N. R.G. 1318/2024
TRIBUNALE ORDINARIO di ANCONA SECONDA CIVILE
VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. 1318/2024
Oggi 7.11.2024, ore 11.35 innanzi al Giudice dott.ssa NOME COGNOME sono comparsi:
Per la parte attrice opponente l’avv. COGNOME oggi sostituito dall’avv. NOME COGNOME il quale precisa le conclusioni come da atto di citazione in opposizione a d.i. riportandosi ai relativi contenuti e, in particolare, al rilevato difetto di legittimazione attiva della controparte.
Chiede infine la distrazione delle spese di lite in favore del procuratore antistatario.
Nessuno compare per la parte convenuta opposta già dichiarata contumace L’avv. NOME rinuncia alla lettura della sentenza in presenza.
Dopo breve discussione orale, il Giudice si ritira in camera di consiglio e, all’esito, pronuncia sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. come segue.
Il Giudice NOME COGNOME
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di ANCONA RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente
SENTENZA N._1906_2024_- N._R.G._00001318_2024 DEL_07_11_2024 PUBBLICATA_IL_07_11_2024
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1318/2024 promossa da:
(C.F. ), rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura posta a corredo dell’atto introduttivo ATTRICE OPPONENTE contro (C.F. ), per il tramite della mandataria (C.F. , contumace CONVENUTA OPPOSTA Oggetto: Contratti bancari.
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale d’udienza del quale la presente sentenza costituisce parte integrante.
Fatto e diritto Con atto di citazione ritualmente notificato la sig.ra proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 1518/2023 emesso dal Tribunale di Ancona, mediante il quale le era stato ingiunto il pagamento, in favore della ricorrente della somma di € 90.146,80 oltre interessi e spese del procedimento monitorio.
C.COGNOME. Esponeva l’attrice opponente che il credito vantato dalla ricorrente, sarebbe derivato, a dire della stessa, da un contratto di mutuo fondiario stipulato in data 22.6.2007 con la allora A sostegno dell’opposizione parte opponente deduceva, in sintesi e per quanto di interesse:
– la carenza di legittimazione attiva della ricorrente difettando, nell’ambito della fase monitoria, la prova della titolarità in capo alla stessa della pretesa creditoria azionata;
– l’invalidità del contratto azionato stante la ricorrenza di usura pattizia nonché alla luce dell’indeterminatezza degli elementi del contenuto del mutuo e dell’applicazione di interessi anatocistici.
In ragione delle suddette censure la parte attrice opponente chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Con decreto ex art. 171 bis c.p.c., verificata la regolarità della notifica dell’atto di opposizione, veniva dichiarata la contumacia della All’udienza di comparizione delle parti del 10.10.2024 il procuratore della parte attrice opponente chiedeva fissarsi l’udienza di precisazione delle conclusioni.
La causa perveniva, infine, per la precisazione delle conclusioni e contestuale discussione ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. all’udienza del 7.11.2024.
L’opposizione proposta risulta fondata e meritevole di accoglimento per le ragioni di seguito illustrate.
Risulta in tal senso dirimente, anche in ossequio al principio della ragione più liquida, lo scrutinio dell’eccezione relativa alla dedotta insussistenza della legittimazione attiva della In proposito giova premettere che l’ormai diffuso fenomeno della cessione di crediti nei confronti delle società di cartolarizzazione (considerate le spesso plurime cessioni di cui tali crediti formano oggetto), implica, in capo a chi agisca giudizialmente per il relativo recupero, il rigoroso assolvimento dell’onere della prova circa la propria legittimazione attiva; il tutto a tutela sia del debitore ceduto, ma anche, più in generale, di una corretta circolazione dei crediti e della certezza dei rapporti giuridici.
A tal riguardo, deve osservarsi come costituisca, infatti, orientamento consolidato (cfr. Cass. n. 24798/2020; Cass. n. 5857/2022; Cass. n. 22754/2022), quello secondo cui è onere del creditore opposto, che si affermi successore a titolo particolare del creditore originario, dimostrare l’esistenza dell’atto di cessione e, più specificamente, l’inclusione del credito per cui si agisce nell’operazione di cartolarizzazione avvenuta ai sensi dell’art. 58, comma 2, T.U.B. L’art. 58 T.U.B. rubricato “Cessione di rapporti giuridici” prevede, al comma 2, per quanto di interesse in questa sede, che “La banca cessionaria dà notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La Banca d’Italia può stabilire forme integrative di pubblicità”.
Il comma 4 recita:
“Nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall’art. 1264 c.c.”.
Infine, il comma 7 estende la portata della normativa prevedendo che:
“Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle cessioni in favore dei soggetti, diversi dalle banche, inclusi nell’ambito della vigilanza consolidata ai sensi degli articoli 65 e 109 e in favore degli intermediari finanziari previsti dall’articolo 106”.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha in proposito chiarito che:
– “L’art. 58, comma 2, del D. Lgs. vo n. 385 del 1993 ha inteso agevolare la realizzazione della cessione in blocco di rapporti giuridici, prevedendo, quale presupposto di efficacia della stessa nei confronti dei debitori ceduti, la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale, e dispensando la banca cessionaria dall’onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti.
Tale adempimento, ponendosi sullo stesso piano di quelli prescritti in via generale dall’art. 1264 c.c., può essere validamente surrogato da questi ultimi, e segnatamente dalla notificazione della cessione, che non è subordinata a particolari requisiti di forma, e può quindi aver luogo anche mediante l’atto di citazione con cui il cessionario intima il pagamento al debitore ceduto, ovvero nel corso del giudizio” (cfr. Cass. Civ., Sez. VI-I, ord. n. 20495 del 29.09.2020; conforme Cass. 5997/2006);
– “La parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del D. Lgs. vo n. 385 del 1993, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta” (cfr. Cass. Civ., Sez. VI-I, ord. n. 24798 del 05.11.2020; n. 20495/2020; n. 4116/2016);
– “In tema di cessione di crediti in blocco ex art. 58 del D. Lgs. vo n. 385 del 1993, ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 58 del citato D. Lgs. vo, dovendo il giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la citata notificazione può rivestire, peraltro, un valore indiziario, specialmente allorquando avvenuta su iniziativa della parte cedente” (cfr. Cass. Civ., Sez. III, ord. n. 17944 del 22.06.2023; conformi n. 20495 del 2020 e n. 4277 del 2023);
– “In tema di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi dell’art. 58 del D. Lgs. vo n. 385 del 1993, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione. (Nella specie la SRAGIONE_SOCIALE ha cassato la sentenza con la quale la Corte di Appello aveva ritenuto insufficiente la produzione dell’avviso di pubblicazione, recante l’indicazione per categorie dei rapporti esclusi dalla cessione, omettendo di verificare se il credito azionato fosse o meno riconducibile ad una delle predette categorie)” (cfr. Cass. Civ., Sez. I, ord. n. 31188 del 29.12.2017).
Deve precisarsi che il successore a titolo particolare nel credito può essere esentato dal predetto onere di dimostrare l’attuale titolarità del credito solo qualora il debitore ceduto, anche implicitamente, non abbia contestato la relativa circostanza.
Nel caso di specie, tuttavia, non ricorre tale ipotesi dal momento che la parte opponente ha contestato la legittimazione attiva della ricorrente in monitorio deducendo come né dalla documentazione contrattuale, né da quella contabile sia dato evincere la titolarità del credito in capo alla stessa.
Dunque, in caso di contestazione, la sola pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’intervenuta cessione – specie se curata non già dalla parte cedente ma dalla sola cessionaria – non è, da sola, sufficiente a fornire la prova incontrovertibile dell’inclusione del credito azionato nel novero di quelli ceduti.
In tal senso, significativo risulta il dictum della già citata recente sentenza della Cassazione n. 17944 del 2023, la quale ha avvertito l’esigenza di mettere ordine nella materia effettuando alcune precisazioni onde fugare i dubbi ingeneratisi negli interpreti e negli operatori del settore sulla base di taluni precedenti della stessa Corte di legittimità “in cui sembrerebbe in qualche modo adombrato che la pubblicazione, da parte della banca cessionaria, nella Gazzetta Ufficiale, della notizia di un’operazione di cessione di crediti individuabili blocco ai sensi dell’art. 58, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385 (T.U.B.) costituisca di per sé prova della cessione”. Innanzi tutto, fermi gli approdi giurisprudenziali di cui sopra, la Corte ha chiarito che:
“In linea generale, ai fini della prova della cessione di un credito, benché non sia di regola necessaria la prova scritta, di certo non può ritenersi idonea, di per sé, la mera notificazione della stessa operata al debitore ceduto dal preteso cessionario ai sensi dell’art. 1264 c.c., quanto meno nel caso in cui sul punto il debitore ceduto stesso abbia sollevato una espressa e specifica contestazione, trattandosi, in sostanza, di una mera dichiarazione della parte interessata”.
La Corte ammonisce in ordine al fatto che i propri precedenti debbano essere rettamente intesi e fa propria, condividendola, la distinzione operata dai precedenti giurisprudenziali secondo la quale un conto è l’avviso della cessione – atto integrativo dell’efficacia della cessione stessa – e un conto è la prova dell’esistenza di un contratto di cessione e del suo contenuto.
Pertanto, se è vero che la prova dell’intervenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale vale a esonerare la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto, tuttavia, non vale anche a provare l’esistenza della cessione stessa (così espressamente Cass. Civ., Sez. III, ord. n. 22151 del 05.09.2019; Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 5997 del 17.03.2006; cit. ord. n. 24798 del 05.11.2020 e cit. sent. n. 4116 del 02.03.2016).
In caso di cessione di crediti individuabili in blocco ai sensi dell’art. 58 T.U.B., quando ad essere contestata non sia l’esistenza del contratto di cessione in sé, ma solo l’inclusione dello specifico credito controverso nell’ambito di quella specifica cessione, l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, può ben costituire adeguata prova dell’avvenuta cessione dello specifico credito oggetto di contestazione, laddove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete. In mancanza di contestazione circa l’esistenza del contratto di cessione, non vi è quindi alcuna necessità di dimostrare l’esistenza dello stesso (in quanto i fatti non contestati devono considerarsi al di fuori del così detto thema probandum):
il fatto da provarsi è costituito, in tale caso, solo dall’esatta corrispondenza tra le caratteristiche del credito controverso e quelle che individuano i crediti oggetto della cessione in blocco.
Se le indicazioni contenute nell’avviso di cessione dei crediti in blocco pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale consentono di ricondurre con certezza il credito di cui si controverte tra quelli trasferiti in blocco al preteso cessionario, nulla quaestio.
Laddove, invece, tale riconducibilità non sia desumibile con certezza dalle suddette indicazioni, sarà necessaria la produzione del contratto e/o dei suoi allegati, ovvero sarà necessario fornire la prova della cessione dello specifico credito oggetto di controversia in altro modo.
Orbene, come si è detto, nel caso di specie il debitore ceduto ha contestato la carenza di prova circa la titolarità del credito in capo alla ricorrente e non anche la stessa esistenza del contratto di cessione.
A fronte dell’effettuata contestazione, occorre quindi verificare se dall’avviso di cessione pubblicato in gazzetta ufficiale (cfr. doc. n. 7 fascicolo monitorio)
-avviso peraltro effettuato a cura della società cessionaria- risulti possibile ritenere con certezza l’inclusione del credito controverso tra quelli oggetto di cessione.
Ebbene, dal tenore letterale dell’avviso, secondo il quale hanno formato oggetto di cessione pro soluto dalla alla “taluni crediti (per capitale, interessi, anche di mora, accessori, spese, ulteriori danni, indennizzi e quant’altro) di proprietà della Cedente derivanti da contratti di finanziamento, ipotecari o chirografari, saldi debitori di conti corrente, insoluti di portafoglio e conto anticipi, sorti nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1950 e il 31 maggio 2021, i cui debitori sono stati classificati “a sofferenza” ai sensi della Circolare della Banca d’Italia n. 272/2008 (Matrice dei Conti) e segnalati in “Centrale dei Rischi” ai sensi della Circolare della Banca d’Italia n. 139/1991 (i “Crediti”), appare evidente (già solo in base all’utilizzo della iniziale locuzione “taluni”) come non risulti in alcun modo possibile ritenere, con la dovuta certezza, che la posizione debitoria dell’odierna opponente abbia formato oggetto del dedotto fenomeno cessorio. Non costituendosi nell’ambito del presente giudizio di opposizione la società opposta non ha quindi, come pure avrebbe potuto, integrato le proprie produzioni documentali e fornendo così al giudicante ulteriori elementi atti a consentire di pervenire alla prova, anche presuntiva, della cessione in questione.
Ed infatti, se è vero che il contratto di cessione del credito non richiede una particolare forma (v. Cass. 9.7.2018 n. 18016; Cass. 15.5.1974 n. 1396) e può essere provato anche mediante presunzioni, laddove una pluralità di elementi, complessivamente valutati, facciano ritenere fondato l’assunto di chi si afferma titolare del credito (cfr. sul tema Cass. 16.4.2021 n. 10200), deve, tuttavia, rilevarsi come parte convenuta opposta non abbia, nel caso di specie, introdotto alcun elemento valido ad integrare tale presunzione sulla base degli indicatori da tempo forniti dalla giurisprudenza in materia.
Conclusivamente non risulta dagli atti di causa alcun elemento atto a far ritenere che l’originaria posizione creditoria nei confronti dell’odierna opponente, originariamente facente capo alla Banca delle Marche S.p.A. abbia effettivamente formato oggetto della vicenda cessoria delineata nel ricorso monitorio ma non adeguatamente comprovata dalla parte convenuta opposta.
L’insussistenza della prova della intervenuta cessione del credito azionato in monitorio -determinando la carenza di prova della legittimazione sostanziale dell’odierna convenuta opposta- risulta ex se sufficiente a comportare l’accoglimento dell’opposizione, con conseguente revoca del provvedimento monitorio, determinando, altresì, l’assorbimento di ogni ulteriore eccezione sollevata dalla parte opponente in ossequio al principio della ragione più liquida.
Alla luce di tutto quanto osservato, rilevato e ritenuto l’opposizione deve essere accolta, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Le spese seguono la soccombenza della parte convenuta opposta (ricorrente in monitorio) e sono liquidate come da dispositivo -con distrazione in favore del procuratore dichiaratosi antistatario- in applicazione dei parametri di cui al DM 147/2022, avuto riguardo al valore della causa -da ritenersi di bassa complessità anche in considerazione della contumacia della parte opposta- ed in considerazione dell’attività difensiva concretamente prestata.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
REVOCA il decreto ingiuntivo opposto n. 1518/2023 emesso dal Tribunale di Ancona.
CONDANNA altresì la parte convenuta opposta a rimborsare alla parte attrice opponente le spese di lite, che si liquidano in € 406,50 per spese, € 3.000,00 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e rimborso forfettario spese generali come per legge se dovuti, somme tutte da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante allegazione al verbale.
Ancona, 7.11.2024 Il Giudice NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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