N. 6955/24 R.G.L.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE LAVORO in composizione monocratica e in funzione di Giudice del Lavoro, in persona della dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._4935_2024_- N._R.G._00006955_2024 DEL_05_01_2025 PUBBLICATA_IL_06_11_2024
nella controversia di primo grado promossa (C.F. con l’Avv. COGNOME e l’Avv. COGNOME del Foro di Torre Annunziata, elettivamente domiciliata presso lo Studio dell’Avv. COGNOME in Napoli, INDIRIZZO – RICORRENTE – contro P.IVA con l’Avv. COGNOME, l’Avv. COGNOME e l’Avv. COGNOME del Foro di Milano, elettivamente domiciliata presso lo Studio dei difensori in Milano, INDIRIZZO – RESISTENTE – Oggetto: licenziamento per giusta causa All’udienza di discussione i procuratori concludevano come in atti.
FATTO con ricorso depositato il 3 giugno 2024, conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Milano – Sezione Lavoro – per sentir accogliere le seguenti conclusioni:
“1)
in via principale, accertare, ritenere e dichiarare l’illegittimità e nullità del licenziamento intimato alla ricorrente dalla resistente (C.F. e P.IVA ) in persona del legale rapp.te pro tempore, con sede legale in Milano alla INDIRIZZO per insussistenza del fatto contestato e/o mancanza della giusta causa e/o per tutte le ragioni dedotte in fatto e in diritto, e per l’effetto annullare il licenziamento intimato e ordinare alla società convenuta di reintegrare la ricorrente nel posto di lavoro, con condanna altresì della resistente al risarcimento del danno subito dalla ricorrente per il licenziamento, e stabilendo in tal caso un’indennità commisurata all’ultima licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegra, ed in ogni caso in misura non eccedente le 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per tutto il periodo intercorrente tra la data di licenziamento e la reintegrazione; 2) in subordine, qualora l’On.le Giudicante ritenesse non ricorrere nel caso di specie i presupposti di accoglimento della domanda principale, dichiarare la illegittimità del licenziamento per mancanza di tempestività della contestazione degli addebiti mossi nei confronti della ricorrente, con applicazione della tutela “risarcitoria forte” e, previa dichiarazione di risoluzione del rapporto di lavoro alla data di licenziamento, condannare la resistente al pagamento in favore della ricorrente di un risarcimento /indennità compreso tra un minimo di 12 mensilità ed un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto pari ad € 3.414,25; 3) in ulteriore subordine, laddove ritenute non accoglibili la domanda principale e la prima subordinata, dichiarare la illegittimità del licenziamento per violazione formale con applicazione della c.d. “tutela risarcitoria debole” e, previa dichiarazione di risoluzione del rapporto di lavoro alla data di licenziamento, condannare la resistente al pagamento in favore della ricorrente di un risarcimento /indennità compreso tra un minimo di 6 mensilità ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto pari ad € 3.414,25”. Con vittoria delle spese di lite, da distrarsi in favore dei procuratori che si dichiaravano antistatari.
Si costituiva ritualmente in giudizio eccependo l’infondatezza in fatto e in diritto delle domande di cui al ricorso e chiedendo il rigetto delle avversarie pretese;
in particolare, la convenuta domandava:
“A) Accertare e dichiarare inammissibile e/o improcedibile il ricorso proposto dalla sig.ra contro il B) In ogni caso, rigettare l’avversario ricorso e tutte le domande ed istanze proposte dalla sig.ra contro il in quanto infondate in fatto e diritto”.
Con vittoria delle spese di lite.
Esperito inutilmente il tentativo di conciliazione, assunte le prove e ritenuta la causa matura per la decisione, all’udienza del 6 novembre 2024, il Giudice decideva come da dispositivo pubblicamente letto, riservando il deposito della motivazione a 60 giorni, ai sensi dell’art. 429 c.p.c. così come modificato dalla Legge 133/2008.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Pacifico in giudizio, e comunque documentale, – assunta in data 5 novembre ha prestato la propria attività lavorativa in favore di a seguito di una serie di operazioni societarie (cfr. doc. 1, fascicolo ricorrente), dall’1 gennaio 2017 al 24 luglio 2023 (cfr. doc. 13, fascicolo ricorrente).
Sino al 27 giugno 2021, la ricorrente – ormai inquadrata nella III Area, Livello 4, C.C.N.L. ABI, quale Gestore Personal – ha svolto la propria attività lavorativa presso la Filiale di Fanano (MO), ove operava già dal 28 settembre 2012, con il compito di offrire consulenza e assistenza alla Clientela dell’Istituto Bancario, nonché di “svolgere le attività transazionali connesse all’attività della clientela gestita” (cfr. doc. 1, fascicolo resistente).
1.1.
Con lettera del 6 aprile 2023, a seguito di sospensione cautelare pacificamente disposta in data 6 dicembre 2022, la convenuta ha contestato all’odierna ricorrente quanto segue:
“Nel mese di novembre 2022 la struttura Audit riceveva, dai Controlli D.T. Emilia-Adriatica, la segnalazione di movimentazione anomala afferente ai rapporti intestati al Cliente Stante quanto precede venivano avviate le opportune indagini a valere sui rapporti bancari del detto Cliente, classe 1927, peraltro deceduto a luglio del 2021, in essere presso la Filiale di Fanano, ove Lei (matricola CODICE_FISCALE) ha operato, dal 28 settembre 2012 al 27 giugno 2021, in qualità di Gestore Personal.
Nell’ambito delle verifiche ispettive Lei è stata sentita dagli auditors in data 6 dicembre 2022:
con lettera consegnata in pari data la scrivente ha disposto la Sua sospensione cautelare.
Le indagini in parola – che da ultimo si sono concluse – hanno, fra l’altro, consentito di accertare una serie di condotte indebite e di malversazioni a danno di almeno tre Clienti anziani (ora tutti deceduti), da Lei poste in essere e/o a Lei ascrivibili.
Tali malversazioni sono state da Lei realizzate con vari artifizi contabili, in massima parte, attraverso addebiti eseguiti sui conti della detta Clientela e contestuale indebito utilizzo delle somme rinvenienti, a beneficio di terzi, in prevalenza, facenti parte del Suo nucleo famigliare.
Un cospicuo importo frutto delle malversazioni (circa euro 127.000,00) è infatti indebitamente confluito sul conto corrente intestato a NOME , recentemente deceduta), sul quale Lei – significativamente – era peraltro facoltizzata ad operare in qualità di delegata.
Ciò posto, di seguito passiamo a dire delle singole condotte che, ai sensi di legge (art. 7 Stat. Lav.) e di contratto, Le vengono formalmente contestate.
A) Operatività Indebita posta in essere ai danni del Client Al. Importo di euro 1.360,00 di pertinenza del Cliente indebitamente accreditato – in data 26 luglio 2016 – sul c/c intestato a Sua zia in data 25 luglio 2016 Lei, senza alcuna apparente giustificazione e/o ragione di servizio apponeva un “blocco” sul c/c n. 3403 del Cliente per effetto del detto blocco, l’accredito di una cedola sul c/c (per complessivi euro 1.360.00) di pertinenza del Cliente (ed afferente al deposito titoli 412939) non si perfezionava:
l’importo in parola confluiva e veniva infatti appostato sulla partita contabile “c/vari n. CODICE_FISCALE”;
in data 26 luglio 2016 Lei effettuava lo scarico di euro 1.360,00 dalla partita contabile c/vari n. CODICE_FISCALE e, nel contempo – in difetto di qualsivoglia motivazione e/o disposizione proveniente dal Cliente – accreditava detto importo sul c/c intestato a Sua zia conclusa la suddetta operazione rimoveva il blocco che Lei stessa aveva apposto sul c/c del Cliente A2.
Importo di euro 1.800,00 di pertinenza del Cliente indebitamente utilizzato – in data 15 dicembre 2016 – in parte per pagare un “modello F24” intestato a Suo padre (NOME COGNOME) e. per la parte residua, per accreditare il c/c intestato ad alle 15:26, Lei dava luogo al prelievo di euro 1.800,00 a valere sul libretto di deposito a risparmio n. NUMERO_DOCUMENTO del sig. alle ore 15:28 Lei dava luogo alla chiusura manuale quadro contabile con transazione QCA (Quadro Cassa Avere);
alle 15:50, Lei dava luogo al pagamento dell’F24 (tributo IMU di pertinenza di Suo padre NOME COGNOME) di 1.048,00 euro, quadrando con QCD (Quado Cassa Dare);
alle 15:54 Lei caricava due partite a conti vari di 750,00 euro (causale “per cassa 2”) e 2,00 euro (causale “per differenza cc”), quadrando ancora manualmente con QCD;
alle 16:34 la partita a conti vari di 750,00 euro veniva da Lei scaricata (transazione CCVA) accreditando il c/c 420/3413 di Sua zia con causale “bonifico”.
In sostanza, come sopra precisato, l’importo di euro 1.800,00 prelevato dal deposito a risparmio del Cliente è stato da Lei utilizzato per pagare un F24 di euro 1.048,00 intestato a suo padre NOME COGNOME e per accreditare di euro 750,00 il conto corrente intestato a Sua zia, sul quale Lei stessa era delegata ad operare e con l’uscita di moneta per € 2,00.
Aggiungiamo inoltre che non risulta alcun giustificativo per il pagamento del detto modello F24 e per l’accredito sul c/c di Sua zia A3.
Importo di euro 6.004,50 di pertinenza del Cliente indebitamente utilizzato – in data 2 gennaio 2017 – per l’emissione di due assegni circolari di euro 3.000,00 ciascuno, oltre euro 4,50 di commissioni, con beneficiaria la Società RAGIONE_SOCIALE interamente posseduta dai Suoi due fratelli alle 13:38, Lei dava luogo al prelievo di euro 3.004,50 a valere sul libretto di deposito a risparmio n. NUMERO_DOCUMENTO del sig. sempre alle 13:38, Lei dava luogo ad un ulteriore prelievo di euro 3.000,00 a valere sul libretto di deposito a risparmio n. NUMERO_DOCUMENTO del sig. i due prelievi citati venivano da Lei contabilmente pareggiati con l’emissione di due assegni circolari da euro 3.000.00 ciascuno (successivamente negoziati presso ), oltre euro 4,50. In sostanza, gli importi per complessivi euro 6.004,50 da Lei prelevati dal deposito a risparmio del Cliente sono stati utilizzati per creare la provvista di due assegni circolari (di euro 3.000.00 ciascuno) con beneficiario la Società RAGIONE_SOCIALE posseduta dai Suoi due fratelli.
Con riferimento a dette operazioni, soggiungiamo che non risulta l’esistenza di alcuna formale richiesta per l’emissione dei due assegni, e in relazione alle due operazioni Lei ha indicato in procedura quale “presentatore”, altro Cliente della Banca e cioè il sig. NOMECOGNOME
Importo di euro 29.000,00 di pertinenza del Cliente indebitamente confluito – in data 30 gennaio 2017 – sul c/c intestato a Sua zia e successivamente, in parte, utilizzato per trarre due assegni (per complessivi euro 28.700,00) a favore della RAGIONE_SOCIALESocietà posseduta dai Suoi fratelli) a Sua ( firma, in qualità di delegata:
alle 15:24, Lei addebitava euro 29.000,00 il c/c del Cliente con causale alle 15:29, Lei accantonava detto importo in conti vari (transazione CARV, partita 420103599, codice controparte descrizione “per giro conto”);
alle 15:30, Lei dava luogo allo scarico immediato della predetta partita a conti vari accreditando il c/c 420/3413 causale “bonifico”, nessuna descrizione;
l’accredito sul c/c NUMERO_DOCUMENTOCODICE_FISCALE è stato poi utilizzato per trarre due assegni a favore della RAGIONE_SOCIALE di 8.700,00 euro e 20.000,00 euro a Sua firma.
Con riferimento a dette operazioni, unita alla contabile del prelevamento non firmata, è stata rinvenuta una disposizione (distinta), anche questa non firmata, compilata a mano con grafia non riconducibile al Cliente riportante, fra l’altro, l’indicazione del tipo operazione “giroconto” e conto di accredito 3413.
A5.
Importo di euro 8.000,00 di pertinenza del Cliente indebitamente utilizzato – in data 4 luglio 2017 – per l’emissione di due assegni circolari (di euro 4.000,00 ciascuno) con beneficiaria la Società RAGIONE_SOCIALE interamente posseduta dai Suoi due fratelli alle ore 12:54, Lei ha emesso due assegni circolari, numeri NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA, ordinante RAGIONE_SOCIALE beneficiario RAGIONE_SOCIALE;
alle ore 12:54, pareggio dell’operazione mediante appostazione a conti vari della partita 420103811 di 8.000,00 euro (transazione CARV), anagrafica controparte descrizione “Sottoscrizione”;
alle ore 12:57, Lei scaricava la predetta partita (transazione CCVA) mediante addebito sul c/c 3403 con causale “830 – sott.ne RAGIONE_SOCIALE comuni/titoli”, nessuna descrizione;
con riferimento a dette operazioni, non sono state rintracciate né la contabile di addebito né la richiesta degli assegni circolari.
A6.
Importo di euro 336,00 di pertinenza del Cliente indebitamente utilizzato – in data 4 ottobre 2017 – per il pagamento di un MAV di Sua zia alle ore 14:29 Lei, fra l’altro, addebitava sul c/c del Cliente un bollettino MAV (n. NUMERO_DOCUMENTO) di 336.00 euro;
detto bollettino riporta come creditore l’INPS e come debitore zia Con riferimento a tale operazione, non è stata rintracciata la contabile di addebito.
A7.
Importo di euro 9.000,00 di pertinenza del Cliente indebitamente confluito – in data 29 giugno 2018 – sul c/c intestato a NOME alle ore 14:04 Lei eseguiva un prelievo – a valere sul deposito a risparmio del Cliente – di euro 9.000,00 e, in stretta sequenza, registrava un accredito di pari importo sul c/c NUMERO_DOCUMENTO intestato a NOME con causale 786-versamento altra operazione, nessuna descrizione.
Con riferimento a tale operazione, non sono stati rintracciati giustificativi contabili né per il prelievo né per l’accredito in c/c.
Nel pomeriggio dello stesso 29 giugno 2018 risulta effettuato, con addebito al conto di un bonifico di 4.000,00 euro a favore del c/c 420NUMERO_DOCUMENTO cointestato ai Suoi fratelli e uno di 5.000.00 euro a favore del c/c NUMERO_DOCUMENTO cointestato ai Suoi genitori (NOME COGNOME e con descrizioni “Restituzione anticipi/Restituzione”.
Queste due ultime disposizioni risultano firmate in modalità grafometrica da Lei personalmente.
A8.
Somme di pertinenza del Cliente (per complessivi euro 87.553,05) indebitamente confluite – nel periodo 10 marzo/10 ottobre 2016 – sul c/c intestato a NOME nell’arco temporale 10 marzo 2016 -10 ottobre 2016 da RAGIONE_SOCIALE e da pervenivano presso la Filiale di Fanano i 5 bonifici di cui al doc. 1 (facente parte integrante della seguente lettera di contestazione) per riscatto di polizze assicurative;
tali bonifici per complessivi euro 87.553,05, riportano come beneficiario il Cliente ma presentavano e presentano indicazione di IBAN corrispondente al conto di Sua zia ( i primi due bonifici, rispettivamente di euro 9.485,86 ed euro 24.451,99, disposti da RAGIONE_SOCIALE, pervenivano il 10 marzo 2016 e venivano tuttavia “scartati” a conti vari in quanto il conto beneficiario (quello di era stato da Lei bloccato fin dal 15 febbraio 2016 con la seguente motivazione “avvisare quando arriva svincolo polizza”;
all’arrivo dei bonifici Lei provvedeva a rimuovere il blocco del conto e in data 11 marzo 2016 si realizzava l’accredito sul conto di e l’azzeramento in contropartita delle poste a conti vari;
i restanti tre bonifici, disposti da due pervenuti in data 13 luglio 2016 e uno in data 10 ottobre 2016, confluivano direttamente sul conto di B) Operatività indebita a danno delle Client RAGIONE_SOCIALE Importo di euro 6.281,91 di pertinenza delle Clienti indebitamente utilizzato – in data 13 febbraio 2015 – per il pagamento di deleghe fiscali della RAGIONE_SOCIALE (Società posseduta dai Suoi fratelli):
tra le ore 13:51 e 13:53 Lei dava luogo al pagamento di tre deleghe fiscali a carico di rispettivamente di euro 2.111,82, euro 2.076,12 ed euro 2.093,97, con chiusura manuale della sessione contabile per l’importo totale di euro 6.281,91 mediante utilizzo di QCD “chiusura operazione DARE”;
alle ore 14:10 Lei addebitava il c/c 420NUMERO_DOCUMENTO3447 di euro 6.281,91 con causale 700 “operazione in titoli” e chiusura della sessione contabile mediante utilizzo di CA “chiusura operazione RAGIONE_SOCIALE”;
tra le ore 14:12 e 14:20 Lei, in sequenza, cancellava l’addebito di euro 6.281,91 realizzato sul conto di eseguiva l’operazione di prelevamento di euro 1.400 sul c/c CODICE_FISCALENUMERO_DOCUMENTOCODICE_FISCALE con descrizione “giro ad altro c/c” ed effettuava la chiusura della sessione contabile mediante utilizzo di QCA “chiusura operazione AVERE”;
addebitava di euro 4.881,91 il c/c 420/3447 con causale 500 “pagamenti diversi” e descrizione “imp.
NOME”, con chiusura della sessione contabile mediante utilizzo di QCA, inserendo nelle note “tasse”.
B2 Importo di euro 2.337,15 di pertinenza della Cliente indebitamente utilizzato – in data 1/4 febbraio 2016 – per realizzare un accredito sul c/c 3494 in capo ai Suoi fratelli alle ore 13:45 del 1° febbraio 2016 Lei dava luogo, in ambiente 3270, all’operazione di ritiro effetti su banche per euro 2.327,15, oltre a euro 10 di commissioni, con debitore RAGIONE_SOCIALE e creditore RAGIONE_SOCIALE;
alle ore 15:52 Lei effettuava l’operazione di emissione assegno circolare di euro 1.854,60 a favore con richiedente e, a seguire, addebito di euro 4.200 sul c/c CODICE_FISCALENUMERO_DOCUMENTO3447 intestato con causale 500 “pagamenti diversi” e descrizione “assicurazione e pagam.”.
La chiusura del quadro contabile, per la differenza di euro 2.345,40, tra l’addebito e l’emissione dell’assegno circolare, veniva da Lei eseguita utilizzando la transazione QCA “chiusura operazione AVERE”, con descrizione “stanzino locale effetti”.
L’operazione di ritiro effetti su banche del 1° febbraio 2016 non andava a buon fine per modo che la banca corrispondente restituiva la somma di euro 2.327,15 per “effetto non trovato”, e tale Tutto quanto precede (A e B) Le viene contestato, ai sensi di legge (art. 7 Stat.
Lav.) e di contratto sotto il profilo, tra l’altro, della violazione:
di basilari regole di deontologia professionale;
di precipui obblighi di diligenza (art. 2104 c.c.), fedeltà, correttezza e buona fede (art. 1175 e 1375 c.c);
di basilari obblighi di c.c.n.l.
(es. art. 41 “Obblighi delle parti” che, fra l’altro, stabilisce che i lavoratori sono tenuti ad osservare “una condotta costantemente informata ai principi di disciplina, di dignità e di moralità”);
del Codice Etico di Gruppo, paragrafo 2, che stabilisce che “Tutte le azioni e le operazioni compiute e, in genere, i comportamenti posti in essere nello svolgimento dell’attività lavorativa sono ispirati a principi di onestà, integrità, correttezza, professionalità, trasparenza e lealtà”.
La invitiamo a rispondere alle contestazioni di cui sopra e ad esercitare i diritti di difesa, di cui all’art. 7 della Legge sopra citata, entro e non oltre sette giorni lavorativi dal ricevimento della presente.
Le significhiamo inoltre che, sempre a norma dell’art. 7 della citata Legge, potrà farsi assistere da un Rappresentante dell’organizzazione sindacale cui aderisce o cui intenda conferire mandato di tutela.
Con riferimento anche e non solo ai fatti qui contestati, formuliamo sin da ora nei Suoi confronti ogni più ampia riserva – anche risarcitoria – di tutela dei nostri diritti”
(doc. 2, fascicolo ricorrente).
Nella lettera di contestazione disciplinare, a precisato che:
“Il sig. è stato Cliente della Banca dal 1986 sino al decesso avvenuto – all’età di 93 anni – il 13 luglio del 2021.
Detto Cliente aveva in essere presso la Filiale di Fanano, tra gli altri, i seguenti rapporti bancari:
a) c/c NUMERO_DOCUMENTO, aperto il 7 luglio 2014 in sostituzione dell’originario c/c NUMERO_DOCUMENTO acceso all’atto del censimento del 29 gennaio 1986 ed estinto il 4 agosto 2014;
b) deposito titoli NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO, aperto il 25 gennaio 1999;
c) libretto di deposito a risparmio nominativo NUMERO_DOCUMENTO, acceso il 3 febbraio 2014.
La signora è stata censita sull’anagrafe aziendale da Lei per la prima volta in data 26 maggio 2015, in tale occasione, Lei stessa ebbe ad indicare, quale indirizzo di Sua Zia, INDIRIZZO FananoINDIRIZZO risultato tuttavia inesistente.
Per la relativa identificazione, Lei ebbe ad indicare la carta d’identità asseritamente rilasciata dal Comune di Montese il 5 maggio 2014, con scadenza 5 maggio 2024:
tale presunto “documento” non rinvenuto in fotocopia nel fascicolo dell’interessata, in realtà non sarebbe stato mai emesso, così come ci è stato attestato dal Comune di Montese.
In data 13 novembre 2019 Lei modificava l’indirizzo di in “INDIRIZZO MonteseINDIRIZZO, e cioè lo trasferiva presso la Sua ( residenza.
Tale ultimo indirizzo, nella medesima giornata del 13 novembre 2019, è stato automaticamente recepito dal sistema anche come indirizzo postale.
In data 28 maggio 2015 Lei ha acceso, a nome di il c/c e il deposito titoli NUMERO_DOCUMENTO
Il deposito titoli e la carta bancomat collegata a detto conto corrente sono stati estinti rispettivamente in data 31 agosto 2018 e 7 luglio 2015, senza essere mai stati utilizzati, il conto corrente, sul quale lei, dal 21 marzo 2016, risultava facoltizzata ad operare, in qualità di delegata, è stato estinto il 16 giugno 2021.
Nessun documento contrattuale è stato rinvenuto per i predetti rapporti, ma solo uno specimen di firma, scannerizzato in procedura SIGNEO, riportante una firma di (oltre alla Sua, in qualità di delegata) apposta con mano incerta, non confrontabile con altri documenti riconducibili con certezza alla cliente.
Sul rapporto di pertinenza di non è transitata operatività che possa considerarsi certamente di pertinenza della stessa (i.e.
accredito pensione, versamenti di assegni di giro.
ecc.).
La gran parte delle operazioni descritte nella presente lettera – significativamente – è stata da lei posta in essere fuori dagli orari di apertura della Filiale al pubblico 08:20-13:20 / 14:50-15:50…
E’ appena il caso di sottolineare che già in precedenza, ad ottobre 2015, erano pervenuti tre bonifici per C.F. caratteristiche di quelli sopra descritti (IBAN del conto di e beneficiario Anche in tale circostanza il conto di era stato da lei precedentemente bloccato con motivazione “solo per pagamento stipendio” e la somma dei tre bonifici era stata scartata a conti vori.
in tale occasione però Lei aveva eseguito, in data 13 ottobre 2015, gli accrediti sul conto di pareggiando le poste a conti vari.
sorelle rispettivamente classe 1933 e 1934, già clienti storiche della Filiale, con rapporto cointestato 420/CODICE_FISCALE, acceso in data 2 febbraio 1982 ed estinto in data 7 ottobre 2015 a seguito del decesso di risalente al settembre 2014, in data 14 ottobre 2014 è stato acceso il c/c CODICE_FISCALENUMERO_DOCUMENTOCODICE_FISCALE al nome della sola anch’essa poi deceduta il 6 marzo 2016, con conseguente estinzione di tutti i rapporti.
risulta inoltre essere stata titolare di ditta individuale, già intestataria di c/c NUMERO_DOCUMENTOCODICE_FISCALE dal 10 ottobre 2006 al 15 giugno 2015…” (doc. 2, fascicolo ricorrente).
Ritenendo di non poter accogliere le giustificazioni della dipendente, il successivo 3 luglio 2023, le ha intimato il licenziamento per giusta causa così motivandolo:
“Facciamo seguito alla nostra lettera di contestazione del 6.04.2023, da Lei ricevuta in data 13.04.2023 che qui s’intende integralmente trascritta e richiamata.
Abbiamo attentamente valutato le Sue giustificazioni rese con “comunicazione a mezzo pec” datate 20.04.2023 e 5.06.2023 le quali non possono essere accolte.
Con riferimento alle Sue asserzioni difensive – da intendersi punto per punto contestate – formuliamo, fra l’altro e in via esemplificativa, alcune preliminari precisazioni.
➢ in primo luogo, respingiamo come infondate e strumentali le Sue asserzioni circa una presunta “tardività della contestazione disciplinare”.
Al riguardo, le Sue doglianze sono generiche ed inconsistenti come peraltro dimostrato anche dal fatto – ovviamente significativo – che Lei non ha dedotto alcun concreto pregiudizio all’esercizio del diritto di difesa;
➢ in secondo luogo, respingiamo come altrettanto strumentali le Sue doglianze in ordine all’asserita (ed invero inesistente) insufficienza della documentazione che la Le ha messo a disposizione in occasione dell’incontro realizzato via teams in data 23 maggio 2023.
Al riguardo, è appena il caso di osservare che:
a) con la Sua citata datata 20 aprile 2023 aveva formulato alla Scrivente una generica richiesta di “produzione documentale” manifestamente carente del necessario requisito di “specificità” esigito dalla vigente normativa contrattuale (comma 5°, art. 48.c.c.n.l.
):
cionondimeno, per massimo garantismo e quale trattamento di miglior favore, Le abbiamo comunque concesso la piena facoltà di prendere visione di qualsivoglia documento;
b) nel corso del citato incontro del 23 maggio 2023 Lei – significativamente – non si è lamentata di alcuna “insufficienza”;
c) ancora oggi, non a caso, Lei non indica un solo documento specifico che, in ipotesi, Lei non avrebbe ottenuto di visionare;
➢ in terzo luogo, non condividiamo affatto i Suoi discorsi afferenti all’istituto delta sospensione cautelare (peraltro regolarmente retribuita) che la Scrivente ha doverosamente e legittimamente – anche ai sensi di legge – ritenuto di disporre nei Suoi confronti per il tempo strettamente necessario a concludere gli accertamenti ispettivi che – in ultima analisi – hanno consentito la redazione della sopra richiamata contestazione.
Con riferimento al merito delle sue asserzioni difensive – da intendersi comunque punto per punto contestate – prendiamo atto che Lei, al di là di generiche negazioni, elude la sostanza degli addebiti i quali, in ogni caso, sono tutti comunque comprovati.
In via meramente esemplificativa osserviamo, fra l’altro, quanto segue.
A) Con il riferimento all’operatività indebita posta in essere ai danni del Cliente – a mente delle operazioni di cui infra – era stato indebitamente accreditato – in data 26 luglio 2016 – sul c/c intestato a NOME In merito a quanto precede, è stato accertato che:
in data 25 luglio 2016 Lei, senza alcuna apparente giustificazione e/o ragione di servizio, apponeva un “blocco” sui c/c n. 3403 del Cliente per effetto del detto blocco, l’accredito di cedole sul c/c (per complessivi euro 1.360.00) di pertinenza del Cliente (ed afferente al deposito titoli 412939) non si perfezionava:
l’importo in parola confluiva e veniva infatti appostato sulla partita contabile “c/vari n. CODICE_FISCALE”;
in data 26 luglio 2016 Lei effettuava lo scarico di euro 1.360,00 dalla partita contabile c/vari n. CODICE_FISCALE e, nel contempo – in difetto di qualsivoglia motivazione e/o disposizione inequivoca proveniente dal Cliente –- accreditava detto importo sul c/c intestato a Sua zia conclusa la suddetta operazione rimoveva il blocco che Lei stessa aveva apposto sul c/c del Cliente Al riguardo, Lei non ha in alcun modo disconosciuto (né avrebbe del resto potuto disconoscere alcunché stanti le schiaccianti evidenze documentali) la dinamica e l’evidente finalità delle dette operazioni e, tanto meno, è stata in grado di dare una giustificazione del Suo operato tutt’altro che trasparente. Oltretutto, è del tutto evidente che se in ipotesi fosse esistita una genuina volontà del cliente l’operazione avrebbe dovuto realizzarsi per logica e trasparenza mediante:
a) il naturale accredito delle cedole sul conto di b) un successivo bonifico con giusta causale dal conto di a quello di E ciò, significativamente, non si è verificato.
Le Sue divagazioni circa le possibili lamentele che l’anziano Cliente (il sig. deceduto nel 2021 all’età di 93 anni…) avrebbe in ipotesi potuto sollevare sono irrilevanti e manifestamente non di buona fede.
Ad ogni modo, l’addebito in parola – circa la cui gravità è financo inutile indugiare, soprattutto a mente del Suo ruolo di “Gestore Personal” – è senz’altro comprovato e, nel contempo, giustifica ampiamente, anche da solo, il provvedimento che stiamo per comunicarle.
Sempre con il riferimento all’operatività indebita posta in essere ai danni del Cliente Le abbiamo inoltre contestato (lettera A2) che l’importo di euro 1.800,00 di pertinenza del detto Cliente è stato indebitamente utilizzato – in data 15 dicembre 2016 – in parte per pagare un “modello F24” intestato a Suo padre (NOME COGNOME) e, per la parte residua, per accreditare il c/c intestato ad In merito a quanto precede, è stato accertato che:
alle 15:26, Lei dava luogo al prelievo di euro 1.800,00 a valere sul libretto di deposito a risparmio n. NUMERO_DOCUMENTO del sig. alle ore 15:28 Lei dava luogo alla chiusura manuale quadro contabile con transazione QCA (Quadro Cassa Avere);
alle 15:50, Lei dava luogo al pagamento dell’F24 (tributo IMU di pertinenza di Suo padre NOME COGNOME) di 1.048,00 euro, quadrando con QCD (Quadro Cassa Dare);
alle 15:54 Lei caricava due partite a conti vari di 750,00 euro (causale “per cassa 2”) e 2,00 euro (causale “per differenza cc”), quadrando ancora manualmente con QCD;
alle 16:34 la partita a conti vari di 750,00 euro veniva da Lei scaricata (transazione CCVA) accreditando il c/c 420/3413 di Sua zia con causale “bonifico”.
In sostanza, come sopra precisato, l’importo di euro 1.800,00 prelevato dal deposito a risparmio del Cliente è stato da Lei utilizzato per pagare un F24 di euro 1.048,00 intestato a Suo padre NOME COGNOME e per accreditare di euro 750,00 il conto corrente intestato a Sua zia, sul quale Non risulta alcun giustificativo per il pagamento del detto modello F24 e per l’accredito sul c/c di Sua zia Al riguardo, Lei non ha in alcun modo disconosciuto (né avrebbe del resto potuto disconoscere alcunché stanti le schiaccianti evidenze documentali) la dinamica e l’evidente finalità delle dette operazioni e, tanto meno, è stata in grado di dare una giustificazione del Suo operato tutt’altro che trasparente. Anche con riferimento a quanto precede non vi è nulla che dimostri la volontà dell di utilizzare propri fondi per pagare le imposte di Suo padre NOME COGNOME e accreditare il conto di Sua za (peraltro mediato da un fuorviante passaggio a conti vari).
L’operazione in questione “causale 521 Prelev. altra op. di euro 1.800” avrebbe dovuto trovare una destinazione a favore dello stesso (accredito sul proprio conto e/o pagamenti di proprie spese);
al contrario, se il sig. avesse voluto beneficiare i Suoi parenti (e cioè Suo padre e Sua zia), avrebbe dovuto eseguire due bonifici con giusta causale (da utilizzarsi poi nel caso di RAGIONE_SOCIALE per l’addebito delle imposte).
Ma ciò, ancora una volta significativamente, non si è realizzato.
A fronte di quanta sopra le Sue asserzioni sono del tutto inconsistenti e, come detto, non giustificano in alcun modo la Sua gravissima condotta.
L’addebito in parola è senz’altro comprovato e giustifica da solo e ancor più in sinergico operare con quello che precede e con quelli di cui infra diremo, il provvedimento che Le stiamo per comunicare.
C) Sempre con il riferimento all’operatività indebito posta in essere ai danni del Cliente Le abbiamo inoltre contestato gli addebiti di cui alle lettere A3, A4, A5, A6, A7 e A8.
Tutti gli addebiti in parola, da intendersi qui richiamati sono comprovati.
Al riguardo, prendiamo atto che Lei, nonostante le puntuali contestazioni, non ha opposto nulla di preciso, limitandosi a formulare vacue ipotesi che peraltro sono smentite dalle evidenze documentali.
Tutte le operazioni in parola presentano una dinamica e degli artifici contabili che, di per sé, dimostrano inequivocabilmente l’assenza di una genuina volontà del Cliente Tali addebiti, anche singolarmente considerati, giustificano senz’altro il provvedimento di cui diremo.
D) Con il riferimento all’operatività indebita posta in essere ai danni della Cliente abbiamo tra l’altro contestato (lettera B2) che l’importo di euro 2.337,15 di pertinenza della detta Cliente è stato da Lei indebitamente utilizzato – in data 1/4 febbraio 2016 – per realizzare un accredito sul c/c CODICE_FISCALE in capo ai Suoi fratelli In merito a quanto precede, è stato accertato che:
alle ore 13:45 del 1° febbraio 2016 Lei dava luogo, in ambiente 3270, all’operazione di ritiro effetti su banche per euro 2.327,15, oltre a euro 10 di commissioni, con debitore RAGIONE_SOCIALE e creditore RAGIONE_SOCIALE
alle ore 15:52 Lei effettuava l’operazione di emissione assegno circolare di euro 1.854,60 a favore con richiedente e, a seguire, addebito di euro 4.200 sul c/c CODICE_FISCALENUMERO_DOCUMENTO3447 intestato con causale 500 “pagamenti diversi” e descrizione “assicurazione e pagam. ”.
La chiusura del quadro contabile, per la differenza di euro 2.345,40, tra l’addebito e l’emissione dell’assegno circolare, veniva da Lei eseguita utilizzando la transazione QCA “chiusura operazione AVERE”, con descrizione “stanzino locale effetti.
L’operazione di ritiro effetti su banche del 1° febbraio 2016 non andava a buon fine per modo che la banca corrispondente restituiva la somma di euro 2.327,15 per “effetto non trovato”:
e tale importo Lei, in data 4 febbraio 2016, accreditava sul c/c 420NUMERO_DOCUMENTO3494 in capo ai suoi fratelli Al riguardo, Lei non ha in alcun modo disconosciuto la dinamica e l’evidente finalità della detta complessa, articolata fuorviante operazione:
e, tanto meno, è stata in grado di dare una giustificazione del Suo operato tutt’altro che trasparente.
Anche per questo addebito valgono le medesime considerazioni sopra svolte, anche in punto gravità della Sua condotta.
Le stesse conclusioni sono senz’altro opponibili anche con riferimento all’addebito sub B1 della citata contestazione disciplinare, da intendersi qui trascritto.
Tutto ciò premesso:
richiamati gli addebiti contestatile e, in ogni caso, tutti i fatti indicati nella lettera di contestazione ciascuno dei quali, anche singolarmente considerato, giustifica il provvedimento che stiamo per comunicarle;
rilevato che tutto quanto precede è comunque comprovato;
rilevata l’inconsistenza e l’infondatezza delle Sue giustificazioni;
rilevata la gravità degli addebiti;
tenuto conto della rigorosa fiducia che è necessaria per il lavoro bancario;
tenuto conto che detta fiducia risulta irrimediabilmente lesa dagli eventi,;
Le comunichiamo, ai sensi di legge e di contratto, il Suo licenziamento per giusta causa (art. 2119 c.c.) con decorrenza, ai fini economici, dalla data di avvio del procedimento disciplinare, e così dalla data del 13.04.2023, ai sensi dell’art. 1 comma 41 Legge 28/06/2012 n. 92.
Formuliamo nei Suoi confronti ogni più ampia riserva risarcitoria – per tutti i danni comunque derivanti e/o derivabili dalla condotta di cui sopra richiamata contestazione disciplinare” (doc. 7, fascicolo ricorrente).
1.2.
Nel presente giudizio, la lavoratrice impugna il licenziamento per plurimi e distinti motivi:
eccepisce la tardività della contestazione disciplinare, deducendo che la parte convenuta – nell’esercizio delle attività di controllo obbligatorie – avrebbe dovuto procedere con maggior puntualità nel rilevare eventuali irregolarità;
si duole della violazione del diritto di difesa, lamentando di non aver potuto prendere adeguatamente visione della documentazione relativa ai fatti di cui alla contestazione disciplinare;
contesta la pretestuosità e infondatezza degli addebiti, che ritiene contraddetti dalla documentazione aziendale e, in ogni caso, riferibili a movimentazioni di conto corrente e/o di libretto bancario autorizzate dai rispettivi titolari.
Conclude, dunque, come sopra precisato.
1.3.
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere rigettato.
*** * *** 2. Prima di procedere con l’esame delle plurime contestazioni attoree, risultano opportuni tre rilievi di ordine preliminare.
*** 2.1.
In primo luogo, deve evidenziarsi che l’esistenza delle operazioni oggetto di addebito disciplinare non risulta contestata dalla ricorrente.
Lungi dal negare che le singole movimentazioni abbiano avuto luogo, difatti, sostiene, che le stesse sarebbero “state autorizzate dai correntisti titolari” e, peraltro, “soggette a controlli interni e antiriciclaggio periodici”, senza che “mai, prima del marzo 2023, eccepite e/o contestate né dai correntisti stessi, né dagli uffici addetti alle procedure di controllo della convenuta!
” (pag. 15, ricorso;
cfr. anche cap. 16, ricorso).
E’ questa, d’altronde, l’impostazione difensiva che la lavoratrice ha assunto già nel corso del procedimento disciplinare:
“…Ad ogni buon conto, ciò che è stato possibile appurare dalla succitata documentazione, è che per la gran parte degli addebiti mossi nei confronti della sono presenti contabili e/o documenti autorizzativi delle operazioni sottoscritti dagli stessi correntisti inoltre, pure risulta che alcune di dette operazioni siano state, “illo tempore”, già sottoposte a verifica da parte dell’Ufficio Anti-riciclaggio della Vs.
società senza che ne risultasse alcun tipo di condotta “illecita” posta in essere dalla lavoratrice…” (doc. 6, fascicolo ricorrente).
*** 2.2.
Il suddetto rilievo porta a un secondo ordine di considerazioni che risulta ad esso intrinsecamente correlato.
2.2.1.
Come emerge dalla lettura del ricorso introduttivo del giudizio e sottinteso nelle argomentazioni già sopra richiamate, con un approccio difensivo ribadito in sede di discussione, tenta di imputare l’intera vicenda per cui è causa alla ricorrenza di una grave, e duplice, ipotesi di culpa in vigilando.
Da un lato, la culpa in vigilando di rea di non essersi avveduta degli episodi oggetto di addebito, nonostante le “procedure aziendali obbligatorie in materia di antiriciclaggio e controllo periodico delle operazioni “sospette”” (doc. 3, fascicolo ricorrente).
Nello specifico, “tutte le operazioni… sono soggette a tre livelli di controllo, in base a tipologia cliente, importo dell’operazione, ecc.:
da ciò deriva che prima di essere autorizzate, le operazioni passano al controllo di primo livello da parte del Direttore di Filiale, ed a controlli di secondo e terzo livello presso uffici esterni preposti a tale scopo (come l’“Internal Audit”), tutte fasi necessarie proprio per evitare e prevenire le movimentazioni errate e/o sospette a danno dei correntisti”;
sicché, sarebbe “…inimmaginabile che possa essere avvenuto quanto oggetto di contestazione, senza che l’Istituto bancario se ne accorgesse, se non dopo 6 anni” (cap. 29, Dall’altro, la culpa in vigilando dei correntisti coinvolti nelle vicende per cui è causa (ossia, poiché, nonostante fossero “regolarmente e periodicamente avvisati sui movimenti di conto corrente mediante invio postale dell’estratto conto, da loro sempre regolarmente ricevuto”, non avrebbero fatto pervenire “mai alcun tipo di reclamo o lamentela… pur essendo gli stessi pienamente a conoscenza della situazione e dei movimenti relativi ai loro conti correnti” (doc. 6, fascicolo ricorrente). Deduce, nello specifico, la ricorrente che “le movimentazioni bancarie contestate alla ricorrente sono sempre state effettuate nel pieno rispetto delle prassi bancarie adottate dalla convenuta e, soprattutto, previa autorizzazione dei correntisti i quali, nel pieno delle loro capacità mentali ed intellettive, hanno sempre partecipato attivamente all’andamento dei propri conti correnti e dei propri piani di investimento, venivano periodicamente messi a conoscenza delle movimentazioni mediante invio postale di estratti conto e rendicontazioni delle operazioni effettuate e, in particolare il cliente frequentavano assiduamente la filiale di Fanano (MO) proprio per seguire personalmente l’andamento dei propri interessi. Proprio per tali motivi, e a prescindere dalla ricezione degli estratti conto che già di per sé equivale a conoscenza da parte dei correntisti dello stato dei loro depositi e/o conti”;
sicché, “appare alquanto inverosimile che i suddetti correntisti non abbiano mai effettuato alcuna contestazione e/o disconoscimento relativo alle movimentazioni contestate!
” (cap. 26, ricorso).
2.2.2.
L’approccio difensivo attoreo merita la più severa stigmatizzazione.
Sotto un profilo di ordine generale, deve rammentarsi che la commissione di illeciti di rilevante gravità – connotati da intenzionalità, reiterazione, pervicacia e spregio per le regole – non può trovare mai, in nessuna situazione, giustificazione nell’eventuale negligenza o disattenzione altrui.
Come verrà approfondito nel prosieguo, questa è la natura degli illeciti commessi dall’odierna ricorrente.
Nel caso di specie, peraltro, l’esame delle risultanze istruttorie darà conto di come – pienamente consapevole della tipologia di controlli ordinariamente attuati dall’Istituto Bancario e del funzionamento dei meccanismi di alert aziendali – abbia posto in essere le condotte oggetto di addebito adottando procedure ed espedienti atti a ostacolare il funzionamento dei sistemi bancari di controllo.
Quando alle “mancanze” dei correntisti, non può sottacersi che siffatta difesa poggia sulla consapevolezza dell’intervenuto decesso di tutti e tre gli interessati che, pertanto, mai avrebbero potuto essere escussi quali testimoni per consentire una verifica – in concreto – sulle dedotte autorizzazioni e sull’affermata consapevolezza delle varie movimentazioni di cui si discute.
A tacer d’altro, i fatti dai quali la vicenda ha preso le mosse (ossia, la pubblicazione del testamento di e i successivi incontri con gli eredi dello stesso – cfr. cap. 63, memoria, e docc. 10, 19-19bis;
si vedano, in proposito, le risultanze istruttorie analizzate infra) contrasta palesemente con la tesi secondo cui “il cliente frequentava assiduamente la filiale di Fanano (MO) proprio per seguire personalmente l’andamento dei propri interessi” (cap. 26, ricorso), e “…gestiva personalmente i suoi affari, recandosi con cadenza di 2/3 volte a settimana nella filiale di Fanano, ove con l’ausilio dei consulenti ivi presenti (tra cui la ricorrente, ma non solo la ricorrente), seguiva l’andamento del proprio conto corrente, dei propri titoli e degli investimenti effettuati” (cap. 35, ricorso) . *** 2.3.
Si osservi, da ultimo, che – nel sostenere le tesi della culpa in vigilando e dell’esistenza di movimentazioni autorizzate dai correntisti – del tutto trascurato di fornire qualsivoglia spiegazione in merito al fatto che le operazioni bancarie oggetto di contestazione disciplinare sono andate, tutte, direttamente e/o indirettamente, a vantaggio della sua famiglia.
Le somme di cui si discute, difatti, sono accreditate su rapporti intestati alla zia (censita a sistema dalla ricorrente e formalmente titolare di un conto corrente sul quale parte attrice era delegata a operare);
sono state utilizzate per pagare F24 intestati a NOME COGNOME (padre della ricorrente) e un MAV di sono state impiegate per emettere plurimi assegni a favore della società RAGIONE_SOCIALE (azienda pacificamente posseduta dai fratelli della ricorrente, e per effettuare il pagamento di deleghe fiscali della medesima azienda;
sono state utilizzate per effettuare bonifici con accredito sul conto corrente intestato ad e su quello intestato a NOME COGNOME e (genitori della ricorrente).
Orbene, per quale ragione, e in virtù di quali rapporti, avrebbero dovuto provvedere ai suddetti pagamenti – direttamente e trascurato in ricorso;
sicché, nel complesso, tutte queste operazioni in favore di nonché NOMECOGNOME risultano oggettivamente prive di causa e/o giustificazione.
*** * *** 3. Ciò posto, come anticipato, si duole della violazione del diritto di difesa, lamentando di non aver potuto prendere adeguatamente visione della documentazione relativa ai fatti di cui alla contestazione disciplinare.
*** 3.1.
Già nella prima missiva trasmessa per il tramite dei propri difensori, la ricorrente aveva evidenziato “la impossibilità di un pieno esercizio del proprio diritto di difesa, in mancanza di ogni documentazione” (pag. 4, ricorso), chiedendo “di avere copia della produzione documentale in base alla quale sono stati elaborati gli addebiti mossi nei suoi confronti” in ragione della “impossibilità di fornire adeguate giustificazioni a sua difesa relativamente a fatti contestati risalenti a circa 6/7 anni fa, rilevando altresì che è materialmente impossibile la disamina della contestazione in assenza di adeguata documentazione” (doc. 3, fascicolo ricorrente). Lamenta, altresì, che – in occasione dell’incontro fissato, il 23 maggio 2023, per consentirle la consultazione della documentazione di riferimento – le sarebbe stata mostrata, “tramite collegamento da remoto su schermo PC, una documentazione parziale, insufficiente (soprattutto alla luce dell’ingente lasso di tempo trascorso!) ad individuare, ricostruire e ricordare con precisione le singole operazioni contestate” (cap. 16, ricorso);
peraltro, il suddetto incontro “si concludeva senza che la ricorrente potesse avere alcuna copia “cartacea” della documentazione da poter esaminare con la calma e con i tempi assolutamente indispensabili, in considerazione del lungo lasso di tempo trascorso e della complessità e gravità degli addebiti mossi a suo danno” (cap. 17, ricorso).
Difatti, con comunicazione del 5 giugno 2023, lamentava che “la stessa documentazione risultata insufficiente per consentire la ricostruzione, passo dopo passo, di tutte le operazioni contestate, stante soprattutto il fatto che tra gli eventi e la contestazione d’addebito decorso un lasso di tempo di oltre 6 anni rendendo impossibile, in assenza di qualsivoglia specifico elemento, risalire mnemonicamente alle precise dinamiche degli eventi contestati” (doc. 6, fascicolo ricorrente).
Parte attrice deduce, pertanto, che “la anomala modalità di visione della parziale documentazione mostratale su monitor PC il 23.05.2023… non ha consentito, di fatto, una piena conoscenza, visione e disamina, con i tempi opportuni e necessari, dei documenti su cui è basata la contestazione, documenti che, così come sono stati a disposizione del datore di lavoro tutto il tempo necessario per formulare “l’accusa”, avrebbero dovuti essere messi a disposizione – e quindi consegnati in copia – della ricorrente per avere altrettanto tempo e possibilità di formulare una adeguata, documentata e ponderata “difesa”, soprattutto stante il notevole lasso di tempo trascorso dai singoli episodi al momento della contestazione (circa 6 anni! )
, a causa del quale è stato pressoché impossibile ricostruire mnemonicamente e precisamente il reale andamento dei fatti, il tutto con una palese violazione del diritto di difesa della ricorrente!
” (cap. 27, ricorso).
*** 3.2.
La doglianza è infondata.
3.2.1.
Il Supremo Collegio ha chiarito che “l’art. 7 della l. n. 300 del 1970 non prevede, nell’ambito del procedimento disciplinare, l’obbligo per il datore di lavoro di mettere a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione di addebiti di natura disciplinare, la documentazione aziendale relativa ai fatti contestati, restando salva la possibilità per il lavoratore medesimo di ottenere, nel corso del giudizio ordinario di impugnazione del licenziamento irrogato all’esito del procedimento suddetto, l’ordine di esibizione della documentazione stessa. Il datore di lavoro è tenuto, tuttavia, ad offrire in consultazione all’incolpato i documenti aziendali solo in quanto e nei limiti in cui l’esame degli stessi sia necessario al fine di una contestazione dell’addebito idonea a permettere alla controparte un’adeguata difesa;
ne consegue che, in tale ultima ipotesi, il lavoratore che lamenti la violazione di tale obbligo ha l’onere di specificare i documenti la cui messa a disposizione sarebbe stata necessaria al predetto fine” (Cass. Civ., Sez. Lav., 25 ottobre 2018, n. 27093).
3.2.2.
Orbene, ritiene il giudicante che i fatti oggetto della contestazione disciplinare per cui è causa non partecipino, in alcun modo, di siffatte esigenze.
La condotta oggetto di addebito è stata puntualmente descritta da in pieno ossequio al necessario carattere di specificità – strumento primo di salvaguardia del principio del contraddittorio nell’ambito del procedimento disciplinare – che “è integrato quando sono fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2109 c.c.” (Cass. Civ., Sez. Lav., 13 settembre 2006, n. 19554). Rispetto alle circostanze richiamate nella lettera di apertura del procedimento disciplinare, non vi era esigenza alcuna – per la lavoratrice – di prendere visione della documentazione relativa alle varie operazioni e/o movimentazioni bancarie.
Nel caso di specie, difatti, alla dipendente non sono state contestate mere irregolarità procedurali ovvero errori tecnici e operativi, per la verifica dei quali sarebbe stato senz’altro necessario un attento esame della documentazione di riferimento e il controllo, passo per passo, delle operazioni compiute a sistema.
è stato imputato di aver sottratto denaro ai correntisti e di averlo impiegato in operazioni realizzate nell’interesse suo e della sua famiglia;
sicché, indipendentemente dalla visione di qualsivoglia documento, la lavoratrice era perfettamente in condizione di sapere se aveva o non aveva effettuato le suddette operazioni, se le aveva o meno poste in essere con la consapevolezza e l’effettiva autorizzazione dei correntisti, e con quali specifiche modalità le aveva realizzate.
E, d’altronde, come si evince dal tenore delle giustificazioni rese nel corso del procedimento disciplinare e dall’insieme delle deduzioni di cui al ricorso introduttivo del giudizio, parte attrice, non solo ha perfettamente compreso – sin dal principio – il contenuto e il senso dei rilievi disciplinari, ma è anche stata in grado di replicarvi adducendo l’esistenza di “contabili e/o documenti autorizzativi delle operazioni sottoscritti dagli stessi correntisti e di “operazioni… “illo tempore”, già sottoposte a verifica da parte dell’Ufficio Anti-riciclaggio della Vs. società senza che ne risultasse alcun tipo di condotta “illecita” posta in essere dalla lavoratrice” (doc. 6, fascicolo ricorrente).
La ricorrente, pertanto, non ha nessuna obiettiva ragione di doglianza.
E’ a mero titolo esaustivo, dunque, che si osserva come l’istruttoria (1) abbia consentito di accertare che ha potuto prendere visione dei documenti di rilievo senza nessuna preclusione:
“ero presente quando la ricorrente fu sentita nel corso del procedimento disciplinare, quando ci rendemmo disponibili a verificare la documentazione relativa alla contestazione, quindi, nella fase di esibizione dei documenti.
Precedentemente, avevo consegnato alla ricorrente la contestazione disciplinare… Non sono esperto in materia, ma alla ricorrente furono esibite le contabili relative alle operazioni richiamate nella lettera di contestazione disciplinare;
questi documenti mi erano stati forniti dalla struttura legale e dall’audit.
Non ricordo se la ricorrente mi chiese di vedere della documentazione differente, ma mi pare di no.
Alla ricorrente non fu lasciata copia di questa documentazione.
Per quel che ricordo, ho dato la massima disponibilità di tempo di consultazione alla ricorrente, non rammento di averle dato un tempo limite;
mi pare che l’incontro sia durato non meno di un’ora, ma non posso esserne certo.
I documenti sono stati mostrati alla ricorrente, non ricordo se sia da remoto o in cartaceo, però sicuramente da remoto.
La ricorrente non aveva libertà di manovrare i documenti, c’era qualcuno che se ne occupava a sua richiesta.
Non ricordo difficoltà tecniche in fase di consultazione dei documenti.
Ricordo le contabili, ma non sono in grado di ricordare esattamente quali documenti furono mostrati alla ricorrente” (teste responsabile – all’epoca dei fatti – del personale della direzione territoriale Emilia Adriatica;
cfr. docc. 17, fascicolo resistente).
*** * *** 4. Parte attrice si duole della tardività della contestazione disciplinare, assumendo che – nell’esercizio delle attività di controllo obbligatorie – avrebbe dovuto procedere con maggior puntualità nel rilevare eventuali irregolarità e, in ogni caso, avvedersi degli eventuali illeciti nell’imminenza dei fatti.
La doglianza è infondata.
*** 4.1.
Sotto un profilo di ordine generale, deve osservarsi quanto segue.
4.1.1.
Secondo il costante insegnamento del Supremo Collegio, “il criterio di immediatezza va inteso in senso relativo, dovendosi tener conto della specifica natura dell’illecito disciplinare, nonché del tempo occorrente per l’espletamento delle indagini, tanto maggiore quanto più è complessa l’organizzazione aziendale.
La relativa valutazione del giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici” (Cass. Civ., Sez. Lav., 20 giugno 2006, n. 14115);
peraltro, è principio consolidato quello per cui, “per la valutazione della tempestività, assume rilevanza il lasso temporale decorrente dall’avvenuta conoscenza dei fatti da parte del datore di lavoro e non dall’astratta conoscibilità degli stessi” (Cass. Civ., Sez. Lav., 26 marzo 2018, n. 7424).
4.1.2.
L’istruttoria ha consentito di accertare che la vicenda per cui è causa ha preso le mosse da una segnalazione pervenuta – nel novembre 2022 – a seguito partire da questo momento, la convenuta ha avviato verifiche oltremodo complesse che sono, poi, confluite nella contestazione disciplinare del 6 aprile 2023 (doc. 2, fascicolo ricorrente).
In particolare, il teste – addetto agli accertamenti e alle ispezioni nell’ambito dell’Ufficio – ha riferito:
“abbiamo ricevuto una segnalazione dai controlli di direzione territoriale, struttura locale che si occupa di controlli:
avevano rilevato che, presso la Filiale di Fanano, in occasione dell’apertura di una cassetta di sicurezza successiva al decesso del cointestatario un ultranovantenne, era stato rinvenuto un testamento che aveva sollevato perplessità all’erede per disposizioni in favore della badante in misura esatta all’ammontare previsto sul conto.
A quel punto, la direttrice della filiale ha controllato il conto e ha rilevato delle operazioni apparentemente irregolari che ha segnalato ai controlli di direzione territoriale che, a sua volta, l’ha segnalato a noi.
Questo è successo a novembre 2022.
Le operazioni che avevano destato l’attenzione della direttrice della filiale evidenziavano il trasferimento di somme dal deceduto a rapporti riconducibili alla tra i quali, la zia (che credo sia, nelle more, deceduta)”.
Sono, dunque, “partiti gli accertamenti che ci hanno confermato la presenza di queste operazioni anomale e di altre operazioni altrettanto incongruenti.
Preciso che i nostri accertamenti sono normalmente più ampi rispetto allo specifico caso che viene segnalato, quindi, preliminarmente, abbiamo visto le operazioni anomale sui rapporti (conto e il libretto di deposito) di non ricordo quante operazioni fossero esattamente, erano circa cinque/sette sulle quali abbiamo chiesto chiarimenti alla Queste operazioni coinvolgevano i rapporti di e una o due società, tra le quali la RAGIONE_SOCIALE che fa capo ai fratelli della ricorrente e che vede quest’ultima come delegata alla gestione dei rapporti bancari. A quel punto, abbiamo ampliato le attività di accertamento, andando a vedere tutta la movimentazione transitata sui rapporti di per vedere se vi fossero ulteriori operazioni anomale” (teste 4.1.3.
Considerati i principi cui deve farsi riferimento, e tenuto conto della tipologia delle condotte oggetto di contestazione e, soprattutto, delle verifiche necessarie alla formulazione degli addebiti, ritiene il giudicante che il tempo impiegato da per gli accertamenti prodromici alla contestazione disciplinare sia del tutto congruo.
*** 4.2.
Come anticipato, tuttavia, contesta la tardività dell’iniziativa disciplinare datoriale avuto specifico riguardo a un ulteriore profilo.
4.2.1.
La ricorrente assume l’inverosimiglianza della tesi di che afferma di aver rilevato le operazioni sospette solo a far data da novembre 2022 – in ragione della “ingente mole di controlli quotidiani e periodici cui, di “default”, sono sottoposte le filiali operative, controlli che di seguito si ribadiscono:
Controlli quotidiani consistenti in:
– Stampe mattutine, consistenti in una serie di tabulati inerenti le operazioni del giorno precedente, che vengono inoltrate e visionate sia dal Direttore che dal cassiere di turno;
dette stampe consistono in:
cancellazioni effettuate dai conti correnti, blocchi apposti su rapporti di conto corrente, partite a conti vari, assegni circolari emessi, sblocco dei conti correnti, bonifici emessi sia su banca che per altri istituti, libretti nominativi / al portatore sostituiti, movimentazioni eseguite superiori ed € 5.000,00, elenco dei saldi di conto corrente, pagamenti f24 scartati, bonifici scartati.
– Procedure di controllo interne ai programmi gestionali del direttore, consistente in una procedura di controllo dove vanni giustificati i tabulati elencati (di cui al punto sopra), oltre ad una serie di altri controlli tra cui:
bonifici arrivati con nominativo differente rispetto al conto corrente indicato, sottoscrizione titoli a campione, apertura e chiusura conto corrente, contratti stipulati per tutti i servizi collegati al conto (carte, telepass, bancomat, ecc. ecc.) che il Direttore deve verificare apponendo un “flag” sulla relativa voce che appare sulla schermata del programma, a conferma di aver visionato le firme raccolte e ad attestazione di presenza di tutta la documentazione necessaria per tali operazioni.
– Controlli autorizzativi, circa due / tre volte al giorno, per tutti i bonifici in partenza per la giornata in corso, previa verifica della sottoscrizione del modello autorizzativo da parte del cliente correntista.
Controlli su tre livelli indicati nel “Documento di Sintesi del Regolamento – Modello di organizzazione, gestione e controllo D.lgs. 231/01” adottato dalla convenuta, alle pagine n. 35 e 36 si evince chiaramente:
“La banca adotta un sistema dei controlli interni basato su tre livelli, in coerenza con le disposizioni normative e regolamentari vigenti.
tale modello prevede le seguenti tipologie di controllo:
controlli di linea (controlli di primo livello):
sono effettuati dalle strutture operative che sono le prime responsabili del processo di gestione dei rischi.
nell’ambito della propria attività operativa devono identificare, misurare, monitorare, attenuare e riportare i rischi derivanti dall’ordinaria attività aziendale.
Lo scopo di tali controlli è garantire il corretto svolgimento delle operazioni.
essi sono integrati nelle procedure oppure effettuati manualmente attraverso verifiche di tipo gerarchici sistematico e a campione;
– controlli sui rischi e sulla conformità (controlli di secondo livello):
assicurano l’attuazione del processo di gestione dei rischi, il rispetto dei limiti operativi assegnati alle varie funzioni e la conformità normativa e operativa alle norme, incluse quelle di autoregolamentazione.
Le funzioni che svolgono i controlli di secondo livello sono distinte da quelle operative e concorrono alla definizione del processo di gestione dei rischi;
– revisione interna (controlli di terzo livello):
hanno l’obiettivo di individuare violazioni delle procedure e della regolamentazione nonché di valutare periodicamente la completezza, l’adeguatezza, la funzionalità (in termini di efficienza ed efficacia) e l’affidabilità del Documento di Sintesi del modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.lgs.231/01”.
Controlli “anti-riciclaggio” previsti con cadenza periodica e sulle operazioni di ingente valore o di dubbia provenienza.
Controlli in filiale e da remoto da parte di ispettori dell’Internal Audit sulle operatività periodiche dei correntisti e sul corretto inserimento delle operazioni da parte dei dipendenti” (pagg. 18-19, ricorso;
cfr. anche capp. 33, 34 e 37, ricorso, e doc. 14, fascicolo ricorrente).
Afferma, dunque, parte attrice che, “alla luce di tutti i suddetti controlli incrociati, che costituiscono un vero e proprio “setaccio”, risulta alquanto inverosimile che un istituto bancario quale è la convenuta, non abbia riscontrato, se non al novembre del 2022, irregolarità talmente “macroscopiche” e facilmente individuabili, quali quelle contestate alla ricorrente!
” (pag. 20, ricorso);
in ogni caso, “ogni eventuale “ritardo” nell’accertamento delle presunte “malversazioni” (disconosciute dalla ricorrente) sarebbe solo ed unicamente frutto di una notevole negligenza e/o imperizia da parte della convenuta nell’esercizio delle attività di controllo obbligatorie che avrebbe dovuto svolgere tempestivamente”
(cap. 37, ricorso).
4.2.2.
Sull’assoluta irrilevanza di eventuali negligenze e/o disattenzioni altrui, nelle ipotesi di commissione di illeciti di rilevante gravità, vi è già stato modo di soffermarsi.
Avuto particolare riguardo alle varie misure di sicurezza indicate in ricorso, si osserva – come anticipato – che il giudizio ha consentito di accertare che ha adottato molteplici procedure ed espedienti atti a ostacolare il funzionamento dei sistemi di controllo e dei meccanismi di alert dell’Istituto Bancario (circostanza, peraltro, che ha reso del tutto irrilevante verificare se “sul conto di vi siano mai stati controlli dell’antitrust o del sistema RAGIONE_SOCIALE, o se risulta che la posizione di sia mai stata sottoposta a controlli” – cfr. verbale udienza del 30 ottobre 2024). Avuto specifico riguardo alle modalità di realizzazione delle suddette operazioni, difatti, il teste ha chiarito che “la ricorrente ha potuto addebitare, ad esempio, i pagamenti effettuati in favore di RAGIONE_SOCIALE sui conti di perché lo faceva materialmente lei, peraltro, spesso utilizzando causali diverse ed evitando operazioni dirette, ma utilizzando uno stratagemma tecnico che le intermediava, le sdoppiava in due:
spesso, il dare e l’avere devono essere quadrate, ma le nostre procedure consentono una quadratura fittizia che permette di chiudere le due fasi senza completarle contemporaneamente.
Quindi, la ricorrente faceva il dare, addebitandolo su con una quadratura fittizia che toglieva i soldi da quei conti senza una contropartita diretta (Quadro QCA – Quadro chiusura avere), poi faceva il pagamento della delega – che è un avere – e lo quadrava fittiziamente con la QCD – (Quadro chiusura a dare), così l’unica operazione risultava sdoppiata in due e poteva essere chiusa in un momento successivo purché in giornata.
Questo tipo di operazione intermediata la si può fare per qualsiasi tipo di operazione, ad esempio, anche per l’emissione di assegni circolari.
Tutte queste operazioni risultavano, per la stragrande maggioranza, effettuate dalla ricorrente individuabile con il numero di matricola, che è abbinato alla password che è personale:
per ogni operazione a sistema è necessario utilizzare matricola e password.
Un’altra modalità utilizzata dalla ricorrente era quella di appostare le somme su un conto vario che permette di fare l’addebito lasciando la partita in sospeso, metodo che può essere utilizzato in un momento successivo per qualsiasi cosa (un giroconto, un pagamento e simili).
Erano tutti stratagemmi per non far emergere direttamente il passaggio effettuato;
normalmente, per esempio, se si devono versare delle somme da un conto all’altro, la fisiologia è quello di fare un bonifico.
Confermo che la ricorrente aveva la delega a operare sul conto di e della RAGIONE_SOCIALE;
se non sbaglio, aveva la delega anche sui conti dei fratelli e del padre, quest’ultimo forse era cointestato.
Tutte le operazioni che ho descritto – sdoppiate o con appostamento di somme – non necessitano di autorizzazione se non sconfinano particolari somme;
di per sé, non sono operazioni anomale, sono operazioni che servono ordinariamente all’operatore per procedere nella lavorazione senza restare bloccato con una specifica operazione;
come per tutte le cose, dipende poi che uso – fisiologico o anomalo – se ne fa.
Le operazioni QCD e QCA non mi risulta che generassero a fine giornata un report che veniva inviato entro la mattina successiva al direttore della filiale.
C’è un controllo fatto su operazioni eseguite sopra i € 15.000,00 in contanti, in questo caso, l’operazione viene sottoposta al direttore.
Le movimentazioni sui conti che fanno scattare alert sono quelle di importi particolarmente elevati, le operazioni anomale compiute dalla ricorrente non superavano la soglia di alert del sistema.
Se non ricordo male, non aveva l’home banking, quindi, non poteva interrogare i rapporti in autonomia, doveva recarsi in banca per interrogare i rapporti o consultare gli estratti conto ricevuti a casa, ma non so se lo abbia fatto.
La banca può vedere se è stato fatto un estratto conto e chi l’ha fatto come dipendente della banca, ma non c’è modo di sapere se la richiesta è del cliente o di un altro:
sul conto di potrebbero esserci migliaia di queste richieste, ma lui potrebbe non essersi mai personalmente recato in banca.
Preciso, in ogni caso, che non ho questo dato.
La movimentazione del libretto presuppone la presenza fisica del libretto, ma basta il libretto, non serve il titolare in persona, basta avere il numero stampato a fianco dell’ultima operazione sul libretto:
serve il libretto, non la persona.
L’emissione di assegni circolari non è sottoposta al controllo del direttore, serve la firma del direttore solo se superano determinati importi, mi pare sopra i € 10.000,00;
al di sotto, se ci sono i fondi sul conto, non ci sono controlli.
Può darsi che ci sia un tabulato giornaliero sull’emissione degli assegni circolari, ma non mi viene in mente.
Preciso che, quando abbiamo fatto le verifiche, appurammo che molti dei controlli di competenza del direttore erano stati fatti dalla stessa ricorrente proprio in quanto operava anche come sostituta del direttore”.
Inoltre, “tra i documenti relativi ai fatti delle contestazioni in merito alle polizze, c’è un’operazione con una matricola che non è della ricorrente, preciso, però, che il dato rilevante dell’operazione è sempre l’IBAN;
non ricordo quante sono le operazioni con una matricola diversa da quella della ricorrente, ma il punto è che l’operazione poteva essere compiuta esclusivamente mandando i soldi sul conto dell’IBAN indicato – che comanda – e che, nel caso di specie, era quello Dunque, chi ha effettuato quell’operazione non aveva scelta:
o accreditava a quell’IBAN di o avrebbe dovuto respingere l’accredito… il messaggio dei bonifici delle polizze che indicava come beneficiario era visibile, ma i controlli tra beneficiari bonifici/titolare del conto sono stati eliminati con l’introduzione del sistema IBAN (mi pare nel 2010):
non c’è più controllo nominativo tra beneficiario bonifico e titolare conto, vale solo l’IBAN;
il controllo su queste discordanze è stato introdotto solo dopo, di recente, e solo ai fini dell’antiriciclaggio per la segnalazione delle operazioni come sospette…” (teste Alla luce delle concrete modalità operative impiegate dalla ricorrente nella commissione degli illeciti, l’eccezione di tardività in esame si prospetta, più che pretestuosa, espressione di assoluta mala fede e spregiudicatezza.
*** * *** 5. Ciò posto, i fatti oggetto di contestazione disciplinare risultano provati, così come risulta dimostrata la piena imputabilità degli stessi a 5.1.
L’istruttoria ha consentito di accertare che, con le verifiche avviate a seguito della prima segnalazione, ha controllato “tutte le modalità di effettuazione di queste operazioni (addebito utenze, prelievo contanti e simili) per capire che fine avessero fatto quelle somme.
Le indagini sono state estese alla operatività della ricorrente e abbiamo rilevato operazioni anomale sulle posizioni di altri clienti:
le sorelle (decedute da tempo, in quanto anziane)”.
La convenuta, dunque, ha verificato che “le anomalie riguardavano quelle tre posizioni con azioni irregolari e malversative, come le chiamiamo noi.
Sulle posizioni delle sorelle trovammo addebiti con causali tipo “pagamenti diversi” e/o “giroconti” che erano servite per pagare deleghe fiscali o altri pagamenti della RAGIONE_SOCIALE (peraltro, uno di questi pagamenti non andò a buon fine e i soldi che tornarono indietro furono accreditati o alla RAGIONE_SOCIALE o a uno dei fratelli della ricorrente).
Le operazioni sui conti di erano diverse, non riesco a ricordarle tutte con esattezza.
Ho personalmente sentito la ricorrente sulle prime cinque/sette operazioni, non l’abbiamo sentita sulle operazioni emerse nella seconda fase degli accertamenti (quindi, non l’abbiamo sentita, per esempio, sulle operazioni compiute sulle posizioni delle.
Non c’era nessuna ragione e/o giustificazione obiettiva a fondamento dei movimenti dai conti di a quelli di e/o della RAGIONE_SOCIALE e/o del padre della ricorrente medesima;
c’erano, peraltro, delle causali fuorvianti:
ad esempio, fu usata la causale “sottoscrizione titoli” per giustificare l’emissione di assegni circolari a favore della RAGIONE_SOCIALE.
Considerate le distrazioni dai conti di stiamo parlando di circa € 180.000,00 di cui la maggior parte (circa 170.000/175.000) dai conti di la parte delle sorelle era minima… erano posizioni gestite dalla ricorrente in ragione delle mansioni che le erano proprie;
se non ricordo male, ma non sono certo, la ricorrente aveva forse anche l’incarico di sostituire all’occorrenza il direttore di filiale.
Le operazioni che abbiamo visto transitare sui rapporti di RAGIONE_SOCIALE e il padre della ricorrente erano fatte dalla ricorrente;
forse, c’erano state due operazioni su quei conti fatte da un’altra filiale, ma la maggior parte delle operazioni a sportello fatte su quei conti erano, non solo firmate, ma materialmente eseguite dalla ricorrente.
Confermo che abbiamo rilevato operazioni anomale anche su polizze assicurative, analizzando tutti i rapporti che facevano capo alla ricorrente e alla zia rilevammo che sui rapporti di erano confluite polizze assicurative che provenivano da compagnie esterne;
andando a vedere il messaggio del bonifico, rilevammo che il beneficiario era formalmente anche se l’IBAN utilizzato non era quello di quello di Gli accrediti delle polizze, se non ricordo male, erano mi pare otto:
le prime tre polizze che sono arrivate con l’IBAN di sono state appostate al sistema a “conti vari” perché il conto era bloccato e, poi, accreditate al conto di quindi, di otto, due o tre, nonostante fossero arrivate con l’IBAN di furono accreditate sul conto di due sono andate a “conti vari” e, poi, accreditate ad altre tre, non c’erano blocchi sull’IBAN, e sono andate direttamente sul conto di Se non ricordo male, ma non ne ho la certezza, mi pare che tutti i blocchi e gli sblocchi dei conti di erano stati disposti dalla ricorrente; lo sblocco, che consente di accreditare le somme bloccate su “conti vari” sul conto che si vuole, per quel che ricordo, erano stati fatti dalla ricorrente… La ricorrente non aveva la delega per operare sui conti di la delega ce l’aveva la badante.
La ricorrente non aveva nemmeno la delega per operare sui conti delle sorelle (teste Si osservi che tutte le operazioni e/o movimentazioni richiamate dal teste beneficiano di riscontro documentale (cfr. docc. 2-16, fascicolo resistente).
*** * *** 6. Della idoneità dei fatti di cui si discute a giustificare il recesso datoriale non vi è modo di dubitare.
6.1.
Ogni singolo episodio di sottrazione di denaro ai correntisti è di per sé idoneo a fondare il licenziamento per giusta causa.
Nel caso di specie, tuttavia, si è accertata la commissione di plurimi illeciti di rilevante gravità – tutti connotati da intenzionalità, pervicacia e assoluto spregio per qualsivoglia norma di legge e di contratto – che hanno determinato la distrazione di somme oltremodo ingenti;
si osservi, peraltro, che l’agire illecito della ricorrente si è caratterizzato per un’accurata progettualità e per la realizzazione di una serie di artifizi volti a ostacolare la rilevazione degli illeciti commessi:
l’apertura del conto corrente intestato alla zia e le complesse procedure operative impiegate per le varie – indebite – movimentazioni ne sono prova eloquente.
Per come accertata, dunque, la condotta di assume i contorni del più tipico comportamento lesivo degli obblighi di lealtà e fedeltà e, in quanto tale, è senz’altro idonea a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario esistente tra datore e lavoratore.
E’ una considerazione, questa, che assume portata ancor più dirimente ove si considerino ruolo, funzioni e responsabilità della ricorrente;
si rammenti, difatti, che aveva anche l’incarico di sostituire, all’occorrenza, il direttore di filiale e ha potuto evitare “molti dei controlli di competenza del direttore” perché “erano stati fatti dalla stessa ricorrente proprio in quanto operava anche come sostituta del direttore” (teste Parte attrice, dunque, nel porre in essere condotte di assoluta gravità e di evidente rilevanza penale, ha abusato delle mansioni e della funzione aggravando ulteriormente – se mai fosse possibile – la propria posizione: il Supremo Collegio ha chiarito che, nel sindacato sulla configurabilità di una giusta causa di licenziamento, deve tenersi conto della condotta anche avuto particolare riferimento al “disvalore ambientale che la stessa assume quando, in virtù della posizione professionale rivestita, può assurgere, per gli altri dipendenti dell’impresa, a modello diseducativo e disincentivante dal rispetto di detti obblighi” (Cass. Civ., Sez. Lav., 2 ottobre 2019, n. 24619; così già Cass. Civ., Sez. Lav., 1 settembre 2015, n. 17366; Cass. Civ., Sez. Lav., 18 gennaio 2008, n. 1077).
Nel complesso, tenuto altresì conto del contenuto delle giustificazioni rese, si tratta di un atteggiamento che non consente alcuna prognosi favorevole circa la possibile correttezza e adeguatezza della futura condotta della dipendente:
si discute di un’aperta violazione di ciò che “la coscienza sociale considera il minimum etico” (cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 1 settembre 2009, n. 12735), di un’ipotesi nella quale non sussiste il rischio per il prestatore di incorrere in sanzioni per mancanze non conoscibili, poiché ogni comportamento che configuri una grave violazione dei doveri fondamentali del rapporto di lavoro – e, nel caso di specie, un illecito penale – è conoscibile e contestabile indipendentemente da una specifica previsione contrattuale. Peraltro, ricorrendo un’ipotesi “…manifestamente contrari all’etica comune o concretant violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro” (Cass. Civ., Sez. Lav., 9 marzo 2004, n. 4778), l’agire datoriale risulta anche conforme al principio di proporzionalità.
6.2.
Sussiste, dunque, la giusta causa di licenziamento e il recesso datoriale risulta legittimo.
*** * *** 7. Per tutti questi motivi, assorbenti rispetto a ogni ulteriore rilievo o questione sollevata dalle parti, il ricorso deve essere integralmente rigettato.
*** 7.1.
La regolazione delle spese di lite segue la soccombenza e, pertanto, deve essere condannata al pagamento delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo, che tiene conto del valore complessivo della controversia.
7.2.
La sentenza è provvisoriamente esecutiva ex art. 431 c.p.c. Stante la complessità della controversia, visto l’art. 429
c.p.c., si riserva la motivazione a 60 giorni.
il Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, rigetta, integralmente, il ricorso.
Condanna alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi € 6.000,00 oltre spese generali e accessori come per legge.
Sentenza provvisoriamente esecutiva.
Riserva a 60 giorni il deposito della motivazione.
Milano, 6 novembre 2024 IL GIUDICE DEL LAVORO dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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