R.G. 25943/2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI NAPOLI II
SEZIONE CIVILE IN
COMPOSIZIONE MONOCRATICA,
IN PERSONA DELLA DOTT.SSA NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._317_2025_- N._R.G._00025943_2020 DEL_09_01_2025 PUBBLICATA_IL_13_01_2025
nella causa iscritta al N.R.G. 25943/2020 TRA (C.F. ), rappresentato e difeso dall’ avvocato NOME COGNOME in forza di procura alle liti in calce all’atto di citazione in opposizione OPPONENTE NEI CONFRONTI DI (P IVA , in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura generale alle liti in atti OPPOSTA Oggetto: opposizione al decreto ingiuntivo n. 6365/2020 emesso dal Tribunale di Napoli in data 21.10.2020.
Conclusioni:
come da atti di causa e note di trattazione per l’udienza dell’11.10.2024 RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO Con decreto ingiuntivo n. 6365/2020, emesso in data 21.10.2020, questo Tribunale ingiungeva a il pagamento, in favore di della somma di € 14.142,71, oltre interessi al tasso legale dalla notifica del decreto al soddisfo, a titolo di capitale residuo e interessi di mora relativi al contratto di finanziamento mediante cessione del quinto dello stipendio n. NUMERO_DOCUMENTO, sottoscritto tra le parti in data 31 gennaio 2020. C.F. particolare, l’opponente asseriva che, sebbene nel contratto di finanziamento de quo fosse stata prevista l’erogazione dell’importo netto di € 14.177,02, aveva erogato il minore importo di € 9.334,73, adducendo come giustificazione l’aver utilizzato parte della somma finanziata per estinguere un precedente finanziamento, il n. NUMERO_DOCUMENTO, stipulato tra le medesime parti in data 30 dicembre 2019, per un importo di euro 4.823,00.
Ciò, diversamente da quanto l’istituto aveva prospettato in sede di stipula, ossia che il finanziamento qui in contestazione sarebbe servito in parte per estinguere il diverso finanziamento mediante cessione del quinto sottoscritto, in data 15.1.2020, sempre dal ma con la In ogni caso, l’ingiunto contestava a di non aver proceduto alla sospensione del finanziamento nei mesi immediatamente successivi alla stipula, tra marzo e maggio 2020, notoriamente segnati dalla pandemia da Covid 19, in tal modo violando le “normative emergenziali emanate con i noti dpcm”. Sul presupposto per cui la condotta dell’opposta fosse connotata da mala fede, poi, il ne chiedeva la condanna “al risarcimento del danno, da valutarsi in corso di causa ovvero anche in via equitativa e, in ogni caso, parametrare il danno rispetto all’importo residuale non direttamente erogato e comunque non inferiore ad € 5000,00”.
Resisteva l’opposta la quale, deducendone l’infondatezza, insisteva per la reiezione dell’opposizione.
Espletata la mediazione ex D.Lgs 28/2010, concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, all’udienza dell’11 ottobre 2024, svolta nella modalità di cui all’art. 127 ter c.p.c., questo giudice riservava la decisione concedendo i termini di cui all’art. 190 c.p.c. con decorrenza dal successivo 15 ottobre.
Si osservi in diritto.
1. L’opposizione è infondata e non merita accoglimento.
Va ricordato che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si configura come giudizio ordinario di cognizione regolato dalle norme del procedimento ordinario, in cui l’opposto assume la posizione sostanziale di attore, mentre l’opponente riveste la posizione sostanziale di convenuto (cfr. ex multis, Cass. 2421/2006).
Occorre altresì ricordare che costituisce principio generale quello per cui, in tema di prova [… mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento.
Di contro, quando il debitore eccepisce l’intervenuto pagamento di tutto o parte del credito o l’inesatta quantificazione dello stesso ad opera del creditore, necessariamente assume l’onere di dimostrare se e in che misura le somme ingiunte non siano dovute, mentre nessun valore può avere una contestazione generica e puramente labiale, che non indichi in modo specifico le voci passive ritenute indebite, anche con riferimento analitico ai periodi in cui sono state applicate.
Ebbene, nella specie, la creditrice ha adempiuto al proprio onere probatorio producendo, a sostegno del credito azionato, il contratto di finanziamento debitamente sottoscritto dalla controparte e il relativo estratto conto attestante l’esposizione debitoria dell’ingiunto.
Ha poi allegato l’inadempimento della controparte (cfr. doc. 5 in produzione monitoria).
Tale documentazione non è mai stata specificamente contestata dall’ingiunto, dovendosi reputare del tutto generico il disconoscimento operato dal circa il difetto di conformità rispetto agli originali dei documenti depositati in copia dall’opposto (cfr. verbale di udienza del 12.9.2023).
E infatti, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, in tema di prova documentale, l’onere di disconoscere la conformità tra l’originale della scrittura e la copia fotostatica prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto, tale, cioè, che possano da essa desumersi in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia.
Ne consegue, che la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire, come nella specie, con clausole di stile generiche o onnicomprensive, ma va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale.
Quanto alla doglianza con cui si è sostanzialmente lamentata l’erogazione di un importo inferiore a quello pattuito contrattualmente, essa è stata smentita per tabulas.
Il riferimento è, in particolare, al documento allegato alla produzione di denominato “Conferma estinzione cliente” contenente la esplicita richiesta dell’odierno ’estinzione dei precedenti finanziamenti in essere con nonché la testuale autorizzazione a che tale operazione di deconto in favore dell’odierna opposta fosse effettuata sulla base dei conteggi predisposti dall’istituto creditore medesimo “di cui fin d’ora confermo la validità e congruità manlevando da ogni possibile responsabilità e/o contestazione in merito”. Detto documento, si badi, non è mai stato disconosciuto dal debitore se non, in modo generico e, comunque, evidentemente tardiva, per la prima volta in sede di memoria di replica.
Passando al secondo motivo di opposizione, poi, è sufficiente rilevare che l’opponente ha solo vagamente allegato ma non anche dimostrato che, nella specie, ricorressero i presupposti normativi per l’invocata sospensione del finanziamento in considerazione dello stato emergenziale legato alla pandemia da Covid 19.
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’opposizione va rigettata, e, per l’effetto, va confermato e dichiarato esecutivo il decreto opposto.
Vale appena aggiungere, per completezza di motivazione che, alla luce della più recente giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea (CGUE 17 maggio 2022, cause riunite C-693/19 e C- 831/19, e della Suprema Corte di Cassazione (SSUU n. 9479/23), il giudice della fase ordinaria (anche monitoria) è tenuto a controllare anche in via d’ufficio, ove in possesso degli elementi di fatto e di diritto, la natura abusiva o meno delle pattuizioni contenute nel contratto;
e ciò in considerazione del presunto squilibrio sussistente nell’ambito dei contratti tra consumatore e professionista.
Ora, nel caso di specie, data la natura di persona fisica dell’ingiunto e in assenza di ulteriori elementi contrari, non appare dubitabile che il contratto posto alla base del ricorso monitorio rientri nell’ambito di applicazione del D. Lgs. n. 206/2005 (c.d. “Codice del Consumo”).
Ciò posto, verificate le clausole del contratto in atti soggette al controllo ex art. 33 D.lgs. 206/05, ritiene in particolare il Tribunale che la pattuizione in ordine agli interessi moratori (art. 3.1.
condizioni generali) non risulti abusiva ai sensi dell’articolo 33, comma 1, lettera f), del Codice del Consumo, in relazione alla misura degli interessi corrispettivi pattuita e del cd. tasso di mora soglia e del tasso medio di periodo e che nessuna delle altre clausole del contratto, su cui la pretesa è stata fondata, appaia manifestamente vessatoria.
2.
Dal rigetto dell’opposizione discende la reiezione, altresì, della domanda risarcitoria proposta in.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo secondo le nuove tariffe di cui al Decreto Ministero Giustizia n. 55/2014 come modificato dal D.M. 147/2022 da applicarsi a tutte le liquidazioni successive alla sua entrata in vigore (23.10.2022), tenuto conto dell’effettivo valore della causa ed applicato il valore medio di liquidazione delle varie fasi effettivamente svoltesi come previsto da detto decreto e ridotto in considerazione della parvità della materia e dell’esigua attività svolta.
Il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla causa civile iscritta al N.R.G. 25943/2020, così provvede:
1. Rigetta l’opposizione e, per l’effetto, conferma e dichiara esecutivo il decreto ingiuntivo n. 6365/2020 emesso dal Tribunale di Napoli in data 21.10.2020;
2. Condanna parte opponente al pagamento, in favore della opposta, delle spese di lite, che liquida in complessivi € 2.570,20 (di cui € 2.540,00 per compensi ed € 30,00 per spese) oltre rimborso spese forfettario pari al 15% del compenso totale ex art. 2 co.2 D.M. 55/2014, oltre IVA e CPA.
Così deciso in Napoli, il 9 gennaio 2025.
Il Giudice Dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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