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Liquidazione coatta amministrativa, interruzione del processo

La sentenza chiarisce che l’apertura della liquidazione coatta amministrativa di una banca costituisce causa di interruzione del processo e che il termine per la riassunzione decorre dalla data in cui le parti ne hanno avuto conoscenza legale. Inoltre, si afferma il principio secondo cui la violazione degli obblighi informativi da parte dell’intermediario finanziario non determina la nullità del contratto, ma può dar luogo a responsabilità precontrattuale o contrattuale.

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Pubblicato il 17 febbraio 2025 in Diritto Bancario, Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE SECONDA SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA così composta:

dr. NOME COGNOME Presidente relatore dr.

NOME COGNOME consigliere dr. NOME COGNOME consigliere riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._686_2025_- N._R.G._00006949_2019 DEL_29_01_2025 PUBBLICATA_IL_31_01_2025

nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 6949 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2019, posta in decisione all’udienza del 20 gennaio 2025 e vertente TRA , con gli Avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME che si dichiarano antistatari, PARTE APPELLANTE con gli Avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME, PARTE APPELLATA con l’Avvocato COGNOME NOME, PARTE APPELLATA

OGGETTO: Appello avverso sentenza n. 983/2019 emessa dal Tribunale di Viterbo, sezione civile, pubblicata in data 22.07.2019 in materia di contratti bancari.

Si dà atto che la presente causa non concerne la materia specializzata dell’impresa.

FATTO E DIRITTO

§ 1. — Primo grado:

– con atto di citazione ritualmente notificato, si è rivolto al Tribunale per ottenere, previa dichiarazione alla restituzione delle somme investite, al netto delle vendite, per € 75.548,00 per le azioni e € 1.144,27 per le azioni RAGIONE_SOCIALE, chiedendo in subordine il risarcimento del danno per equivalente pari alla perdita subita o, in ulteriore subordine, alla somma ritenuta di giustizia, rassegnando le seguenti conclusioni:

«Disattesa ogni contraria istanza, deduzione e ragione, in via preliminare si disconoscono le sottoscrizioni del documento 9.4.2008 scheda profilatura cliente (all.11).

Nel merito:

a) Dichiarare la nullità delle operazioni compiute dall’attore dal 2006 al 9.4.2008 (data del contratto quadro) stante la inesistenza dello stesso.

Condanna della banca alla restituzione delle somme investite secondo CTU;

b) Ritenere e dichiarare che la banca ha agito in totale violazione degli obblighi imposti dalla del. 11522/98 Consob e dal d.lgs 164/2007, nonché dal contratto.

Dichiarare la stessa inadempiente;

c) Conseguentemente dichiarare ed accertare la risoluzione di tutte le operazioni come indicate al punto 2 (all.1);

d) Condanna della banca alla restituzione delle somme investite, al netto delle vendite, per euro 75.548,98 per ed euro 1.144,27 per RAGIONE_SOCIALE;

e) In subordine risarcimento del danno per equivalente pari alla perdita subita ovvero per le stesse somme indicate al capo c) f) In subordine altra somma come di Giustizia ed all’esito dell’istruttoria; g) Ulteriore subordine condanna della banca ai danni in via equitativa per la condotta tenuta;

Con vittoria di spese, competenze ed onorari.

– in via istruttoria, è stato altresì richiesto di volersi esperire CTU contabile, ordine di esibizione di documentazione e prova per testi;

– con comparsa di costituzione e risposta, si è costituita in giudizio la chiamando in causa l’ quale compagnia assicurativa per la responsabilità civile, rassegnando le seguenti conclusioni:

«Voglia l’Ill.mo TRIBUNALE CIVILE DI VITERBO, disattesa ogni contraria istanza eccezione e deduzione:

– in via preliminare:

differire l’udienza di prima comparizione al fine di consentire la chiamata in causa della – in via principale:

rigettare la domanda rivolta da parte attrice avverso la in quanto inammissibile per intervenuta decadenza, totalmente carente di prova e comunque infondata in fatto ed in diritto;

– in via subordinata e salvo gravame:

nella denegata ipotesi di accoglimento anche solo parziale della domanda di parte attrice, ridurre la misura della condanna della in misura pari a quanto ricavato dal Sig. dalla vendita delle azioni, al valore di mercato dei titoli ancora presenti nel portafoglio del Sig. , al concorso colposo dell’attore nella causazione dell’ipotetico danno;

– in via ulteriormente subordinata:

per la denegata e non creduta ipotesi di accoglimento delle domande attoree disporre la restituzione alla Banca di tutte le azioni e RAGIONE_SOCIALE acquistate tra il febbraio 2006 e l’ottobre 2009;

– sempre in via subordinata e salvo gravame:

nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale della prospettazione di parte attrice, condannare a manlevare da qualunque importo questa sia chiamata a corrispondere all’attore in relazione ai titoli azionati nel presente giudizio.

– in ogni caso: condannare l’attore al pagamento in favore della convenuta dei compensi professionali per l’attività svolta (fase di studio della controversia;

fase di introduzione del procedimento;

fase istruttoria; fase decisoria), secondo i parametri previsti dal “Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamento vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 9 del decretolegge 24 gennaio 2012 n. 1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n. 27”, oltre spese documentate, accessori di legge, Iva e Cpa.

– con comparsa di costituzione e risposta, si è costituita in giudizio la chiamata in causa dalla rassegnando le seguenti conclusioni:

«Si conclude perché piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, in via preliminare rigettare la domanda di in diritto e comunque non provata;

in via subordinata nella denegata ipotesi contraria riconoscere la Compagnia tenuta solo ed esclusivamente entro le condizioni di operatività ed i limiti di massimale sopra specificati sub 3).

Con vittoria di spese competenze ed onorari.

» – il Tribunale, previo rigetto dell’istanza di ammissione della CTU, in data 20 dicembre 2017 ha dichiarato l’interruzione del processo a seguito della sottoposizione della alla procedura di amministrazione straordinaria prima e di liquidazione coatta poi.

– la causa è stata riassunta a mezzo di ricorso depositato in data 06 febbraio 2018 dal sig. , con successiva costituzione della (già ) e della in qualità di ente ponte cessionario dei rapporti della , la quale ultima ha rassegnato le seguenti conclusioni:

«Voglia l’Ill.mo Tribunale Civile di Viterbo, disattesa ogni contraria istanza eccezione e deduzione:

– in via preliminare:

dichiarare l’estinzione del processo per i motivi di cui ai paragrafi I. ed II. del presente atto, con ogni conseguenza di legge;

– in INDIRIZZO

rigettare la domanda rivolta da parte attrice avverso la in quanto inammissibile per intervenuta decadenza, totalmente carente di prova e comunque infondata in fatto ed in diritto;

– in via subordinata e salvo gravame:

nella denegata ipotesi di accoglimento anche solo parziale della domanda di parte attrice, ridurre la misura della condanna della in misura pari a quanto ricavato dal Sig. dalla vendita delle azioni, al valore di mercato dei titoli ancora presenti nel portafoglio del Sig. , al concorso colposo dell’attore nella causazione dell’ipotetico danno;

– in via ulteriormente subordinata:

per le denegata e non creduta ipotesi di accoglimento delle domande attoree disporre la restituzione alla Banca di tutte le azioni e RAGIONE_SOCIALE acquistate tra il febbraio 2006 e l’ottobre 2009;

– sempre in via subordinata e salvo gravame, nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale della prospettazione di parte attrice, condannare (ora a manlevare la da qualunque importo questa sia chiamata a – In ogni caso:

condannare le controparti al pagamento in favore della convenuta dei compensi professionali per l’attività giudiziale svolta (fase di studio della controversia

; fase di introduzione del procedimento;

fase istruttoria; fase decisoria), oltre spese, accessori di legge, Iva e Cpa, e spese di trasferta ex art. 11 DM 55/2014.

» – il Tribunale, previa concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., ha trattenuto la causa in decisione all’udienza del 09 gennaio 2019.

§ 2. — All’esito del giudizio, il Tribunale ha così deciso:

«Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:

A) Dichiara l’estinzione del giudizio;

B) Compensa integralmente le spese di lite tra tutte le parti».

A fondamento della decisione, il primo Giudice, per quanto interessa il presente giudizio di appello, ha stabilito che:

– sulla estinzione del giudizio per tardiva riassunzione da parte dell’attore “Senza entrare nel merito va dichiarata l’estinzione del giudizio per tardiva riassunzione da parte dell’attore.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con decreto del 10 febbraio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 71 del 26 marzo 2015, disponeva lo scioglimento degli Organi con funzioni di amministrazione e di controllo della e del ed “ha sottoposto la stessa a procedura di amministrazione straordinaria ai sensi degli artt. 70, comma 1, lett. b) , e 98 del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385)”.

Quindi la Banca d’Italia con provvedimento del 21 novembre 2015 (approvato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze con Decreto Legge 22 novembre 2015 n. 183 – il cui testo è integralmente confluito nella L. 28 dicembre 2015, n. 208, commi da 842 a 854, pubblicata in G.U. n. 302 del 30 dicembre 2015 disponeva, ai sensi dell’art. 32 del D.lgs. 180/2015, l’avvio della procedura di Risoluzione della e del già in.

Con il medesimo D.L. 183/2015 veniva costituita la società quale, per provvedimento della Banca d’Italia del 22 novembre 2015 veniva disposta la cessione dei diritti, delle attività e delle passività costituenti l’azienda bancaria della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio – Società Cooperativa in Amministrazione Straordinaria/Risoluzione (in G.U. n. 53 del 4 marzo 2016).

Successivamente su proposta della Banca d’Italia, con provvedimento del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 9 dicembre 2015, veniva decretata la sottoposizione della e del RAGIONE_SOCIALE

in Risoluzione, a Liquidazione Coatta Amministrativa, ai sensi dell’art. 38 d.lgs. 180/2015 e degli artt. 80 e ss. d.lgs. 385/1993, pubblicato in G.U. n. 69 del 23 marzo 2016.

Il primo aspetto problematico è individuare l’evento che può ritenersi produttivo di interruzione del presente giudizio.

Sotto tale profilo la veniva sottoposta alla procedura amministrazione straordinaria a febbraio 2015.

Tale procedura è disciplinata dagli artt. 70 e ss. del TUB e in alcuna delle norme facenti parte della sezione dedicata a tale procedura è fatto mai riferimento all’incidenza dello scioglimento degli organi di amministrazione e di controllo della banca dichiarata in amministrazione sui rapporti in corso.

Tuttavia sebbene tale procedura ha natura temporanea ed è destinata a confluire ex art. 20 del d. lgs n. 180 del 2015 nella procedura di risoluzione ovvero e anche successivamente a quest’ultima in quella di liquidazione coatta amministrativa ex art. 38 d. lgs 180 del 2015 e art. 80 del t.u.b., la stessa determina comunque l’interruzione dei giudizi in corso.

Ed invero sotto tale profilo non sussiste alcun valido motivo, in carenza di disposizioni normative di diverso contenuto, per ritenere che lo scioglimento degli organi amministrativi non comporti la perdita della capacità del soggetto giuridico attinto dalla procedura e quindi della stessa capacità a stare in giudizio con conseguente verificarsi evento interruttivo giuridicamente rilevante.

Ma anche qualora si volesse sostenere l’irrilevanza dell’apertura dell’Amministrazione va evidenziato che nella concreta fattispecie la veniva sottoposta Liquidazione Coatta L’apertura di tale procedura disciplinata dagli artt. 80 e ss. T.u.b. rappresenta sicuramente evento idoneo a determinare l’interruzione dei processi in corso contro l’istituto di credito.

La giurisprudenza di legittimità, sia pure in relazione alla diversa ipotesi di liquidazione coatta amministrativa delle imprese commerciali disciplinata dagli artt. 194 e ss. l.f. ha stabilito che la sua apertura determina la perdita della capacità di stare in giudizio da parte degli organi societari e, di conseguenza, l’’interruzione dei giudizi pendenti (cfr. Cass. n. 2527/2004; Cass. n. 1010/2004).

Sotto tale profilo si rileva in realtà che le norme di cui agli artt. 200 e 201 l.f. e relative agli effetti del provvedimento di liquidazione per l’impresa e sui rapporti giuridici preesistenti dichiara espressamente applicabili gli artt. 42, 44, 45, 46 e 47, la prima norma, e le disposizioni del titolo II, capo III, sezione II e sezione IV e l’art. 66 la seconda.

La norma di cui all’art. 83 t.u.b. rubricata “Effetti del provvedimento per la banca, per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti” di tenore pressoché identico stabilisce testualmente che “si producono gli effetti previsti dagli articoli 42, 44, 45 e 66, nonché dalle disposizioni del titolo II, capo III, sezione II e sezione IV della legge fallimentare”.

Se anche tale articolo -che ripete praticamente il contenuto degli artt. 200 e 201 l.f.- non fa alcun riferimento all’art. 43 della l.f.

che si occupa dell’interruzione dei processi in corso e, tuttavia, la giurisprudenza ritiene che la liquidazione coatta delle imprese commerciali determini comunque l’interruzione ecco allora che proprio alla luce della ratio dell’interruzione e della analogia delle disposizioni può trovare applicazione anche per la liquidazione coatta delle banche la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata.

Una volta affermata la natura di evento interruttivo al decreto ministeriale con cui viene aperta la procedura di liquidazione coatta della banca l’ulteriore aspetto problematico è rappresentato dalla individuazione del momento in cui può ritenersi verificata la conoscenza di tale evento nella sfera giuridica del sig. e, più precisamente, se la stessa possa ritenersi integrata in un momento antecedente alla dichiarazione di interruzione effettuata all’udienza del 20 dicembre 2017.

Per ciò che concerne la decorrenza del termine trimestrale.p.c. , il dies a quo non coincide con la data dell’evento interruttivo, ossia nel caso di specie il decreto ministeriale, bensì con il momento in cui la parte interessata alla riassunzione abbia avuto effettiva conoscenza della procedura.

Considerato che la normativa di settore prevede che il decreto ministeriale di apertura della Liquidazione sia pubblicato in Gazzetta Ufficiale (avvenuta nel caso di specie nella Gazzetta n. 69 del 23 marzo 2016), tale pubblicità in ragione della natura propria della Gazzetta quale fonte ufficiale nella cui Parte Prima vengono pubblicati tutti gli atti normativi ed amministrativi emanati dalle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato non può che considerarsi sufficiente per ritenere integrata la conoscenza legale da parte del Per altro verso che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale sia sufficiente a tal fine può desumersi in via indiretta anche dal disposto dell’art. 150 c.p.c. che disciplina la notificazione per pubblici proclami e che attribuisce valore di conoscenza della pendenza del processo da parte del/dei convenuto/i in ragione della mera pubblicazione in Gazzetta. Se allora la data del 23 marzo 2016 rappresenta il dies a quo da cui far decorrere il termine trimestrale per la riassunzione del processo, il deposito del ricorso effettuato soltanto il 6 febbraio 2018 non può che considerarsi irrimediabilmente tardivo”.

– sulla decisione sulle spese Come da dispositivo § 4. — Ha proposto appello ed ha così concluso:

“Piaccia all’Ecc.ma Corte adita, disattesa ogni contraria istanza, deduzione e ragione in accoglimento dell’appello, A) Dichiarare errata la sentenza come impugnata ex art. 354 c.p.c. avendo la stessa dichiarato unicamente la estinzione del processo a norma dell’art. 308 cpc senza entrare nel merito sentenza pag.3 conseguentemente, rimettere al giudice di primo grado la causa per la trattazione nel merito;

B) In subordine e qualora ritenuta la propria competenza, nel merito accogliere le conclusioni come precisate in comparsa conclusionale, ovvero alla apposita udienza del 9.1.2019, riportandosi a quelle come articolate in che in via istruttoria (ctu ordine di esibizione e testimoni) che qui per comodità si riportano:

a) Dichiarare la nullità delle operazioni compiute dall’attore dal 2006 al 9.4.2008 ( data del contratto quadro ) stante la inesistenza dello stesso.

Condanna della banca alla restituzione delle somme investite e , secondo ctu;

b) Ritenere e dichiarare che la banca ha agito in totale violazione degli obblighi imposti dalla del. 11522/1998 e dal d.lgs 164/2007, nonché dal contratto.

Dichiarare la stessa inadempiente;

c) Conseguentemente dichiarare ed accertare la risoluzione di tutte le operazioni come indicate al punto 2 dell’atto introduttivo e meglio specificate nell’all. 1 del fascicolo di primo grado;

d) Condanna della banca alla restituzione delle somme come investite al netto delle vendite, per euro 75.548,98 per ed euro 1.144,27 per RAGIONE_SOCIALE;

e) In subordine, condanna al risarcimento del danno per equivalente pari alla perdita subita ovvero per le stesse somme indicate al capo c);

f) In subordine altra somma come di Giustizia ed all’esito della istruttoria

; g) In ulteriore subordine condanna della ai danni in via equitativa per la condotta tenuta.

h) In ogni caso, interessi dalla domanda.

In via istruttoria: ammettere CTU contabile, ordine di esibizione di tutti i documenti relativi alla posizione ed alle vendite/acquisti indicate nei prospetti sub2 (all.1);

gli ordini di vendita ed acquisto come già richiesti con racc. 7.2.2012; ammissione dei testimoni così come richiesti in primo grado.

Con vittoria di spese, diritti e onorari di entrambi i gradi di giudizio per le quali i procuratori si dichiarano antistatari.

ha resistito al gravame ed ha così concluso:

subordine nel merito:

in via preliminare rigettare la domanda di manleva avanzata da parte chiamante per i motivi di cui in premessa;

nel merito rigettare la domanda attorea perché infondata in fatto ed in diritto e comunque non provata;

in via subordinata nella denegata ipotesi contraria riconoscere la Compagnia tenuta solo ed esclusivamente entro le condizioni di operatività ed i limiti di massimale.

Con vittoria di spese competenze ed onorari.

” a resistito al gravame ed ha così concluso:

“Voglia Ecc.ma Corte di Appello di Roma, disattesa ogni contraria istanza eccezione e deduzione:

– in via principale • rigettare l’avversa impugnazione perché inammissibile ed infondata in fatto e in diritto, e così confermare integralmente la gravata Sentenza n. 983/2019 del Tribunale di Viterbo;

• in subordine dichiarare comunque l’estinzione del processo per i motivi di cui al paragrafo III del presente atto, con ogni conseguenza di legge • comunque, rigettare le domande avversarie in quanto inammissibili per intervenuta decadenza, totalmente carenti di prova e infondate ed inconferenti, fatto ed in diritto;

– in via subordinata:

nella denegata ipotesi di accoglimento anche solo parziale delle domande avversarie, ridurre la misura della condanna della in misura pari a quanto ricavato dal Sig. dalla vendita delle azioni, al valore di mercato dei titoli ancora presenti nel portafoglio del Sig. , al concorso colposo dello stesso nella causazione dell’ipotetico danno;

– in via ulteriormente subordinata:

per le denegata e non creduta ipotesi di accoglimento di una qualche domanda avversaria disporre la restituzione alla Banca di tutte le azioni e RAGIONE_SOCIALE acquistate tra il febbraio 2006 e l’ottobre 2009;

– sempre in via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale della prospettazione e/o delle domande di parte attrice/odierna appellante, condannare (già ) a manlevare la da qualunque importo questa sia chiamata a corrispondere al Sig. in relazione ai titoli azionati nel presente giudizio, e ’attività giudiziale svolta (fase di studio della controversia;

fase di introduzione del procedimento;

fase istruttoria; fase decisoria), oltre spese, accessori di legge, Iva e Cpa, e spese di trasferta ex art. 11 DM 55/2014.

” L’appello è stato posto in decisione all’udienza del 20 gennaio 2025, previa concessione dei termini anticipati al fine di rendere la sentenza con motivazione contestuale, come da decreto di questa Corte pubblicato il 25.11.2024.

§ 5. — L’appello contiene un unico ampio motivo di impugnazione, suddiviso in sottoparagrafi, con cui parte appellante censura la motivazione del primo giudice per aver dichiarato l’estinzione del processo su presupposti errati, senza entrare nel merito.

A tal proposito, l’appellante sostiene che il Tribunale ha errato nella parte in cui sovrappone la produzione degli effetti giuridici del provvedimento causativo dell’interruzione del processo rispetto alla conoscenza processuale dello stesso.

Nel caso di specie, il Giudice avrebbe individuato, quale termine di decorrenza per la riassunzione del processo, la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 26.03.2016 del decreto ministeriale di sottoposizione della a liquidazione coatta amministrativa, senza considerare che la dichiarazione in giudizio dell’evento interruttivo si è avuta solo successivamente, all’udienza del 20.12.2017.

Di conseguenza, prendendo a riferimento tale ultima data, la riassunzione depositata il 06.02.2018 risulterebbe tempestiva, poiché effettuata nel termine di tre mesi previsto dall’art. 305 c.p.c. In particolare:

– Sulla inapplicabilità analogica della disciplina fallimentare Parte appellante sostiene che la disciplina fallimentare, a mente della quale l’apertura del fallimento ex art. 43 L.f. costituisce l’unica ipotesi di interruzione del processo ipso iure, non è suscettibile di applicazione analogica, posto che trattasi di fattispecie eccezionale e derogatoria rispetto ali principi posti dalle regole generali.

– Sull’applicazione del principio di ultrattività Parte appellante ritiene che sussistano i presupposti difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si fosse verificato, comportando la stabilizzazione della posizione giuridica della parte assistita in tutte le fasi del rapporto processuale.

– Sulla natura della dichiarazione del procuratore costituito Parte appellante sostiene che la dichiarazione del procuratore costituito abbia carattere negoziale.

Ciò in quanto non sarebbe sufficiente la mera conoscenza dell’evento interruttivo aliunde pervenuta, bensì è necessaria la concreta manifestazione di volontà del procuratore di interrompere il processo a seguito di una propria e discrezionale valutazione di opportunità.

– Sulla decorrenza del termine per la riassunzione Parte appellante ritiene che, anche qualora si voglia prendere in considerazione la tesi contraria della conoscenza legale, la riassunzione effettuata in primo grado sarebbe stata comunque tempestiva, in quanto la interruzione ipso iure del processo si differenzia rispetto alla decorrenza del termine per la riassunzione, al fine di permettere alla parte interessata di esercitare e tutelare il proprio diritto.

Di conseguenza, l’appellante ribadisce che la dichiarazione processuale rappresenta un evento necessario, da acquisirsi al processo, non essendo sufficiente la mera pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

§ 5. —Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata da per non avere l’appellante impugnato il capo di sentenza in cui il Tribunale ha sostenuto che l’evento interruttivo si sarebbe verificato già all’atto della sottoposizione della a Amministrazione Straordinaria.

Invero l’appellante ha proposto l’ulteriore motivo, che prescinde dall’individuazione del fatto interruttivo, secondo il quale va tenuta distinta la data dell’evento interruttivo sia pure ipso iure del processo rispetto alla data di decorrenza del termine per la riassunzione.

Detto motivo, se accolto, rende irrilevante la mancata impugnazione della parte di sentenza nella quale il Tribunale ha sostenuto che l’evento interruttivo si sarebbe verificato già all’atto della sottoposizione della Contro ’unica ipotesi di interruzione del processo ipso iure, non è suscettibile di applicazione analogica, va rigettato.

In proposito è agevole osservare che l’art. 80 TUB, riguardante la liquidazione coatta amministrativa delle banche, dispone al comma 6, che, per quanto non espressamente previsto si applicano, se compatibili, le disposizioni del fallimento ora codice della crisi e dell’insolvenza.

Pertanto, non rinvenendosi motivi di incompatibilità tra la disciplina sostanziale della liquidazione coatta amministrativa delle banche e la disciplina dei rapporti processuali di cui all’art. 43 comma 3 L.F., -secondo il quale l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo,- deve ritenersi che detta norma sia applicabile anche alla liquidazione coatta amministrativa per effetto del citato rinvio di cui all’art. TUB, a prescindere dalla dedotta natura speciale del richiamato comma 3 dell’art. 43 L.F. In altre parole, la specialità dell’art. comma 3 dell’art. 43 L.F. sul piano processuale non comporta l’incompatibilità della stessa con la disciplina sostanziale della liquidazione coatta amministrativa. Per quanto attiene, poi, all’ultimo motivo, imperniato sulla distinzione tra la data di interruzione del giudizio e la data di decorrenza del termine ex art. 305 c.p.c. per la riassunzione, deve rilevarsi come il Tribunale abbia fatto applicazione di detto principio, richiamando le pronunce della Corte Costituzionale che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui dispone che il termine per la riassunzione decorre dalla data dell’interruzione e non da quello in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza, ed ha affermato che la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale in data 23 marzo 2016 del Decreto Ministeriale con il quale la è stata sottoposta a Liquidazione Coatta Amministrativa costituisce fonte legale di conoscenza dell’evento interruttivo. Deve tuttavia osservarsi che la soluzione adottata dal primo giudice contrasta con il principio di diritto affermato da Cass. Sezioni Unite n. 12154/21 secondo il quale «in caso di apertura del fallimento, ferma l’automatica interruzione del processo (con oggetto i rapporti di diritto patrimoniale) che ne deriva ai sensi dell’art.43 co.3 l.f., il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art.305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 I. f. per le domande di credito, decorre da quando la nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell’art.176 co.2 c.p.c., va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata – ai predetti fini – anche dall’ufficio giudiziario, potendo inoltre il giudice pronunciarla altresì d’ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l’avvenuta dichiarazione di fallimento medesima». Ne consegue, nel caso in questione, che il termine per la riassunzione decorreva dalla data della dichiarazione di interruzione del giudizio all’udienza del 20.12.2017 e che il deposito del ricorso in riassunzione in data 6 febbraio 2018 deve ritenersi tempestivo.

Va altresì disattesa l’eccezione di estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 307 III comma c.p.c. per avere l’attore effettuato la prima notifica del ricorso e del decreto ai difensori della e del i quali però, sottoposta la predetta alla procedura di liquidazione coatta amministrativa (con decreto del MEF del 9.12.2015, in G.U. 69 del 23.3.2016), erano divenuti privi dello ius postulandi.

Alla successiva udienza del 12 settembre 2018, dato atto dell’omessa notifica, il Tribunale ha concesso temine perentorio per una nuova notifica entro il 15 novembre 2018;

la notifica ad avvenuta il 22.10.2028.

Questi essendo i fatti di causa, deve affermarsi il principio affermato dalla S.C. secondo il quale:

Verificatasi una causa d’interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivazione del processo interrotto, destinato a realizzarsi distinguendo il momento della rinnovata “edictio actionis” da quello della “vocatio in ius”, il termine perentorio di sei mesi, previsto dall’art. 305 c.p.c., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, sicché, una volta eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca più alcun ruolo, atteso che la fissazione successiva, ad opera del medesimo giudice, di un ulteriore termine, destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte, pur presupponendo che il precedente termine sia stato rispettato, ormai ne prescinde, rispondendo unicamente alla necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della “vocatio in ius”. Ne consegue che il vizio da cui sia colpita la notifica dell’atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell’udienza non si comunica alla riassunzione (oramai perfezionatasi), ma impone notifica medesima, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., entro un ulteriore termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l’eventuale estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, comma 3, e del successivo art. 307, comma 3, c.p.c.. Cass. n. 2526 del 03/02/2021.

Ne deriva che la sentenza di primo grado, che ha pronunciato l’estinzione del giudizio, va riformata.

A tanto però non consegue la rimessione del giudizio al primo giudice, ex art. 354 c.p.c., nella versione applicabile ratione temporis al presente giudizio di appello, iniziato nel 2019.

Si applica infatti il principio secondo il quale.

In tema di estinzione del processo, il giudice di appello rimette la causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., ove, trattandosi di giudizi a decisione collegiale, riformi la sentenza di estinzione adottata in prime cure a seguito di reclamo al collegio, ex art. 308 c.p.c. e non anche se detta statuizione sia stata assunta con sentenza emessa nelle forme ordinarie ex art. 307, ultimo comma, c.p.c. Del pari va disposta la rimessione in primo grado laddove, in ipotesi di giudizi a decisione monocratica, il giudice di primo grado, assumendo una decisione che, definendo la lite in base ad una questione pregiudiziale, ha natura di sentenza impugnabile solo con l’appello, abbia pronunziato l’estinzione senza il previo svolgimento dell’udienza di precisazione delle conclusioni, ma non anche se l’estinzione sia stata deliberata dopo che la causa, precisate le conclusioni, sia stata trattenuta in decisione ex art.189 c.p.c., nel qual caso il giudice di appello, ove riformi la pronuncia, deve trattenere la causa e deciderla nel merito. Cass. n. 40831 del 20/12/2021.

Nel caso in questione, il Tribunale ha fatto precisare le conclusioni all’udienza del 9.1.2019 ed ha trattenuto la causa in decisione.

Pertanto non deve farsi luogo alla rimessione della causa al primo giudice.

Nel merito, la domanda dell’appellante è infondata.

Va ricordato che l’appellante, originario attore, aveva citato in giudizio e del relazione ad una serie di operazioni di compra/vendita su azioni e TENARIS effettuate tra il febbraio 2006 e l’ottobre 2009, contestando carenze documentali in violazione al Reg. 11522/98 ed al successivo Reg. 16190/2007 e chiedendo al Tribunale di dichiarare la nullità, ovvero la la prospettazione dello stesso attore, era stato stipulato con la banca un contratto quadro in data 22.7.1999 ed un contratto quadro 9.4.2008.

e gli investimenti erano effettuati dall’attore “on line”.

Ha dedotto che la differenza tra acquisti e vendite per le azioni è stata pari ad euro 75.548,98 mentre per le azioni RAGIONE_SOCIALE è stata di euro 1.144,27.

nel costituirsi, ha dedotto che alla data dell’introduzione del giudizio, con riferimento alle azioni RAGIONE_SOCIALE, l’attore aveva maturato una plusvalenza, rispetto alla perdita lamentata di circa € 512,00 (cfr. docc. nn. 2 e 3 di Quanto, poi, alle azioni , alla data di instaurazione del giudizio, l’attore era ancora in possesso di n. 14.057 azioni.

Un tale pacchetto azionario a fine 2009 aveva un controvalore di oltre € 20.000, mentre a fine 2012 aveva ancora un controvalore di oltre € 14.000.

Osserva il Collegio che va rigettata la domanda di nullità delle operazioni compiute dall’attore dal 2006 al 9.4.2008 ( data del contratto quadro ) per inesistenza del contratto quadro.

Invero lo stesso attore ha prodotto il contratto quadro in data 22.7.1999 debitamente sottoscritto dall’attore in esecuzione del quale sono state poste in essere le operazioni oggetto della domanda di nullità, ossia quelle dal 2006 al 9.4.2008.

Orbene, l’art. 23 del D.Lgs del 24 febbraio 1998, n.58 applicabile ratione temporis alla domanda in questione, prevede la nullità del contratto quadro per difetto della forma scritta, ipotesi, questa, che all’evidenza non ricorre.

Ogni altra violazione riguardanti gli obblighi informativi a carico dell’intermediario rileva sotto il profilo della responsabilità di quest’ultimo, e non sotto il profilo dell’invalidità del contratto.

In proposito, trova applicazione il principio formulato dalla storica sentenza delle Sez. U, Sentenza n. 26724 del 19/12/2007 secondo la quale:

In relazione alla nullità del contratto per contrarietà a norme imperative in difetto di espressa previsione in tal senso (cosiddetta “nullità virtuale“), deve trovare conferma la tradizionale impostazione secondo la quale, ove non altrimenti stabilito dalla legge, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch’esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti la quale del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario (nella specie, in base all’art. della legge del 1991) può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (cd. “contratto quadro”, il quale, per taluni aspetti, può essere accostato alla figura del mandato); può dar luogo, invece, a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del contratto suddetto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del “contratto quadro”;

in ogni caso, deve escludersi che, mancando una esplicita previsione normativa, la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell’art. 1418, primo comma, cod. civ., la nullità del cosiddetto “contratto quadro” o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso.

Ciò premesso, passando alle domande subordinate di risoluzione dei singoli ordini relativi alle azioni alle azioni TENARIS acquistate dal 2006 al 9.4.2008, -anche a voler tralasciare la mancata allegazione da parte dell’appellante qualsivoglia indicazione sul carattere inadeguato dei suddetti investimenti rispetto a quelli complessivamente eseguiti dallo stesso , l’assenza di deduzioni circa il contenuto delle informazioni sui titoli e RAGIONE_SOCIALE che l’intermediario avrebbe omesso di comunicare al cliente, e dell’incidenza di tale omissione sulla determinazione all’acquisto da parte del , ed anche a voler tralasciare la circostanza che l’appellante, fin dal 2005, operava in autonomia sulla piattaforma di trading on line,- rimane il fatto, non contestato dall’appellante, che alla data dell’introduzione della lite sulle azioni RAGIONE_SOCIALE, l’attore aveva maturato una plusvalenza, rispetto alla perdita lamentata di circa € 512,00 mentre sulle alle azioni , alla data di instaurazione del giudizio, l’attore era ancora in possesso di n. 14.057 azioni aventi, a fine 2009, un controvalore di oltre € 20.000. Ed allora, è evidente che l’attore, con le domande proposte, ha inteso scegliere alcune operazioni effettuate dal 2006 al 2008 nellambito di una più vasta movimentazione di titoli azionari , da un lato deve evidenziarsi la mancanza del danno, atteso che entrambi i titoli, come dimostrato dall’appellata, avevano complessivamente generato plusvalenze alla data dell’introduzione della lite.

Dall’altro lato può ritenersi non conforme a buona fede la contestazione della violazione dei doveri informativi della Banca solo in relazione agli acquisti che hanno generato una perdita, e non alla complessiva movimentazione di quegli stessi investimenti, che, invece, come si è visto, hanno generato delle plusvalenze.

E ciò, in analogia di quanto stabilito dalla S.C. nella sentenza n.28314 del 4/11/2019 delle Sezioni Unite in tema di “nullità selettiva”, alla cui motivazione si rimanda.

In conclusione, in riforma dell’impugnata sentenza, le domande proposte dall’attore nei confronti di vanno respinte.

Resta assorbita la domanda di garanzia di nei confronti di § 6. — Le spese processuali del presente grado di giudizio vanno compensate nella misura della metà, attesa la riforma della sentenza impugnata quanto alla dichiarazione di estinzione, mentre per il resto seguono la soccombenza della parte appellante nei confronti della banca appellata e, per il principio di causalità, nei confronti della terza chiamata Esse si liquidano per l’intero, avuto riguardo al valore e alla complessità della causa, ai sensi del D.M. n. 147/2022, nella misura di euro 14.103 oltre a spese generali, Iva e CPA. PER QUESTI MOTIVI definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti di e di contro la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Viterbo, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:

1. — in riforma dell’impugnata sentenza, rigetta le domande proposte dall’attore nei confronti di dichiara assorbita la domanda di garanzia nei confronti di.103

oltre a spese generali, Iva e CPA, e condanna l’appellante al rimborso della restante metà in favore di ciascuna delle parti appellate.

Così deciso in Roma il giorno 20 gennaio 2025

Il Presidente estensore

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