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Licenziamento e condotte extra lavorative integranti illecito penale

Condotte extra lavorative integranti illecito penale tenute prima dell’instaurazione del rapporto lavorativo, licenziamento per giusta causa In tanto può aversi una responsabilità disciplinare, in quanto si tratti di una condotta posta in essere mentre il rapporto di lavoro è in corso (quantunque non necessariamente in connessione con le mansioni espletate).

Pubblicato il 20 April 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Condotte extra lavorative integranti illecito penale tenute prima dell’instaurazione del rapporto lavorativo, licenziamento per giusta causa

In tanto può aversi una responsabilità disciplinare, in quanto si tratti di una condotta posta in essere mentre il rapporto di lavoro è in corso (quantunque non necessariamente in connessione con le mansioni espletate).

Diversamente, non si configura neppure un obbligo di diligenza e/o di fedeltà ex artt. 2104 e 2105 c.c. e, quindi, una sua ipotetica violazione, l’unica che possa dare luogo ex art. 2106 c.c. a responsabilità disciplinare.

Anche là dove i contratti collettivi inseriscano nel novero degli illeciti disciplinari, puramente e semplicemente, l’avere il lavoratore riportato condanna penale per determinati fatti-reato non connessi con lo svolgimento del rapporto di lavoro, nondimeno tali previsioni possono definirsi stricto sensu come disciplinari soltanto ove la condotta criminosa e la condanna abbiano avuto luogo durante il rapporto medesimo.

Tuttavia, ciò non significa che condotte costituenti reato non possano integrare giusta causa di licenziamento pur essendo state realizzate a rapporto lavorativo non ancora in corso e non in connessione con esso.

E noto, infatti, che per giusta causa ai sensi degli artt. 2119 c.c. e 1 legge n. 604 del ’66 non si intende unicamente la condotta ontologicamente disciplinare, ma anche quella che, pur non essendo stata posta in essere in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro e magari si sia verificata anteriormente ad esso, nondimeno si riveli ugualmente incompatibile con il permanere di quel vincolo fiduciario che lo caratterizza e sempre che sia stata giudicata con sentenza di condanna irrevocabile intervenuta a rapporto ormai in atto.

Avuto specifico riguardo all’ipotesi che la condotta criminosa sia stata realizzata prima dell’instaurazione del rapporto di lavoro (Cass. n. 24259/2016), il giudice dovrà direttamente valutare se la condotta extralavorativa sia di per sé incompatibile con l’essenziale elemento fiduciario proprio del rapporto di lavoro, osservando il seguente principio di diritto:

“Condotte costituenti reato possono – anche a prescindere da apposita previsione contrattuale in tal senso – integrare giusta causa di licenziamento sebbene realizzate prima dell’instaurarsi del rapporto di lavoro, purché siano state giudicate con sentenza di condanna irrevocabile intervenuta a rapporto ormai in atto e si rivelino – attraverso una verifica giurisdizionale da effettuarsi sia in astratto sia in concreto – incompatibili con il permanere di quel vincolo fiduciario che lo caratterizza”.

Nel caso esaminato, i fatti addebitati non solo erano assai risalenti nel tempo (in quanto commessi tra il 1989 e il 1994), ma la stessa irrevocabilità della sentenza di condanna era precedente (2009) alla instaurazione del rapporto di lavoro.

Inoltre, la sentenza impugnata non mancava di evidenziare come la “condanna, pur essendo teoricamente infamante, non aveva però inciso sul rapporto di lavoro in atto, né messo in pericolo il corretto adempimento delle prestazioni future, né compromesso l’affidamento del datore di lavoro sui futuri adempimenti”, anche in considerazione del rilievo che il ricorrente, come autista dei mezzi adoperati per la raccolta dei rifiuti, non aveva – secondo la Corte territoriale – “né potere gerarchico su altri soggetti, così da immaginare un potere di influenzare altri soggetti, né potere decisionale nell’ambito della società, così da poter intravedere un rischio di infiltrazioni mafiose nella società, tanto più che i fatti erano stati commessi oltre vent’anni fa e non risultava che costui continuasse a perpetuare il reato o comunque assumere atteggiamenti mafiosi o ancora sia sottoposto alla sorveglianza speciale, sì da ritenere che sussistesse una pericolosità sociale attuale dello stesso”.

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza n. 4458 del 20 febbraio 2024

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