LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Mancato pagamento a subappaltatore, responsabilità della P.A.

Il principio cardine riguarda l’autonomia contrattuale del contratto di subappalto rispetto a quello di appalto. La stazione appaltante non è tenuta, in caso di inadempimento dell’appaltatore, a corrispondere direttamente al subappaltatore i pagamenti dovuti per i lavori eseguiti.

Prenota un appuntamento in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza per una consulenza legale.

Pubblicato il 6 febbraio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI ROMA II

SEZIONE CIVILE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA

In persona dei seguenti Magistrati:

Dott.ssa NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Consigliere rel. Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato, sulle conclusioni delle parti, la seguente

SENTENZA N._699_2025_- N._R.G._00000915_2022 DEL_02_02_2025 PUBBLICATA_IL_02_02_2025

nel giudizio civile iscritto al n. 915/22 di Ruolo Generale degli affari contenziosi trattenuta in decisione sulle conclusioni scritte delle parti all’udienza in presenza del 14.1.2025 tra:

(CF: , in persona del legale rappresentante pro tempore Ing. con sede in Roma (RM), alla INDIRIZZO elettivamente domiciliata in Roma (00197), alla INDIRIZZO presso lo Studio dell’Avvocato NOME COGNOME ) che la rappresenta e difende giusta delega in calce all’atto di appello.

APPELLANTE – CONTRO (C.F. ), nonché per la in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentati e difesi C.F. P.’Avvocatura Generale dello Stato (C.F. FAX NUMERO_TELEFONO;

PEC , domiciliataria ope legis in Roma, INDIRIZZO

RAGIONE_SOCIALE – con sede in 37135 Verona (Vr), INDIRIZZO P.IVA C.F. e n. R.I. Verona sede secondaria per l’Italia di con sede legale in D-40472 Dusseldorf (Germania) Platz n.1, iscritta nel Registro del Tribunale di Dusseldorf al n. HRB 66846, in persona del Procuratore Generale nata a Genova il 25.09.1975 giusta procura del 06.03.2014 Rep.n.42.079 Notaio di Verona e in persona del procuratore speciale nato a Bollate il, giusta procura del 17.12.2012 Rep. 40.378 Notaio di Verona, informata ai sensi dell’art.4, comma 3, D.Lgs. n. 28/2010 e s.m.i.

della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt.17 e 20 del medesimo decreto, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOMEC.F. ) ed elettivamente domiciliata presso lo Studio della stessa sito in Frascati (Rm), INDIRIZZO come da mandato posto in calce all’atto di costituzione.

APPELLATA – (CF. ( (CF. ( APPELLATI – COGNOME – Oggetto: impugnazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 18758/21.

Conclusioni:

come da conclusioni scritte delle parti.

C.F. C.F. atto di citazione ritualmente notificato, la ha impugnato la sentenza n. 18758/21 con cui il Tribunale, nel pronunciare sulle domande dalla appellante proposte nei confronti del della Guardia , nonché sulla domanda di manleva proposta dal nei confronti della , ha così statuito:

“Il Tribunale di Roma – Sezione specializzata in materia d’impresa, come sopra composto, definitivamente pronunciando nel procedimento iscritto al N. 17711/2018 R.G., così provvede:

– Rigetta integralmente le domande proposte dalla – Dichiara assorbita, nel rigetto di cui sopra e nella susseguente statuizione sulle spese, la domanda di garanzia e manleva proposta dall’Ing. nei confronti dell – Rigetta la domanda di risarcimento dei danni per lite temeraria, proposta dall’Ing. nei confronti della – Condanna la alla rifusione delle spese processuali, che liquida, per il e per la Guardia di Finanza, nonché per ciascuno degli altri convenuti e per la , in euro 23.937,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge”. A sostegno del gravame l’appellante ha posto i seguenti motivi in fatto e diritto:

Nullità della Sentenza – errore e travisamento dei fatti – violazione di Legge.

Nullità della Sentenza – errore e travisamento dei fatti – vizio della motivazione – omessa pronuncia.

Nullità della Sentenza – errore e travisamento dei fatti – violazione di Legge.

Nullità della Sentenza – errore e travisamento dei fatti – omessa pronuncia.

[… Riproposizione delle domande:

fondatezza delle domande formulate in primo grado dalla – richiesta di accoglimento delle stesse previa riforma della Sentenza impugnata.

Sulla base dei suddetti motivi ha, pertanto, rassegnato le seguenti conclusioni:

“Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, disattesa ogni contraria istanza, accogliere il proposto appello e, per l’effetto, in riforma della Sentenza impugnata e in accoglimento delle domande originariamente proposte dalla originaria attrice e non accolte in primo grado, così statuire:

1) in via principale, dato atto della intervenuta esecuzione delle opere di cui è causa, accertare e dichiarare, per le ragioni di cui in premessa, il diritto della attrice nei confronti delle Amministrazioni convenute – in solido tra loro o, comunque, nei confronti di ciascuna di esse e per quanto di ragione – al pagamento, ai sensi dell’art. 17 del contratto di appalto e dell’art. 118 D.lgs. 163/2006 e/o dell’art. 18 L. 55/1990, della somma di € 892.234,16, oltre iva e oltre interessi, legali e moratori, da ritardato pagamento dei corrispettivi, e, per l’effetto, condannare le Amministrazioni convenute per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna e in solido tra loro al pagamento del predetto importo di € 892.234,16 – o di quel diverso importo che sarà ritenuto dovuto all’esito del presente giudizio – oltre iva e oltre interessi, legali e moratori, da ritardato pagamento dei corrispettivi. Comunque e in ogni caso, in via subordinata, condannare ciascuna delle Amministrazioni convenute per quanto di ragione e di competenza al pagamento dell’importo di € 892.234,16, o del diverso importo che sarà ritenuto dovuto all’esito della istruttoria, oltre iva e oltre interessi, legali e moratori, da ritardato pagamento dei corrispettivi;

2) in via subordinata, accertare e dichiarare la responsabilità delle Amministrazioni convenute per non aver, nel corso dell’appalto, dato corso alle verifiche di cui all’art. 17 del contratto di appalto e di cui all’art. 118 D.Lgs. 163/2006 e/o all’art. 18 L. 55/1990;

per non , proceduto al pagamento di corrispettivi in favore dell’appaltatore nel difetto dei presupposti previsti per Legge;

e, per l’effetto, condannare le predette Amministrazioni, in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti dalla impresa attrice e, in particolare, condannarli in solido tra loro o, comunque, in via subordinata, ciascuno di essi, per quanto di ragione e di competenza, al pagamento dell’importo richiesto di € 892.234,16 – o di quel diverso importo che sarà ritenuto dovuto all’esito del presente giudizio – oltre rivalutazione monetaria e interessi, 3) in denegata ipotesi di ritenuta inammissibilità e/o infondatezza delle domande come sopra formulate, accertare il diritto di parte attrice alla restituzione delle opere e delle prestazioni eseguite e non compensate, condannando, per l’effetto, le Amministrazioni appellate in solido tra loro o, comunque, ciascuna di esse per quanto di ragione e di competenza, alla relativa restituzione, ovvero, in via ancora più subordinata, condannando gli stessi, tutti in solido tra loro o, comunque, ciascuno per quanto di ragione e di competenza, al pagamento in favore di parte attrice di un importo corrispondente al relativo valore delle opere rese in regime di subappalto autorizzato, maggiorato di rivalutazione monetaria e di interessi; 4) accertare comunque e in ogni caso il diritto di parte attrice, con statuizione di condanna, al pagamento, in relazione alle somme come sopra richieste a titolo di compenso, riaccrediti e indennità, ovvero di quelle ritenute dovute come accertate in corso di causa, degli interessi legali e di mora stabiliti dall’art. 26 della Legge n. 109 del 1994, dall’art. 133 del D.Lgs. 163/2006 e dall’art. 30 del DM 145/2000, oltre al pagamento degli ulteriori interessi ex art. 1224, comma 2, c.c., anche secondo il combinato disposto dell’art. 1184 c.c. e dell’art. 1283 c.c. In via subordinata, condannare le Amministrazioni appellate, in solido tra loro o, comunque in via subordinata, ciascuna di esse per quanto di ragione e di competenza al pagamento degli interessi ai sensi dell’art. 1224, comma 2, c.c. In via ulteriormente subordinata, condannare i convenuti al pagamento degli interessi secondo quanto previsto dal D.Lgs n. 231 del 2002, ovvero al tasso legale. Condannare inoltre i convenuti al pagamento degli interessi ex art.1283 c.c. a far data dalla presente domanda e l’iva, ove dovuta, 5) accertare altresì il diritto di parte attrice, con statuizione di condanna, al pagamento della , fino al soddisfo, sulle somme riconosciute a titolo di maggiori costi, oneri e danni.

In via subordinata, condannare le Amministrazioni appellate, in solido tra loro o, comunque in via subordinata, ciascuna di esse per quanto di ragione e di competenza al pagamento degli interessi di mora di cui agli artt. 133 del D.Lgs. 163/2006, all’art. 26 della Legge 109/94 e all’art. 30 DM 145/2000.

Con condanna al pagamento degli interessi ex art. 1283 c.c. a far data dalla presente domanda.

In via ulteriormente subordinata condannarla al pagamento degli interessi ex D.lgs 231/2002, ovvero al tasso legale, 6) rigettare tutte le deduzioni, eccezioni e richieste formulate dalle Amministrazioni convenute in quanto inammissibili, generiche, non provate, sfornite di presupposto in fatto e, comunque, infondate, 7) in via istruttoria, con espressa riserva di modificare e precisare le domande, oltreché articolare richieste e deduzioni istruttorie che dovessero rendersi necessarie, anche in relazione al comportamento processuale delle controparti, nelle modalità di cui all’art. 183, comma 6 c.p.c., ammettere le istanze formulate con il presente atto e con le memorie ex art. 183 c.p.c.. Comunque e in ogni caso, previa revoca e/o parziale modifica ai sensi dell’art. 177 c.p.c. dell’Ordinanza in data 8.04.2019 pronunciata in udienza, accogliersi le istanze istruttorie formulate in atti – e per l’effetto, ordinarsi l’esibizione della documentazione ufficiale dell’appalto, disporsi consulenza tecnica d’ufficio e ammettersi la prova testimoniale – e fissare, previa rimessione della causa sul ruolo, apposita udienza per l’assunzione delle ulteriori prove.

In ogni caso, anche in accoglimento del quarto motivo di impugnazione formulato con il presente atto di appello, ammettere tutte le istanze istruttorie formulate negli atti di primo grado (memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c.) e testualmente riportate nel presente atto e, per l’effetto ordinandosi l’esibizione della documentazione ufficiale dell’appalto, disporsi consulenza tecnica di ufficio e ammettersi la prova testimoniale.

8) in ogni caso, quanto alla statuizione sulle spese in favore delle Amministrazioni appellate, riformare la decisione impugnata liquidando le spese di lite del giudizio di primo grado poste a carico dell’attrice e in favore delle Amministrazioni appellate in somme che risultino dalla corretta applicazione dei parametri del D.M. 55/2014, con particolare riferimento all’esatta individuazione del valore tabellare applicato, ’attribuzione del compenso esclusivamente per le fasi processuali effettivamente svolte da ciascuna parte e alla corretta valutazione delle attività difensive espletate. 9) con vittoria di spese, diritti e onorari del doppio grado, comprese iva, cpa, spese generali al 15% di tariffa, nei confronti delle Amministrazioni appellate”.

Per il si è costituita la Avvocatura Generale la quale, nel contestare l’avverso gravame in quanto, a suo dire, inammissibile e comunque infondato in fatto e diritto, ha a sua volta così concluso:

“Voglia codesta Ecc.ma Corte di Appello, rigettare l’avversa impugnazione perché inammissibile e/o infondata in fatto ed in diritto.

Con vittoria di spese”.

Si è altresì costituita la quale ha ugualmente concluso nei seguenti termini:

“Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, disattesa ogni contraria istanza IN VIA PRELIMINARE – accertare e dichiarare la rinuncia da parte di alle domande proposte nei confronti e dell’Ing. e, pertanto, in considerazione della acquiescenza espressa prestata dalla appellante rigettare ogni domanda eventualmente formulata nei confronti della costituenda società di assicurazione NEL MERITO In ipotesi di mancato accoglimento della istanza preliminare principale, accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva di per la inoperatività della Polizza Tutela Legale n.11056014 in favore dell’Ing. nel caso assicurativo di specie, per le ragioni esposte nella parte motiva dell’atto ed anche e per l’effetto rigettare l’eventuale domanda di manleva NEL MERITO IN INDIRIZZO rigettare ogni domanda formulata nei confronti di poiché infondata in fatto ed in diritto; IN VIA SUBORDINATA nella denegata e non creduta ipotesi di mancato accoglimento delle eccezioni preliminari sopra spiegate e, quindi, nel caso in cui il Giudice ritenesse sussistente la copertura assicurativa per la Tutela Legale di in favore dell’Ing. di Assicurazione n.NUMERO_DOCUMENTO nonché del massimale assicurato ed ammontante ad € 50.000,00.

Con vittoria di spese e competenze”.

Non si sono costituiti gli altri appellati dei quali è stata dichiarata la contumacia.

Alla udienza del 18.6.2024 la causa è stata assunta a decisione con concessione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c..

Essendo stata altresì proposta istanza per la discussione orale ex art. 352 c.p.c., alla udienza del 14.1.2025 la Corte ha trattenuto la causa a sentenza sulle conclusioni delle parti.

Come emerge dagli atti processuali, la odierna vicenda scaturisce da un precedente contratto di appalto rep. n. 442 del 28.07.2005, tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna per conto della Guardia di Finanza, con cui aveva affidato alla RAGIONE_SOCIALE

(già RAGIONE_SOCIALE) la esecuzione di “Lavori di costruzione del nuovo insediamento della a Ponte Galeria – II° Lotto funzionale” per un importo complessivo di € 12.945.576,03.

Senonchè, nel corso dei lavori, l’impresa appaltatrice aveva affidato, previa autorizzazione concessa, talune lavorazioni in subappalto.

In particolare, con contratto di subappalto stipulato in data 25.01.2013, l’appaltatrice aveva affidato alla odierna appellante la esecuzione dei “lavori a corpo per la formazione degli impianti meccanico, idrico-sanitario, antincendio, elettrico e speciale e di completamento (esclusa la fornitura di tutti i componenti)” per un importo complessivo di € 1.715.800,91, oltre iva ove dovuta.

Sulla base di tali premesse, la ha, in via principale, formulato richiesta di condanna tanto del che della – in solido tra loro o ciascuno per quanto di rispettiva competenza – al pagamento, in suo favore, della somma di euro 892.234,16 oltre IVA ed interessi legali e moratori, sul presupposto che, a fronte del mancato pagamento dei corrispettivi di sua spettanza da parte dell’appaltatrice –subcommittente, l’obbligo di pagamento del dovuto per le opere eseguite in subappalto fosse a carico delle predette Amministrazioni. fondamento della predetta azione la ha invocato il disposto del terzo comma dell’art. 118 del D.Lgs. n. 163/2006 nonché l’art. 17 del Capitolato speciale di appalto, allegando che, in forza delle disposizioni richiamate, la stazione appaltante aveva lo specifico obbligo di verificare che l’appaltatrice provvedesse regolarmente al pagamento del dovuto in favore dei subappaltatori e, in caso di inadempimento, era tenuta a sospendere i versamenti in acconto in favore dell’appaltatrice, provvedendo, invece, al versamento diretto dei corrispettivi di spettanza dei subappaltatori. Il Tribunale ha respinto detta domanda principale, sul presupposto che “con riferimento al contratto di appalto per cui è causa non trova applicazione il citato disposto del terzo comma dell’art. 118 del D.Lgs. n. 163/2006;

e tanto in considerazione del fatto che il contratto di appalto dedotto in lite è stato stipulato nel 2005 ed all’esito di una gara bandita ben prima dell’entrata in vigore delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 163/2006”.

A tal fine, il Collegio ha altresì richiamato i principi della S.C. a mente della quale “In tema di appalto, la consapevolezza, o anche il consenso, sia antecedente, sia successivo, espresso dal committente all’esecuzione, in tutto o in parte, delle opere in subappalto, valgono soltanto a rendere legittimo, ex art. 1656 cod. civ., il ricorso dell’appaltatore a tale modalità di esecuzione della propria prestazione e non anche ad instaurare alcun diretto rapporto tra committente e subappaltatore.

Ne consegue che, in difetto di diversi accordi, il subappaltatore risponde della relativa esecuzione nei confronti del solo appaltatore e, correlativamente, solo verso quest’ultimo, e non anche nei confronti del committente, può rivolgersi ai fini dell’adempimento delle obbligazioni, segnatamente di quelle di pagamento derivanti dal subcontratto in questione.

A tale principio non si sottrae l’esperimento dell’azione per il pagamento dell’indennizzo spettante all’appaltatore in caso di recesso del committente, di cui all’art. 1671 cod. civ., rivestendo anche quest’ultima natura contrattuale” (in tal senso, Cass. Civ., Sez. II, 2 agosto 2011, n. 16917; conf., ex plurimis, Cass. Civ., Sez. I, 15 giugno 2018, n. 15786).

L’appellante lamenta la erroneità della pronuncia con riferimento a tale specifica motivazione.

In particolare, infatti, il Tribunale avrebbe violato le seguenti disposizioni:

art. 17 del Capitolato Speciale di Appalto – Schema di contratto di appalto;

b) art. 118, comma 3 D.Lgs. 163/2006 (sostitutivo dell’art. 18 L. 55/1990) anche in combinato con l’art. 37, comma 11, D.lgs. 163/2006;

c) art. 13, comma 2, lett. a), L. 180/2011;

d) art. 118, comma 3, ultimo periodo, D.Lgs. 163/2006.

Ove fosse stata fatta corretta applicazione della relativa disciplina, ne sarebbe dovuta derivare la conclusione che le disposizioni di riferimento ponevano a carico della Stazione appaltante l’obbligo di provvedere, in caso di inadempimento dell’appaltatore, al diretto pagamento in favore del subappaltatore dei corrispettivi dallo stesso maturati in corso d’opera.

Infatti, secondo la tesi della appellante, “una tale deduzione è errata, non avendo minimamente considerato il Tribunale che – sebbene il contratto di appalto era stato stipulato in data 28.07.2005, sotto la vigenza, invero, della L. 109/1994 e della L. 55/1990 – il contratto di subappalto e i relativi atti aggiuntivi erano stati stipulati a distanza di ben oltre 8 anni (in data 25.01.2013 il contratto di subappalto e successivamente gli ulteriori atti integrativi) sotto la vigenza, quindi, del D.Lgs. 163/2006 che, come noto, ha espressamente abrogato molteplici disposizioni, tra le quali anche l’art. 18 L. 55/1990 che, sino ad allora, aveva disciplinato il subappalto nell’ambito dei contratti pubblici per l’esecuzione di lavori. Orbene, in applicazione delle regole generali che governano la successione delle leggi nel tempo e del principio tempus regit actum, appare chiaro che, in assenza di una disciplina transitoria, ogni atto soggiace alla disciplina vigente al momento della sua adozione.

È del resto chiaro l’orientamento della Suprema Corte che, ragionando proprio sulla applicabilità della disciplina del subappalto di cui alla L. 55/1990, ha statuito che, ai fini della applicazione della predetta disciplina “occorre avere esclusivo riguardo alla data di aggiudicazione del subappalto, rimanendo del tutto irrilevante quella di conclusione del contratto principale” (Cass. 4605/2017).

Il che, quindi, conferma l’applicabilità, nella specie, non più delle disposizioni di cui alla L. 55/1990 e della disciplina vigente al momento della stipulazione del contratto di appalto principale (2005), bensì delle disposizioni di cui al D.Lgs. 163/2006 medio tempore entrato in vigore come successivamente modificate e integrate fino al momento della stipulazione del contratto di subappalto.

Risultava – e risulta – quindi chiaro che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, nella specie dovesse trovare pacifica applicazione la disciplina di cui all’art. 118 D.Lgs. 163/2006”.

Detta norma, in particolare, al comma 3, stabilisce che “nel bando di gara la stazione appaltante indica che provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l’indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari.

Nel caso di pagamento diretto, gli affidatari comunicano alla stazione appaltante la parte delle prestazioni eseguite dal subappaltatore o dal cottimista, con la specificazione del relativo importo e con proposta motivata di pagamento.

Ove ricorrano condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell’affidatario, comprovate da reiterati ritardi nei pagamenti dei subappaltatori o dei cottimisti, o anche dei diversi soggetti che eventualmente lo compongono, accertate dalla stazione appaltante, per il contratto di appalto in corso può provvedersi, sentito l’affidatario, anche in deroga alle previsioni del bando di gara, al pagamento diretto alle mandanti, alle società, anche consortili, eventualmente costituite per l’esecuzione unitaria dei lavori a norma dell’articolo 93 del regolamento di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, nonché al subappaltatore o al cottimista dell’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite”. Dunque, essendo pacifico l’inadempimento della appaltatrice da una parte e il corretto adempimento da parte della appellante, i convenuti avrebbero dovuto provvedere direttamente al pagamento in favore di quest’ultima delle somme relative ai lavori eseguiti come da contratto di sub appalto.

Ad avallare tale ulteriore conclusione, vi sarebbe poi la disciplina prevista dall’art. 37 comma 11, che stabilisce che “qualora nell’oggetto dell’appalto o della concessione di lavori rientrino, oltre ai lavori prevalenti, opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali, e qualora una o più di tali opere superi in valore il quindici per cento dell’importo totale dei lavori, se i soggetti affidatari non siano in grado di realizzare le predette componenti, possono utilizzare il subappalto con i limiti dettati dall’articolo 118, comma 2, terzo periodo; il regolamento definisce l’elenco delle opere di cui al presente comma, nonché i requisiti di specializzazione richiesti per la loro esecuzione, che possono essere periodicamente revisionati con il regolamento stesso.

L’eventuale subappalto non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso.

In caso di subappalto la stazione appaltante provvede alla corresponsione diretta al subappaltatore dell’importo delle prestazioni eseguite dallo stesso, nei limiti del contratto di subappalto;

si applica l’articolo 118, comma 3, ultimo periodo”.

Ora è evidente che il fulcro della questione attiene alla disciplina applicabile nella fattispecie in oggetto poiché diverse sarebbero le conseguenze.

Occorre, a tal fine, prendere necessariamente le mosse da quanto previsto nel contratto di appalto del luglio 2005 (quindi in epoca precedente alla entrata in vigore della nuova disciplina di cui al D.L.vo 163/06.

In esso è’ espressamente effettuato il richiamo al capitolato speciale di appalto a cui l’appaltatore è tenuto ad attenersi.

All’art. 17 del detto capitolato, come correttamente riportato nella sentenza appellata, si legge testualmente:

“E’ fatto obbligo all’appaltatore di trasmettere, entro 20 giorni dalla data di ciascun pagamento degli stati di avanzamento lavori, copia delle fatture quietanzate, relative ai pagamenti da essa effettuati ai subappaltatori e/o cottimisti, con le indicazioni delle ritenute di garanzia effettuate.

E’ facoltà della Committente di corrispondere direttamente all’impresa subappaltatrice i pagamenti a questa dovuti nel caso non provveda l’appaltatore”.

E nella parte iniziale dell’art. si dice espressamente:

“Ai sensi di quanto disposto dall’art. 18 secondo comma della Legge 19.3.50 n. 55”.

Dunque, è chiaro il riferimento alla disciplina di cui alla citata Legge 55/90.

In definitiva, era prevista la sola facoltà e non l’obbligo della amministrazione di corrispondere direttamente al subappaltatore i pagamenti non eseguiti dall’appaltatore che si fosse reso inadempiente.

Sostiene tuttavia la difesa appellante, che avrebbe comunque dovuto trovare applicazione la nuova disciplina in virtù del principio “tempus regit actum” sicchè, essendo stato il contratto di sub appalto stipulato successivamente alla entrata in vigore della nuova disciplina ex D.L.vo 163/06, a questa comunque si sarebbe dovuto fare in ogni caso riferimento.

La questione è stata già più volte affrontata dalla Giurisprudenza soprattutto amministrativa, la quale ha in modo consolidato affermato che “nella gare pubbliche la procedura di affidamento di un contratto pubblico è soggetta alla normativa vigente alla data di pubblicazione del bando, in conformità del principio del tempus regit actum ed alla natura del bando di gara, quale norma speciale della procedura che regola non solo le imprese partecipanti, ma anche la pubblica amministrazione che non vi si può sottrarre; pertanto, anche per ragioni di tutela dell’affidamento delle prime, deve escludersi che lo ius superveniens possa avere alcun effetto diretto sul procedimento di gara, altrimenti venendo sacrificati i principi di certezza e buon andamento, con sconcerto delle stesse ed assoluta imprevedibilità di esiti, ove si imponesse alle amministrazioni di modificare in corso di procedimento le regole di gara per seguire le modificazioni normative o fattuali intervenute successivamente alla adozione del bando” (Cons. di Stato Sez. V^ 25.3.2021 n. 2521). E ancora:

“dallo stretto intreccio tra fase pubblicistica e fase di esecuzione di un contratto pubblico deriva che non si possa suddividere un procedimento unitario in singoli sub- procedimenti – sulla base del quadro normativo vigente al momento di ogni fase – altrimenti verificandosi la parcellizzazione della disciplina applicabile ad una sequenza di eventi che, invece, sono destinati a raggiungere un unico e complessivo risultato consistente nella realizzazione dell’intervento” (C.d. S. n. 1318/2020).

Dunque, ritiene il Collegio che non sia in alcun modo ipotizzabile che in virtù di un contratto stipulato nel 2013 tra appaltatrice e subappaltatrice, possa ritenersi sorto in capo alla P.A. un obbligo di provvedere al pagamento diretto dei lavori eseguito dalla odierna appellante in conseguenza dell’inadempimento della appaltatrice stessa.

E’ chiaro che tale obbligo non può dirsi essere sorto in capo alla P.A. anche a voler ritenere che il subappalto sia stato, come del resto era già normativamente previsto, autorizzato dalla stazione appaltante.

In tal senso, è pienamente condivisibile il richiamo operato dal Tribunale alla consolidata giurisprudenza di Legittimità, per cui “In tema di appalto, la consapevolezza, o anche il consenso, sia antecedente, sia successivo, espresso dal committente all’esecuzione, in tutto o in parte, delle opere in subappalto, valgono soltanto a rendere legittimo, ex art. 1656 cod. civ., il ricorso dell’appaltatore a tale modalità di esecuzione della propria prestazione e non anche ad instaurare alcun diretto rapporto tra committente e subappaltatore. Ne consegue che, in difetto di diversi accordi, il subappaltatore risponde della relativa esecuzione nei confronti del solo appaltatore e, correlativamente, solo verso quest’ultimo, e non anche nei confronti del committente, può rivolgersi ai fini dell’adempimento delle obbligazioni, segnatamente di quelle di pagamento derivanti dal subcontratto in questione.

A tale principio non si sottrae l’esperimento dell’azione per il pagamento dell’indennizzo spettante all’appaltatore in caso di recesso del committente, di cui all’art. 1671 cod. civ., rivestendo anche quest’ultima natura contrattuale” (in tal senso, Cass. Civ., Sez. II, 2 agosto 2011, n. 16917; conf., ex plurimis, Cass. Civ., Sez. I, 15 giugno 2018, n. 15786).

Tale orientamento sulla completa autonomia contrattuale del contratto di subappalto rispetto a quello principale, è stata ulteriormente confermato ancor più di recente dalla S.C. (Ord. Sez. I^ 7401/2021).

In sostanza, il rapporto, in virtù del contratto di subappalto era sorto direttamente tra la appaltatrice RAGIONE_SOCIALE COGNOME e la e quest’ultima solo nei confronti della sua controparte contrattuale poteva far valer giustamente le proprie pretese contrattuali, non potendosi ricercare la responsabilità diretta della P.A. anche sotto il profilo della immediata applicabilità della disciplina prevista dall’ art. 13, comma 2, lett. a), L. 180/2011.

Si ricorda, sul punto, che la predetta disposizione ha introdotto l’obbligatorietà del pagamento diretto avendo espressamente statuito che “nel rispetto della normativa dell’Unione europea in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l’accesso delle micro, piccole e medie imprese, la pubblica amministrazione e le autorità competenti, purché ciò non comporti nuovi o maggiori oneri finanziari, provvedono a:

a) suddividere, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 29 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, gli appalti in lotti o lavorazioni ed evidenziare le possibilità di subappalto, garantendo la corresponsione diretta dei pagamenti da effettuare tramite bonifico bancario, riportando sullo stesso le motivazioni del pagamento, da parte della stazione appaltante nei vari stati di avanzamento Né a conclusioni diverse può pervenirsi anche alla stregua del richiamato parere dell’AVCP n. 3/2004 che si è pronunciata nei seguenti termini: “l’inadempimento dell’obbligo previsto dall’art. 18 comma 3 bis della legge 55/1990, può concretizzare gli estremi di un grave inadempimento contrattuale da parte dell’appaltatore, qualora sia accertato che lo stesso non è frutto di un mero ritardo di trasmissione ma di un effettivo mancato pagamento nei del subappaltatore;

in tal caso esso rappresenta un valido presupposto per la preventiva risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 119 del DPR 554/99 e la successiva escussione della garanzia fideiussoria, di cui agli artt. 30 comma 2 della legge 109/94 e 101 del DPR n. 554/99”.

Si tratta di un parere rilevante sempre e solo in relazione all’inadempimento della appaltatrice che può costituire causa di risoluzione ma che non poneva alcun obbligo a carico della P.A. nel caso di specie.

La sentenza è stata censurata anche nella parte in cui è stata respinta la domanda risarcitoria sotto il profilo della violazione da parte della Amministrazione delle regole in tema di affidamento del contraente, non avendo in particolare essa effettuato, a detta della appellante, i dovuti controlli sugli adempimenti della appaltatrice e sulla esecuzione dei lavori e relativa documentazione (fatture emesse non trasmesse e quant’altro).

Ma con riferimento a quanto dedotto dalla I.G.I.T. non può che valere quanto sopra già detto con specifico riferimento alla totale autonomia dei due contratti per escludersi la responsabilità della P.A..

Con il secondo motivo, la si duole della sentenza impugnata nella parte in cui il Giudice di prime cure ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni per difetto di specifica allegazione e prova dell’assoluta incapienza dell’attivo della procedura concorsuale dell’impresa appaltatrice RAGIONE_SOCIALE così erroneamente omettendo, di fatto, di pronunciare in modo completo su tutti i profili dedotti in giudizio dall’odierna appellante, dai quali invece sarebbe emersa la sussistenza di una responsabilità delle Amministrazioni convenute che con la loro condotta avrebbero cagionato un danno ingiusto all’odierna appellante che andava quindi risarcita. Il Tribunale, nel rispetto del noto principio della “ragione più liquida” ha così motivato:

“la in via gradata, ha formulato una domanda di risarcimento dei danni, indirizzata nei confronti di tutte le parti convenute e fondata sul presupposto della “lesione del suo diritto di credito” determinata dalla violazione degli obblighi di vigilanza e di controllo imposti dalla normativa sopra richiamata proprio a tutela dei diritti dei subappaltatori.

Orbene, in ossequio al principio della ragione più liquida, ritiene il Tribunale che la cennata domanda possa essere vagliata senza neppure procedere al previo esame eccezioni preliminari sollevate dai vari convenuti.

Ed infatti, al rigetto della domanda di parte attrice conduce l’assorbente considerazione che la – pur gravata dall’onere di specifica allegazione e prova – non ha né dedotto né dimostrato l’assoluta incapienza dell’attivo della procedura concorsuale a carico della RAGIONE_SOCIALE;

e ciò sebbene la definitiva perdita della possibilità di veder soddisfatto, in tutto o in parte, il credito di pertinenza esperendo i rimedi consentiti nei confronti del proprio debitore costituisca presupposto indefettibile per l’utile accesso all’azione risarcitoria all’attenzione ed, in particolare, per l’apprezzamento, nell’an e nel quantum, del pregiudizio effettivo e passibile di ristoro” La appellante ritiene non condivisibile tale conclusione poiché la dimostrazione dello stato di incapienza del passivo della impresa RAGIONE_SOCIALE non costituiva affatto il presupposto per l’accesso alla domanda risarcitoria. Ma, anche a voler ritenere corretta la decisione del Primo Giudice, questi avrebbe dovuto allora sospendere il giudizio in attesa dell’esito della suddetta procedura concorsuale.

Al riguardo, la difesa della ha formulato specifica istanza di produzione del piano di riparto finale nella suddetta procedura da cui risulterebbe la sua ammissione per soli € 8.000,00.

Ciò detto, ritiene la appellante che ferma restando che risulta incontestato e comunque documentato il danno subito in conseguenza dell’inadempimento conclamato della COGNOME, la responsabilità della Amministrazione, come detto in precedenza, sarebbe individuabile nella violazione dei seguenti obblighi comunque esistenti in capo alla stessa:

a) verificare che l’impresa appaltatrice avesse trasmesso le fatture quietanzate della subappaltatrice riferite ai lavori eseguiti nel periodo antecedente alla emissione del SAL;

b) sospendere, in caso di mancata trasmissione delle predette fatture, ogni pagamento in favore della appaltatrice;

c) trattenere presso di sé le somme dovute all’appaltatrice (quanto meno sino alla concorrenza dei crediti maturati dalla subappaltatrice) sino a quando quest’ultima non avesse consegnato tutte le fatture quietanzate della subappaltatrice, così fornendo la prova di aver assolto a tutti gli obblighi di pagamento posti a suo carico;

d) escutere la polizza fideiussoria prestata dalla appaltatrice a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni di contratto e quindi anche del pagamento dei compensi dei subappaltatori.

riguardo, la difesa ha fatto espresso richiamo anche alla nota a firma congiunta del RUP e del DL in data 5.02.2016 in ordine alla applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 118 D.Lgs. 163/2006 e, quindi, alla conseguente rassicurazione alla subappaltatrice del diretto pagamento dei corrispettivi a valere sui crediti residui maturati dall’appaltatore quali accertati all’esito dello stato di consistenza e, poi, invece, nel difetto di alcuna motivazione, omesso un qualsivoglia pagamento.

Non può che richiamarsi quanto già sopra in precedenza affermato con riferimento alla autonomia contrattuale dei due contratti ed agli obblighi derivanti a carico della Amministrazione con riferimento alla sola impresa aggiudicatrice.

In ordine al tema del risarcimento derivante dalla condotta dei funzionari, in relazione alla cui posizione, peraltro, non vi è stata impugnazione della sentenza, la appellante ha richiamato nuovamente alcuni documenti prodotti nel giudizio di primo grado e, in particolare, la istanza del luglio 2015 con cui, dando atto dell’inadempimento della COGNOME, essa ebbe a richiedere il pagamento diretto delle fatture non pagate a tutto il luglio 2015, nonchè la successiva diffida del mese di ottobre e, da ultimo, la risposta del febbraio 2016 con cui i funzionari del Provveditorato delle OO.PP. ebbero ad evidenziare che in ogni caso “il prossimo pagamento potrà essere effettuato ai subappaltatori , ai sensi dell’art. 118 D.L.vo 163/06, solo a definizione della procedura di recesso contrattuale con la stessa impresa RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 134 del D.L.vo 163/06”.

Ora, da ciò emerge chiaramente che la era ben consapevole di nulla poter pretendere prima dell’eventuale esercizio del recesso dal contratto di appalto e ciò, finanche nonostante l’erroneo richiamo alla disciplina del citato art. 118 del D.L.vo 163/06.

Resta il fatto che, trattandosi di un rapporto del tutto diverso ed autonomo come più volte argomentato, il contratto di subappalto non costituiva in alcun modo fonte di responsabilità né diretta, né tanto meno da contatto sociale, né ex art. 2043 c.c. per la Amministrazione che ebbe ad esercitare le facoltà riconosciutole dal contratto di appalto nei limiti della sua discrezionalità.

Ciò, di per sé, consente di ritenere che la domanda attorea nei confronti delle Amministrazioni era del tutto infondata, anche a prescindere dalle considerazioni svolte dal Tribunale in ordine alla mancata allegazione specifica ed alla prova della incapienza della concorsuale a cui era stata sottoposta la impresa COGNOME e in relazione a cui in questa sede la I.G.T. ha ritenuto di formulare istanza per la produzione del piano di riparto.

Con il terzo motivo, si lamenta la erroneità della sentenza nella parte in cui è stata respinta anche la domanda subordinata di restituzione delle opere eseguite e, comunque, del pagamento delle somme sostenute per la loro esecuzione quanto meno a titolo di indennizzo, avendo l’amministrazione il diritto di ritenerle e per avere la stessa provveduto regolarmente al pagamento di quanto dovuto alla impresa appaltatrice.

La sentenza viene appallata anche nella parte in cui è stata dichiarata la carenza di legittimazione passiva del in quanto soggetto non deputato al pagamento delle opere sebbene destinatario delle stesse.

In realtà, secondo la appellante, la legittimazione passiva di quest’ultimo sarebbe evidente ove solo si tenesse conto che la domanda attorea era anche quella di ottenere una pronuncia di condanna ex art. 2043 c.c. , anche in considerazione dell’effettivo destinatario dell’opera appaltata.

In effetti, la censura si mostra del tutto inconferente, atteso che il contratto di subappalto non ha visto come parte il Comando Generale della G.d. FRAGIONE_SOCIALE e, in ogni caso, alcuna responsabilità né attiva, né omissiva era ad essa ascrivibile.

Ma, a prescindere da quanto detto, esclusa ogni forma di responsabilità delle Amministrazioni e rilevato l’avvenuto pagamento dell’opera eseguita alla impresa appaltatrice che era il soggetto destinatario delle obbligazioni contrattuali da parte delle stesse, davvero sarebbe ingiusta una pronuncia di condanna nei loro confronti.

Con il quarto motivo la è a lamentare la mancata ammissione da parte del Tribunale dei mezzi di prova richiesti.

La doglianza, come le altre, non è tuttavia meritevole di accoglimento.

Le risultanze documentali acquisite già in modo abbondante, hanno offerto un quadro assolutamente esaustivo dei rapporti intercorsi tra le parti, sicchè ogni ulteriore attività istruttoria anche in questa sede sarebbe solo defatigatoria ed irrilevante.

Con il quinto ed ultimo motivo la appellante si duole della erroneità della sentenza in ordine alla liquidazione delle spese, avendo a suo dire il Collegio giudicante violato le degli artt. 4, comma 5 e 5 del D.M. 55/2014, nonché dell’art. 91 comma 1 c.p.c..

In particolare, il Tribunale avrebbe dovuto specificare il valore della causa ed il criterio della liquidazione (massimo, medio o minimo) e, inoltre, avrebbe dovuto operare una distinzione tra le varie parti convenute e terza chiamata in causa, anche con la indicazione delle singole fasi del giudizio di primo grado rispetto alla effettiva attività difensiva solta dai rispettivi difensori.

In particolare, osserva la appellante, successivamente alla costituzione in giudizio le Amministrazioni convenute hanno depositato le sole memorie di cui all’art. 183, comma 6, n. 1 e n. 2, c.p.c., omettendo di depositare in atti le difese conclusionali e omettendo altresì di presenziare a tutte le udienze.

Orbene, va premesso che il Tribunale ha motivato in ordine ai criteri di liquidazione adottati, avendo fatto espresso riferimento sia al valore della causa, sia alla complessità del giudizio.

Quanto al valore della causa, esso è stato ricavato da quanto indicato dalla stessa parte attrice (€ 892.234).

Tenendo conto di tale indicazione, il valore medio di liquidazione sarebbe stato complessivamente pari ad € 29.193 (di cui € 4.607,00 per la fase dello studio, € 3.039,00 per la fase introduttiva, € 13.534,00 per la fase della trattazione/istruttoria), 8.013,00 per la fase decisoria.

Ebbene, il Collegio ha provveduto alla liquidazione attendendosi a valori anche inferiori al medio, avendo liquidato in favore delle Amministrazioni per la concreta attività svolta la somma di € 23.937,00 per tutte le fasi effettivamente svolte.

Al riguardo, la SRAGIONE_SOCIALE. ha proprio di recente affermato che ai fini del riconoscimento del compenso all’Avvocato per la fase decisionale della controversia non rileva che lo stesso non abbia depositato le memorie conclusionali e le repliche, anche perché detta fase comprende anche le ulteriori attività successive alla stessa sentenza (Cass. Ord. 5289/23).

Corretta, dunque, anche sotto tale profilo si appalesa la sentenza impugnata che va confermata.

Venendo al regime delle spese del presente giudizio, esse seguono la soccombenza quanto a quelle sostenute dalla difesa pubblica e si liquidano al valore medio della causa come sopra già indicato.

Quanto alla terza NOME, citata in giudizio ai soli fini del contraddittorio ma senza che alcuna domanda sia stata svolta nei suoi confronti, la sua costituzione in giudizio è stata del tutto superflua, per cui sussistono giuste ragioni per la integrale compensazione.

La Corte di Appello di Roma, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da avverso la sentenza n. 18758/21 del Tribunale di Roma, ogni ulteriore domanda ed eccezione respinte, così provvede:

rigetta l’appello e conferma la sentenza appellata.

Condanna la appellante alla rifusione in favore delle Amministrazioni costituite, delle spese e competenze del presente grado che per l’intero liquida, tenuto conto delle singole fasi, in € 26.155,00 di cui € 5.706,00 per la fase dello studio, € 3.318,00 per la fase introduttiva, € 7.644,00 per la trattazione ed € 9.487,00 per la fase decisionale, oltre spese generali, IVA e CPA se dovuti.

Compensa per intero le spese tra la appellante e nonché le altre parti non costituite.

Dà atto della sussistenza nei confronti degli appellanti, dei presupposti richiesti dall’art. 13 comma 1 quater primo periodo D.P.R. 30.5.2002 n. 115, per il pagamento dell’ulteriore C.U., se dovuto.

Così deciso alla camera di consiglio del 14.1.2025.

Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Il Consigliere Relatore.

NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Articoli correlati