorno del licenziamento alla effettiva reintegra, oltre interessi e rivalutazione dal licenziamento al saldo effettivo, nonché a versare i contributi di legge per l’intero periodo di avvenuta interruzione del rapporto di lavoro.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo [..]. ***
Tanto detto, nell’ambito della presente azione, anche alla luce delle difese della società opponente (come visto contumace nella fase sommaria) è stata disposta attività istruttoria; di seguito si riportano i verbali delle testimonianze. ***
Viene introdotto testimone di parte ricorrente che, ammonito, legge la formula di rito e sulle generalità dichiara: Sono *** n…, dipendente della ricorrente, indifferente; interrogato sui capitoli di prova ammessi il teste così risponde: lavoro per la società ricorrente dal marzo 2013, da ultimo in direzione generale, in precedenza nell’area ricerche;
non conosco personalmente YYY;
mi sono interessato della sua attività, in relazione al contatto con il cliente e di organizzazione dei reparti;
YYY era un rilevatore dell’area monitoring della ricerca per il cliente ZZZ;
il rilevamento monitoring consiste nel rilevare sugli scaffali dei supermercati presenza prodotto, prezzo, eventuali promozioni, posizionamento del prodotto, numero di prodotti presenti sullo scaffale, tutte quelle informazioni che rappresentano quantitativamente la presenza del prodotto sugli scaffali, con dati che poi vengono inviati nelle banche date di ZZZ; che io sappia YYY non si occupava d’altro, anche prima che io arrivassi alla direzione generale; il merchandising è un’altra area di business, ha come clienti le industrie, e si occupa del presidio scaffale; l’operatore in questi casi verifica sullo scaffale la presenza dei prodotti, dove devono essere posizionati e con le modalità previste, e nel caso di problemi interagisce con chi nel supermercato ha la relativa responsabilità per ripristinare la situazione, salvo che il supermercato consenta un intervento diretto, nel qual caso l’operatore provvede di persona;
preciso che il merchandiser lavora per più clienti a differenza del monitoring;
il merchandiser, in certi periodi e per taluni clienti si adopera per ottimizzare la presenza del prodotto all’interno del supermercato;
io adesso mi occupo anche della parte commerciale e relazione dei clienti per l’area merchandising; al mio arrivo in azienda nel 2013, venne fatta una sperimentazione che consisteva nel tentativo di ibridare la rete monitoring e merchandising, nell’ottica di inviare una sola persona nello stesso supermercato per svolgere entrambe le attività;
all’epoca ero in altra divisione, non so dire di preciso quindi quando venne attivata la sperimentazione, mi pare comunque dopo l’estate;
la sperimentazione è tuttavia fallita dopo qualche mese;
salvo ora che nell’ambito dei contenziosi, non ho mai avuto contezza di casi di operatori monitoring che abbiano svolto anche attività di merchandising;
preciso che la sperimentazione fallì visto che il rilevatore è terzo rispetto alla realtà dello scaffale mentre il merchandiser deve agire sullo scaffale di concerto col punto vendita, trattasi quindi di lavori diversi; preciso che il rilevatore monitoring fa una fotografia dello scaffale a prescindere che sia o meno preparato correttamente, raccoglie solo i dati quantitativi, mentre il merchandiser entra anche nel merito della qualità; rappresento che da ultimo con le tecnologie che adottiamo facciamo una fotografia dello scaffale. ***
Viene introdotto testimone di parte resistente che, ammonito, legge la formula di rito e sulle generalità dichiara: Sono *** …, attualmente dipendente di Inventa CPM, ho un contenzioso in essere con la società opponente; interrogato sui capitoli di prova ammessi il teste così risponde: ho lavorato per la ricorrente dall’1.4.2009 al 22.5.2017, principalmente come rilevatore prezzi e saltuariamente come merchandiser;
i rilevatori prezzi entrano nel supermercato assegnato muniti di palmare, dove è indicata l’attività da svolgere e la tipologia di marche e prodotti da rilevare;
la rilevazione viene fatta attraverso il codice a barre letto dal palmare;
a quel punto si inseriscono il prezzo, la eventuale promozione e altri dati richiesti a seconda della tipologia di prodotto, ad es, sconti, posizionamento prodotto, quante facciate ha il prodotto e a che altezza è posto, per fornire una fotografia del negozio;
noi rileviamo una mole elevata di prodotti e marche; io lavoravo nella Romagna, Ravenna, Forlì e Cesena;
ho fatto la merchandiser, mi sono occupata di allestimenti per **, **, tra il 2014 e il 2015, e per un anno intero tra il 2015 e il maggio 2016;
mi occupavo della attività di merchandiser dedicato per ** e **, in contemporanea con la attività di monitoring;
l’attività di merchandiser per l’allestimento ** e ** consisteva nella preparazione della testata delle corsie solo con i prodotti del cliente **, mentre per ** ho allestito dei flow stand in un’isola promozionale dedicata;
per ** e ** ero come detto merchandiser dedicato, mi presentavo in negozio con un palmare diverso da quello usato per rilevare, inserivo prezzo, eventuali promozioni, eventuali rotture di stock, e mi rapportavo col capo reparto, al quale mostravo delle brochure di tutti i prodotti dei 2 brand per cercare di fare inserire qualche referenza in più;
in questo caso il palmare trasmetteva direttamente i dati, con il palmare del monitoring dovevo invece spedirli da casa a un server;
l’attività di merchandiser mi venne chiesta dalla mia capo Area **, mi disse che nella zona Romagna erano rimasti scoperti e quindi noi rilevatori doveavmo seguire anche il merchandising, tanto che oltre a me se ne occuparono anche tutti gli altri colleghi della Romagna;
peraltro nel periodo natalizio ci vennero spediti a casa dei Flow stand per ** per allestirli; non ho fatto alcuna formazione per l’attività di merchandising, ricevemmo solo una mail con indicazione di dove andare e dettaglio prodotti, salvo che ci incontrammo con la capo area del merchandising *** che ci disse come usare il palmare;
*** qualche mese prima era stata nostra capo area quando monitoring e merchandising erano stati uniti, questo per 3 o 4 mesi
conosco YYY, ha fatto per molti anni merchandising fino al 2012, poi invece monitoring;
YYY ha fatto anche dopo il 2013 delle attività spot, pur dopo la cessazione della fase di unificazione dei due settori di cui ho detto , di merchandising;
so per certo quanto detto perché facevo parte di un tavolo tecnico per il miglioramento della funzionalità del lavoro, ci trovavamo una volta al mese a discuterne nei tavoli tecnici di cui ho detto, si è parlato anche di merchandising, anche quando avevamo taluni lavoratori che avevano la banca ore in negativo, e avevamo chiesto di integrare le ore in negativo con altre attività, ma questo venne fatto solo in alcune occasioni, come detto io stessa venni destinata a fare attività merchandising;
nell’ambito della procedura di licenziamento cui ho fatto parte, rilevo che si era sempre parlato che i 2 settori fossero fungibili;
quanto al periodo di riunificazione di monitoring e merchandising di cui ho detto, rilevo che l’attività di merchandising è stata da noi svolta anche prima, nell’estate nel 2013 e come detto anche negli anni successivi;
l’attività di merchandsing ci veniva comunicata via mail, poi noi ce ne occupavamo, in loco non c’era nessuno ad assisterci;
è quindi capitato che presso lo stesso punto vendita lo stesso operatore svolgesse attività sia di monitoring che merchandising, non necessariamente nella stessa giornata, è capitato anche a me per **; tengo a precisare che non ricordo se i flow stand mi vennero mandati per Natale o dopo.
***
Viene introdotto testimone di parte ricorrente che, ammonito, legge la formula di rito e sulle generalità dichiara: Sono *** .., dipendente attualmente della **, indifferente; interrogato sui capitoli di prova ammessi il teste così risponde: ho lavorato per la società ricorrente dal maggio 2009 ad agosto 2017, inizialmente coordinavo l’area di Milano, poi responsabile dei coordinatori del personale dell’area 1, all’epoca Piemonte, Lombardia e Liguria; mi sono interessato dell’attività del monitoring, non del merchandising;
il monitoring consisteva nel rilevamento presso i punti vendita della ** principalmente per il cliente ZZZ, sia per prezzi e promozioni, che in relazione al posizionamento del prodotto, dipendeva dalle richieste; il nostro lavoro serviva al cliente finale per capire il corretto posizionamento dei prodotti e confrontarlo con quelli della concorrenza;
io non mi sono mai interessato di merchandising;
conosco YYY, era rilevatore, se non erro per la zona di Milano sud; con me YYY non ha mai lavorato nel merchandising;
ricordo che ci fu un tentativo di unificazione dei 2 settori che non andò in porto, se non erro rimase solo sulla carta, nel 2013; nulla so di casi di lavoratori con banche ore negative, vero però che mi vennero richiesti operatori per attività nel merchandising a livello di posizione e collocamento di materiale promozionale, erano richieste sporadiche, capitavano in determinati momenti per i carichi di lavoro del merchandising, e nel qual caso veniva chiesto a noi un aiuto, non c’era però gestione del cliente;
in questi casi, a seconda del tipo di attività, se c’era solo un rilevamento collegato al merchandising le istruzioni potevano venire me o dal responsabile Lombardia, se c’era da posizionare materiale veniva spedito e l’operatore poteva avere un collega del merchandising come riferimento; non ricordo se YYY venne coinvolto in queste attività; per ** seguo una rete a livello Italia di persone responsabili della qualità per azienda cliente, abbiamo rapporti commerciali con ***, ne siamo consulenti per il controllo qualità; vero che nel 2017 ci sono stati dipendenti della ricorrente che poi hanno continuato a svolgere attività per la società come collaboratori.
***
Viene introdotto testimone di parte resistente che, ammonito, legge la formula di rito e sulle generalità dichiara: Sono ***…, attualmente disoccupata, ho un contenzioso contro la ricorrente a seguito di licenziamento; interrogato sui capitoli di prova ammessi il teste così risponde: ho iniziato a lavorare per la XXX come dipendente dall’1.6.2013, mi sono inizialmente occupata di rilevamento monitoring;
dovevo presidiare i punti vendita della mia zona, munita di palmare collegato al modem, ci collegavamo al server ZZZ e XXX;
in via principale, dovevamo rilevare tutti i prodotti presenti di tutte le categorie merceologiche, il loro prezzo, l’eventuale promozione; dovevamo poi rilevare la tipologia espositiva, spesso anche la location e posizionamento del prodotto, dovevamo rilevare lo spazio occupato dal prodotto, verificare le informazioni relative agli sconti nonché anche quello che vedevamo esposto, anche materiali pubblicitario presente, concorsi, e in generale dovevamo fare una fotografia del posizionamento del prodotto; preciso che eravamo gestiti da una struttura di comando e controllo di cui ho fatto parte, dovevo controllare dei file che contenevano i resoconti dei rilevatori, se c’erano carenze dovevamo mandare gli operatori a fare le retrovisite; ci venivano forniti dei report da controllare, dovevamo svolgere poi attività ad hoc per taluni specifici prodotti, per relazionarne la presenza anche in forma cartacea, certificandone la presenza, tanto che in caso di rottura di stock ci confrontavamo col capo reparto; io quindi facevo anche attività di affiancamento dei neoassunti; noi peraltro facevamo anche attività di interviste e indagini di mercato mi sono occupata anche di merchandising da giugno ad agosto 2013, mi venne dato materiale pubblicitario a casa da posizionare sugli scaffali, ne chiesi conto al mio capo area Santoro che mi disse che noi del monitoring dovevamo dare una mano per ottimizzare i costi;
mi sono recata nei punti vendita assegnati, ricevetti istruzioni cartacee su come posizionare il materiale, ricordo che dovevo posizionare dei collarini sopra il flacone del dash, dei tappetini e delle bandierine per attirare l’attenzione del cliente, in altri punti vendita dovevo collocare dei tappetini nel cui profilo vi era il nome del prodotto;
peraltro mentre facevo il supporto venni a sapere che già prima gli operatori monitoring erano stati usati per necessità anche di carico di lavoro per fare merchandising ricordo di aver istruito *** a Sondrio, nei primi del 2014, venne contattata da **, vice capo area della zona, doveva caricare nei punti vendita dove rilevava, nell’ottica di ottimizzazione per svolgere entrambe le attività;
ricordo poi di un altro rilevatore chiamato per un recupero che mi disse che non poteva occuparsene perché doveva caricare;
questo è capitato anche nel caso di YYY, io ho lavorato con lui anche per una attività di rilevamento spazi per settori e categorie merceologiche; so che YYY entrò in XXX come merchandiser; YYY si è occupato di monitoring ma all’occorenza veniva chiamato per svolgere merchandisign. ***
All’esito dell’istruttoria, si possono trarre le seguenti considerazioni.
In diritto giova innanzitutto richiamare il condiviso orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui:
- In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva, le esigenze di cui all’art. 5, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223, riferite al complesso aziendale, possono costituire criterio esclusivo nella determinazione della platea dei lavoratori da licenziare, purché il datore indichi nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della legge n. 223 citata, sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, ciò al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti. Ne consegue che, qualora, nella comunicazione si faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati sono illegittimi per violazione dell’obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali (Cass., n. 4678 del 09/03/2015);
- In tema di licenziamento collettivo per riduzione del personale, ove la ristrutturazione della azienda interessi una specifica unità produttiva o un settore, la comparazione dei lavoratori per l’individuazione di coloro da avviare a mobilità può essere limitata al personale addetto a quella unità o a quel settore, salvo l’idoneità dei dipendenti del reparto, per il pregresso impiego in altri reparti della azienda, ad occupare le posizioni lavorative dei colleghi a questi ultimi addetti, spettando ai lavoratori l’onere della deduzione e della prova della fungibilità nelle diverse mansioni (Cass., n. 18190 del 16/09/2016);
- In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale. Tuttavia il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti addetti a tale reparto o settore se essi siano idonei – per il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell’azienda – ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti, con la conseguenza che non può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perché impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva considerato legittimo il licenziamento di alcuni lavoratori sulla base dell’esclusivo rilievo della loro adibizione al soppresso reparto manutenzione, senza valutare l’attività pregressa svolta dagli stessi, quali autisti, presso il reparto trasporti) (Cass., n. 203 del 12/01/2015).
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Ebbene, preliminarmente va rilevato che la comunicazione di apertura della procedura di licenziamento collettivo del 19/1/17 si caratterizza per la sua evidente incompletezza.
In particolare, XXX ha inteso (come certamente era sua facoltà) derogare al principio generale scolpito nell’articolo 5, comma 1, L. 223/91 (ovvero, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, coinvolgendo l’intera platea della forza lavoro) limitando solo a taluni settori l’individuazione degli esuberi.
Tuttavia la società, nella medesima comunicazione, nel dare conto della crisi attraversata dal Settore Rilevamenti, ha poi sostanzialmente postulato l’infungibilità e l’assenza di omogeneità tra il personale dei diversi settori (merchandising, promozioni, ricerche e e-commerce), dal che la scelta di non comparare i lavoratori addetti a ciascuno di tali settori.
Nondimeno XXX, in tal modo, ha sostanzialmente privato la procedura di imprescindibili elementi di informazione, che, complessivamente considerati, consentono il dialogo compiuto le organizzazioni sindacali, atteso che: In tema di collocamento in mobilità e licenziamento collettivo, la comunicazione di avvio della procedura ex art. 4, comma 3, della legge 23 luglio 1991, n. 223 rappresenta una cadenza essenziale per la proficua partecipazione alla cogestione della crisi da parte del sindacato e per la trasparenza del processo decisionale del datore di lavoro; ne consegue che il lavoratore è legittimato a far valere l’incompletezza dell’informazione, in quanto la comunicazione rituale e completa della mancanza di alternative ai licenziamenti rappresenta, nell’ambito della procedura, una cadenza legale che, se mancante, risulta ontologicamente impeditiva di una proficua partecipazione alla cogestione della crisi da parte del sindacato (Cass., n. 6959 del 20/03/2013).
Né l’incompletezza delle comunicazioni obbligatorie può ritenersi sanata per effetto di quanto esposto dalla difesa di XXX in sede di costituzione, a pena di vanificare il senso della interlocuzione con le organizzazioni sindacali nell’ambito della procedura in commento.
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Tanto detto, il giudicante è pienamente consapevole che il vizio in commento si colloca in una zona di confine tra quello meramente procedurale e quello invece sostanziale.
Difatti, l’illegittimità in questa sede ravvisata della procedura (ed in particolar modo della comunicazione di avvio e chiusura) cui consegue l’illegittima limitazione della platea dei lavoratori da individuare quali esuberi, in linea di principio si ripercuote negativamente anche sull’applicazione dei criteri di scelta, vizio che, come noto, secondo le previsioni dell’articolo 5 L. 223 cit. comporta il diritto alla reintegrazione secondo le previsioni dell’articolo 18 L. 300/70.
Nondimeno, è stata, come sopra visto, disposta anche attività istruttoria, al fine di fugare ogni possibile dubbio sulla disciplina applicabile al caso di specie.
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Ebbene, avendo riguardo all’istruttoria, deve osservarsi che tutti i testi, anche quelli di parte opponente, hanno reso un quadro sostanzialmente omogeneo, concorde e circostanziato della situazione in essere presso la società opponente .
In particolare, è emerso che taluni operatori addetti al settore rilevamento venivano destinati a svolgere attività di merchandising, seppur sporadicamente, per effetto della necessità di coadiuvare tale settore nel caso di significativi carichi di lavoro ovvero per recuperare la banca ore negative.
In altri casi, degli operatori svolgevano non già saltuariamente ma in maniera continuativa, contestualmente al permanere nell’attività di rilevamento, attività di merchandising.
È giusto il caso di osservare che in nessuna di tali ipotesi veniva svolta un’attività di formazione se non limitatamente all’utilizzo del palmare.
Contrariamente a quanto dedotto dalla società, inoltre, l’attività di merchandising svolta dagli operatori del rilevamento non ha coinciso con il breve periodo di unificazione dei due settori (sperimentalmente provato per qualche mese e poi abbandonato).
Al contrario, sia prima che successivamente, si verificavano casi quali quelli sopra
descritti.
Inoltre, l’odierno opposto iniziava la propria esperienza lavorativa quale operatore del merchandising e solo successivamente diveniva operatore di rilevamento, pur rimanendo nello svolgimento delle altre attività, seppur in maniera saltuaria; questo anche dopo il periodo di sperimentazione del 2013 cui si verificavano i due settori per alcuni mesi (come riferito dai testi di parte resistente *** e ***).
Di ciò ha reso conto anche il teste di parte ricorrente ***, all’epoca responsabile dei coordinatori del personale dell’area 1, che ha confermato che nel tempo gli erano stati richiesti operatori del monitoring per svolgere attività nel merchandising a livello di posizione e collocamento di materiale promozionale, benché per attività sporadiche ma senza dubbio così come eccepito dal odierno opposto anche per equilibrare i carichi di lavoro del merchandising.
L’unico teste che nulla ha saputo riferire a riguardo, ovvero il teste di parte opponente ***, si è limitato a riferire di non avere contezza di casi di fungibilità delle mansioni, senza peraltro escluderlo e tenuto conto in ogni caso di quanto invece emerso dall’esame degli altri testimoni.
***
Ebbene, l’istruttoria sopra richiamata ha senza dubbio confortato quanto allegato dalla difesa di YYY circa l’assoluta permeabilità dei settori merchandising e rilevamento monitoring, senza necessità di una particolare formazione se non quella squisitamente tecnica relativa alla strumentazione da utilizzare.
Con ciò viene quindi innegabilmente confutata la tesi difensiva della società circa l’infungibilità delle mansioni richiamata in occasione della procedura di licenziamento.
In tale quadro si inserisce l’accordo formalizzato tra la stessa XXX e le organizzazioni sindacali in occasione dell’accordo del 12/6/13 per il recupero della produzione e per le salvaguardie occupazionali, innovazioni organizzative e innovazioni normative, ove la società si impegnava formalmente a realizzare il proprio processo di riorganizzazione salvaguardando i posti di lavoro e saturando, ove possibile, i tempi recuperati con altre attività (ivi compreso il merchandising).
***
Per quanto detto, nel contesto sopra descritto, la scelta aziendale di limitare ad una specifica platea dei lavoratori il licenziamento collettivo si palesa come evidentemente illegittima, sia nella forma (per quanto già detto ai paragrafi precedenti) che nella sostanza per effetto del raggiungimento di una prova piena, nel presente giudizio, della fungibilità delle mansioni di tutti i settori aziendali, non solamente astratta bensì in concreto.
Né valga invocare il diverso livello di inquadramento dei dipendenti dei vari settori, non tanto perché in via di principio non potesse assumere rilevanza, ma in quanto, nel presente giudizio, l’illegittima restrizione dei settori interessati dalla procedura di licenziamento collettivo rende illegittimo il licenziamento di tutti i ricorrenti per violazione dei criteri di scelta, senza che possano essere individuati criteri di scelta differenti o alternativi, che postulano una legittimità della procedura che in questa sede è stata esclusa.
Tantomeno può assumere rilevanza nel presente giudizio in che misura quantitativa YYY si sia dedicato anche alla attività di merchandising (che, peraltro, per quanto visto, aveva senza dubbio svolto fin dall’inizio del suo rapporto con la società opponente).
Trattasi, difatti, di rilievo che semmai avrebbe potuto assumere valenza quale criterio di scelta secondo le previsioni dell’articolo 5, comma 2 L. 223.
***
Per quanto detto, non si può che confermare l’illegittimità del licenziamento dell’odierno opposto e confermare pertanto anche l’ordinanza in questa sede impugnata.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
PQM
definitivamente pronunciando, respinge l’opposizione; condanna parte opponente a rimborsare alla parte opposta le spese di lite che liquida complessivi € 4000,00 oltre spese generali e accessori di legge. Milano, 27.7.2018
Il Giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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