REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE di APPELLO di BARI Prima Sezione Civile Riunita in persona dei signori Magistrati:
1. dott.ssa NOME COGNOME Presidente 2. dott. NOME COGNOME Consigliere 3.
dott.ssa NOME COGNOME ha pronunziato la seguente
SENTENZA N._1497_2024_- N._R.G._00001082_2024 DEL_20_11_2024 PUBBLICATA_IL_20_11_2024
sul reclamo proposto (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO TERMOLI – presso il difensore avv. COGNOME Reclamante contro (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO 20122 MILANO, presso il difensore avv. COGNOME , con il patrocinio dell’avv. COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO FOGGIA, presso il difensore avv. COGNOME NOME Reclamati C.F. PROCURATORE GENERALE della REPUBBLICA presso la Corte di Appello di Bari Interventore ex lege Oggetto: reclamo ex art. 51 CC.II. avverso la sentenza n. 59/2024 emessa dal Tribunale di Foggia 08.07.2024, nell’ambito del procedimento di liquidazione controllata iscritto al n. 36-1/2024 R.G.P.U Conclusioni delle parti:
All’udienza collegiale del 15.10.2024 la causa è stata riservata per la decisione, sulle conclusioni rassegnate dal difensore della ricorrente.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. – Con sentenza del 05 luglio 2024 è stata dichiarata aperta la liquidazione controllata di cod. fisc. ), residente in San Paolo di Civitate (FG) alla INDIRIZZO
con atto di reclamo del 09/08/2024, impugnava la Sentenza n. 59/2024, Rep. n. 88/2024 del 05 luglio 2024 emessa dal Tribunale di FOGGIA in data 12 giugno 2024, chiedendo a questa Corte di:
<<… 1) In via preliminare ed in rito:
accertare e dichiarare la nullità della sentenza reclamata per tutte le motivazioni dedotte in atti;
2) In via istruttoria (oltre alla produzione documentale di seguito elencata), disporre l’acquisizione del fascicolo della procedura di Liquidazione controllata.
Con vittoria di spese ed onorari.
>> (cfr. dal reclamo).
Il reclamo era affidato ai due motivi.
Con il primo motivo di reclamo si denunzia la “VIOLAZIONE DELL’ART. 268 E 269 CCII”.
Ritiene il reclamante che la sentenza impugnata sia ingiusta perché pronunziata in carenza dei requisiti previsti dalla legge trovandosi al cospetto di un debitore <<… coltivatore diretto del fondo, senza alcun patrimonio immobiliare, né tantomeno un reddito tale da far fronte all’obbligazione rinveniente dal ricorso…>> (cfr. reclamo).
Deduce che:
-la sussistenza dei requisiti di liquidazione controllata non risulta dimostrata perché il ricorso a questo strumento di composizione della crisi, in ipotesi di debitore persona fisica che non abbia alcuna utilità da offrire ai propri creditori non è obbligatorio.
In tal caso, secondo tale prospettazione, non è necessario <<…percorrere la via della liquidazione controllata per potere accedere alla esdebitazione, poiché’ a tale scopo l’ordinamento ha previsto lo strumento dedicato della C.F. esdebitazione dell’incapiente (Trib. Palermo, 30 settembre 2022) Ne caso di specie, il imprenditore agricolo, definito dall’art. 2135, comma 1, c.c. come colui che “esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”, non sarebbe assoggettabile al fallimento ed a procedure concorsuali. Se pur la previsione dell’artt. 268 e 269 CCII sanciscono che unico requisito sia il superamento di Euro 50.000,00# ciò non toglie la necessità di verificare la capienza patrimoniale del debitore.
>>.
In sintesi, a tenore del reclamo il Tribunale avrebbe dovuto accertare <<…oltre al sovraindebitamento, anche l’esistenza dei beni da aggredire.
>>.
E in caso di incapienza, l’unica strada percorribile sarebbe quella indicata dall’art. 283 C.C.I.I. rappresentata dall’esdebitazione del debitore incapiente con riferimento alla quale si ritiene che la legittimazione spetti al solo debitore in ragione della palese assenza di un interesse ad agire in capo ai creditori.
>> (cfr. testualmente dal reclamo).
Col secondo motivo di reclamo denunzia la violazione del contraddittorio sul presupposto che << La notifica del ricorso introduttivo e del decreto non ha avuto luogo, in quanto nel tentativo di notifica a mano la residenza risultava chiusa e veniva effettuata presso la Casa Comunale ai sensi dell’art. 40, co 8 CCII, in data 26/04/2024.
>>
(cfr. cit.).
In sintesi il reclamante afferma sussistere il vizio assoluto di nullità del ricorso introduttivo del procedimento unitario e che, ove avesse appreso della udienza avrebbe potuto intraprendere il procedimento di esdebitazione.
Conclude come sopra.
2. – Con memoria difensiva del 13.09.2024 si è costituita la creditrice chiedendo il rigetto del reclamo con vittoria delle spese del grado e precisando in punto di fatto quanto segue.
<INDIRIZZO ed oggi con sede legale in 67100 L’Aquila, INDIRIZZO INDIRIZZO il contratto di locazione finanziaria n. NUMERO_DOCUMENTO, della durata di 60 mesi, avente ad oggetto attrezzatura agricola varia (cfr. doc. 4 allegato ricorso apertura liquidazione).
in ossequio al contratto sottoscritto, acquistava i beni oggetto del contratto dal fornitore e li consegnava all’Utilizzatore, come risulta dalla fattura e dal verbale di constatazione e presa in consegna (cfr. docc. 5 e 6 allegati ricorso apertura liquidazione).
Nella medesima occasione, si costituiva fideiussore relativamente al contratto n. NUMERO_DOCUMENTO il Sig. (NOME.F. ), residente in (FG) , INDIRIZZO sino all’importo di Euro 192.569,66 oltre IVA (cfr. doc. 7 allegato ricorso apertura liquidazione).
stipulava con (P.IVA ), un secondo contratto di locazione finanziaria n. NUMERO_DOCUMENTO, della durata di 60 mesi, avente ad oggetto n. 2 polverizzatori trainanti, marca RAGIONE_SOCIALE modello campo TARGA_VEICOLO completo di accessori nuovi di fabbrica, come meglio descritto dal contratto prodotto (cfr. doc. 8 allegato ricorso apertura liquidazione).
In ossequio al contratto sottoscritto, acquistava i beni oggetto del contratto dal fornitore (cfr. doc. 9 allegato ricorso apertura liquidazione) e provvedeva a consegnarli all’Utilizzatore, come risulta dal verbale di constatazione e presa in consegna (cfr. doc. 10 allegato ricorso apertura liquidazione).
Relativamente al contratto n. NUMERO_DOCUMENTO, si costituiva fideiussore il Sig. (C.F. ), residente in 71010, San Paolo di Civitate (FG), INDIRIZZO sino all’importo di Euro 103.328,15 oltre IVA (cfr. doc. 11 allegato ricorso apertura liquidazione).
stipulava con (P.IVA , un terzo contratto di locazione finanziaria n. NUMERO_DOCUMENTO, della durata di 60 mesi, avente ad oggetto attrezzatura agricola varia, come meglio descritto dal contratto di leasing prodotto (cfr. doc. 12 allegato ricorso apertura liquidazione).
In ossequio al contratto sottoscritto, acquistava i beni oggetto del contratto dal fornitore e provvedeva a consegnarli all’Utilizzatore, come risulta da fattura e verbale di constatazione e presa in consegna (cfr. docc. 13 e 14 allegati ricorso apertura liquidazione).
Nella medesima occasione, si costituiva fideiussore relativamente al contratto n. NUMERO_DOCUMENTO, il Sig. (C.F. ), sino all’importo di Euro 127.402,12 oltre IVA (cfr. doc. 15 allegato ricorso apertura liquidazione).
Nel corso del rapporto contrattuale, l’Utilizzatore si rendeva inadempiente, non provvedendo al regolare pagamento dei canoni di leasing pattuiti.
>> (cfr. memoria cit.).
A seguito delle dette inadempienze, chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo n. 2150/2021, Rg. 5866/2021 emesso dal Tribunale di Foggia in data 4 novembre 2021, depositato in cancelleria sempre in data 15 novembre 2021, intimante ai Sigg.ri di corrispondere, in solido tra loro, alla medesima l’importo di Euro 267.656,69 oltre interessi come da domanda e spese legali liquidate in Euro 4.185,00 per compenso ed Euro 634,00 per spese oltre oneri (cfr. doc. 16 allegato ricorso apertura C.F. C.F. C.F. liquidazione). Il decreto veniva opposto dai sigg.rri Sigg.ri veniva concessa la provvisoria esecuzione ed era notificato atto di precetto al sig. per Euro 305.322,91 (cfr. doc. 17 allegato ricorso apertura liquidazione) a cui seguiva tentativo di pignoramento mobiliare che dava esito negativo (cfr. doc. 18 allegato ricorso apertura liquidazione).
L’opposizione, infine, veniva respinta.
Sussistendone i presupposti, la creditrice adiva il Tribunale per chiedere la liquidazione controllata del patrimonio del Sig. (C.F. ), attesa la debitoria scaduta e non onorata di Euro 305.322,91, oltre le spese legali sostenute dopo la notifica dell’atto di precetto, e attesa l’infruttuosità dei tentativi di recupero del credito.
Nonostante la regolare notifica, non si costituiva nel procedimento avanti al Tribunale di Foggia e con provvedimento depositato in data 05 luglio 2024 era dichiarata aperta la liquidazione controllata del predetto.
3. – Con atto del 3.10.2024 si è costituita la liquidatela chiedendo di <<1) Rigettare l’atto di reclamo ex art. 51 c.c.i.i.
poiché infondato in fatto e in diritto per tutte le ragioni innanzi esposte e per l’effetto confermare l’impugnata sentenza di apertura della Liquidazione Controllata CCII n.14/2024 del Tribunale di Foggia;
2) Condannare chi spetti alla refusione delle spese di lite, rivalsa IVA e CAP come per legge, il tutto a vantaggio della massa dei creditori della > (cfr. testualmente dalla memoria cit.).
4. – Il Procuratore Generale con parere scritto ha chiesto il rigetto del reclamo.
All’udienza del 15.10.2024, la causa – non ritenendosi sussistenti i presupposti per la sospensione della sentenza inaudita altera parte – è stata riservata per la decisione, sulle conclusioni rassegnate per iscritto dal difensore della reclamante.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5. – Il reclamo non è fondato.
Si premette che l’istituto della liquidazione controllata è riservata al consumatore, professionista, impresa minore, impresa agricola, start-up innovativa (D.L. n. 179/2012) e a ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale, alla liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali, esclusi gli enti pubblici (artt. 65 e 2, comma 1, lett. c), CCII).
Il codice delinea un sistema chiuso che ricomprende in via residuale nel C.F. sovraindebitamento tutti i soggetti non assoggettabili in astratto a una procedura liquidatoria specificamente individuata.
Secondo un principio generale che prevede la preminenza delle procedure regolatorie, la liquidazione controllata è dichiarata aperta solo se è stato verificato che il debitore non ha presentato in precedenza una domanda di accesso alle procedure di cui al Titolo IV, cioè non ha effettuato l’accesso ad uno strumento di regolazione della crisi.
Presupposto oggettivo per l’accesso alla liquidazione controllata è quindi lo stato di sovraindebitamento, definito dall’art. 2, comma 1, lett. c), CCII come lo stato di crisi o insolvenza in cui versa il sovra indebitato.
I soggetti legittimati ad attivare la liquidazione controllata sono il debitore stesso e il creditore (art. 268, comma 1, CCII), non anche il PM la cui legittimazione è stata esclusa dal D.Lgs. n. 83/2022 che ha recepito la direttiva Insolvency.
Mentre il debitore può proporre domanda di accesso alla procedura anche quando è in stato di crisi, per il creditore il CC.II.
prevede ulteriori condizioni, segnatamente il debitore dev’essere in stato di insolvenza e l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria deve essere superiore ad euro cinquantamila, quest’ultima essendo una mera condizione di procedibilità che può essere verificata d’ufficio anche tramite l’accesso ai registri descritti nell’art 42 CCII, ovvero le banche dati dell’Agenzia delle Entrate e dell’INPS.
È dunque onere del creditore provare l’irreversibilità della crisi, ovvero l’evidenza di inadempimenti o altri fatti esterni in grado di dimostrare che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente alle proprie obbligazioni.
Con la sentenza che dichiara l’apertura della liquidazione controllata, il Tribunale ordina, tra l’altro, la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione, salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzare il debitore o il terzo ad utilizzare alcuni di essi.
Il provvedimento è titolo esecutivo ed è messo in esecuzione a cura del liquidatore (art. 270, 2° comma, lett. e), il quale ha anche l’amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione (art. 275, 2° comma).
La procedura di liquidazione controllata prevede, dunque, la perdita di disponibilità del patrimonio (spossessamento), con contestuale attribuzione dell’amministrazione ad un organo terzo, il liquidatore, il quale è tenuto a gestirlo secondo principi di natura concorsuale.
La liquidazione controllata avvia, inoltre, un’espropriazione generale sui beni del debitore assorbendo le iniziative dei creditori (art. 150 CC.II.
richiamato dall’art. 270, 5° comma cit.).
Il patrimonio aggredibile è potenzialmente più esteso di quello sottoponibile ad esecuzione forzata per effetto dell’applicazione delle regole della concorsualità dinamica, che si estende ai rapporti giuridici, ai diritti, alle aspettative e, cioè, a tutte le posizioni giuridiche soggettive (attive e passive) riconducibili al debitore.
Tra i beni appresi all’attivo rientrano anche quelli che, ricorrendo gravi e specifiche ragioni, il giudice può autorizzare il debitore o un terzo ad utilizzare (art. 270, 2° comma, lett. e).
Per essi, infatti, l’acquisizione all’attivo è soltanto differita (al più) al momento in cui si procederà alla vendita.
Alcuni beni del patrimonio sono esclusi dalla liquidazione, come già previsto dall’art. 14-ter, 6° comma, L. n. 3/2012, e segnatamente quelli indicati nell’art. 268, 3° comma.
Di tutti questi beni il sovra indebitato conserva, dunque, la disponibilità.
6. – Ciò premesso giova invertire l’esame dei due motivi di reclamo attesa la priorità logica della valutazione del secondo rispetto al primo.
Come anticipato in narrativa, con detto motivo il reclamante deduce l’erroneità della sentenza gravata per vizio del contraddittorio derivato dalla nullità della notificazione del ricorso introduttivo.
Il motivo è infondato.
Risulta dagli atti che il ricorso introduttivo e il decreto di fissazione d’udienza vennero depositati in data 26/04/2024 presso la casa comunale del luogo di residenza del ai sensi dell’art. 40, co. 8, CCII, atteso il fallimento (cfr. “trovato chiuso”) della tentata notifica di persona presso la residenza – nonché sede legale dell’impresa individuale – avvenuto il 26/04/2024 (cfr. visura storica in atti, datata 09/05/2024) e considerato che il come invece era tenuto a fare, non si era munito di domicilio digitale.
In particolare, l’ufficiale giudiziario dopo aver provato a notificare il ricorso presso il domicilio del (il suo domicilio coincide anche con la sede della sua ditta individuale dichiarata alla camera di commercio e registrata nel registro imprese), provvide correttamente a depositare l’atto presso la casa comunale e, ad abundantiam, a redigere “avviso ex art. 140 c.p.c. spedito il 29/04/2024 Racc. n. NUMERO_DOCUMENTO ”.
In proposito, si rammenta che ai sensi dell’art. 40, co. 8 C.C.I.I., “Quando la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo, per cause non imputabili al destinatario, la notifica, a cura del ricorrente, si esegue esclusivamente di persona a norma dell’articolo 107, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, presso la sede risultante dal registro delle imprese o, per i soggetti non iscritti nel registro delle imprese, presso la residenza.
Quando la notificazione non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese ovvero ((della)) residenza per i soggetti non iscritti nel registro delle imprese, e si perfeziona nel momento del deposito stesso.
Per le persone fisiche non obbligate a munirsi del domicilio digitale, del deposito è data notizia anche mediante affissione dell’avviso in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio e per raccomandata con avviso di ricevimento.
” Il procedimento prevede pertanto che la notifica suppletiva (col deposito al Comune) si perfezioni al momento stesso del deposito presso la casa comunale.
Si tratta di una modalità alternativa di instaurazione del contraddittorio che scatta allorquando il destinatario (nel caso di specie non trovato presso la sede dell’impresa), obbligato a munirsi di domicilio digitale, non vi abbia ottemperato.
In tal caso, come spiega la norma sopra richiamata, solo <<…per le persone fisiche non obbligate a munirsi del domicilio digitale, del deposito è data notizia anche mediante affissione dell’avviso in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio e per raccomandata con avviso di ricevimento.
>>.
Ne deriva la correttezza della notificazione (in cui vi è stato, per di più, l’invio della raccomandata informativa) e del contraddittorio, come instaurato, con conseguente reiezione del secondo motivo di reclamo.
7. – Anche il primo motivo di reclamo è infondato.
Come anticipato in premessa, la liquidazione controllata del sovra indebitato, come disciplinata dall’art. 268 CC.II.
, prevede che sia il debitore in stato di sovra indebitamento, sia il creditore, quando il debitore è in stato di insolvenza, possono presentare ricorso al Tribunale per l’apertura della liquidazione controllata dei beni del debitore.
Nel caso in cui, come nella specie, la domanda sia avanzata dal creditore, essa può essere presentata anche in pendenza di procedure esecutive individuali purché:
i) il debitore si trovi in stato di insolvenza;
ii) il debito non sia inferiore ad Euro 50,000,00.
Si tratta, come già accennato, di una procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento, applicabile a coloro che non rientrino nell’ambito applicativo delle altre procedure concorsuali.
Tra i destinatari della disciplina vi è il consumatore, ossia “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una RAGIONE_SOCIALE , RAGIONE_SOCIALE. o di una s.RAGIONE_SOCIALE.a.
per i debiti estranei a quelli sociali” (cfr. art. 2 lett. e, d. lgs. 14/2019);
il professionista, ossia la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale;
l’imprenditore minore, ossia il titolare di un’impresa che presenti congiuntamente i seguenti requisiti (cfr. art. 2 lett. d, d.lgs. 14/2019):
un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore;
ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore;
un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila;
l’imprenditore agricolo, ossia chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse (art. 2135 c.c.);
le start-up innovative, ossia una società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, di diritto italiano oppure RAGIONE_SOCIALE, le cui azioni o quote non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione.
Nel caso di specie, il è imprenditore agricolo sovra indebitato visto che il suo debito verso la creditrice istante è superiore ad euro 50.000,00.
Risulta infatti provato che la ricorrente in liquidazione abbia un credito con sorte capitale di €. 267.656,69, oltre accessori, spese, interessi, rinveniente dal decreto ingiuntivo n. 2150/2021 emesso il 15/11/2021 dal Trib. di Foggia e confermato dalla sentenza emessa dal Trib. Foggia n. 64/2024 pubbl. il 11/01/2024, R.G. n. 809/2022 (cfr. doc. 16 e 19, allegati al ricorso introduttivo).
Inoltre, in aggiunta al credito di ha attestato, alla data del 14/05/2024, che il un debito residuo da cartelle di pagamento insolute per complessivi €. 293.957,31, fatto che consente di ritenerlo in istato di insolvenza, atteso l’esito negativo della procedura esecutiva mobiliare promossa da e considerato, peraltro, che non risultano pendenti domande di accesso alle procedure di cui al titolo IV del CC.II.
Ciò detto, circa lo specifico motivo di reclamo inerente alla valutazione di sussistenza dei requisiti per l’accesso alla procedura di liquidazione controllata, giova rammentare che, in disparte il rispetto dei presupposti per la domanda oggetto del decreto reclamato (l’incapienza del debitore utile per l’accesso alla procedura liquidatoria è stato dimostrato), la circostanza che non vi siano, in concreto, beni da aggredire è un requisito che può essere valutato solo quando il debitore si faccia attestare dall’OCC RAGIONE_SOCIALE (organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento) che non è possibile acquisire attivo da distribuire neppure mediante l’esercizio di azioni giudiziarie. Ciò non è stato dimostrato nel corso sia del giudizio di primo grado, sia nel corso della presente fase di reclamo.
Per di più, appare possibile la procedura liquidatoria ‘senza beni’ attuali in quanto la recente sentenza n. 6/2024 della Corte Costituzionale, interpretando il disposto dell’articolo 268, comma 4, lett. b), c.c.i.i. , ha confermato che «la possibilità di ascrivere alla procedura della liquidazione controllata anche i beni sopravvenuti si pone in piena sintonia con quanto dispone, in generale, l’art. 2740 del codice civile, in base al quale il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri».
Di conseguenza la liquidazione controllata in esame è stata legittimamente aperta dal momento che il risponde ai suoi debiti anche con i beni futuri.
Il reclamo è pertanto respinto.
4. – Le spese della presente fase tra reclamante e reclamati, liquidate come da dispositivo in misura pari ai valori minimi per le cause di valore indeterminabile a complessità bassa (la fase istruttoria è compresa, come è noto, nella fase di trattazione che nel giudizio di reclamo ai sensi dell’art. 51, co. 11 CC.II.
e coincide con le attività previste dall’art. 350 c.p.c.1, equiparabili a quelle espletate all’udienza collegiale del giorno 08/10/2024:
per essa i parametri vigenti prevedono un compenso unitario anche a prescindere dall’effettivo svolgimento di attività a contenuto istruttorio, essendo sufficiente la semplice trattazione della causa2;
si tratta di attività riconducibili al novero di quelle previste dall’art. 4 comma 5º lett. d) del D.M. n. 55/20143 e succ. modd.4) seguono la soccombenza sul reclamo, ai sensi dell’art. 91 c.p.c. In considerazione del rigetto integrale del reclamo, ai sensi dell’art. 13 comma 1º quater del D.P.R. n. 115/2002 (introdotto dall’art. 1 comma 17º della L. n. 228/2012), deve darsi atto della sussistenza dei 1 Cfr. . Cass., ord. n. 37994/2022; Cass., ord. n. 14483/2021; Cass., ord. n. 31559/2019; Cass., ord. n. 21743/2019 (non massimate).
Nel medesimo senso Cass., ord. n. 29857/2023.
2 Cfr.. Cass., ord. n. 8561/2023.
Nel medesimo senso Cass., ord. n. 29857/2023, cit. 3 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 02/04/2014, n. 77, ed entrato in vigore in data 03/04/2014.
4 Cfr. D.M. Giustizia n. 37/2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26/04/2018, n. 96, ed entrato in vigore in data 27/04/2018, nonché D.M. Giustizia n. 147/2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 08/10/2022, n. 236, ed entrato in vigore in data 23/10/2022.
presupposti perché il reclamante sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione5, precisando che l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito della presente sentenza.
Ogni altra questione resta assorbita.
Del che è dispositivo.
la Corte di Appello di Bari, sezione Prima Civile, disatteso e assorbito ogni diverso motivo, istanza e deduzione, definitivamente pronunciando sul reclamo ex art. 51 D. Lgs. n. 14/2019 proposto da con ricorso depositato in data 12/08/2024, nei confronti di controllata, in persona del curatore Avv. NOME COGNOME con l’intervento ex lege del PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA IN SEDE, avverso la sentenza n. 59/2024 del Tribunale di Foggia, pubblicata in data 08.07.2024, così provvede:
1) respinge il reclamo;
2) condanna il reclamante alla rifusione in favore dei reclamati delle spese della presente fase di reclamo, spese che liquida per compensi in €. 4.996,00 per ciascuno dei reclamati, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso totale per la prestazione, C.N.P.A.F. ed I.V.A. come per legge;
5 Cfr. Cass., sez. un., n. 4315/2020, che dopo avere precisato (tra l’altro) che “Il giudice dell’impugnazione deve rendere l’attestazione della sussistenza del presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, quando la pronuncia adottata è inquadrabile nei tipi previsti dalla norma (integrale rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione), mentre non è tenuto a dare atto dell’insussistenza di tale presupposto quando la pronuncia non rientra in alcuna di suddette fattispecie” e che “La debenza dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (c.d. doppio contributo) pari a quello dovuto per l’impugnazione è normativamente condizionata a due presupposti: il primo, di natura processuale, costituito dall’adozione di una pronuncia di integrale rigetto o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, la cui sussistenza è oggetto dell’attestazione resa dal giudice dell’impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002;
il secondo, di diritto sostanziale tributario, consistente nell’obbligo della parte impugnante di versare il contributo unificato iniziale, il cui accertamento spetta invece all’amministrazione giudiziaria”, ha statuito che “Il giudice dell’impugnazione che emetta una delle pronunce previste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, è tenuto a dare atto della sussistenza del presupposto processuale per il versamento dell’importo ulteriore del contributo unificato (c.d. doppio contributo) anche quando esso non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venire meno (come nel caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato), potendo invece esimersi dal rendere detta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo”. In senso conforme Cass., ord. n. 27867/2019; Cass., n. 9660/2019;
Cass., n. 26907/2018.
3) dà atto della sussistenza dei presupposti perché il reclamante sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, precisando che l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito della presente sentenza, ex art. 13 comma 1º quater del D.P.R. n. 115/2002, introdotto dall’art. 1 comma 17º della L. n. 228/2012.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio della prima sezione civile, in data 5 novembre 2024 Il Presidente Il Consigliere est. NOME COGNOME NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.