N. R.G. 2412/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ANCONA SEZIONE SPEZIALIZZATA AGRARIA VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. 2412/2021 tra Si dà atto che il decreto del è stato regolarmente comunicato a tutte le parti, ma soltanto ha depositato le note di trattazione scritta contenenti le conclusioni rassegnate.
Il Collegio Preso atto delle conclusioni delle parti, si ritira in camera di consiglio ed all’esito dà lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.
Il Presidente dott. NOME COGNOME
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ANCONA SEZIONE SPEZIALIZZATA AGRARIA Il Tribunale, in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti magistrati: dott. NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME Giudice dott. NOME COGNOME relatore dott.
NOME COGNOME Esperto agrario geom.
NOME COGNOME Esperto agrario sentite le conclusioni di cui al presente verbale, all’esito della camera di consiglio, dà lettura della seguente
SENTENZAN._102_2022_-_N._R.G._00002412_2021_DEL_22_01_2022_PUBBLICATA_IL_24_01_2022
Nella causa civile iscritta al n. 2412 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell’anno e promossa rappresentato e difeso dall’avv. elettivamente domiciliato presso il suo studio in opponente contro , in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in opposto * * * * .
Con atto di citazione iscritto il ha proposto opposizione nei confronti del decreto ingiuntivo n. 394/2021 con il quale gli è stato ingiunto il pagamento, in favore di della somma complessiva di 33.519,57 euro oltre interessi moratori e le spese della procedura liquidate in 1.305,00 euro oltre accessori.
A sostegno dell’opposizione ha rilevato che:
– le somme ingiunte non sarebbero dovute nell’ammontare indicato dal creditore il quale non avrebbe tenuto in considerazione gli acconti ricevuti e gli accordi verbali intercorsi tra le parti;
– gli interessi di mora richiesti non sarebbero dovuti, se non al tasso legale di cui all’ art 1284 c.c.;
– non sarebbe stato quantificato il tasso degli interessi di mora, né indicata la normativa di riferimento per determinarlo.
si è regolarmente costituita ed ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità e/o improcedibilità dell’opposizione in quanto introdotta nelle forme ordinarie anziché in quelle del rito del lavoro come prescritto per le controversie di natura agraria e senza il preventivo esperimento del tentativo di conciliazione.
Ha poi chiesto la concessione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. art. 648 c.p.c..
Nel merito ha dedotto che:
– in data ha stipulato con il signor dei contratti d’affitto aventi ad oggetto fondi rustici con superficie complessiva di Ha – il credito deriva dal mancato pagamento delle annualità agrarie 2016/2017, 2017/2018 e 2019/2020 per un importo complessivo di euro 33.519,57 così suddiviso:
euro 8.783,90 giusta fattura n. 129 e fattura n. 130 relative all’annualità 2016/2017 ed euro 24.735,67 a fronte delle fatture nn. NUMERO_CARTA-120-121-123-124 per le annualità 2017/2018;
– il non avrebbe versato nessun acconto né sarebbero mai stati stipulati tra le parti accordi verbali che avrebbero rideterminato l’ammontare del credito;
– lo stesso debitore tramite lettera del avrebbe riconosciuto l’esistenza del debito nella misura di euro 8.783,90 a titolo di saldo canoni annata agraria 2016/2017 (fattura n. 129 e 130 del 2017) nonché di euro 24.735,67 quale canone annata agraria 2017/2018 (fatture nn. NUMERO_CARTA-120-121-129 e 124);
– per effetto del ritardo nel pagamento dei canoni d’affitto rustico per le annualità considerate il signor dovrebbe versare anche gli interessi moratori, così come riconosciuto nel decreto ingiuntivo.
inoltre, ha chiesto la condanna dell’opponente alle spese al risarcimento dei danni per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c., ritenendo che l’opposizione sia stata meramente strumentale e dilatoria.
3. Alla prima udienza del il Collegio ha formulato alle parti una proposta ex art. 185 bis c.p.c., che tuttavia non è stata accolta.
Alla successiva udienza del Collegio ha concesso ai sensi dell’art. 648 c.p.c. l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto e, non essendo state articolate richieste istruttorie né richieste di termini per depositare memorie istruttorie, ha rinviato per la precisazione delle conclusioni e discussione all’odierna udienza, all’esito della quale si è ritirato in camera di consiglio.
* * * *
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. Entrambe le eccezioni preliminari sollevate da sono infondate.
L’opposizione, seppur proposta mediante atto di citazione anziché ricorso, come previsto dall’art. 11 d.lgs. 150/2011, non è né inammissibile né improcedibile.
Ai sensi dell’art. 4, comma 1 d.lgs. 150/2011 “quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dal presente decreto, il giudice dispone il mutamento del rito con ordinanza”, che tuttavia ai sensi del successivo comma 2 deve essere pronunciata “non oltre la prima udienza di comparizione delle parti”.
Poiché tale mutamento nel caso che ci occupa non è avvenuto entro tale termine, il rito adottato dall’opponente si è oramai consolidato, tanto che la precisazione delle conclusioni e l’udienza di discussione è avvenuta ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. (con riferimento al consolidamento del rito erroneamente introdotto, nelle ipotesi in cui il mutamento del rito non sia stato disposto dal giudice, si veda ad esempio Cass. n. 9847 del secondo cui “ove una controversia sia stata – sia pur erroneamente – trattata in primo grado con il rito ordinario, anziché con quello speciale del lavoro, le forme del rito ordinario debbono essere seguite anche per la proposizione dell’appello, che, dunque, va proposto con citazione ad udienza fissa (da ultimo: Sez. 3, Sentenza n. 18048 del , Rv.
654356 – 01).
Il consolidamento del rito ordinario – sebbene erroneamente adottato – comporta che anche , con la conseguenza che la tempestività dell’opposizione, in relazione al termine previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 3, deve essere rapportata alla data di notificazione della citazione”).
Ciò significa, anzitutto, che l’errore dell’opponente nella scelta del rito non ha prodotto conseguente in ordine alla procedibilità della domanda.
L’atto di citazione, infatti, una volta consolidatosi il rito ordinario, è in sé valido e il momento di instaurazione della lite deve essere individuato secondo le caratteristiche sue proprie.
Sul punto è stato lo stesso legislatore a prevedere al comma 5 dell’art. 4 d.lgs. 150/2011 che “gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento”.
Ciò significa che la valutazione circa la tempestività dell’opposizione deve essere rapportata alla data di notificazione della citazione, che rappresenta il momento di instaurazione della lite, dal quale far decorrere anche gli effetti sostanziali e processuali della domanda.
Ebbene dalla documentazione prodotta dall’opponente e non contestata dall’opposto risulta che l’opposizione è stata notifica il (peraltro in pari data l’atto di citazione è stato depositato in cancelleria), pertanto, poiché il decreto ingiuntivo era stato a sua volta notificato il , l’opposizione è stata proposta tempestivamente nel rispetto del termine di 40 giorni previsto dall’art. 641 c.p.c..
Con riferimento, invece, al mancato esperimento da parte dell’opponente del tentativo di conciliazione, va richiamato il principio affermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui “l’onere di esperire il (come visto) necessario tentativo di conciliazione non può certo gravare sul debitore ingiunto che voglia spiegare opposizione al decreto ingiuntivo, per un duplice ordine di motivi:
innanzitutto, così opinando, la definizione conciliativa si svolgerebbe in via successiva (e non preventiva) rispetto alla proposizione in sede giudiziale della lite;
ancora, in mancanza di una disposizione analoga a quella dell’art. 410 c.p.c., comma 2, il debitore opponente, non potendo adire il giudice prima del trascorrere di sessanta giorni dalla richiesta all’organo amministrativo della conciliazione, si troverebbe nell’impossibilità di rispettare il termine (perentorio) sancito dall’art. 641 c.p.c., per la proposizione dell’opposizione” (cfr. Cass. n. 6839 del 5.
A questo punto è possibile esaminare nel merito l’opposizione, che risulta infondata per le seguenti ragioni. anzitutto ricordare che “il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, poiché il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca” (cfr. Cass. n. 23607 del Ebbene nel caso che ci occupa ha prodotto i contratti del e del , con i quali ha concesso in affitto al una superficie complessiva di Ha nei territori di alla Località ed altre varie località, Il canone annuo era stato determinato in 10.990 euro per il fondo sito in , 4.288 euro per il , 1.419 euro per il fondo di , euro 2.019 per il sito in varie località e 6.939 euro per il (per completezza va rilevato che nel contratto relativo a quest’ultimo terreno la somma di 1.419 è stata cancellata e sostituita dalla somma di 6.939 euro, inserita con un’aggiunta a penna. Tale modifica non è stata oggetto di alcun disconoscimento né specifica contestazione da parte del signor sicché non vi sono elementi per escludere che tale importo sia quello effettivamente concordato dalle parti, anche in considerazione dell’estensione del terreno, pari a ha , considerato a tal proposito che il canone di 1.419 euro è stato previsto per il fondo di la cui estensione complessiva è decisamente inferiore, essendo pari ad ha L’opposta ha inoltre prodotto le fattura n. 120 e n. 130 per complessivi euro 8.783,90 (doc. 3) e le fatture nn. NUMERO_CARTA–NUMERO_CARTA–NUMERO_CARTA-123-124 per complessivi euro 24.735,67 (doc. 4), dalle quali si evince che il credito si riferisce alle annate agrarie 2016/2017 e 2017/2018, nelle quali dunque i contratti di affitto erano pienamente validi ed efficaci. In tutti i contratti, infatti, era stata prevista la durata di un anno, con opzione esercitabile dall’amministrazione sanitaria di proroga fino al quinquennio.
Sul punto già in sede monitoria aveva dedotto che erano intervenute successive proroghe fino all’annata agraria 2017/2018, circostanza che non è stata oggetto di alcuna contestazione da parte dell’opponente, il quale alla data del aveva ancora la piena disponibilità dei fondi, come si evince nella comunicazione dallo stesso inviata ad nella quale il alle ultime due annate agrarie, nella speranza “che l’attuale annata agraria dia risultati migliori” (doc. 9 fascicolo opposta).
Tale lettera, peraltro, fornisce ulteriore riscontro dell’entità complessiva del credito vantato in quanto era stato proprio il ad aver riconosciuto l’esistenza del debito nei confronti di per euro 8.783,90 a titolo di saldo canoni annata agraria 2016/2017 (fattura n. 129 e 130 del 2017) ed euro 24.735,67 quale canone annata agraria 2017/2018 (fatture nn. 116-120-121-129 e 124) (doc. 9 fascicolo opposta), dunque la somma complessivamente indicata nel decreto ingiuntivo.
L’opponente nell’atto di opposizione ha dedotto che rispetto all’ammontare indicato dal creditore non sarebbero stati considerati gli acconti versati.
Risulta inoltre presente la seguente frase “Ritenuti infatti gli accordi Verbali presi con il sig. , che per conto di ha richiesto”, attraverso la quale l’opponente sembrerebbe prospettare il raggiungimento di ulteriori accordi con Tali allegazioni, tuttavia, risultano assolutamente generiche e prive di qualsiasi indicazione specifica utile a riscontrarne la fondatezza, in quanto non vi è alcun riferimento all’entità degli acconti, alle modalità ed ai periodi in cui sarebbero avvenuti i pagamenti, al contenuto degli accordi, alle persone fisiche che avrebbero stipulato tali patti.
Sul punto, peraltro, le allegazioni risultano anche totalmente sfornite di prova, in quanto il signor non ha effettuato alcuna produzione documentale né ha richiesto mezzi istruttori.
Ciò significa, dunque, che il creditore ha fornito la prova del titolo dal quale deriva il suo diritto di credito, mentre il debitore opponente non ha dimostrato di aver provveduto al pagamento, né ha allegato e provato elementi estintivi o impeditivi della pretesa creditoria, sia rispetto all’an che rispetto al quantum.
6. L’opponente, poi, ha dedotto che gli interessi di mora richiesti non sarebbero dovuti, se non al tasso legale di cui all’ art 1284 c.c. e che non sarebbe stato quantificato il tasso degli interessi di mora, né indicata la normativa di riferimento per determinarlo.
Nel ricorso per decreto ingiuntivo ha domandato il pagamento anche degli “interessi moratori dal dovuto sino al saldo”.
Tale richiesta è stata accolta dal giudice del procedimento monitorio, che ha ingiunto al debitore il pagamento degli “interessi come richiesti”.
Sul punto va ricordato che ai sensi dell’art. 1224 c.c. nelle obbligazioni che hanno per della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno”.
In assenza di specifica indicazione e di diversa richiesta da parte del creditore deve applicarsi il tasso legale indicato nel dato normativo di riferimento, ovvero l’art. 1284 c.c., come chiarito dalla Corte di Cassazione, secondo cui “il giudice del merito deve indicare che specie di interessi legali sta comminando, non potendosi limitare alla generica qualificazione in termini di “interesse legale” o “di legge“, con la conseguenza che qualora non vi abbia provveduto, si devono intendere dovuti solamente gli intessi di cui all’art. 1284 c.c., essendo quest’ultima norma di portata generale rispetto alla quale le altre varie ipotesi di interessi previste dalla legge hanno natura speciale (v. in tal senso, sia pure sotto la diversa angolazione della non eseguibilità nel territorio della Comunità Europea della sentenza che non contenga la superiore specificazione, Sez. 3, Sentenza n. 9862 del , Rv. 630999).
Difatti, l’applicazione di una qualsiasi delle varie ipotesi di interessi legali diversa da quelli di cui all’art. 1284 cod. civ. presuppone l’accertamento nel merito degli elementi costitutivi della relativa fattispecie speciale” (cfr. Cass. n. 22457 del Pertanto, poiché nel caso di specie da un lato ha richiesto il pagamento di somme accessorie normativamente previste ex art. 1224 c.c., senza tuttavia specificare nulla in ordine al tasso applicabile, l’omessa precisazione del tasso di mora nel ricorso e nel decreto ingiuntivo non incide in alcun modo sulla correttezza del provvedimento monitorio, considerato appunto che in assenza di una specifica domanda sono dovuti soltanto gli interessi al tasso legale previsto dall’art. 1284 c.c.. 7. Tutto ciò premesso l’opposizione deve essere rigettata.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate, tenuto conto del valore della controversia, in complessivi 4.151,00 euro (fase studio euro 1.620,00; fase introduttiva euro 1.147,00; fase decisionale euro 1.384, considerato che non sono stati depositati gli scritti di cui all’art. 190 c.p.c.).
Nulla con riferimento alla fase istruttoria, non essendo stato effettuato alcun incombente.
Non sussistono, infine, i presupposti per una condanna ex art. 96 c.p.c., tenuto conto del comportamento processuale “non oppositivo” adottato dal signor successivamente alla presentazione dell’opposizione.
Nulla con riferimento alla fase istruttoria, non essendo stato espletato alcun incombente.
Tribunale di Ancona, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:
rigetta l’opposizione e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 394/2021;
condanna al pagamento delle spese di lite in favore di che liquida in euro 4.151,00 a titolo di compenso professionale, oltre al rimborso forfettario per spese generali ed accessori come per legge;
Si comunichi.
Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del
Il giudice estensore Il Presidente dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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