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Codice Civile
Codice Penale

Mancato riconoscimento di un prestito durante la convivenza

La sentenza conferma il principio secondo cui, in caso di prestiti tra ex conviventi, l’onere della prova circa l’esistenza e la natura del prestito grava sulla parte che ne richiede la restituzione. La mancata contestazione specifica da parte del debitore non è sufficiente a provare il credito, soprattutto se il contesto familiare suggerisce la possibilità di contribuzioni spontanee alle esigenze comuni.

N. R.G. 278/2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI MILANO

Sezione Prima Civile nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. NOME COGNOME Presidente rel.
est. dott. NOME COGNOME Consigliere dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._732_2021_- N._R.G._00000278_2019 DEL_01_03_2021 PUBBLICATA_IL_08_03_2021

nella causa iscritta al n. 278/2019
R.G. promossa in grado d’appello residente in CRAGIONE_SOCIALE dom.to presso lo studio dell’avv. COGNOME contro residente a CRAGIONE_SOCIALE dom.ta in presso lo studio dell’avv. COGNOME OGGETTO:

Appello avverso sentenza n. 6592/2018 del Tribunale di Milano in data

CONCLUSIONI

DELLE PARTI per “ Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello di Milano, respinta ogni contraria istanza, eccezione e onclusione:

In via preliminare:
· Disporre l’acquisizione del fascicolo d’ufficio del Primo Grado di giudizio voltosi innanzi il Tribunale di Milano, causa R.G. n.5849/2015, culminato con la sentenza N.6592/2018.

Nel merito ·
Fermi restando l’accertamento dell’intercorso rapporto di mutuo tra i Signori e la Signora dal 2003 al 2011 e la conseguente condanna della Signora a restituire l’importo di €.24.193,35 a titolo di rate di mutuo, oltre spese legali per €.3.802,00, oltre accessori di legge disposti nel giudizio di primo grado ·
Accertare e dichiarare, che il Sig. ha corrisposto negli anni dal 2003 al 2011, a titolo di mutuo ex art. 1813 c.c., nei confronti della Sig.ra l’importo pari a complessivi €.34.100,00 a titolo di pagamento delle rate di mutuo per l’acquisto dell’immobile di di cui €.9.600,00, corrisposte dal mese di al mese di ottobre 2011- · accogliere per i motivi tutti dedotti in narrativa il proposto appello e, per l’effetto, in riforma parziale dell’impugnata sentenza n.6592/2018, ·
Condannare , residente in al pagamento dell’importo di €.9.600,00, a titolo di rate di mutuo corrisposte dal mese di al mese di oltre interessi legali ex art. 1284 IV comma c.c. e rivalutazione dal dovuto al saldo.
In via subordinata nel merito ·
Nella denegata e non creduta ipotesi di mancato accoglimento della domanda formulata in via principale, · Fermi restando l’accertamento dell’intercorso rapporto di mutuo tra i Signori e la Signora dal 2003 al 2011 e la conseguente condanna della Signora restituire l’importo di €.24.193,35 a titolo di rate di mutuo, oltre spese legali per €.3.802,00, oltre accessori di legge disposti nel giudizio di primo grado ·
Accertare e dichiarare, per l’eventualità in cui non fosse ravvisabile il contratto di mutuo, in ordine alle contribuzioni di denaro corrisposte dal Sig. nei confronti della Sig.ra , che il Sig. ha corrisposto negli anni dal 2003 al 2011, senza giusta causa nei confronti della Sig.ra , €.34.100,00 a titolo di pagamento delle rate di mutuo per l’acquisto dell’immobile di di cui €.9.600,00
negli anni dal all’ottobre 2011- e per l’effetto;
· Condannare ai sensi dell’art. 2041 c.c. la Sig.ra , residente in , a restituire nei confronti del Sig. l’importo a titolo di indebito arricchimento di €.9.600,00, oltre interessi legali ex art. 1284 IV comma c.c. e rivalutazione monetaria dalla data del dovuto al saldo.
A correzione materiale della sentenza · disporre la condanna della Signora al pagamento dell’importo di €.846,00
a titolo di spese vive del giudizio di primo grado.

In via istruttoria ·
Con ogni più ampia riserva di anche diversamente dedurre, produrre e articolare.In ogni caso · Con vittoria di spese e competenze di causa rifuse, sia di primo grado sia del presente grado di giudizio, oltre al 15% di spese generali, così come disposto dal Decreto Ministeriale n. 55/2014, oltre Iva e CPA come per legge, da distrarsi a favore del sottoscritto procuratore antistatario “.
per :
“ Tutto quanto sopra premesso e considerato, la Sig. ra , ut supra rappresentata, domiciliata e difesa, C H I E D E che l’Ecc.
ma Corte d’ Appello di Milano, disattesa e respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, premessa ogni più opportuna declaratoria di legge, salvo ed impregiudicato ogni altro diritto e miglior pronuncia, voglia accogliere le seguenti C O N C L U S I O N I

Preliminarmente:
– dichiarare inammissibili, ai sensi dell’art. 342 c.p.c. ovvero ai sensi dell’ art. 348 bis c.p.c., l’ Appello e l’ istanza di correzione proposti dal Sig. per i motivi indicati con il presente atto;
Nel merito:
– Rigettare, in quanto inammissibili e infondati in fatto e diritto, tutti i motivi di appello proposti dal Sig. e confermare integralmente la sentenza n. 6592/2018 resa dal Tribunale di Milano in persona del Giudice Dott. ssa NOME COGNOME, pubblicata in data , per i motivi indicati con il presente atto;
– Rigettare, in quanto inammissibile, infondata in fatto e diritto l’istanza di correzione proposta dal Sig. e confermare integralmente la sentenza n. 6592/2018 resa dal Tribunale di Milano in persona del Giudice Dott. ssa NOME COGNOME pubblicata in data , per i motivi indicati con il presente atto.
In sede istruttoria:
– Con riserva di argomentare, dedurre, articolare e produrre.
In ogni caso:- condannare l’odierno appellante alla rifusione di spese, compensi professionali del presente grado di giudizio oltre al rimborso spese forfettario (15% dei compensi), I.V.A. e C.P.A. come per legge, così come previsto dal D.M. 55/2014 e succ.
mod. “.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Milano accoglieva parzialmente le domande proposte da nei confronti dell’ex convivente more uxorio , condannando la convenuta al pagamento dell’importo di € 24.193,35 oltre agli interessi legali ed al rimborso di quota, pari a 1/3, delle spese processuali.

Il Giudice di primo grado era pervenuto a tale statuizione previo accertamento dell’intervenuto rapporto di mutuo fra le parti e dell’obbligo di restituzione a carico della mutuataria I fatti che avevano generato il contenzioso, come emergono dagli atti e dai documenti depositati, possono così essere riassunti:

le parti avevano destinato a domicilio familiare l’immobile di intestato alla , che per l’acquisto ( in data ) aveva contratto un mutuo ipotecario a tasso variabile, con ratei mensili nella misura di € 731,99/753,78 circa e con decorrenza – scadenza ( doc. 15 parte appellata );
dopo la cessazione del rapporto di convivenza ( ) l’immobile era rimasto nella disponibilità della proprietaria, che lo continua ad abitare con il figlio minore presso di lei prevalentemente collocato ( decreto ex art. 316 IV comma, 337 –bis cc omologato dal Tribunale di Milano in data – doc. 2 parte appellata );
le parti con tale decreto di omologa hanno raggiunto accordi per la regolamentazione dell’affido/collocamento del figlio e per la previsione del concorso paterno al mantenimento di si è rivolto al Tribunale di Milano per ottenere la restituzione di somme ritenute dovute dalla ed a lei erogate a titolo di prestito personale ( mutuo ) nel periodo di convivenza tra il 2003 e il 2011.

Con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado il aveva quantificato la richiesta in € 72.672,00, di cui € 38.572,00
quale residuo delle spese sostenute per l’ acquisto e ristrutturazione dell’immobile, € 34.100,00 quale pagamento delle rate di mutuo ipotecario in precedenza menzionato.

Per tale voce di credito il aveva specificato di avere mutuato la somma in favore della ex convivente in parte attraverso addebiti sul conto corrente n. 13449 della di cui era contitolare ed in parte ( € 9.600,00 ) mediante versamenti mensili in contanti di € 400,00.

La somma mediante il pagamento brevi manu delle somme mensili sarebbe stata determinata dal cambio di intestazione del conto corrente sul quale il mutuo ipotecario in origine era poggiato.

Il contenzioso era stato esteso anche ad un mobile a tre ante ancora facente parte degli arredi dell’ex domicilio domestico.
costituendosi in giudizio – per quello che in questa sede ancora interessa tenuto conto dell’unico motivo di appello introdotto dal – aveva contestato quanto richiesto da controparte e, comunque, ricondotto il contributo dell’ex convivente alle necessità di gestione dell’abitazione ed alla partecipazione di controparte agli oneri di conduzione della famiglia.

NOME RAGIONE_SOCIALE aveva disconosciuto ex art. 214 c.p.c. il documento prodotto dalla controparte sub. n. 15 denominato “copia schema debito allegato alla e-mail del ” affermando che si trattasse di una mera elaborazione di dati incompleta e che non potesse dunque valere come riconoscimento di debito.

Relativamente al mobile a tre ante, aveva fornito una ricostruzione diversa affermando che si trattava di arredo acquistato dai conviventi utilizzando denaro donato dalla cognata.

A fini transattivi la aveva offerto, sin dai primi atti difensivi, l’importo omnia di € 15.000,00 che controparte non ha accettato.
All’esito dell’attività istruttoria orale, il Giudice di prime cure aveva accolto parzialmente le domande proposte dal , nei termini in premessa riassunti, e aveva ritenuto non fondate le ulteriori richieste e più precisamente:
la domanda di restituzione dell’importo di € 9.600,00, perché “non vi è alcuna prova certa di questa erogazione in favore della convenuta da parte dell’attore” (pag. 7 della sentenza impugnata).

la domanda di restituzione di € 38.572,00 come residuo di spese di acquisto e ristrutturazione, giacché “non vi è prova certa che siano state erogate dall’uno o dall’altro dei conviventi more uxorio, ritenendosi, anche alla luce delle deposizioni testimoniali assunte che entrambi in misura adeguata e sostanzialmente proporzionale alla conduzione della famiglia, abbiano contribuito e si siano fatti carico delle relative spese, senza che alcuno di essi avesse avanzato richieste patrimoniali nei confronti dell’altro in corso del rapporto di convivenza, dovendosi, quindi, intendere che il contributo di ciascuno di loro costituisca adempimento dei doveri morali e sociali nei confronti dell’altro, espressione della solidarietà tra persone unite da un rapporto di convivenza. Si ritiene inoltre, che l’attore abbia comunque beneficiato degli interventi di ristrutturazione nel periodo della convivenza, pur mantenendosi la proprietà dell’appartamento in via esclusiva alla convenuta.

Le stesse considerazioni devono farsi in relazione agli oneri condominiali dei quali l’attore chiede la restituzione” (pag. 8 della sentenza impugnata).

la domanda di restituzione del mobile a tre ante, in quanto costituisce “una donazione fatta ai conviventi in costanza del loro rapporto di convivenza, rientrante in quei doveri morali e sociali, per i quali non può essere chiesta la ripetizione” (pag. 8 della sentenza impugnata).

ha proposto appello chiedendo, in riforma parziale della sentenza impugnata:
– l’accoglimento della domanda di restituzione dell’importo di € 9.600,00, oltre a interessi legali e rivalutazioni monetaria;
– la correzione dell’errore materiale della sentenza impugnata con previsione di condanna della al pagamento della somma di € 846,00 ( contributo unificato ) a titolo di spese vive che il Giudice di primo grado, a suo dire, avrebbe omesso di regolamentare con le spese di lite.

Con riguardo alla somma mutuata attraverso versamenti mensili in contanti, l’appellante ha contestato che erroneamente il Giudice di primo grado aveva “omesso di considerare sul punto (e di dare il giusto rilievo al relativo principio) la mancata contestazione da parte della convenuta e l’esplicita ammissione” (pag. 9).

Secondo l’appellante, con gli atti difensivi l’odierna appellata non solo non aveva mai contestato l’erogazione delle predette somme a suo favore ma in alcuni passaggi aveva ammesso i fatti talché la circostanza doveva “ considerarsi giuridicamente provata” ex art. 115 e 167 cpc ( pag. 11 atto di appello ).

A sostegno del motivo di appello il ha richiamato precedenti di legittimità sugli effetti della mancata contestazione nella definizione del thema decidendum e sui vincoli imposti al Giudicante, a fronte di fatti non tempestivamente contestati dalla parte interessata a negarli ( pag. 12 e 13 atto di appello ).

Instaurato il contraddittorio la si è costituita concludendo per l’inammissibilità dell’appello e, comunque, per la sua infondatezza, con conferma della sentenza impugnata.

ha eccepito l’infondatezza del motivo di appello affermando di avere esplicitamente contestato la corresponsione dei versamenti mensili de quibus con gli atti difensivi depositati in primo grado ( pagina 2 della comparsa di costituzione;
pagina 2 – righe n. 3,4,5,6 – e alla pagina 3 -righe n. 5,6,7,8,9 – della memoria ex art. 183, VI comma n. 2 cpc ).

Premesso ciò, l’appellata ha concluso che la statuizione impugnata aveva tenuto conto del contenuto sostanziale delle difese delle parti e che il Giudice di primo grado, comunque, l’aveva resa nel rispetto dei principi enunciati dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19586/2016, secondo cui anche il fatto non contestato per ritenersi provato doveva essere sottoposto al vaglio del prudente apprezzamento del giudicante.

L’appellata ha ritenuto infondata la richiesta di correzione di errore materiale nei termini prospettati avendo controparte richiesto la restituzione delle spese vive sulla base dell’esborso affrontato all’atto di iscrizione della causa dal ruolo, con riferimento allo scaglione del valore della causa iniziale dichiarato e non sul quello riconosciuto.

In tesi, la mancata previsione di una richiesta in via subordinata, che tenesse conto nella quantificazione del rimborso delle spese vive dei criteri utilizzati in concreto dal Giudice di primo grado nella regolamentazione delle spese ( scaglione legato al decisum ),
impediva ai sensi dell’art. 112 cpc l’accoglimento dell’istanza.

Concessi i termini per il deposito delle comparse conclusionali e repliche , la causa perviene a decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’eccezione preliminare di inammissibilità ex art. 342 c.p.c. proposta dall’appellata è infondata.

L’appellante ha formulato motivi di impugnazione specifici e con adeguata analiticità ha indicato i passi della sentenza che ha voluto sottoporre al vaglio critico della Corte.

Lo stesso dicasi per l’ulteriore eccezione ex art. 348 bis cpc sulla quale alla prima udienza ( del ) parte interessata non ha inteso insistere e che la Corte, con rinvio per la precisazione delle conclusioni, ha disatteso, con valutazione che in questa sede viene confermata.

Il motivo di appello proposto dal è infondato.

Il Giudice di primo grado ha fatto buon governo dei principi enunciati dalla Suprema Corte con riguardo alla corretta applicazione dell’art. 115 cpc e ha valutato la portata delle contestazioni della nell’ambito del complessivo materiale probatorio acquisito attraverso l’attività istruttoria documentale ed orale.

La giurisprudenza di legittimità, più recente rispetto a quella citata dall’appellante ed alla quale questa Corte intende aderire, afferma che affinché un fatto possa dirsi non contestato è necessario non solo che la parte interessata non lo abbia esplicitamente confutato, oppure che lo abbia posto a fondamento della propria linea difensiva con argomentazioni incompatibili con la negazione dello stesso, ma anche che venga verificato alla stregua delle altre prove raccolte (Cass. sez. II n. 13828/2019 ).

Tanto premesso, la Corte rileva che la aveva sin dal primo atto difensivo contestato le pretese di controparte anche per la parte di credito oggetto del presente appello.

Lo ha fatto tempestivamente con la comparsa di costituzione e risposta, non solo nella parte in cui si legge “La convenuta contesta integralmente le pretese attoree in fatto e in diritto” ( pag. 2 ) ma anche laddove ha dichiarato di disconoscere la copia schema debito allegata all’e-mail del ( pag. 9 ), documento che l’odierno appellante aveva posto a sostegno dei diritti azionati.

Una contestazione in termini maggiormente articolati è stata successivamente sviluppata con la memoria ex art. 183 c.p.c. VI comma n. 2 c.p.c., ove si legge “In realtà la convenuta ha puntualmente contestato e tuttora contesta nell’an e nel quantum, quanto esposto dall’attore unitamente ai documenti prodotti dallo stesso, oltre alla qualificazione giuridica delle richieste del Sig. ” ( pag. 2 righe 3,4,5,6 ) – “Né, in tutta evidenza, la somma aggiuntiva indicata dall’attore a titolo di rate di mutuo (€ 9.600,00) può ritenersi provata e non contestata; l’attore infatti non ha prodotto alcun documento giustificativo afferente detto importo e, pertanto, non ha assolto all’onere della prova previsto ai sensi dell’art. 2697 cc.” ( pag. 3 righe 5, 6, 7, 8, 9 ).

Le puntuali e specifiche contestazioni hanno consentito di evitare un pregiudizio nel contraddittorio e hanno messo in grado l’appellante di adempiere all’onere ex art. 2697 cc che gli incombeva circa gli elementi costitutivi del diritto azionato, onere che non ha assolto come ha osservato il Giudice di primo grado sia con riguardo all’effettiva erogazione di contanti sia con riguardo alle finalità dell’allegato prestito ( pagamento della rata del mutuo ipotecario ).

La Corte non può che condividere l’impostazione rigorosa del Tribunale di Milano tenuto conto che, come emerge dalla documentazione prodotta, le questioni economiche che gli ex conviventi stanno ancora tentando di definire risalgono nel tempo e hanno riguardato in passato anche altro immobile ( ), ora non più in comproprietà.

Tali considerazioni appaiono tanto più vere se si considera il contesto familiare in cui il ha inserito le allegate dazioni, contesto in cui al pari della convivente doveva partecipare alle esigenze del nucleo familiare con la presenza di un minore.

La richiesta di correzione di errore materiale è infondata e deve essere disattesa.

Il contributo unificato è un’obbligazione ex lege a carico della parte soccombente.

Come riconosciuto dalla Suprema Corte, in ipotesi in cui il provvedimento con la condanna al pagamento delle spese di lite non statuisca sulla restituzione di quanto versato per il contributo unificato, la regolamentazione della condanna al pagamento delle spese di lite deve intendersi estesa implicitamente anche alla restituzione dell’importo versato a tale titolo ( Cass. n. 18828/2015 ).

La somma predeterminata versata dalla parte vittoriosa è sottratta alla potestà del Giudice, quanto alla possibilità sia di disporne la compensazione che di determinarne un diverso ammontare, e l’omessa previsione non rende necessaria alcuna correzione di errore materiale ( Cass. I sez. n. 18529/2019).

La Corte ritiene applicabili tali principi anche alle ipotesi come quella oggetto di esame.

La regolamentazione delle spese di lite data dal Giudice di primo grado, e che le parti non hanno messo in discussione, indica il come parte vittoriosa, seppur parzialmente, e la condanna di controparte al pagamento di quota delle spese deve intendersi come estesa al rimborso integrale di quanto versato dall’appellante a titolo di contributo unificato, senza alcuna necessità di interventi ex art. 288 cpc da parte della Corte.

Il precedente richiamato dall’appellante ( Cass. ss.uu. n. 16415/2018 ) riguarda la diversa ipotesi di omessa previsione nella decisione della regolamentazione delle spese di lite.
All’esito del giudizio consegue la condanna dell’appellante, parte soccombente, al pagamento delle spese che vengono liquidate sulla base del valore della controversia introdotta in appello, valutato l’impegno professionale assicurato nello svolgimento dell’attività difensiva e le questioni in diritto affrontate

La Corte d’Appello di Milano sull’appello proposto da nei confronti di avverso la sentenza n. 6592/2018 del Tribunale di Milano in data , così dispone:
a) rigetta l’appello e la richiesta di correzione di errore materiale proposti da e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata;
b) condanna al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio che liquida in favore dell’appellata in € 3.777,00 per compensi oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre accessori nella misura di legge;
c) dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1, quater, del DPR n. 115/2002, così come modificato dall’art. 1 comma 17 L. 228/2012.
Così deciso in Milano il Il Presidente rel.
est. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato
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