REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI GENOVA SEZIONE LAVORO Composta da:
NOME COGNOME PRESIDENTE NOME COGNOME CONSIGLIERE NOME COGNOME CONSIGLIERA rel. ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A N._263_2024_- N._R.G._00000195_2024 DEL_21_11_2024 PUBBLICATA_IL_22_11_2024
nella causa iscritta al n. 195/2024 R.G.L. promossa da:
, c.f. , rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura allegata al ricorso in appello APPELLANTE CONTRO c.f. , in persona del p.t., rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura dello Stato di Genova.
APPELLATO
CONCLUSIONI
Per l’appellante:
come da ricorso depositato il 10.7.2024
Per l’appellato:
come da memoria depositata il 21.10.2024
FATTI DI CAUSA
Con ricorso al Tribunale di Genova, in data 24.7.2023, ha esposto:
C.F. – in data 26.10.2017 presentava domanda di inserimento nelle graduatorie di circolo e di istituto 3^ fascia ATA della provincia di Genova, triennio 2018/2021, per il profilo professionale di collaboratore scolastico indicando il servizio paritario prestato presso l’Istituto “RAGIONE_SOCIALE” di Nocera Inferiore dal 1.2.2017 al 31.8.2017;
– in quanto presente nelle menzionate graduatorie, veniva individuato quale destinatario di contratti di lavoro a tempo determinato negli anni scolastici del triennio 2018/2021 e, maturati i 24 mesi di servizio, in data 1.9.2022 veniva assunto dalla graduatoria permanente ATA con contratto di lavoro a tempo indeterminato presso l’Istituto per l’Istruzione Superiore “INDIRIZZO Vigo – INDIRIZZO Recco” di Rapallo;
– con nota del 7.3.2023 l’ comunicava al ricorrente l’avvio del procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 55 quater, comma 1 lett. d) d. lgs. 165/2001, per la falsità della dichiarazione dei servizi paritari svolti presso la scuola “RAGIONE_SOCIALE”, in forza dell’ordinanza GIP del Tribunale di Nocera Inferiore di applicazione di misure cautelari nei confronti di vari indagati, facenti parte di associazione finalizzata alla fittizia assunzione di numerosi lavoratori ovvero a procurare loro un profilo professionale fittizio da dichiarare quale titolo di servizio nelle domande di inserimento nelle graduatorie del personale ATA;
– con decreto del 25.5.2023 l’ escludeva il Collaboratore Scolastico dalla graduatoria permanente ATA;
– con decreto del 29.5.2023 l’ ” di Rapallo disponeva la risoluzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal giorno 27 maggio 2023.
Su tali premesse il ricorrente chiedeva il reinserimento nella graduatoria permanente della provincia di Genova per il profilo Collaboratore Scolastico e la reintegra nel posto di lavoro a tempo indeterminato, con la corresponsione delle retribuzioni medio tempore maturate a fare data dalla risoluzione, lamentando:
– la mancata sospensione del procedimento disciplinare fino alla definizione quello penale ai sensi dell’art. 55 ter d.lgs. 165/2001 e dell’art. 96 CCNL;
– l’illegittimità del depennamento per violazione del principio di tempestività della verifica della domanda di inserimento in terza fascia (art. 7 D.M. 640/2017) ai sensi degli artt. 71 e 72 D.P.R. 445/2000;
– l’illegittimità del provvedimento in autotutela in quanto assunto oltre il termine di diciotto mesi previsto dall’art. 21-nonies l. 241/90, come modificato dall’art. 6, comma 1, lett. d) l. 124/2015, termine superabile solo nel caso in cui la falsa attestazione sia stata definitivamente accertata in sede penale;
– la carenza dei presupposti del licenziamento e la validità del servizio paritario prestato presso l’Istituto Paideia, risultante dal certificato storico rilasciato dal Centro per l’impiego, o, anche in caso di invalidità, il carattere incolpevole dell’affidamento del ricorrente;
– l’irrilevanza dell’eventuale invalidità del servizio paritario, che avrebbe determinato solo la decurtazione e rettifica del punteggio per il triennio 2018/2021 da 14,05 a 12,30, con il quale egli avrebbe comunque prestato servizio come collaboratore scolastico, e la conseguente illegittimità della decadenza dalle graduatorie e della risoluzione del contratto, secondo i principi ripetutamente affermati dalla giurisprudenza (Cass. 18699/2019, Cass. 10854/20, Cass. 22673/20).
Si è costituito il eccependo preliminarmente il difetto di interesse ad agire del ricorrente, atteso che l’azione del ricorrente riguardava solo i due decreti, rispettivamente di depennamento dalle graduatorie permanenti e risoluzione del contratto di lavoro, mentre il successivo licenziamento disciplinare intimato in data 10.7.2023 (a seguito della contestazione di addebito del 7.3.2023 per avere dichiarato falsamente di aver prestato servizio presso l’Istituto RAGIONE_SOCIALE) non era stato impugnato e aveva prodotto la cessazione del rapporto di lavoro. Il ha quindi contestato anche nel merito la fondatezza delle pretese.
Il Tribunale ha respinto il ricorso, accogliendo l’eccezione preliminare di difetto di interesse ad agire del ricorrente.
Avverso
la sentenza ha proposto appello e il resistito al gravame.
All’udienza del 31.10.2024 la causa è stata discussa oralmente e decisa come da dispositivo trascritto in calce.
RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il Tribunale ha respinto il ricorso sulla base delle seguenti argomentazioni:
– con il provvedimento 10 luglio 2023, comunicato al con raccomandata spedita il giorno successivo, il Dirigente responsabile dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari ha disposto il licenziamento in applicazione dell’art. 55 quater, comma 3, d. lgs. 165/2001;
– nel ricorso introduttivo, depositato il 24.7.2023 ossia prima dello spirare del termine di sessanta giorni previsto per l’impugnazione del licenziamento, non si fa menzione di tale atto;
– in ogni caso, anche volendo equiparare l’atto risolutorio al licenziamento, la P.A. ha comunque la facoltà di procedere alla sua rinnovazione, ferme le decadenze eventualmente intervenute, al fine di correggere vizi di natura formale, compreso il vizio di incompetenza dell’organo decidente;
– il ricorrente aveva l’onere di allegare alla prima udienza fissata, il 20.9.2023, ovvero nel primo atto difensivo successivo alla memoria di costituzione, l’intervenuta impugnazione stragiudiziale del licenziamento oppure dichiarare di non accettare nel processo il contraddittorio sul licenziamento stesso;
– nessuno di tali oneri difensivi è stato adempiuto e il licenziamento fa stato nell’odierno giudizio;
– risulta pertanto preclusa la verifica sulla legittimità della risoluzione del contratto di lavoro derivata dal decreto del Dirigente Scolastico 26 maggio 2023, essendo carente un interesse giuridicamente rilevante del ricorrente ad ottenere pronunzia di annullamento di tale atto con condanna dell’Amministrazione alla reintegra nel proprio posto di lavoro, permanendo ’efficacia del successivo licenziamento;
– parimenti preclusa è la cognizione sulla domanda di accertamento del diritto del ricorrente all’inserimento nella graduatoria permanente ATA, in quanto detta domanda è meramente strumentale all’accesso nei ruoli dell’amministrazione scolastica attraverso un contratto di lavoro.
2.
Con l’appello, censura la decisione del Tribunale eccependo, in punto interesse ad agire, di non avere ricevuto la notifica del licenziamento disciplinare, deducendo che la comunicazione in plico raccomandato, prodotta dal , risultava resa al mittente secondo la ricerca sul sito di Poste Italiane.
Nel merito l’appellante ripropone le difese e argomentazioni di primo grado sintetizzate nella parte in fatto della presente sentenza.
3.
Il eccepisce la tardività della produzione attinente la pretesa carenza della notificazione del licenziamento disciplinare e della stessa eccezione della mancata notifica, svolta per la prima volta solo con l’atto di appello, e, in ogni caso, rileva che, a seguito della conoscenza dell’atto mediante la produzione in giudizio, l’appellante non ha mai provveduto alla relativa impugnazione, nemmeno stragiudizialmente.
Ripropone, poi, le difese nel merito svolte in primo grado sulla legittimità dei due provvedimenti impugnati con il ricorso.
4.
L’appello è infondato.
Emerge pacificamente dagli atti che nel costituirsi nel giudizio di primo grado, avente ad oggetto solo i due decreti di maggio 2023, il eccepito il difetto di interesse ad agire dell’appellante per effetto della mancata impugnazione del successivo licenziamento disciplinare, intimato in data 10.7.2023, che ha comportato la definitiva cessazione del rapporto di lavoro e l’irrilevanza degli eventuali vizi dei precedenti decreti.
Il provvedimento di licenziamento è stato prodotto dal con la comparsa di costituzione di primo grado e nel relativo frontespizio è presente l’annotazione della relativa spedizione, con il numero di raccomandata, avvenuta in data 11.7.2023, come risulta del resto Cont dall’esito del servizio di monitoraggio allegato all’atto di appello.
A seguito dell’allegazione e produzione della circostanza, l’appellante non ha formulato alcuna contestazione in merito al mancato ricevimento di tale atto nella prima difesa successiva alla produzione (all’udienza del 20.9.2023) né nelle note scritte conclusive, e può pertanto ritenersi operante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c. (cfr. Cass. 31845/2022, Cass. 18748/2024).
La mancata impugnazione del licenziamento, neppure effettuata nel termine dei sessanta giorni successivi alla produzione in giudizio del licenziamento che ha determinato in ogni caso la conoscenza dell’atto da parte del ricorrente, ha determinato la cessazione definitiva del rapporto di lavoro.
Il consolidarsi degli effetti risolutivi ha reso priva di utilità, come correttamente rilevato dal Tribunale, la decisione sulla eccepita illegittimità dei precedenti provvedimenti di depennamento dalla graduatoria e conseguente risoluzione amministrativa del contratto, alla quale non potrebbe comunque fare seguito l’invocato ripristino del rapporto di lavoro.
5.
La sentenza appellata merita pertanto conferma per difetto della condizione dell’azione di cui all’art. 100 c.p.c. Al rigetto dell’appello consegue la condanna dell’appellante alla rifusione delle spese di lite in favore dell’appellato, come liquidate in dispositivo, ai sensi del D.M. 55/2014, tenuto conto del valore indeterminabile della causa e dell’attività difensiva in concreto espletata.
Visto l’art. 437 c.p.c., Respinge l’appello;
Condanna l’appellante a rimborsare all’appellato le spese del grado, liquidate in euro 3.500,00, oltre rimborso forfettario 15% e oneri di legge;
Dichiara che sussistono i presupposti processuali per l’ulteriore pagamento, a carico dell’appellante, di un importo pari a quello del contributo unificato dovuto per l’impugnazione.
Così deciso all’udienza del 31/10/2024 LA CONSIGLIERA est. LA PRESIDENTE NOME COGNOME NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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