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Licenziamento per giusta causa e potere di rappresentanza

La sentenza affronta il tema del licenziamento per giusta causa, in particolare in relazione all’esercizio del potere di rappresentanza da parte del lavoratore e alla sussistenza di una situazione di emergenza. La Corte, analizzando le prove documentali e testimoniali, rileva come il comportamento del dipendente integri gli estremi della giusta causa, essendosi posto in essere un comportamento esorbitante rispetto alle mansioni assegnate, con grave lesione del vincolo fiduciario.

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Pubblicato il 14 marzo 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

R.G. N. 544/2024

REPUBBLICA ITALIANA

CORTE D’APPELLO DI VENEZIA – sezione lavoro –

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

composta dai seguenti magistrati:

NOME COGNOME Presidente NOME COGNOME Consigliere NOME COGNOME Consigliere relatore ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._132_2025_- N._R.G._00000544_2024 DEL_01_03_2025 PUBBLICATA_IL_03_03_2025

nella causa promossa con reclamo (P. IVA ) in persona del dott. , dirigente del , giusta procura per atto del Notaio di Roma repertorio 597, racc. n. 400 del 23.3.2022, con sede legale in Roma – INDIRIZZO rappresentata e difesa, giusta delega in atti dall’avv. NOME COGNOMEC.F. , elettivamente domiciliata presso studio dell’avv. NOME COGNOME (CF , in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo Studio COGNOME COGNOME NOME COGNOME Parte reclamante contro nato a Domodossola il 31.8.1978, C.F. con residenza in C.F. C.F. C.F. 8, 37135 Verona (VR), cell. P_IVA, pec e fax per le comunicazioni di legge:

e fax NUMERO_TELEFONO, con domiciliazione presso l’Avv. NOME COGNOME e l’Avv. NOME COGNOME C.F INDIRIZZO, 30172 Mestre (VE), con pec per le comunicazioni di legge Parte reclamata OGGETTO:

reclamo avverso la sentenza n. 428/2024 del Tribunale di VERONA – sezione lavoro

IN PUNTO: licenziamento per giusta causa

Conclusioni:

Per parte reclamante:

“I.

In INDIRIZZO

– in riforma della sentenza n. 428/2024 del Tribunale di Verona – Sezione Lavoro (dott.ssa NOME COGNOME pubblicata in data 9 ottobre 2024 rigettare il Ricorso e le domande tutte formulate dal Sig. , in quanto infondate in fatto ed in diritto per tutti i motivi sopra esposti.

II.

In via subordinata:

– nella denegata ipotesi in cui l’Ill.mo Tribunale dovesse accertare l’illegittimità del recesso per giusta causa, ritenere sussistente il giustificato motivo soggettivo di licenziamento, ai sensi degli artt. 2118 c.c. e art. 3 della Legge 604/1966, limitando la condanna della Società convenuta alla sola corresponsione della indennità sostitutiva del preavviso, per tutti i motivi sopra esposti;

III.

In via ancora gradata, salvo gravame:

– nella denegata e non creduta ipotesi in cui il Ricorso del Sig. venisse anche solo parzialmente accolto, accertare e dichiarare risolto il rapporto di lavoro inter partes alla data di efficacia del licenziamento, ovvero alla diversa data che fosse ritenuta di giustizia e, per l’effetto, condannare la Società al pagamento dell’indennità omnicomprensiva di cui all’art. 18, comma 5, Legge 300/1970, nella misura minima di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, ovvero, in caso di inefficacia del recesso per vizi formali e/o per intempestività, al pagamento dell’indennità omnicomprensiva di cui all’art. 18, comma 6, Legge 300/1970, nella misura minima di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, per i motivi innanzi illustrati; C.F. – nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento della domanda avversaria di accertamento dell’illegittimità e/o invalidità del licenziamento intimato al Sig. e di reintegrazione nel posto di lavoro, rigettare la domanda di pagamento, anche a titolo di risarcimento, delle mensilità di retribuzioni maturate e maturande dal licenziamento alla effettiva reintegrazione, ovvero disporre la riduzione degli importi eventualmente riconosciuti, a qualsiasi titolo, al Sig. considerazione dell’accertando aliunde perceptum e percipiendum, per tutti i motivi esposti in narrativa”. Per parte reclamata:

“confermare la sentenza reclamata n. 428-2024 del 9.10.24 RG 898-24 del Tribunale di Verona, Sez. Lavoro.

Con vittoria di spese competenze ed onorari di lite a favore del Procuratore che si dichiara anticipatario.

” Svolgimento del processo 1. Con la sopra indicata sentenza il giudice di primo grado ha rigettato l’opposizione avverso l’ordinanza emessa nella fase sommaria del c.d. rito Fornero proposta dal datore di lavoro ha, dunque, confermato la predetta ordinanza che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento del sig. , condannando la soc.

alla sua reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento del danno ex art. 18, comma 4, L. 300/1970.

Ha, altresì, condannato la società alla rifusione delle spese di lite.

Il sig. è stato dipendente della soc.

dal 3.10.2006, con inquadramento nel livello B1 CCNL e qualifica di Capo Cantoniere con mansioni di Sorvegliante.

In data 14.09.2020, a seguito di incidente stradale sulla SS 434 nel Comune di San Giovanni Lupatoto (VR), si recava in loco per i relativi interventi di emergenza ed ivi – senza informare i suoi superiori – affidava alla soc.

le attività di ripristino dei luoghi.

Dopo circa un anno dall’episodio, in data 21.09.2021, la soc.

veniva a sapere dalla Polizia di Stato che il sig. nell’occasione aveva incaricato la soc.

Sicurezza e Ambiente.

In data 19.10.2021 il lavoratore riceveva contestazione disciplinare per aver affidato in modo illegittimo il ripristino dei luoghi alla predetta società, avendo speso il nome e i dei danni (spese di ripristino dello stato dei luoghi) ad un soggetto terzo che non aveva rapporti con la struttura territoriale locale della soc.

Il lavoratore non forniva giustificazioni, in data 15.12.2021 riceveva intimazione di licenziamento per giusta causa e ha instaurato il presente procedimento.

Il primo giudice ha così motivato:

“Quanto al merito, si riportano qui di seguito le motivazioni di cui all’ordinanza opposta.

‘Diversamente da quanto contestato, l’intervento svolto da era necessitato dall’urgenza di contenere gli effetti dell’inquinamento che potevano verificarsi a causa dello sversamento di gasolio.

Dalla lettera di contestazione, risulta che al ricorrente venne imputato di aver affidato lavori urgenti di risanamento e bonifica, nonostante la società , intervenuta in prima battuta per la pulizia del manto stradale dopo l’incidente mortale che coinvolse il mezzo pesante, avesse completato efficacemente tutti i lavori di ripristino.

Ed invero, risulta dalla stessa testimonianza del legale rappresentante di tale società che, sulla base delle informazioni a lui pervenute, ″l’incidente in questione aveva provocato uno sversamento che rischiava di invadere le griglie di raccolta e perciò era necessario un intervento ambientale che non era di nostra competenza, credo che sul posto fosse presente e se non sbaglio..

L’intervento oltre che necessario aveva carattere urgente;

sul punto esaustiva la testimonianza di , della quale qui di seguito sono riportati i passaggi essenziali:

″l’inquinamento è immediato e l’intervento serve proprio ad evitare la propagazione dell’inquinamento.

La legge pone dei termini molto stretti (di 24 ore) che il responsabile dell’inquinamento deve rispettare perché il rischio è che questo materiale inquinante, che è liquido, possa penetrare ancora più in profondità nel terreno e inquinare le falde acquifere″;

Dunque l’intervento era quantomeno opportuno e tuttavia il ricorrente errò nelle modalità di gestione della criticità emersa, atteso che dai rapporti agli atti (docc. 2, 3), dal suo stesso interrogatorio libero, dalla testimonianza del si evince che egli non notiziò alcuno dell’intervento urgente che affidò a né risultano tracce dell’affidamento dell’incarico, tant’è che tale fatto come si dirà pare essere entrato nella sfera di conoscenza datoriale solo alcuni mesi più tardi;

Dunque, seppur in un frangente temporale e circostanziale, connotato da necessità e urgenza, il ricorrente ebbe a violare il generale dovere di diligenza rispetto agli obblighi aziendali (cfr. CCNL art. 72 lett. a)), assumendo un’iniziativa che denota superficialità rispetto alle questioni giuridiche sottese alla cessione del credito e senza confrontarsi, neppure successivamente all’intervento urgente disposto, con suoi superiori;

Non pare fondata l’eccezione di intempestività della contestazione, atteso che dai documenti agli atti risulta che la società datrice di lavoro, solo molti mesi dopo i fatti, attraverso una missiva di Polstrada che chiedeva conferma ad della cessione del credito a (doc. 6) venne a conoscenza, appunto della cessione del credito e delle ragioni per cui avvenne;

Ed, infatti, secondo una procedura standardizzata, seguita da su tutto il territorio nazionale, nei rapporti con come con enti pubblici territoriali, l’intervento urgente è subordinato alla cessione del credito dell’ente che richiede l’intervento (ovvero di nei confronti del responsabile dell’inquinamento (il conducente ed ex art. 2049 la società sua datrice di lavoro e l’eventuale compagnia di assicurazione);

Non risulta, peraltro, che il fatto così come ricostruito abbia cagionato un danno economico ad né avrebbe potuto cagionare alcun danno, a ogni buon conto, va inoltre considerato, in punto di danno asseritamente subito da che la fattispecie della spendita del nome senza poteri (c.d. falsus procurator) è disciplinata dall’art. 1398 c.c., disposizione che prevede l’inefficacia dell’atto negoziale compiuto dal falsus procurator, fatta salva la successiva ratifica e il risarcimento del danno in favore del terzo in buona fede e a carico di colui che abbia agito senza avere poteri di rappresentanza. Dunque, avrebbe ben potuto eccepire l’inefficacia della cessione compiuta dal ricorrente.

Né risulta che il sig. abbia tratto vantaggio alcuno dalla condotta posta in essere che pare frutto di una superficiale ponderazione degli aspetti giuridici della vicenda, essendo palese che il ricorrente non avrebbe dovuto spendere una facoltà che non gli era stata conferita e avrebbe dovuto informare la società tempestivamente, durante il suo intervento o subito dopo;

Nondimeno, tenuto conto dell’insussistenza di alcuni profili della contestazione e della ridimensionata gravità dal comportamento del ricorrente alla luce dell’istruttoria svolta, si deve ritenere che il fatto doveva essere sanzionato con sanzione conservativa (art. 72 lett. a), 73, 74 lett. d).

Non è ravvisabile alcuna delle ipotesi previste dal codice disciplinare in punto di licenziamento con o senza preavviso non essendo stato provato né il dolo del ricorrente né il grave danno o pregiudizio a carico della società resistente, sui cui grava il relativo onere probatorio.

Dalla busta paga agli atti,

è dato di evincere la retribuzione globale di fatto del ricorrente, nella misura di € 2.816,00, attraverso il seguente procedimento aritmetico:

€ 2.599,49 (totale competenze statino novembre 2021) moltiplicato per 13/12.

In conclusione, il fatto così come accertato attraverso l’esame di testimoni e dei documenti è diverso e sensibilmente meno grave rispetto agli specifici profili di addebito contestati.

In particolare, non è riconducibile a nessuna delle violazioni disciplinari sanzionate con il licenziamento ed è invece ascrivibile alla violazione dell’obbligo di diligenza nell’esecuzione della prestazione (art. 72 lett. a), per aver il sig. pure in un contesto connotato da urgenza- superficialmente valutato i profili giuridici sottesi alla spendita del nome e alla cessione del credito, omettendone l’informativa ai superiori, fatti dai quali peraltro alcun danno è risultato sussistente.

Deve pertanto essere accordata al ricorrente la tutela reintegratoria di cui all’art. 18 comma 4 legge 300/1970.

La condanna alle spese di lite è conseguente alla soccombenza di parte resistente e le spese sono quantificate sulla base del valore della causa, dell’istruttoria svolta e del tipo di procedimento ex d.m. 55/2014.

Sulla base di tali motivazioni, questo giudice in esito alla prima fase processuale ha pronunciato il seguente dispositivo:

‘Annulla il licenziamento intimato a Condanna a reintegrarlo nel posto di lavoro e a pagargli l’indennità risarcitoria pari a dodici mensilità globali di fatto, corrispondente a € 31.193,88, oltre a interessi sulle somme rivalutate e ai contributi previdenziali ed assistenziali;

Condanna alla rifusione delle spese di lite in favore del ricorrente liquidate in € 4.629,00 oltre sp. forf.15%, IVA, CPA.

’ Nella presente fase di opposizione, parte opponente censura il provvedimento di questo Giudice, reiterando le difese già esposte nella precedenza fase processuale e valorizzando altresì l’argomento fondato sull’assenza dell’urgenza di provvedere.

, in altri termini, avrebbe affidato l’incarico di bonifica a senza neppure alcuna reale ragione che giustificasse l’urgenza di provvedere.

A sostegno di tale difesa, parte opponente ha prodotto il verbale di accertamento della Polizia di Stato e chiesto la testimonianza dei verbalizzanti nonché, senza alcuna specificazione nominativa, dei ‘Vigli del Fuoco intervenuti in occasione del sinistro del 14.9.2020’.

Questo giudice, nella presente fase di opposizione, ha ritenuto che i fatti descritti nei capitoli da 1 a 25 fossero già stati sottoposti ), si tratta di una linea difensiva diversa e incompatibile rispetto a quella sviluppata nella prima fase, ove invece si sosteneva come ‘..

le attività di ripristino fossero state eseguite immediatamente ed in modo corretto dalla società all’uopo incarica (cfr., comparsa di risposta, pag. 7).

I fatti dedotti del suindicato capitolo 25, inoltre, non paiono rilevanti non essendo stato contestato al ricorrente di non aver sollecitato a svolgere compiutamente il suo incarico, bensì di aver dato l’incarico di bonificare l’ambiente ad una diversa società operando una cessione del credito.

Secondo parte opponente, l’assenza di pericolo di sversamento si desumerebbe dal verbale della Polizia Stradale, precisamente dal fatto che tale verbale non esplicita tale pericolo.

L’argomento non è persuasivo, poiché l’intervento della Polizia Stradale ed il verbale di accertamento che ne seguì (art. 354 commi 2, 3 c.p.p.) era finalizzato al compimento degli accertamenti urgenti connessi all’incidente che si era verificato, sotto il profilo della violazione delle regole della circolazione stradale;

dunque non rientrava nella loro competenza l’eventuale indagine sui pericoli di inquinamento.

Nel medesimo verbale si da’ atto dell’intervento dei Vigili del Fuoco, senza ulteriore specificazione e, semplicemente in forza di tale menzione, del tutto generica, parte opponente chiede l’assunzione della testimonianza dei Vigili del Fuoco intervenuti (e prima ancora evidentemente la ricerca).

Ora è chiaro che tale richiesta è puramente esplorativa, non essendoci alcun notizia circa il loro intervento, sicché si ignora chi intervenì e se l’intervento sfociò in un verbale o in altri atti formali.

Va poi rimarcato che la contestazione è focalizzata sull’esercizio sine titulo da parte del ricorrente della facoltà di rappresentare la società datrice di lavoro e sul contenuto dell’accordo con RAGIONE_SOCIALE, ossia l’aver incaricato tale ultima società della bonifica e del ripristino dello stato dei luoghi, autorizzandola a rivalersi sul responsabile e sulla sua assicurazione per ottenere il rimborso delle spese di ripristino e di bonifica.

Su tali violazioni e sulla loro gravità, questo giudice rinvia all’ordinanza già pronunciata, potendosi unicamente precisare in questa sede che come risulta dalla stessa nota prodotta dall’opponente (doc. 20 atto di opposizione), RAGIONE_SOCIALE è società che offre tale genere di servizio in favore di numerosi enti pubblici territoriali (a titolo di esempio, il comune di Padova e di Treviso), secondo le specifiche modalità contrattuali proposte e accettata dal sig. , provvedendo cioè al ripristino dei luoghi senza costi per l’ente contraente, potendosi rivalere -attraverso la cessione del credito- sulla compagnia di assicurazione del responsabile dell’incidente automobilistico. Pertanto, ferme restando le valutazioni già svolte sulla condotta del sig. (lo stesso avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione a svolgere tale intervento o quantomeno informarne ex post i superiori motivandone il carattere urgente) si ribadisce nella presente fase processuale l’assenza dei presupposti tali da legittimare il suo licenziamento, alla luce della specifica condotta posta in essere -conforme ad una prassi contrattuale diffusa nel territorio regionale- e dell’assenza di conseguenze pregiudizievoli, così come di un interesse personale e difforme da quello strettamente legato al ripristino dello stato dei luoghi. Per queste ragioni, non sono state ammesse le ulteriori prove richieste da parte ricorrente e, esaurita la fase della discussione, l’ordinanza è stata integralmente confermata nei termini di cui al dispositivo” (pagg. 3-7).

2.

Per la riforma della predetta sentenza ha proposto reclamo la soc.

sulla base di cinque motivi.

Precisa che è pacifico lo svolgimento dei fatti di causa e che il lavoratore è stato reintegrato in ottemperanza a quanto disposto dal Tribunale di Verona.

Ribadisce che il comportamento tenuto dal lavoratore era di assoluta gravità e tale da ledere irrimediabilmente il rapporto fiduciario.

delle prove documentali e testimoniali nonché per omesso svolgimento di attività istruttoria.

L’appellante lamenta che il primo giudice ha ritenuto “superficiale” il comportamento del lavoratore ma necessitato dalla “urgenza di contenere gli effetti dell’inquinamento che potevano verificarsi a causa dello sversamento di gasolio”.

Evidenzia che dalla documentazione prodotta (tra cui il report giornaliero redatto dal lavoratore e il verbale redatto dalla Polizia di Stato) non risulta lo sversamento di gasolio asserito ex adverso e che la stessa smentisce le dichiarazioni testimoniali favorevoli alla versione del lavoratore.

Si duole, altresì, del fatto che, sul punto, senza alcuna plausibile motivazione, il primo giudice abbia rigettato le prove orali richieste dalla società.

Rileva che gli interventi di ripristino dei luoghi sono consistiti nella pulizia del manto stradale e nella rimozione dei detriti conseguenti all’incidente, attività rientrante nell’oggetto dell’appalto del servizio di pronto intervento stipulato tra e la soc. .

Osserva che, se anche fosse vera l’avversaria versione dei fatti, comunque il lavoratore ha omesso di informare il suo datore di lavoro circa lo sversamento di gasolio e la conseguente necessità di far intervenire una ditta terza.

L’appellante ribadisce che il lavoratore, senza valido motivo e senza potere od autorizzazione in tal senso, ha redatto e sottoscritto in nome e per conto della soc.

la lettera di incarico alla soc. .

Afferma che il lavoratore ha posto in essere un comportamento illecito, agendo da falsus procurator e peraltro esibendo per scopi impropri il suo tesserino di Polizia stradale.

Precisa che tale condotta è illegittima anche sotto il profilo oggettivo, poiché il lavoratore non ha rispettato le corrette procedure aziendali relative alla gestione degli incarichi a società terze e alla gestione delle pratiche di rifusione dei danni.

L’appellante, inoltre, lamenta che il primo giudice ha ritenuto ridotto il disvalore del comportamento del lavoratore in quanto “conforme ad una prassi contrattuale diffusa nel territorio regionale”.

Osserva che, all’epoca dei fatti di causa, in Veneto non sussisteva alcun rapporto contrattuale (e dunque alcuna prassi) tra la soc.

e la soc.

2.2.

Con il secondo motivo di reclamo la società ha impugnato la sentenza per errata interpretazione ed applicazione dell’art. 2119 c.c.

circa l’insussistenza di una giusta causa di ’appellante si duole che il primo giudice non ha rilevato la sussistenza di gravissimi inadempimenti ai principali doveri nascenti dal rapporto di lavoro e di una attitudine all’inadempimento tali da legittimare la sanzione espulsiva.

Osserva che il Tribunale di Verona, nel valutare la gravità dei fatti addebitati, non ha tenuto conto dei criteri indicati dalla Corte di Cassazione, quali la portata oggettiva e soggettiva dei fatti, le circostanze in cui sono stati commessi, la natura e l’utilità del singolo rapporto, la posizione delle parti, il grado di affidamento richiesto dalle mansioni del dipendente e l’intensità dell’elemento intenzionale (ex multis Cass. n. 14063/2019).

L’appellante ribadisce che, nel caso di specie, ricorrono tutti i predetti elementi che integrano la nozione legale e contrattuale di giusta causa di recesso.

In particolare, evidenzia che le condotte (quanto meno colpose) del lavoratore rappresentano una violazione degli obblighi di legge – quali l’obbligo di comportarsi con diligenza, correttezza, buona fede e leale cooperazione ex art. 2104 c.c. e l’obbligo di fedeltà ex art. 2105 c.c. – nonché una violazione di plurime disposizioni contrattuali del CCNL per i dipendenti della soc.

2.3.

Con il terzo motivo di reclamo la società ha impugnato la sentenza per aver omesso di convertire la giusta causa in giustificato motivo soggettivo.

In via subordinata, qualora il licenziamento sia ritenuto non motivato da giusta causa di recesso ex art. 2119 c.c., l’appellante afferma che sussistono comunque i presupposti del giustificato motivo soggettivo ex art. 3 L. 604/1966.

Pertanto, sostiene che il primo giudice, anche d’ufficio, avrebbe dovuto valutare il licenziamento disciplinare come licenziamento per giustificato motivo soggettivo, atteso che la modificazione del titolo di recesso è il mero risultato di una diversa qualificazione dei fatti a fondamento del provvedimento espulsivo.

Richiama giurisprudenza di legittimità al riguardo (Cass. n. 8836/1996, Cass. n. 17604/2007, Cass. n. 12884/2014).

2.4.

Con il quarto motivo di reclamo la società ha impugnato la sentenza per aver disposto la reintegrazione in servizio del lavoratore.

In via ancora subordinata, l’appellante rileva che è inapplicabile la tutela reintegratoria ex art. 18, comma 4, L. 300/1970 in quanto la stessa consegue esclusivamente all’ipotesi in cui si accerti che il fatto addebitato è insussistente o è riconducibile ad una sanzione conservativa prevista dal , dovuto applicare le sanzioni previste dall’art. 18, commi 5 e 6, L. 300/1970.

2.5.

Con il quinto motivo di reclamo la società ha impugnato la sentenza per non aver tenuto conto dell’aliunde perceptum e dell’aliunde percipiendum.

In via ulteriormente subordinata, l’appellante rileva che il primo giudice avrebbe dovuto condannare la società in una misura inferiore, considerando l’aliunde perceptum e percipiendum, atteso che il lavoratore ha dichiarato di avere, nelle more, reperito altra occupazione.

3. Si è costituito il sig. contestando il reclamo e chiedendone il rigetto.

Ribadisce di aver agito necessitato da una situazione emergenziale, salvaguardando la soc.

e l’ambiente da danni ingenti e senza ricavarne alcun profitto.

Precisa che, come emerso dall’istruttoria, notevoli sversamenti di gasolio e detriti erano penetrati nelle caditoie e che la soc.

si era limitata a pulire il piano stradale e non era in grado di procedere agli ulteriori interventi urgenti.

Quanto al primo motivo di reclamo, il lavoratore afferma che il primo giudice ha correttamente valutato le prove documentali e testimoniali.

Sostiene che l’appellante interpreta i documenti in modo strumentale, irrealistico e contraddittorio rispetto alla fase sommaria.

Ribadisce che lo sversamento di gasolio, benché negato da controparte, si è effettivamente verificato, come risulta dall’istruttoria esperita.

Quanto al secondo motivo di reclamo, il lavoratore ne sostiene l’infondatezza, atteso che il primo giudice ha correttamente delineato e motivato l’inquadramento giuridico della vicenda.

Ribadisce che la propria condotta è stata determinata dalla situazione emergenziale, non ha cagionato danni alla soc.

e, anzi, ha evitato alla stessa richieste risarcitorie per inquinamento ambientale.

Precisa che soltanto la soc.

Sicurezza e Ambiente, nota sul territorio, aveva i mezzi e le capacità per gli interventi necessari nel caso di specie.

Quanto al terzo motivo di reclamo, il lavoratore osserva che la sentenza impugnata è conforme all’unanime giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 18375/2006) ed è corretta alla luce delle circostanze oggettive e soggettive della vicenda.

Precisa che le sentenze richiamate ex adverso riguardano casi diversi da quello presente e che era onere del datore di lavoro dimostrare l’illiceità e gravità dei fatti addebitati.

temporis poiché egli era stato assunto nel 2006.

Rileva la genericità della contestazione disciplinare, in quanto priva di specifici riferimenti alle norme contrattuali e di legge asseritamente violate, e l’insussistenza del fatto materiale addebitato.

Quanto al quinto motivo di reclamo, il lavoratore evidenzia che era onere di controparte dedurre e provare l’aliunde perceptum e percipiendum e che la modalità di calcolo indicata ex adverso è errata (cfr. Cass. n. 20313/2022).

Si oppone poi alle richieste istruttorie avversarie.

Infine, il lavoratore ribadisce che il licenziamento è illegittimo per violazione dell’art. 7 L. 300/1970:

– per asserita mancata comunicazione della contestazione disciplinare;

– per difetto di tempestività della stessa;

-per difetto di specificità della stessa.

4.

La causa è stata discussa all’udienza del 20.2.2025 e trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Il reclamo è fondato e deve essere accolto, con conseguente rigetto delle domande di accolte in primo grado, per le seguenti dirimenti ragioni, che assorbono ogni ulteriore questione.

6.

I primi due motivi di reclamo sono suscettibili di essere trattati congiuntamente, in quanto connessi, e risultano fondati, per quanto segue.

6.1.

Vanno, innanzitutto, rigettate le eccezioni riproposte in questa sede dal lavoratore in merito all’asserita violazione dell’art. 7 della L. 300/1970.

Quanto all’eccezione di omessa ricezione della lettera di addebito disciplinare, il Collegio rileva che vi è in atti prova del suo ricevimento da parte del lavoratore in data 19.10.21 (doc. 9

Quanto all’eccezione relativa all’asserita violazione del principio di specificità, il Collegio rileva che la contestazione è, viceversa, dettagliata in quanto specifica il fatto oggetto di addebito in tutti i suoi elementi spazio-temporali e descrittivi della condotta del , nonché le circostanze che connotano il disvalore ravvisato dalla società, con particolare riferimento alla circostanza che il ha conferito un incarico ad una società terza, eccedendo i limiti delle proprie attribuzioni e utilizzando impropriamente il tesserino della Polizia Stradale. Del resto, l’eccezione del è del tutto ’omessa affissione del codice disciplinare, la circostanza è comunque del tutto inconferente, in quanto la condotta contestata, da ritenersi provata (v. infra), reca in sé un disvalore comunemente e immediatamente apprezzabile dalla generalità dei lavoratori (v. Cass. 28741/2019), in quanto in palese contrasto con il c.d. “minimo etico”, ovverosia con i basilari principi sottesi al rapporto di lavoro, ed in particolare con il dovere di fedeltà, ictu oculi violato dalla condotta del dipendente che stipuli in nome e per conto del datore di lavoro contratti con terzi, senza alcuna giustificazione e senza nemmeno informarlo. Non risulta, infine, violato, nemmeno il principio della immediatezza, in quanto è provato in atti che la comunicazione della RAGIONE_SOCIALE ad in merito all’incarico conferito dal è del 13.9.21 (doc. 6 ), sicchè la comunicazione di addebito pervenuta al a poco meno di un mese di distanza (19.10.2021) deve ritenersi assolutamente tempestiva, tenuto conto della verosimile necessità di effettuare i conseguenti riscontri.

Anche sotto tale profilo, non vi sono specifiche allegazioni in ordine all’asserito vulnus al diritto di difesa.

6.2.

Nel merito, il comportamento addebitato deve ritenersi sussistente.

Ed invero, il lavoratore (che non aveva nemmeno presentato giustificazioni in sede di procedimento disciplinare), non ha negato l’addebito, ma ha sostenuto la necessità di conferire con urgenza l’incarico di cui si discorre ad una società terza per evitare un danno ambientale conseguente allo sversamento di gasolio.

Ebbene, la difesa del lavoratore non è stata confermata dall’istruttoria.

Innanzitutto, è oltremodo indicativo che nessuno dei rapporti redatti dai soggetti intervenuti indichi la presenza di uno sversamento di gasolio tale da creare un pericolo ambientale.

Innanzitutto lo stesso , nel rapporto di intervento da lui redatto, nella sezione “Dettaglio attività”, in corrispondenza alla richiesta di indicazione sull “urgenza” dell’intervento, ha indicato “NO” (doc. 2 pag. 2 e pag.4).

Alla pagina 3 del medesimo rapporto vi sono delle fotografie (che, tuttavia, dalla lettura di pag. 5 risulterebbero “non caricate”) da cui non emerge alcuno sversamento di gasolio.

Si tratta, peraltro, di fotografie che risulterebbero scattate in orario compreso tra le ore 10.00 e le ore 11.00 e, quindi, in un arco temporale in cui era presente in loco la società quale orario di fine intervento le 12.30).

Né il rapporto del dà atto dell’insufficienza dell’intervento della , unica società con cui aveva stipulato un contratto per l’affidamento dei lavori di ripristino del manto stradale a seguito di intervento.

Sicchè non vi è prova (né fotografica, né di altro tipo, v. infra) della asserita circostanza che dopo l’intervento della la situazione del manto stradale non fosse completamente ripristinata e necessitasse di un ulteriore intervento di bonifica che la non era, in tesi, in grado di svolgere.

Nemmeno nel rapporto di è dato rilevare un tanto.

Ivi si legge che l’intervento era stato richiesto da per “pulizia piano viabile post incidente”, che l’intervento è durato dalle ore 10.00 alle ore 12.30, ha impegnato quattro persone (un autista, un muratore e due manovali).

Non si legge che dopo l’intervento fossero residuati sversamenti di gasolio tali da richiedere l’intervento di una società terza.

Riscontri alla tesi del lavoratore non si rinvengono nemmeno all’esito dell’esame del verbale “di accertamenti urgenti sullo stato dei luoghi e sulle cose” redatto dalla Polizia Stradale (doc. 17.

Si tratta di rapporto redatto nell’immediatezza dell’incidente (l’arrivo in loco è indicato ad ore 7.20) e lo stato del fondo stradale è indicato come “asciutto”.

Ivi si legge che in loco erano presenti anche i Vigili del Fuoco.

Alcuna annotazione è contenuta in merito all’asserito sversamento di gasolio e alla necessità di un intervento di bonifica ambientale.

Mentre, viceversa, vi è l’annotazione per cui il mezzo incidentato trasportava “prodotti alimentari freschi consistenti in cioccolato, formaggio e burro”, non carburante o altre sostanze inquinanti.

Del resto, è verosimile ritenere che se si fosse davvero verificato uno sversamento di gasolio – anche solo del gasolio contenuto nel serbatoio del veicolo incidentato – tale da richiedere un intervento supplementare rispetto a quello ordinariamente assicurato da i verbalizzanti lo avrebbero indicato, stante la natura dell’atto (che riguarda accertamenti urgenti anche sullo stato dei luoghi).

Infine, va rilevato che dal capitolato speciale di appalto sottoscritto tra (doc. 19 emerge che l’oggetto del contratto era relativo a “tutte quelle attività non programmabili finalizzate al ripristino temporaneo o definitivo delle condizioni di sicurezza a seguito di incidenti stradali … al ripristino o al mantenimento delle condizioni di sicurezza” (doc. 19, casi:

….

per perdite di carico, solidi o liquidi da mezzi pesanti e veicoli in genere;

stesura di materiale chimico assorbente per perdite di liquidi dispersi … spurgo tombini” (pag. 6 del doc. 19 , anche riguardanti le “pertinenze stradali” (pag. 8 del doc. 19.

Non vi sono eccezioni con riferimento a sversamenti di gasolio.

La prova dell’asserito sversamento di gasolio tale da richiedere l’intervento supplementare – rispetto a quello approntato dalla – da parte di una ditta terza non si ricava nemmeno dalle deposizioni testimoniali.

Ed invero, il teste , legale rappresentante di , ha deposto de relato, non essendo stato presente al momento dell’intervento.

Sicchè non poteva confermare (e, del resto, non ha riferito, nemmeno de relato, in modo specifico sul punto) la sussistenza di una situazione ambientale tale da richiedere l’intervento di bonifica della società Anche i testi capocentro di , legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, hanno deposto de relato.

ha deposto altresì de relato actoris (in quanto fu il a riferirgli dell’asserita necessità di bonifica ambientale).

Del resto, il teste ha escluso che in passato fossero stati autorizzati interventi quali quello posto alla base del licenziamento impugnato.

Il teste , responsabile della sala operativa di oltre a confermare che il non aveva il potere di richiedere a società terze un intervento come quello per cui è causa, ha altresì confermato che il non comunicò né l’esistenza di uno sversamento (che il teste, non presente in loco, non è stato in grado di confermare), né il conferimento di incarico alla ditta terza.

In definitiva, la condotta oggetto di addebito disciplinare deve ritenersi provata e non giustificata dall’esigenza di fronteggiare uno sversamento di gasolio fonte di potenziale danno ambientale.

6.3.

Il Collegio ritiene che il comportamento addebitato deve ritenersi oltre che sussistente, anche tale da legittimare il licenziamento per giusta causa.

Si tratta, invero, di un comportamento senz’altro grave, tale da determinare una immediata lesione del vincolo fiduciario, posto che il lavoratore ha speso il nome della società senza averne i di incarico alla società (doc. 5 per avvalorare la sussistenza di poteri di rappresentanza di in realtà insussistenti.

In sede di interrogatorio libero il ammesso di essere stato consapevole, già allora, di non avere i poteri per richiedere l’intervento di cui si discorre, anche se ha cercato di minimizzare il fatto, in particolare ribadendo l’urgenza di intervenire (verbale udienza di primo grado del 25.1.2023).

A questo punto, il Collegio rileva che il comportamento oggetto di addebito non può essere sussunto nella sanzione conservativa richiamata dal primo giudice e relativa alla violazione di diligenza rispetto agli obblighi aziendali (CCNL art. 72 lett. a).

Ed invero, nel caso di specie il non ha commesso una mera negligenza nello svolgimento delle mansioni, ma ha consapevolmente tenuto un comportamento esorbitante rispetto alle mansioni assegnate, non giustificato dalla sussistenza di una situazione emergenziale (non provata), coinvolgendo terzi (che all’epoca non erano controparti di che aveva stipulato il contratto di appalto con ) in rapporti contrattuali che non era autorizzato ad instaurare, con potenziale danno per (la cessione a del credito verso l’obbligato civile per le spese relative al ripristino stradale). Si tratta di un comportamento la cui gravità non è contemplata/assimilabile a nessuna sanzione conservativa (invero il non indica in modo specifico alcuna previsione ulteriore rispetto a quella indicata dal primo giudice:

violazione del dovere di “svolgere con assiduità, diligenza e tempestività le mansioni a lui assegnate” ex art. 72 lett a), nemmeno formulata sub specie di clausola generale o elastica (Cass. 22331/2024:

del resto, si è visto che non si tratta di mera negligenza nello svolgimento delle mansioni).

Anzi, la condotta del è assimilabile a quelle che lo stesso CCNL applicato al rapporto prevede quali ipotesi di licenziamento per giusta causa.

Si veda l’art. 76, comma 2, lett. a, che prevede il licenziamento per giusta causa “per illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme, o beni di spettanza o di pertinenza della Società o ad esso affidati, o infine per connivente tolleranza di abusi commessi da dipendenti o da terzi …..

”:

ed invero il , nel cedere a terzi un credito della società ha tenuto una condotta di gravità assimilabile all’“illecito uso” o alla “distrazione” di beni della società.

Il comportamento del – che ha consapevolmente esorbitato dalle proprie , che prevede il licenziamento per giusta causa “ per violazioni dolose di leggi o regolamenti o dei doveri di ufficio che possano arrecare o abbiano arrecato forte pregiudizio alla Società o a terzi”.

In ogni caso, la condotta è sussumibile, per quanto precede, nell’art. 76, lettera j, che legittima il licenziamento per giusta causa “in genere per fatti o atti dolosi, anche nei confronti di terzi, di gravità tale da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro.

” (v. doc. 14.

Non risulta, invero, possibile la prosecuzione anche temporanea del rapporto di lavoro con un dipendente che ha agito quale falsus procurator in assenza di una situazione che giustificasse tale condotta, condotta di cui la società è venuta a conoscenza in modo casuale, per effetto di richieste di chiarimenti da parte della Polstrada quasi un anno dopo (l’incidente è del 14.9.2020 e la richiesta di chiarimenti della Polstrada del 13.9.2021).

Per tutto quanto precede, il reclamo deve essere accolto e le domande del accolte in primo grado devono essere, viceversa, rigettate.

7. Gli altri motivi di reclamo restano assorbiti dall’accoglimento dei primi due, secondo quanto precede.

8.

Quanto alle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, in applicazione del principio della soccombenza, esse devono essere poste a carico di 8.1.

Sicché deve essere condannato alla rifusione in favore di delle spese di lite di entrambi i gradi, nella misura liquidata in dispositivo, facendo applicazione dei criteri di cui al D.M. 55/14 e ss. mod., in un importo pari ai medi dello scaglione di riferimento per valore della causa (in primo grado si è, altresì, svolta istruttoria testimoniale), oltre al rimborso spese forfetario, IVA e CPA come per legge.

PQM

La Corte, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, rigettata e/o assorbita ogni diversa istanza, eccezione e domanda, così provvede:

1) in accoglimento del reclamo e in riforma dell’impugnata sentenza, rigetta le domande di accolte in primo grado;

) condanna alla refusione in favore di delle spese di lite di entrambi i gradi che liquida quanto al primo grado, in euro 9.257,00 e quanto al presente grado, in euro 6.946,00, oltre a rimborso forfettario IVA e CPA come per legge.

Venezia, camera di consiglio del 20.2.2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME Il Presidente NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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