REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di PIACENZA
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 252/2019 pubblicata il 02/05/2019
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. /2014 promossa da:
XXX CF/PIVA elettivamente domiciliato in presso l’Avvocato che la rappresenta e difende;
ATTORE contro
YYY CF/PIVA elettivamente domiciliato in, presso l’Avvocato che lo rappresenta e difende;
CONVENUTO
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come indicato al verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione regolarmente notificato la Sig.ra XXX, citava in giudizio il Sig. YYY per sentirlo condannare alla restituzione della somma capitale di € 9.500,00, oltre interessi commerciali dal 12/07/2012 (data di notifica del primo sollecito di pagamento) al saldo. A sostegno della propria domanda l’attrice esponeva:
-che nell’anno 2010 il Sig. YYY aveva richiesto ed ottenuto dall’attrice un prestito di € 10.000,00;
-che all’epoca il Sig. YYY ed il fratello ***, svolgevano attività di network marketing nei locali della società “***”, di cui era amministratore la Sig.ra XXX;
-che, approfittando dei rapporti di amicizia sorti in questo contesto, il YYY, lamentando una passeggera carenza di liquidità, aveva domandato il prestito in parola, promettendo che lo avrebbe prontamente restituito;
-che ella ingenuamente aveva corrisposto la somma richiesta, senza farsi rilasciare ricevuta;
-che nei quasi dieci anni trascorsi da allora le numerose richieste di rimborso non avevano sortito alcun effetto, tranne per quanto riguarda la restituzione di € 500,00, avvenuta nel novembre 2010.
Si costituiva in giudizio il convenuto YYY, contestando di essere debitore della somma richiesta.
La causa veniva istruita mediante l’escussione delle prove orali ammesse dal precedente GI con ordinanza del 16/3/15. L’udienza di precisazione delle conclusioni, originariamente fissata per il giorno 12/7/16, subiva numerosi rinvii a causa del trasferimento dei vari giudici assegnatari del presente ruolo. Con decreto del Presidente n. /2017 dell’8/11/2017 la presente causa veniva assegnata a questo Giudice che all’udienza del 22.1.2019, sulle conclusioni rassegnate dalle arti, la tratteneva in decisione con concessione dei termini di cui all’art. 190 cpc.
****** La domanda è fondata e va dunque accolta.
Preliminarmente occorre chiarire che gli elementi di fatto emersi all’esito dell’istruttoria orale ben possano essere posti a fondamento della decisione per le seguenti ragioni.
Dopo aver stabilito che la prova per testimoni dei contratti non è ammessa quando il valore eccede 2,58 euro, l’art. 2721, 2° co. lascia ampio spazio discrezionale al giudice, stabilendo che l’autorità giudiziaria possa consentire la prova oltre tale limite, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza. Circa le modalità di esercizio della facoltà di deroga, la giurisprudenza ha sottolineato che non sia necessaria l’esistenza di tutti gli elementi elencati dalla norma, bastando anche uno solo di essi a giustificare l’ammissione della prova testimoniale (così Cass civ 1257/1988; Cass civ 6172/1982; Cass civ 5746/1981).
Orbene, con riguardo alla “qualità delle parti”, si ritiene che l’espressione legislativa vada riferita a qualsiasi relazione personale delle parti, non necessariamente di natura familiare, che possa spiegare o giustificare la mancata precostituzione di un documento scritto.
Muovendo da tali presupposti, nel caso di specie l’attrice nel proprio atto introduttivo ha esposto che nell’ambito di un rapporto di amicizia con il YYY -al quale aveva concesso in locazione alcuni locali per svolgere attività di network marketing- aveva provveduto a prestare al convenuto la somma di Euro 10.000,00 e che proprio in ragione della fiducia che riponeva nell’amico non si era fatta rilasciare alcuna ricevuta. Rispetto all’esistenza del predetto legame di amicizia che avrebbe determinato la XXX a non richiedere la quietanza dell’avvenuto pagamento, nulla ha eccepito il convenuto: detto elemento, pacificamente ammesso, assume quindi rilevanza significativa, apparendo idoneo a giustificare l’assenza di prova scritta in ordine al rapporto di mutuo in questione. Alla luce di ciò, quindi correttamente il precedente GI ha ritenuto di avvalersi della facoltà di deroga prevista l’art. 2721, 2° co, ammettendo la prova orale richiesta dall’attore, le cui risultanze, quindi risultano in questa sede certamente utilizzabili.
Inoltre, come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità (v. ex plurimis: Cass. civ. Sez. II, (ud. 24/02/2006) 28-04-2006, n. 9925 Cass. 1295/1979), le limitazioni poste dell’art. 2721 c.c. e segg. all’ammissibilità della prova testimoniale non attengono all’ordine pubblico ma sono dettate a tutela di interessi di natura privatistica. Pertanto la loro violazione non solo non può essere rilevata d’ufficio dal giudice ma neppure è rilevabile dalle parti ove non sia stata dedotta in sede di ammissione della prova ovvero nella prima istanza o difesa successiva, o, quanto meno, in sede di espletamento della prova stessa.
Nel caso di specie, risulta dagli atti di causa che la difesa del convenuto, pur avendo contestato in sede di comparsa di costituzione e risposta l’ammissibilità della prova per il superamento del limite di valore, tuttavia alla successiva udienza del 17/2/2015 -deputata alla decisione sulle istanze istruttorie articolate- la difesa YYY non ha specificatamente riproposto detta eccezione, e neppure alcun accenno a detto profilo di inammissibilità è stato rilevato all’udienza del 26/11/15 prima dell’ingresso della prova orale.
Anche per tale ragione, ovvero in mancanza di specifica e puntuale riproposizione dell’eccezione di parte, il precedente GI non poteva, pertanto, dichiarare inammissibile la prova orale dedotta dall’attrice.
Tanto premesso, la XXX ha compiutamente fornito la prova dei fatti posti a fondamento della propria pretesa ovvero ha dimostrato di aver consegnato in contanti la somma di Euro 10.000,00 al YYY e di aver chiesto la restituzione dell’importo prestato. Il teste ***, escusso all’udienza del 26/11/15, ha infatti riferito di aver personalmente assistito alla dazione del denaro contante che doveva essere successivamente investito dal YYY. Il *** ha inoltre precisato di aver sentito in più di una occasione il YYY dire all’attrice di aver destinato parte della somma ricevuta ad una altra operazione di investimento e che a distanza di qualche mese avrebbe restituito alla XXX il dovuto. Da ultimo il teste ha confermato che soltanto 500,00 euro erano stati restituiti alla XXX.
Alla luce di ciò pertanto il convenuto va condannato alla restituzione in favore dell’attrice della somma capitale richiesta, sulla quale vanno applicati gli interessi legali e non già quelli commerciali domandati in quanto, da un lato, non risulta applicabile rationae temporis la disciplina contenuta nell’art. 1284 comma 4 cc, dall’altro non vi è prova del fatto che la dazione di denaro sia avvenuta nell’ambito di una transazione commerciale ex art.2 dlgs 231/2002.
Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo con applicazione dei parametri di cui al DM 55/14, valori compresi tra i minimi e i medi, stante l’importo riconosciuto come dovuto ed attesa la non particolare complessità in fatto e in diritto delle questioni trattate.
PQM
Il Tribunale di Piacenza, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione disattesa e/o assorbita così dispone:
-accoglie la domanda proposta dall’attrice nei confronti del convenuto e per l’effetto condanna YYY alla restituzione in favore di XXX della somma pari ad Euro 9.500,00 oltre interessi legali dal 12/7/2012 al saldo; -condanna il convenuto alla refusione delle spese processuali in favore di parte attrice che liquida in Euro 3.500,00 Euro per compensi, Euro 227,00 per esborsi, oltre spese generali, iva e cpa.
Piacenza, 2 maggio 2019
Il Giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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