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Codice Civile
Codice Penale

Mancata prova dell’attività professionale

La sentenza ribadisce l’importanza dell’onere della prova nei contratti d’opera professionale. In caso di contestazione sull’adempimento, il professionista è tenuto a dimostrare l’effettivo svolgimento dell’attività oggetto del mandato. La sola comunicazione di un risultato positivo non è sufficiente a provare l’adempimento se non supportata da altri elementi probatori.

Pubblicato il 22 October 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 18512/2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE XI

CIVILE

Il Tribunale, in persona del Giudice NOME COGNOME, ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._14787_2024_- N._R.G._00018512_2022 DEL_02_10_2024 PUBBLICATA_IL_02_10_2024

nella causa civile di appello iscritta al numero RG 18512/22 trattenuta in decisione all’udienza del 11 marzo 2024 tenuta nelle forme della trattazione scritta, vertente TRA (C.F. (C.F. (C.F. ) in persona del legale rappresentante, come in atti rappresentati e difesi in giudizio dall’avv. NOME COGNOME

APPELLANTI CONTRO , (C.F. come in atti rappresentato e difeso in giudizio dall’avv. NOME COGNOME

APPELLATO OGGETTO: appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma n. 18966/2021 del 7 settembre 2021 – opposizione a decreto ingiuntivo

CONCLUSIONI

come da note scritte depositate per l’udienza del 11 marzo 2024 tenuta ex art. 127 ter c.p.c..

RAGIONI DI FATTO

E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato il 04.03.2022 proponevano appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma n. C.F. C.F. C.F. predetti venivano condannati al pagamento in favore di della somma di € 2.695,19 oltre interessi, condannando e di al pagamento delle spese di lite, compensando, invece, quelle con il Gli appellanti censuravano la sentenza con due motivi di gravame, il primo così titolato “ Erronea ed illogica valutazione dell’onere della prova in merito all’eccezione di inadempimento proposta dalla parte appellante/opponente e conseguente mancato accertamento dell’inadempimento del dott. ; il secondo, “Erroneo ed illogico accertamento dell’insussistenza della carenza di legittimazione passiva degli opponenti Chiedevano, in riforma della sentenza di primo grado, in via principale che fosse confermata la revoca ovvero dichiarato illegittimo e/o invalido il decreto ingiuntivo n. 3690/2018, depositato il 27.2.2018, in quanto infondato in fatto e diritto e non provato, con il rigetto, in ogni caso, della domanda proposta da in via subordinata, invocavano la riduzione della somma ingiunta a quella ritenuta di giustizia con vittoria di spese e compensi. Con decreto del 29.4.2022 ex art. 168 bis c.p.c. l’udienza di prima comparizione veniva differita alla data del 31.10.22.

si costituiva in giudizio con comparsa del 25.10.2022, chiedendo il rigetto dell’appello in quanto infondato, con richiesta di integrale conferma della sentenza impugnata e con vittoria di spese, competenze ed onorari.

Acquisito il fascicolo d’ufficio di primo grado, all’udienza del 11.3.2024, nelle forme della trattazione scritta, le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione con i termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e repliche.

********

L’appello merita accoglimento.

In tal senso si condividono le ragioni e le argomentazioni di cui alla sentenza di questo Tribunale n.7491/2024, pubblicata il 02/05/2024, che ha regolato una fattispecie sovrapponibile a quella di causa.

Con il primo motivo gli appellanti censurano la sentenza del giudice di pace deducendo l’”erronea e illogica valutazione dell’onere della prova in merito all’eccezione di inadempimento proposta dalla parte appellante/opponente e conseguente mancato accertamento dell’inadempimento del dott. Reputa infatti questo Tribunale che il primo giudice abbia erroneamente valutato le risultanze probatorie, giungendo ad affermare che “il dott. ha dimostrato di aver adempiuto alla propria obbligazione…”.

Orbene, con l’atto titolato “conferimento di incarico professionale” del 5 agosto 2015, redatto su carta intestata dell’avv. NOME COGNOME, in proprio e nella qualità, , in proprio e nella qualità e , in proprio e nella qualità conferivano mandato all’avv. NOME COGNOME e al dott. “di assistenza e consulenza in favore del per la definizione transattiva stragiudiziale dei rapporti esistenti con tutti gli istituti bancari con i quali opera il predetto L’oggetto dell’incarico, quindi, era ben individuato nella prestazione di “assistenza e consulenza” allo scopo di definire transattivamente le pendenze con le banche. Ebbene, il perimetro del mandato non può ritenersi modificato dalla successiva pattuizione, relativa alla determinazione del compenso.

Le parti mandanti, infatti, si obbligavano a corrispondere “un compenso all’esito positivo della definizione stragiudiziale dei predetti rapporti, pari al 3% dell’intera esposizione debitoria trattata…”.

Ciò posto, si ritiene che -anche ove non si fosse addivenuti alla definizione transattiva dei rapporti – sarebbe pur sempre spettato un compenso (liquidabile secondo le tariffe professionali) per l’attività comunque svolta dai professionisti.

In ogni caso -indipendentemente dalla qualificazione dell’obbligazione come di mezzi ovvero di risultato- sarebbe stato onere del (a fronte della contestazione degli originari opponenti sul punto) fornire prova di aver svolto l’attività di cui al mandato.

Tale prova non è stata offerta, né documentalmente né attraverso la prova orale.

Sotto il profilo documentale le missive degli Istituti di Credito sono indirizzate unicamente all’avv. COGNOME e non menzionano mai il La prova testimoniale, poi, svolta dinanzi al primo giudice, con le dichiarazioni rese da , non offre alcun elemento a comprova dello svolgimento delle attività da parte del mandatario, restituendo, invero, un quadro probatorio comprovante un’attività svolta dal solo avv. COGNOME.

In tale senso, il teste , indicato da parte opponente, udito all’udienza del 14.10.2028 , rispondendo sui capitoli di cui alla memoria ex art. 320 c.p.c. datata 15.02.2019 confermando, poi, esser vero il capitolo n.10) e cioè a dire che tutta l’attività con la quale mandatario della è stata gestita esclusivamente dall’avv. NOME COGNOME.

A ciò si aggiunga che la teste indicata dall’originario opposto, nella persona di escussa all’udienza del 8 marzo 2021 sui capitoli di cui alle note autorizzate del 11 febbraio 2019 ha così risposto “la trattativa che io ho svolto è stata instaurata con l’avv. COGNOME e non ho avuto mai rapporti con la parte dott. gli scambi telefonici e le mail furono sempre con l’avv. Mostrata alla teste la lettera del 17/05/2016 la stessa ha così risposto “specifico che la lettera è il frutto dei rapporti intercorsi con l’avv. COGNOME. A fronte di tale ricostruzione deve ritenersi carente il quadro probatorio attestante lo svolgimento da parte del di qualsivoglia attività di consulenza ed assistenza integranti l’oggetto del mandato.

Non possono essere condivise, quindi, le argomentazioni del primo giudice, fatte proprie dall’ appellato, che si sostanziano, in buona sostanza, nella tesi che la prova della prestazione può essere desunta dalla mera comunicazione della banca del 17.5.2016, di accettazione del piano di rientro allegata al ricorso per decreto ingiuntivo.

Tale ultima missiva, peraltro indirizzata unicamente all’avv. COGNOME, dimostra solamente la disponibilità della Banca a definire i rapporti, richiamando una proposta del 21.4.2016 del solo avv. COGNOME.

Nella missiva della non viene fatto il benchè minimo riferimento ad una qualche attività riconducibile all’operato del che fosse stata preparatoria dell’accordo ovvero anche soltanto di mera trattativa con l’ , attività questa che l’appellato nelle sue difese assume di aver svolto, ma della quale non fornisce prova.

Essa non può essere integrata dalla sola comunicazione di accettazione del piano di rientro trasmesso dalla Banca e ciò in ragione delle specifiche contestazioni sollevate dagli opponenti sull’effettivo e concreto svolgimento delle obbligazioni di cui al mandato.

Alla luce di quanto esposto, in accoglimento del primo assorbente motivo di appello, in parziale riforma della sentenza impugnata, (potendosi mantenere ferma la declaratoria di revoca del decreto ingiuntivo) deve essere rigettata la domanda proposta da avanzata con il decreto ingiuntivo nr. 3690/2018, depositato il 27 febbraio 2018, restando assorbito il secondo motivo di gravame, così come pure ogni altra questione.

Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono

Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando nella causa civile in epigrafe, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

1) accoglie l’appello e, in parziale riforma dell’impugnata sentenza del Giudice di Pace di Roma n. 18966/2021 del 7 settembre 2021, previa conferma della statuizione di revoca del decreto ingiuntivo n. 3690/18 del 27 febbraio 2018, rigetta la domanda di pagamento avanzata 2) condanna al pagamento, in favore degli appellanti, delle spese di lite del doppio grado di giudizio, che liquida per il primo grado in €. 76,00 per esborsi ed € 1.265,00 per compensi oltre spese generali, IVA e CPA come per legge e se dovuti, nonché per il presente grado in € 852,00 per compensi ed € 174,00 per esborsi, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge e se dovuti.

Così deciso in Roma, 27 settembre 2024 Il Giudice NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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