REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
RAGIONE_SOCIALE DI VENEZIA TERZA
SEZIONE CIVILE Il collegio, riunito in camera di consiglio, nelle persone dei magistrati Dott. NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel.
Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato, ai sensi dell’art. 132 cpc, così come modificato dalla L.n. 69/2009, la seguente
SENTENZA N._373_2025_- N._R.G._00000047_2024 DEL_04_03_2025 PUBBLICATA_IL_04_03_2025
Nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 47/2024
R.G. promossa (c.f. , rappresentato e difeso in giudizio dall’avv.to NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio della stessa in Treviso, INDIRIZZO in forza di procura alle liti allegata all’atto di citazione in appello;
APPELLANTE CONTRO (c.f. , rappresentata e difesa in giudizio dall’avv.to NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dello RAGIONE_SOCIALE stesso in Venezia – Mestre, INDIRIZZO in forza di procura alle liti in calce alla comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di primo grado;
APPELLATA Oggetto: appello avverso la sentenza n. 1627/2023 del Tribunale di Venezia, pubblicata in data 26 settembre 2023, rimessa al collegio in decisione all’esito dell’udienza ex art. 352 cpc, tenutasi in data 10 febbraio 2025.
CONCLUSIONI
DI PARTE APPELLANTE:
“In riforma dell’impugnata sentenza del Tribunale di Venezia n. 1627/2023, pubblicata il 26 settembre 2023, in via principale, previo accertamento che l’obbligazione prevista all’art. 2, punto 2, dell’accordo sottoscritto in data 18 novembre 2009, è divenuta esigibile per i motivi di cui in narrativa, condannare la sig.ra , a corrispondere all’arch. , in proprio e/o quale titolare dello il compenso professionale di euro 100.000,00.=, oltre accessori di legge e interessi legali dalla scadenza del termine fino al saldo. In via subordinata, previa fissazione di un congruo termine di adempimento dell’obbligazione prevista all’art. 2, punto 2, dell’accordo sottoscritto in data 18 novembre 2009, dichiarare che la sig.ra sarà tenuta a corrispondere all’arch. , in proprio e/o quale titolare dello il compenso professionale di euro 100.000,00.=, oltre accessori di legge, alla data che risulterà di giustizia.
In ogni caso, con condanna della sig.ra alla restituzione dell’importo di euro 12.000,00, oltre rimborso forfetario e accessori di legge, corrisposto dall’arch. , nonché alla rifusione delle spese di lite, sia per la consulenza tecnica d’ufficio, sia per il primo grado di giudizio, sia per la presente fase di appello, anche ai sensi dell’art. 96 cpc. In via istruttoria, ammettere prova per testi e per interrogatorio formale sui seguenti capitoli (da leggersi in forma interrogativa, preceduti da “vero che”): 1. L’arch. è un professionista iscritto all’albo degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori di Venezia;
2.
Nel 1991, l’arch. ricevette incarico dal sig. con un mandato che proseguì a beneficio della sig.ra , poi subentrata nella proprietà dell’area, di espletare tutte le prestazioni professionali connesse alla pratica di urbanizzazione del terreno di famiglia a Venezia Lido, corrispondente al 54 % di un comparto urbanistico denominato “INDIRIZZO” di 30.607 mq. complessivi, appartenente quanto al 45% percento a RAGIONE_SOCIALE;
3. Nel periodo tra il 1991 ed il 2009, l’arch. ha svolto prestazioni professionali connesse alla pratica di urbanizzazione del terreno di cui al punto che precede, per conto del sig. occupandosi della stesura e della presentazione dei progetti e degli elaborati tecnici, interfacciandosi con i consulenti legali del committente e partecipando a numerose riunioni con i proprietari, ivi compresi quelli delle altre particelle facenti capo al comparto, le amministrazioni ed i potenziali acquirenti;
4. Nel novembre 2004, l’avv. ha letto e riportato negli atti del procedimento di impugnazione pendente avanti al T.A.R., sub R.G. n. 3078/2004, il contenuto delle consulenze fornite dall’arch. ;
5. Nel marzo 2005, l’arch. partecipò, quale tecnico di fiducia indicato dal sig. al sopralluogo effettuato dal consulente tecnico d’ufficio, sul terreno di cui al punto 2, nell’ambito del giudizio pendente avanti al T.A.R., sub R.G. n. 3078/2004;
6. Fino al 2006, l’arch. si occupò di raccogliere personalmente le firme di tutti i proprietari, compreso l’avv. NOME COGNOME tutore della sig.ra , dante causa del sig. , sugli elaborati che sono stati presentati alle amministrazioni;
7. Nel 2008, l’arch. inviò al sig. la proposta di parcella, calcolata in base alle tariffe allora vigenti dell’Ordine degli Architetti, relativa all’attività di progettazione svolta fino a allora (esclusi i ricorsi al T.A.R.);
8.
Il 29 aprile 2009, l’arch. riferì al dott. figlio della sig.ra , che il geom. , legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE aveva manifestato interesse all’acquisto del comparto, per euro 3.700.000,00;
9.
Il 22 maggio 2009, il sig. , legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, società proprietaria del quarantacinque percento del comparto, sollecitò il sig. ad esprimersi in merito alla proposta di acquisto di RAGIONE_SOCIALE manifestando la preoccupazione che un ritardo nelle trattative potesse compromettere l’interesse del potenziale acquirente;
10. Il 7 luglio 2009, l’arch. partecipò a una riunione tra il geom. , legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, il dott. figlio della sig.ra , e il sig. , legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, per discutere le condizioni della compravendita;
11.
Il 22 luglio 2009, il sig. , legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, società proprietaria del quarantacinque percento del comparto, sollecitò di nuovo il sig. ad esprimersi in merito alla proposta di acquisto di RAGIONE_SOCIALE manifestando la preoccupazione che un ritardo nelle trattative potesse compromettere l’interesse del potenziale acquirente;
12.
Successivamente, l’arch. partecipò a un paio di riunioni tra il dott. figlio della sig.ra , e il sig. legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, per fare il punto sulla trattativa per la compravendita e l’iter urbanistico;
13.
In quell’occasione, il dott. figlio della sig.ra , disse che, prima di proseguire con la trattativa, voleva addivenire ad una preliminare definizione dei compensi ad allora maturati dall’arch. e delegò l’avv. , già incaricato dell’assistenza alle trattative per la vendita dell’area, di trovare un accordo;
14.
In quell’occasione, il dott. anche alla presenza del proprio legale avv. , nonché del sig. , legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, e del legale di quest’ultimo, avv. NOME COGNOME confermò che, all’esito di tale definizione, l’arch. e l’arch. professionista di fiducia di RAGIONE_SOCIALE, avrebbero ultimato insieme la pratica di lottizzazione del terreno, già predisposta dai medesimi “a quattro mani”;
15.
Con accordo del 18 novembre 2009, la sig.ra , per tramite del suo rappresentante volontario, il figlio dott. si impegnò al pagamento nei confronti dell’arch. , della somma di euro 120.000,00.=, a titolo di compensi pregressi, da corrispondersi secondo le seguenti tempistiche:
quanto all’acconto di euro 20.000,00.=, entro il 31 dicembre 2009;
quanto al saldo di euro 100.000,00.=, “nel minor termine tra l’incasso da parte del committente della prima rata di prezzo per la vendita del terreno, chiunque sia l’acquirente, ed il sesto mese successivo all’approvazione del piano di lottizzazione relativo al terreno”;
16.
All’epoca della sottoscrizione dell’accordo, l’arch. chiarì che lo sconto sul pregresso e la dilazione di pagamento venivano accettati, sulla base dell’aspettativa che, da una parte, l’incarico del professionista sarebbe proseguito, dall’altra, gli eventi cui era stato subordinato il pagamento del compenso di sarebbero verificati di lì a poco;
17.
All’epoca della sottoscrizione dell’accordo, l’arch. e l’arch. professionista di fiducia di RAGIONE_SOCIALE, avevano già predisposto, lavorando “a quattro mani”, la pratica di lottizzazione del terreno, che era pronta a gennaio 2010;
18.
Nel dicembre 2009, la sig.ra revocò, per tramite del figlio dott. l’incarico all’arch. ;
19.
Nel maggio 2010, RAGIONE_SOCIALE e il dott. figlio della sig.ra , per tramite dei rispettivi legali, avv. NOME COGNOME avv. e avv. NOME COGNOME scambiarono una bozza di contratto preliminare per la compravendita del comparto, concordando tutti i termini economici e giuridici dell’accordo che avrebbe dovuto essere sottoscritto di lì a poco;
20.
Al momento della raccolta delle firme, insorse, tuttavia, una controversia per la suddivisione delle cubature tra i proprietari del compendio che non trovarono un punto di incontro al riguardo e RAGIONE_SOCIALE ritirò la sua offerta;
21.
Nel luglio 2010, la sig.ra rifiutò, per tramite del figlio, una nuova proposta di acquisto, per un valore di euro 3.600.000,00.=;
22.
Nell’ottobre del 2012, la sig.ra lasciò scadere il termine previsto dal comune per la presentazione del piano di lottizzazione, pronto a gennaio 2010;
23.
Nel novembre 2012, la sig.ra rifiutò, per tramite del figlio, una nuova proposta di acquisto, per un valore di euro 3.600.000,00.=;
24.
Nel maggio 2019, a fronte della richiesta di rassicurazioni in merito alle tempistiche di pagamento, il dott. confermava che non vi erano trattative pendenti per la cessione del compendio.
Si indicano a testimoni:
sig. , Geom. , arch. ing. , avv. avv. NOME COGNOME avv. , avv. NOME COGNOME avv. NOME COGNOME
Si chiede altresì di ordinare a e/o al dott. nonché ad e/o al legale rappresentante pro tempore di di esibire in giudizio copia del preliminare di vendita relativo al terreno sito in Venezia Lido, INDIRIZZO censito al catasto terreni del comune di Venezia, foglio 44, particelle 70 e 323.
Con richiesta di rigetto delle istanze istruttorie ex adverso formulate e/o, in subordine, di abilitazione alla prova contraria”.
CONCLUSIONI
DI PARTE APPELLATA:
“Nel merito, rigettarsi l’appello, in quanto inammissibile e infondato per i motivi tutti di cui in atti, proposto dall’arch. avverso la sentenza n. 1627/2023 del Tribunale di Venezia, pubblicata in data 26.9.2023, con ogni conseguente statuizione di legge.
Con vittoria di spese e compensi di lite per entrambi i gradi del giudizio.
In via istruttoria, senza inversione alcuna dell’onere della prova, si chiede essere ammessi alla prova per testi sui capitoli articolati in primo grado con la seconda memoria ex art. 183 comma 6 cpc, con i testi ivi indicati.
Rigettarsi le istanze istruttorie reiterate dall’arch. nel presente grado di appello per le ragioni esposte, e qui richiamate, nella terza memoria ex art. 183, c. 6, cpc dd. 29.12.2020 depositata nel giudizio R.G. n. 10953/2019 Tribunale Venezia e, in denegata ipotesi di loro ammissione, si insiste per l’abilitazione alla prova contraria con i testi indicati a prova diretta.
Rigettarsi l’istanza ex art. 210 cpc formulata dall’arch. con l’atto di appello in quanto inconferente ed irrilevante, avendo ad oggetto un contratto (preliminare di compravendita) neppure mai concluso”.
RAGIONI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data 24 ottobre 2019, conveniva dinanzi al Tribunale di Venezia , chiedendo che ella venisse condannata al pagamento della somma di euro 100.000,00.= quale residuo del compenso professionale, in relazione all’opera dallo stesso prestata per l’urbanizzazione del terreno di proprietà della convenuta stessa sito in Venezia – Lido, finalizzata alla presentazione ed approvazione del relativo piano di lottizzazione.
A fondamento della propria domanda, parte attrice allegava di aver ricevuto incarico, già a partire dal 1991, di espletare tutte le prestazioni professionali connesse alla pratica di urbanizzazione del terreno sito in Venezia – Lido di proprietà di in luogo del quale era poi subentrata la moglie rientrante in un più ampio compendio urbanistico denominato “INDIRIZZO”, appartenente alla parte residua a certa RAGIONE_SOCIALE.
Asseriva l’attore che in data 18 novembre 2009 era stata conclusa una transazione, con la quale si era determinato il compenso spettante al professionista, pari a euro 120.000,00.=, di cui euro 20.000,00= corrisposti immediatamente e la residua parte da corrispondersi nel minor termine tra l’incasso della prima rata del prezzo di vendita, qualunque fosse stato l’acquirente, ed il sesto mese successivo all’approvazione del piano di lottizzazione dell’area.
Secondo l’attore, i due eventi, aventi la natura di termine ed alternativi tra loro, cui era subordinato il pagamento del residuo del compenso, non si erano verificati per cause imputabili alla convenuta, posto che ella non si era adoperata per conseguire l’approvazione del piano di lottizzazione, anche rifiutando illegittimamente ogni offerta di vendita pervenutale.
Ciò posto, a detta di , l’obbligazione di pagamento doveva essere considerata scaduta per decadenza del beneficio del termine ex art. 1186 cc, o, in subordine, gli eventi dedotti nel contratto di transazione dovevano quindi considerarsi come avverati ex art. 1359 cc. Si costituiva nel giudizio di primo grado con comparsa di costituzione e risposta ritualmente depositata, chiedendo il rigetto della domanda.
La convenuta deduceva che gli accordi iniziali tra le parti prevedevano la remunerazione del professionista solo per il caso di vendita del lotto, dopo l’approvazione del piano di lottizzazione, mai avvenuta per evidenti carenze progettuali imputabili anche all’attore.
Depositate le memorie istruttorie ed espletata la CTU finalizzata a descrivere i provvedimenti urbanistici, con riferimento a quelli relativi all’edificabilità ed alla lottizzazione, la causa era decisa con sentenza n. 167/2023 pubblicata in data 26 settembre 2023.
Il Tribunale di Venezia rigettava integralmente le domande attoree, condannando all’integrale rifusione delle spese di lite in favore della convenuta.
Il Giudice di primo grado accertava che gli eventi descritti nell’art. 2 del contratto di transazione dovevano essere qualificati come condizioni sospensive ex art. 1353 cc, non essendo certo che detti eventi si sarebbero o meno verificati.
L’intenzione delle parti, a detta del Tribunale, era quella di riconoscere all’attore l’intero corrispettivo di euro 100.000,00= solo al momento della vendita del terreno, o, in alternativa, decorsi sei mesi dell’approvazione del piano di lottizzazione.
Secondo il primo Giudice, l’accordo iniziale configurava in capo al professionista un’obbligazione di risultato, ovvero lo svolgimento di un’attività di studio e progettazione inerente all’edificabilità dell’area, con il riconoscimento del compenso solo ove i terreni fossero stati venduti.
Tale accordo, secondo il primo giudice, non era stato oggetto di novazione con la stipulazione del contratto di transazione.
Quanto agli eventi dedotti in condizione, secondo il Tribunale essi non risultavano essersi verificati, posto che non era intervenuta l’approvazione del piano di lottizzazione che non era stato presentato nel termine di cinque anni dalla delibera del consiglio comunale adottata il 15 ottobre 2007 ed in quanto la delibera della giunta del 18 ottobre 2018 non costituiva un provvedimento urbanistico comportante l’avveramento della condizione dedotta nel contratto di transazione relativo all’approvazione del piano di lottizzazione. Sotto questo ultimo profilo, il Giudice di prime cure evidenziava che l’inserimento del terreno nel piano degli interventi, ai sensi della Legge regionale n. 11/2004 che aveva soppresso lo strumento del piano di lottizzazione, doveva avvenire previa delibera del consiglio comunale.
Sull’avveramento fittizio della condizione, il Tribunale di Venezia sosteneva che non era provato che la mancata presentazione del piano di lottizzazione fosse dipesa dalla colpa e dall’inerzia della proprietaria.
Infine, il Giudice di primo grado rilevava che la mancata vendita non doveva considerarsi come imputabile alla convenuta, in quanto il difetto di adesione alle proposte di acquisto era stata dettata da una legittima valutazione degli interessi relativi alla convenienza dell’affare.
Avverso detta sentenza, ha proposto appello , chiedendo la riforma della sentenza impugnata, con la condanna dell’appellata al pagamento del compenso professionale così come quantificato nel contratto di transazione.
L’appellante ha, inoltre, chiesto la ripetizione delle spese di lite dal lui corrisposte in ottemperanza della sentenza di primo grado.
Con il primo motivo di appello, parte appellante ha asserito che uno degli eventi dedotti all’art. 2 del contratto di transazione si sarebbe nelle more verificato, risultando assorbente il rilievo che l’odierna appellata avrebbe venduto l’immobile oggetto di causa, rendendo così pacificamente esigibile il credito, il cui pagamento non potrebbe più essere pretestuosamente dilazionato.
Con il secondo e con il terzo motivo di gravame parte appellante ha contestato la qualificazione degli eventi come condizioni ex art. 1353 cc, dovendosi al contrario qualificare quali termini, sia l’approvazione del piano di lottizzazione, sia la vendita dei terreni, con ogni conseguenza relativamente alla disciplina applicabile.
In particolare, l’impugnante ha sostenuto che con la stipula della transazione, il professionista avrebbe accordato un considerevole sconto sul suo corrispettivo rispetto alle originarie pretese, confidando in un pagamento che avrebbe dovuto verificarsi di lì a poco, sul presupposto di un’imminente approvazione dello strumento urbanistico attuativo e di una altrettanto imminente vendita del compendio ad RAGIONE_SOCIALE
Secondo , dall’analisi sistematica del contratto si desumerebbe che esso avrebbe una causa transattiva e che, pertanto, non potrebbe definirsi aleatorio, in quanto volto a rimuovere ogni incertezza residua nei rapporti inter partes, e che l’interpretazione della clausola come termine di adempimento sarebbe l’unica possibile nell’ottica della conservazione del contratto, posto che in assenza di una remunerazione del rischio, il contratto basato su una “scommessa” risulterebbe nullo perché privo di causa.
L’appellante ha sostenuto che, sottoscrivendo l’accordo, il professionista non avrebbe assolutamente accettato il rischio di non essere remunerato per l’attività svolta, ma avrebbe semplicemente accordato uno sconto, ritenendo più confacente al suo assetto di interessi accontentarsi di una sbrigativa soluzione al ribasso, pur di superare le difficoltà riscontrate.
Con il quarto motivo di impugnazione, parte appellante ha evidenziato il carattere novativo della transazione, valorizzando la previsione contenuta nell’art. 4. , ha sostenuto che, prima della stipula dell’accordo transattivo, le parti avrebbero ipotizzato di condizionare il pagamento del corrispettivo alla vendita, con il riconoscimento di un premio, sotto forma di percentuale sul prezzo (6%) in caso di raggiungimento del risultato, di modo che tutti questi precedenti accordi dovrebbero comunque ritenersi superati dall’atto del 18 novembre 2009 da ritenersi come unico atto di riferimento della volontà delle parti. Con il quinto motivo di gravame parte appellante ha evidenziato la sopravvenuta esigibilità dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo ed in subordine ha richiesto la fissazione da parte del Giudice del termine per l’adempimento dell’obbligazione ex art. 1183 cc, rilevato che il compenso professionale non potrebbe considerarsi soggetto ad un termine indefinito.
La disposizione dell’art. 1183 cc, secondo l’appellante, si dovrebbe applicare, non solo per il caso in cui non sia previsto alcun termine, ma anche nel caso in cui questo sia divenuto impossibile in quanto cronologicamente allineato ad un evento non più realizzabile:
il piano di lottizzazione sarebbe stato sostituito dal piano degli interventi con la Legge regionale n. 11/2004, rimanendo comunque efficace per l’area oggetto di causa in regime transitorio giusta delibera del consiglio comunale di Venezia del 15 ottobre 2007 n. 140, in esecuzione della sentenza del TAR n. 1840/2005.
Secondo l’impugnante, essendo la stipula della transazione successiva all’entrata in vigore della Legge regionale, le parti avrebbero comunque fatto riferimento al piano di lottizzazione avuto riguardo del regime transitorio introdotto dalla delibera del consiglio comunale di Venezia, cosicché una volta consumata la facoltà di presentare il piano di lottizzazione, col venir meno della possibilità di beneficiare di tale iter urbanistico, sarebbe venuta meno anche la possibilità per l’appellata di continuare a rifiutare un pagamento dovuto, essendo divenuta l’obbligazione esigibile da tale momento, precisamente dal 5 novembre 2012, data a partire dalla quale la proprietaria del terreno sarebbe decaduta dalla possibilità di servirsi del piano di lottizzazione. Con il sesto motivo di gravame, parte appellante ha impugnato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha escluso l’operatività della finzione di avveramento.
ha lamentato che sulla proprietaria del terreno gravava il dovere di comportarsi secondo buona fede, esercitando la sua discrezionalità contrattuale, nel rispetto del paradigma della correttezza, non risultando conforme al vero che la proprietaria potesse non avere un interesse contrario alla lottizzazione ed alla vendita dei terreni, essendo tale affermazione del Giudice di primo grado tautologica, in quanto presumente in modo irragionevole che un proprietario abbia sempre e comunque un interesse a rendere edificabile ed a vendere il proprio fondo. Con il settimo motivo di appello è stata censurata la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto non provati i presupposti per l’applicazione della finzione di avvera mento, evidenziandosi che la proprietaria non avrebbe mai presentato il piano di lottizzazione predisposto e già pronto a partire dal gennaio 2010.
Secondo l’impugnante, il mancato avvio dell’iter urbanistico che avrebbe portato alla pronta liquidazione del compenso professionale sarebbe dipeso dall’inerzia dell’appellata, che avrebbe lasciato scadere il termine per la presentazione del piano di lottizzazione, ossia entro cinque anni dalla delibera del consiglio comunale di Venezia del 15 ottobre 2007 n. 140.
Con l’ottavo motivo di impugnazione, parte appellante ha contesta la sentenza del Tribunale nella parte in cui ha affermato la non irragionevolezza e la non arbitrarietà della mancata adesione dell’appellata alle proposte di acquisto ad essa prevenute, non potendosi affermare che la scelta di non concludere la vendita fosse stata dettata da una legittima valutazione degli interessi relativi all’affare, in quanto parte appellata avrebbe fatto naufragare alcune concrete trattative per la vendita del terreno già in stato avanzato e non si sarebbe adoperata per intraprendere nuove iniziative in tal senso, vendendo alla fine il terreno ad un prezzo di euro 520.000,00.=, somma pari a meno di un settimo di quello che aveva rifiutato quasi quindici anni prima. Si è costituita in giudizio con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 12 febbraio 2024, chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
In particolare, ha chiesto di dichiararsi inammissibile il primo motivo di gravame, poiché fondante la domanda di condanna su un nuovo titolo, in violazione del divieto dei nova in appello previsto dall’art. 345 cpc. In corso di causa, parte appellante ha chiesto il sequestro conservativo di tutti i beni di fino alla concorrenza della somma di euro 100.000,00.=. Con provvedimento n. 388/2024 del 26 febbraio 2024, confermato in sede di reclamo con il decreto n. 564/2024 del 5 aprile 2024, la Corte d’Appello di Venezia ha rigettato la richiesta cautelare formulata dall’appellante, essendone carenti i presupposti. ***** 1 – L’appello non è fondato e va respinto.
2 – I rapporti contrattuali tra le parti sono sorti già a partire dal 1991, quando ha ricevuto incarico da marito di , odierna appellata, di espletare tutte le prestazioni professionali connesse all’urbanizzazione del terreno di proprietà del committente e finalizzate alla presentazione ed approvazione del piano di lottizzazione volto a rendere edificabile il compendio urbanistico denominato “INDIRIZZO”, appartenente anche alla società RAGIONE_SOCIALE
La lottizzazione ed il relativo ottenimento dell’edificabilità dell’area erano funzionali alla futura vendita del terreno, con attribuzione al professionista incaricato del diritto di ricevere a titolo di compenso una percentuale del prezzo di vendita.
A seguito del decesso di il mandato è stato proseguito dalla di lui moglie , parte dell’odierno giudizio di gravame, subentrata altresì nella proprietà dell’area.
Le parti hanno, poi, concluso in data 18 novembre 2009 un contratto di transazione e la presente controversia verte sull’interpretazione dell’art. 2 di tale accordo transattivo concernente la diversa regolamentazione del diritto al compenso di per l’attività da lui svolta, con particolare riguardo alla qualificazione e alla natura degli eventi ivi previsti, al cui verificarsi è subordinato il sorgere dell’obbligazione di pagamento.
In particolare, l’accordo transattivo prevede l’obbligazione della committente di corrispondere al professionista a titolo di compenso una somma pari a euro 120.000,00.=, di cui euro 20.000,00= da pagarsi entro il 31 dicembre 2009 (circostanza pacificamente avvenuta e non oggetto di contestazione).
Lo stesso accordo prevede che la rimanente parte, pari all’importo complessivo lordo di euro 100.000,00.=, deve essere corrisposta nel minor termine tra l’incasso da parte del committente della prima rata di prezzo di vendita del terreno, chiunque sia l’acquirente, ed il sesto mese successivo all’approvazione del piano di lottizzazione relativo al terreno.
Il sorgere del diritto al pagamento del residuo compenso a beneficio del professionista è, quindi, subordinato al verificarsi di uno di questi due eventi, l’approvazione del piano di lottizzazione o l’incasso della prima rata del prezzo di vendita, alternativi tra loro, la cui natura, di termine o di condizione, e la relativa disciplina applicabile è oggetto di discussione tra le parti.
3 – Richiamati i rapporti contrattuali intercorsi tra le parti, il primo motivo di appello è inammissibile per violazione dell’art. 345 cpc. Nel giudizio di primo grado, parte appellante ha allegato quale fatto costitutivo del diritto al pagamento del corrispettivo il mancato verificarsi della vendita del terreno, causato dal comportamento negligente e contrario a buona fede adottato da , con applicazione della disposizione sull’avveramento fittizio della condizione ai sensi dell’art. 1359 cc. Si legge a pag. 6 dell’atto di citazione in primo grado che “visto il mancato avveramento dell’evento dedotto sub die entro un ragionevole lasso di tempo, anche per fatto e colpa del debitore che ha revocato il professionista dall’incarico per la presentazione del piano di lottizzazione, non ha curato la vendita del compendio ed ha rifiutato, anzi, almeno due vantaggiose offerte di acquisto, chiediamo che il debitore possa considerarsi decaduto dal beneficio del termine e/o che l’accadimento cui è subordinato l’adempimento possa considerarsi perciò solo come avverato”. Il medesimo fatto costitutivo della domanda è ribadito nella memoria n. 1) ex art. 183 comma 6 cpc, nella quale l’odierno appellante afferma che “nella denegata e non creduta ipotesi in cui l’evento dovesse essere qualificato come condizione, il risultato, peraltro, ai nostri effetti, sarebbe equivalente, posto che, anche per tale istituto, l’ordinamento ha approntato un istituto a tutela dell’aspettativa della parte il cui diritto è “sospeso”, prevedendo il meccanismo della finzione di avveramento, ai sensi dell’art. 1359 c.c., senz’altro applicabile al caso di specie. Sia l’iter urbanistico, sia le trattative di vendita del terreno si sono, infatti, arenate per l’inerzia della proprietà che, da una parte, non ha dato seguito alle pratiche amministrative, dall’altra, ha opposto molteplici rifiuti, a fronte di fattive e più che congrue proposte di acquisto dell’immobile” (pag. 8 memoria n. 1) ex art. 183 comma 6 cpc).
Ciò posto, nell’atto di gravame, parte appellante sostiene che ha venduto il compendio immobiliare dopo il deposito della sentenza di primo grado, rendendo così esigibile il credito del pagamento del corrispettivo professionale, essendosi avverato uno degli eventi alternativi stabiliti dall’art. 2 del contratto di transazione.
Con tale allegazione, parte appellante ha mutato la causa petendi del diritto azionato.
Il diritto al pagamento del corrispettivo è un diritto eterodeterminato, che si individua non solo mediante il petitum (mediato ed immediato), ma anche attraverso i fatti costitutivi posto a suo fondamento.
Ne consegue che, nel caso di diritti eterodeterminati, l’identificazione dello stesso avviene in funzione dello specifico fatto storico qualificato ex art. 163 n. 4) cpc, sicché la causa petendi si risolve nel riferimento concreto a quel fatto specifico che è affermato ed allegato come costitutivo e perciò individuante il diritto che si fa valere (Cass. n. 1857/2015).
Mutare la causa petendi significa mutare il diritto fatto valere e quindi mutare la domanda, che può avvenire solo nel rispetto del regime delle preclusioni previsto nel codice di rito e non per la prima volta in appello, in conformità di quanto previsto dall’art. 345 cpc. Secondo la Cassazione “costituisce domanda nuova, inammissibile in appello ex art. 345 cpc, quella relativa ad un diritto cd. eterodeterminato (o non autoindividuante) allorquando i fatti storici allegati in primo grado a sostegno dell’azione vengono sostituiti o integrati da fatti nuovi e diversi, dedotti con i motivi di gravame” (Cass. n. 19186/2020). 3.1 – Nel caso di specie, parte appellante nel giudizio di primo grado ha chiesto l’adempimento del pagamento del corrispettivo in ragione del mancato avveramento della condizione per colpa della committente ex art. 1359 cc.
Con il primo motivo di gravame, ha mutato radicalmente il fatto costitutivo fondante la pretesa di condanna, costituito ora dall’oggettivo avversarsi della condizione (l’avvenuta vendita del compendio immobiliare) e non più dal comportamento inadempiente ai doveri di buona fede da parte della proprietaria che aveva interesse contrario al verificarsi della condizione.
Inoltre, la nuova domanda non è una logica conseguenza o il naturale sviluppo della domanda precedentemente fondata sul medesimo fatto costitutivo.
Si tratta di due fatti costitutivi oggettivamente diversi, l’uno che fonda la domanda di condanna sull’avveramento fittizio della condizione che presuppone che l’evento non si sia verificato per colpa della proprietaria, mentre l’altro che fonda la domanda di pagamento sull’effettivo avveramento della condizione, costituito dall’avvenuta vendita del terreno che ha reso esigibile il credito ai sensi dell’art. 2 dell’accordo transattivo.
4 – Il secondo ed il terzo motivo di gravame possono essere esaminati congiuntamente in quanto vertenti su questioni tra loro collegate e non sono fondati.
16 I due eventi dedotti nell’art. 2 del contratto di transazione devono qualificarsi come condizioni e non come termini.
La condizione è un evento futuro ed incerto da cui le parti fanno dipendere il sorgere di un determinato effetto giuridico (condizione sospensiva), oppure il venir meno di tali effetti (condizione risolutiva).
Nel caso di specie, la vendita ed il relativo incasso della prima rata del prezzo e l’approvazione del piano di lottizzazione costituiscono eventi futuri ed incerti.
Infatti, il mero richiamo nelle premesse dell’accordo transattivo della sussistenza di “concrete trattative per la vendita del terreno” non consente di qualificare la vendita come un termine iniziale, non essendo un evento certo.
La vendita era comunque sottoposta al risultato delle trattative ancora in corso, le quali, pur essendo non più in uno stadio embrionale, avevano un esito ancora incerto.
Parimenti non vi era la certezza dell’approvazione del piano di lottizzazione da parte del poiché subordinato al consenso di tutti i proprietari dei terreni facenti parte del comparto edilizio e subordinato al compimento delle opere di urbanizzazione finalizzate a rendere edificabile l’area.
5 – Il quarto motivo di appello non è fondato.
La natura novativa della transazione non comporta la mutazione dell’obbligazione di risultato nel riconoscimento tout court del diritto al compenso del professionista, diritto che rimane comunque subordinato al verificarsi di uno degli eventi stabiliti dall’art. 2 della transazione e qualificati come condizione sospensiva.
La natura novativa, ai sensi dell’art. 4 del contratto di transazione, è da riferirsi esclusivamente alle modalità di determinazione del compenso, non più quantificato come una percentuale sul prezzo di vendita, ma determinato nella misura fissa di euro 120.000,00.=, dei quali euro 100.000,00= subordinati all’incasso della prima rata del prezzo di vendita o alla decorrenza del termine di 6 mesi dall’approvazione del piano di lottizzazione.
6 – I rimanenti motivi di gravame si devono esaminare congiuntamente e non sono fondati.
Posta la natura di condizione degli eventi dedotti nella transazione, non può essere accolta la richiesta di fissazione di un termine per l’adempimento dell’obbligazione di pagamento del compenso ai sensi dell’art. 1183 cc. Non è fondata l’argomentazione di parte appellante in base alla quale l’obbligazione di pagamento del compenso professionale è divenuta esigibile decorsi cinque anni dalla delibera del consiglio comunale di Venezia del 15 ottobre 2007 n. 140, ossia dal momento in cui il proprietario del terreno è decaduto dalla possibilità di presentare il piano di lottizzazione. Infatti, a seguito di quanto stabilito dalla delibera del consiglio comunale n. 140 del 15 ottobre 2007, in ossequio alla sentenza del TAR, i proprietari del comparto edilizio avrebbero potuto presentare un piano di lottizzazione entro il termine di cinque anni, in un regime transitorio, anche se tale strumento urbanistico era stato soppresso dalla Legge regionale n. 11/2004.
Non essendo stato presentato in questo termine alcun piano di lottizzazione, “sono decadute le previsioni relative alle aree di trasformazione o di espansione soggette a strumenti attuativi non approvati” e non si è quindi potuto rendere edificabile l’area in questione (pag. 11 CTU).
6.1 – La mancata presentazione del piano di lottizzazione entro il termine di cinque anni dalla delibera non ha reso esigibile l’obbligazione di pagamento del corrispettivo, ciò denotando unicamente il mancato avveramento della condizione sospensiva stabilita nell’accordo transattivo consistente nell’approvazione da parte del comune del piano di lottizzazione e il correlato mancato sorgere dell’obbligo per di corrispondere al professionista la somma di euro 100.000,00.=. Le parti, consce della possibilità presentazione del piano di lottizzazione, hanno voluto subordinare il pagamento del corrispettivo all’approvazione del piano stesso, evento futuro ed incerto che non si è verificato e non potrà più verificarsi. Per completezza, si rammenta che la condizione sospensiva dell’approvazione del piano di lottizzazione non si è mai verificata, nemmeno con l’approvazione della delibera della giunta comunale del comune di Venezia del 18 ottobre 2018, che ha inserito i terreni del comparto edilizio nel piano degli interventi (osservazioni CTP parte appellante).
Posto che la Legge n. 11/2004 ha soppresso il piano di lottizzazione ed ha inserito al suo posto il diverso strumento urbanistico del piano degli interventi, la stessa legge 11/2004 prevede che l’iter procedurale del piano degli interventi si concluda con l’adozione e l’approvazione del consiglio comunale e non con la delibera della giunta che non modifica in alcun modo il P.R.G. vigente (pag. 12 CTU).
7 – Parte appellante non ha provato che la mancata presentazione del piano di lottizzazione è avvenuta per inerzia della proprietaria e per un suo comportamento contrario a buona fede.
Risulta che il piano di lottizzazione non sia stato mai presentato, e la causa non è da rinvenirsi in un comportamento di male fede della proprietaria, quanto piuttosto al mancato raggiungimento dell’accordo tra i proprietari dei vari terreni costituenti quel comparto edilizio (doc. 44 parte appellata e pag. 29 comparsa di risposta in appello).
Non sono dimostrati, oltre a generiche allegazioni sfornite di prova, comportamenti contrari a buona fede della proprietaria che hanno impedito la presentazione del piano di lottizzazione e giustificanti l’applicazione dell’art. 1359 cc. 8 – L’appellante asserisce inoltre l’applicabilità della disposizione dell’avveramento fittizio della condizione ex art. 1359 cc, in virtù della mancata vendita del comparto edilizio non avvenuta, a suo dire, per colpa della proprietaria che ha rifiutato arbitrariamente ogni offerta di acquisto. Tale assunto non è fondato.
Si premette che l’art. 1359 cc prevede una finzione di avveramento della condizione quando essa sia mancata per causa ascrivibile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento.
Si tratta di una specificazione del dovere di comportarsi secondo buona fede previsto nell’art. 1358 cc. Nel caso di specie, l’evento dedotto affinché sorga il diritto al corrispettivo per il professionista, ossia la vendita del terreno e l’incasso della prima rata di prezzo, qualifica la condizione in questione come una condizione potestativa.
Si parla di condizione potestativa quando la verificazione dell’evento futuro ed incerto dipende dalla volontà della parte contrattuale e non da una causa indipendente dal suo volere, come nel caso di condizione causale.
La condizione potestativa si differenzia anche da quella meramente potestativa, in quanto quest’ultima fa dipendere il verificarsi dell’evento futuro ed incerto da una scelta arbitraria della parte contrattuale.
Nella condizione potestativa invece la verificazione dell’evento dipende dalla volontà della parte, che, a seguito di una 19 valutazione di opportunità e ponderando e bilanciando gli interessi contrattuali in gioco, decide o meno di adottare quel determinato comportamento che implica l’avveramento della condizione.
8.1 – Nel caso di specie, la scelta di vendere un terreno non dipende dal mero arbitrio della parte che decide indifferentemente, come accade nelle condizioni meramente potestative, se accettare o rifiutare l’offerta di acquisto.
In questo caso, la scelta se concludere il contratto di compravendita è determinata da una valutazione degli interessi contrattuali in gioco, da una valutazione di opportunità e convenienza della conclusione dell’affare, che la parte contrattuale opera a monte.
La parte ha di conseguenza un certo margine di discrezionalità nel decidere se adottare il comportamento che avvera la condizione.
Il margine di libertà che viene dato comporta l’inapplicabilità della disposizione relativa all’avveramento fittizio della condizione.
Sarebbe, infatti, contraddittorio da un lato attribuire un margine di discrezionalità alla parte contrattuale sul fatto di concludere o meno un determinato affare (come nella specie a ), e, al tempo stesso, sanzionare questo esercizio di libertà rendendo avverata la condizione sulla scorta del fatto che la parte abbia interesse contrario al suo avveramento.
In questo caso, all’esito di una valutazione di opportunità e convenienza, ha ritenuto non conveniente la conclusione della compravendita, scegliendo legittimamente di non far avverare la condizione sulla base dell’esercizio della sua discrezionalità.
Secondo giurisprudenza di legittimità, “la natura potestativa della condizione, infatti, esclude il sindacato sulla condotta della parte obbligata:
un’eventuale limitazione alla discrezionalità del contraente importerebbe una contraddizione in termini sul piano giuridico, poiché non è giustificabile, da un lato, concedere libertà di agire al fine di determinare l’avveramento dell’evento futuro e incerto e, dall’altro, circoscrivere tale libertà, prevedendo la finzione di avveramento nel caso in cui la parte non adotti quel contegno” (Cass. n. 27124/2024).
9 – Le spese del presente grado di appello seguono la soccombenza di parte appellante e sono liquidate come in dispositivo.
Si fa riferimento alle Tabelle del 2022, scaglione da euro 52.001,00.= a euro 260.000,00.=, con applicazione dei valori medi e con esclusione della fase istruttoria, non tenutasi.
Per quanto attiene al procedimento cautelare in corso di causa, si fa riferimento alle Tabelle 2022, medesimo scaglione, con applicazione dei valori medi e con esclusione della fase istruttoria e decisionale, anche in sede di reclamo.
Infine, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1 quater D.P.R. 115/2002, come modificato dall’art. 1 comma 17 della L.n.
228/2012, essendo tenuto l’appellante a versare l’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello.
La Corte d’Appello di Venezia, Terza Sezione Civile, definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, così provvede:
1. rigetta l’appello proposta da avverso la sentenza n. 1627/2023 del Tribunale di Venezia, pubblicata in data 26 settembre 2023;
2. conferma, per l’effetto, la ridetta sentenza;
3. condanna l’appellante alla rifusione in favore dell’appellata delle spese di lite del procedimento cautelare, che si liquidano, per ciascun grado, in euro 3.453,00.= per compenso professionale, oltre rimborso forfetario per spese generali, IVA e CPA dovuti per legge;
4. condanna alla rifusione in favore di delle spese di lite del presente giudizio di appello, che si liquidano in euro 9.991,00.= per compenso professionale, oltre rimborso forfetario per spese generali, IVA e CPA dovuti per legge;
5. dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1 quater D.P.R. 115/2002, come modificato dall’art. 1 comma 17 della L.n. 228/2012, essendo tenuto l’appellante a versare l’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello;
6. dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 196/2003, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.
Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio di data 3 marzo 20025
Il Presidente Dott. NOME COGNOME Il Consigliere est. Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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