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Mancato superamento periodo di prova e nuova assunzione

Il mancato superamento del periodo di prova non costituisce causa ostativa alla partecipazione a un nuovo concorso pubblico e alla successiva assunzione a tempo indeterminato. Tale principio si applica anche nel caso in cui il dipendente sia stato precedentemente dispensato dal servizio per mancato superamento del periodo di prova, in quanto la dispensa non produce effetti preclusivi sulla possibilità di instaurare nuovi rapporti di lavoro con la Pubblica Amministrazione.

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Pubblicato il 22 marzo 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

R.G. N. 67/2023

REPUBBLICA ITALIANA

CORTE D’APPELLO DI VENEZIA – sezione lavoro –

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

composta dai seguenti magistrati:

NOME COGNOME Presidente NOME COGNOME Consigliere NOME COGNOME Consigliere relatore ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._86_2025_- N._R.G._00000067_2023 DEL_04_03_2025 PUBBLICATA_IL_05_03_2025

nella causa promossa con ricorso in appello nata a Chioggia (VE) il 30/09/1971 residente a Cadoneghe INDIRIZZO rappresentata e difesa giusta speciale procura in atti dall’avvocato NOME COGNOME c.f. ed elettivamente domiciliata in Padova INDIRIZZO con domicilio Parte appellante contro (C.F. ), in persona del pro tempore, rappr. e dif. ex lege dalla Avvocatura Distrettuale di Venezia (cod. fisc. domiciliataria per legge presso i propri uffici in Venezia, INDIRIZZO INDIRIZZO (PEC fini del processo telematico, C.F. C.F. C.F. PUNTO:

mancato superamento del periodo di prova – ripetibilità della prova in diverso contratto Conclusioni:

Per parte appellante:

“Contrariis reiectis e previa riforma dell’appellata sentenza Nel merito in via principale:

1) accertato il diritto della ricorrente alla nomina in conseguenza alla legittima partecipazione al concorso c.d. straordinario dianzi indicato ed all’utile collocamento in graduatoria;

per l’effetto provvedere o, comunque, ordinare al resistente e/o all di provvedere alla nomina della ricorrente ed alla conseguente stipulazione del contratto a tempo indeterminato ed a consentire l’espletamento del periodo di prova ex art. 434 e ss T.U. il tutto previa disapplicazione degli atti amministrativi ritenuti illegittimi e/o in contrasto con la normativa di legge, ivi compreso il decreto dirigenziale di annullamento della nomina 1.09.21 o comunque disporre quegli ulteriori o diversi provvedimenti che saranno ritenuti di giustizia al fine di garantire il diritto vantato dalla ricorrente; 2) per l’effetto condannare l’amministrazione resistente al risarcimento del danno occorso alla ricorrente per il mancato guadagno, costituito da tutti le voci di stipendio e le altre voci ed indennità collegate pari a quanto sarebbe spettato al ricorrente e dalla data in cui questo è stato assunto presso la scuola;

3) condannarsi l’amministrazione resistente al risarcimento del danno c.d. curriculare consistente nella perdita di anzianità utile ai fini della progressione anche economica da apprezzarsi in via equitativa e, comunque, in misura non inferiore al 10% dell’importo liquidato a titolo di mancati guadagni.

4) con aumento di interessi e rivalutazioni dalla domanda al saldo.

In ogni caso 5) Con vittoria di spese e competenze del doppio grado, oltre IVA e c.p.a. e spese generali come per legge a favore dell’avvocato distrattario.

” “Rigettarsi l’appello proposto, siccome inammissibile ed infondato, per i motivi esposti.

Con rifusione dei compensi professionali.

” Svolgimento del processo 1. Con la sopra indicata sentenza il primo giudice ha rigettato le domande della lavoratrice, volte a ottenere l’accertamento del diritto alla nomina in ruolo a seguito di vincita di concorso e alla conseguente stipulazione del contratto a tempo indeterminato (con periodo di prova ex lege).

Ha, altresì, compensato tra le parti le spese di lite.

La sig.ra era docente di scuola primaria immessa in ruolo su posto comune, con decorrenza dal 01.09.2016, da Graduatorie ad Esaurimento (GAE) con riserva (a fronte di contenzioso sul valore abilitante del diploma magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002).

Svolgeva il periodo di prova con esito negativo, come da provvedimento del Dirigente Scolastico dell (PD).

Svolgeva un secondo periodo di prova nell’a.s. 2018/2019 – posticipato per mancata prestazione del servizio per il minimo di 180 giorni – ancora con esito negativo, come da provvedimento del Dirigente Scolastico dell’I.C.S. RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE” di Padova.

Pertanto non veniva confermata in ruolo e veniva esclusa dalle GPS e dalla correlata graduatoria di istituto ex O.M. n. 60/2020.

Successivamente partecipava al Concorso Straordinario docenti, indetto con D.M. del 17.10.2018 e D.D.G. n. 1546 del 07.11.2018, e veniva nominata in ruolo presso l Vigodarzere (PD) quale docente di scuola primaria su posto comune.

A seguito di controlli l , con provvedimento prot. n. 15273 del 01.09.2021, annullava la nomina a fronte della dispensa dal servizio disposta dal Dirigente Scolastico dell’I.C. XIV “INDIRIZZO” di Padova in data 21.04.2021 per non aver superato il periodo di prova nella precedente assunzione.

Pertanto, la sig.ra ha instaurato la presente causa.

Il primo giudice ha rigettato le domande della lavoratrice, così motivando:

“Quanto al merito, va premesso che l’esclusione della ricorrente dalle graduatorie GPS provinciali e di Istituto di scuola primaria e infanzia biennio 2020/2021 e 2021/2022, disposta dal Dirigente del XIV Istituto Comprensivo ‘INDIRIZZO’ di Padova il 21.04.2021, è stata ritenuta dal Tribunale di Padova, adito dalla con ricorso ex art 700 cpc, pienamente legittima, come da ordinanza 28.10.2021 est , prodotta dal sub doc 12.

La dispensa dal servizio, a seguito di assunzione da GAE l’1.9.2016, per mancato superamento del periodo di prova, disposta con provvedimento n. 411 del 02/07/2019 del DS dell’Istituto Comprensivo Statale INDIRIZZO’ di Padova, con conseguente non (comune) e lo stesso grado di scuola (primaria) della precedente nomina in ruolo dell’01.09.2016, risulta legittimo.

Va, infatti, considerato che:

– gli artt. 436 e ss del D. Lgs. 279/1994 stabiliscano l’assoggettamento, sia del personale nominato in ruolo sia del personale proveniente da altro ruolo, ad un periodo di prova, di durata almeno pari ad un anno scolastico;

– i commi 115 – 120 dell’art 1 della Legge n. 107/2015 dispongono che:

‘115.

Il personale docente ed educativo è sottoposto al periodo di formazione e di prova, il cui positivo superamento determina l’effettiva immissione in ruolo.

116.

Il superamento del periodo di formazione e di prova è subordinato allo svolgimento del servizio effettivamente prestato per almeno centottanta giorni, dei quali almeno centoventi per le attività didattiche.

117.

Il personale docente ed educativo in periodo di formazione e di prova è sottoposto a valutazione da parte del dirigente scolastico, sentito il comitato per la valutazione istituito ai sensi dell’articolo 11 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come sostituito dal comma 129 del presente articolo, sulla base dell’istruttoria di un docente al quale sono affidate dal dirigente scolastico le funzioni di tutor.

118.

Con decreto del sono individuati gli obiettivi, le modalità di valutazione del grado di raggiungimento degli stessi, le attività formative e i criteri per la valutazione del personale docente ed educativo in periodo di formazione e di prova.

119.

In caso di valutazione negativa del periodo di formazione e di prova, il personale docente ed educativo è sottoposto ad un secondo periodo di formazione e di prova, non rinnovabile.

120. Continuano ad applicarsi, in quanto compatibili con i commi da 115 a 119 del presente articolo, gli articoli da 437 a 440 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297”;

– l’art. 439 D. Lgs. 279/1994 dispone che :

‘1. In caso di esito sfavorevole della prova, il provveditore agli studi, sentito il consiglio scolastico provinciale, se trattasi di personale docente della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado o sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, se trattasi di personale docente degli istituti o scuole di istruzione secondaria superiore, ovvero, il direttore generale o capo del servizio centrale competente, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, se trattasi di altro personale appartenente a ruoli nazionali, provvede: alla dispensa dal servizio o, se il personale proviene da altro ruolo docente o direttivo, alla restituzione al ruolo di provenienza, nel quale il personale interessato assume la posizione giuridica ed economica che gli sarebbe derivata dalla permanenza nel ruolo stesso;

ovvero, a concedere la proroga di un altro anno scolastico al fine di acquisire maggiori elementi di valutazione’;

– dunque ai sensi di tale disposizione, art 439 TU, che continua a regolare la fattispecie anche all’esito della legge 107/2015, dalla valutazione negativa della prova del neo assunto nominato in ruolo (nel nostro caso la assunta da nel 2016) deriva l’adozione di dispensa e la dispensa dal servizio ai sensi dell’art. 512 D. Lgs. 297/1994 costituisce provvedimento con cui cessa il rapporto di servizio, oltre che nelle ipotesi, che qui non interessano, di inidoneità fisica e incapacità didattica, per ‘persistente insufficiente rendimento’ da parte del prestatore di lavoro, il cui apporto si è rivelato inadeguato rispetto alle esigenze dell’Amministrazione datrice di lavoro.

Posto tale quadro normativo, l’assimilazione degli effetti del mancato superamento della prova alla dispensa per persistente insufficiente rendimento, sostenuta dall’Amministrazione convenuta, appare giustificata.

A monte la mancata espressa inclusione, nel bando, della dispensa per mancato superamento della prova tra le cause ostative alla partecipazione, non è preclusiva all’adottato annullamento della nomina, sotto due profili:

– trattandosi di effetto che deriva direttamente da norma imperativa;

– in quanto il carattere ostativo del precedente esito sfavorevole della prova per il medesimo ruolo si desume dalla previsione all’ art 10 c 5 del Decreto Ministeriale del 17.10.2018 nonché il Decreto Dipartimentale prot. n. 1546 del 07.11.2018 che:

‘I docenti immessi in ruolo sono sottoposti, per la conferma, al periodo di formazione e di prova di cui al decreto del 27 ottobre 2015, n. 850, ad eccezione dei docenti che abbiano già superato positivamente il predetto periodo, a pieno titolo o con riserva, per il posto specifico’, ovvero stante la previsione circa la produzione, quanto ai periodi di prova già esperiti, dei propri effetti accertativi anche in ulteriori procedure di assunzione per il medesimo profilo professionale, con esonero dal periodo di formazione e prova per i docenti che abbiano già superato positivamente il predetto periodo, a pieno titolo o con riserva, per il posto specifico, e dunque, implicitamente, con effetto impeditivo alla partecipazione in caso di precedente dispensa per mancato superamento. Quanto al merito, depongono a favore dell’assimilazione sostenuta dall’Amministrazione:

– sul piano testuale la preclusione in base all’ordinamento, in ipotesi di dispensa dal servizio, della possibilità di riproporre la propria prestazione laddove ex art 439 d.lg 297/1994 la risoluzione unilaterale del rapporto lavorativo per mancato superamento del periodo di prova configura, testualmente, una specifica ipotesi di dispensa dal servizio;

– sotto il profilo della ratio il fatto che la dispensa dal servizio per ‘persistente insufficiente rendimento’ deriva dalla valutazione negativa del comportamento del dipendente per inadeguatezza della prestazione offerta, al pari di quanto accade in caso di esito sfavorevole del periodo di formazione e prova.

Dalla dispensa dal servizio per persistente insufficiente rendimento deriva, quale effetto, l’estinzione del rapporto di lavoro, e per tale specifica causale ex art. 516 D. Lgs. 297/1994 che rimanda alle disposizioni di cui al DPR 3/1957, segnatamente art. 132 + v. anche art. 2, co. 3, DPR 487/1994,

sono precluse la riammissione in servizio e la ricostituzione del rapporto di lavoro, e così dunque anche la possibilità di esperire un nuovo periodo di prova.

Dalla distinzione degli effetti dell’esito sfavorevole della prova, ai sensi del riportato art 439 TU, tra neo assunto e dipendente già assunto nei ruoli dell’Amministrazione che ha formulato domanda di passaggio di ruolo, per il quale il Legislatore ha previsto invece la restituzione al ruolo di provenienza, si evince che il medesimo Legislatore quanto al neo assunto ha invece inteso precludere radicalmente la prosecuzione del rapporto di lavoro.

In linea il soprariportato disposto art. 1 commi 115-119 della Legge n. 107/2015, che, strutturato in termini puntuali e di massima garanzia per il docente il periodo di prova (durata minima di 180 giorni di servizio effettivo, affidamento ad un tutor, valutazione del DS sentito il comitato per la valutazione e sulla base di istruttoria del tutor, criteri di valutazione prefissati con Dm, obbligatorietà del secondo periodo), al comma 119 qualifica espressamente il secondo periodo di formazione e di prova come ‘non rinnovabile’. Come puntualmente e condivisibilmente osservato dal Tribunale di Padova nella sopra richiamata ordinanza 28.10.2021 est :

‘….

in effetti dispensa per mancato superamento del periodo di prova in ruolo e dispensa dal servizio per insufficiente rendimento, diversamente da quanto inteso dalla ricorrente, sono istituti fondati sulla medesima ratio, in quanto entrambi esprimono l’oggettiva inadeguatezza dell’apporto lavorativo del dipendente rispetto al ruolo e alla funzione che il medesimo è chiamato a svolgere all’interno dell’amministrazione pubblica;

entrambi gli istituti sono, all’evidenza, finalizzati a salvaguardare il rispetto del principio del buon andamento della pubblica amministrazione previsto dall’articolo 97 della Costituzione.

I due istituti si differenziano soltanto per la diversa collocazione temporale nelle diverse fasi del rapporto, ma, in entrambi i casi, il presupposto non è legato ad una violazione degli obblighi da parte del dipendente, bensì è rappresentato dall’oggettiva inadeguatezza del dipendente stesso alle esigenze dell’amministrazione, valutata per un apprezzabile lasso temporale.

L’esigenza di permettere di valutare in maniera adeguata il rendimento professionale del vincitore di concorso determina la previsione di un periodo di prova obbligatorio, con una durata più estesa rispetto al periodo di prova, facoltativo, Con est , nella successiva sentenza di rigetto n. 183/2022 in caso perfettamente sovrapponibile a quello in esame.

Negli stessi termini, in un caso di dirigente scolastica, la deliberazione n. 15 dell’8 gennaio 2020 della Corte dei conti-Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna assimila il mancato superamento del periodo di prova ex art. 439 TU scuola, alla destituzione o dispensa dall’impiego per persistente insufficiente rendimento ex art. 2, comma 3 del D.P.R. 487/94, evidenziando che si tratta, quanto alla prima, di ‘fattispecie particolare che rientra nella categoria generale’ della seconda, e facendo riferimento a Consiglio di Stato, sez. IV, n. 884/2017. Tale pronuncia del Consiglio di Stato rimarca in effetti la portata generale dell’istituto della dispensa dal servizio per scarso rendimento e ne evidenzia la finalità non disciplinare, bensì di tutela della funzionalità e dell’assetto organizzativo della PA rispetto al comportamento del dipendente, che, complessivamente, denoti insufficiente rendimento dell’attività da lui prestata, con riguardo all’insussistenza di risultati utili, per quantità e qualità, alla funzionalità dell’ufficio.

La pronuncia della Corte della Conti è stato, d’altro canto, condivisa dal Tribunale del Lavoro di Ravenna che nel decidere il caso causa RG 241/2020 con sentenza del 17.11.2020 est a così argomentato:

‘In tema, inconferente risulta la giurisprudenza, citata dalla difesa della ricorrente, circa la stretta interpretazione delle clausole del bando di gara, posto che, nel caso di specie, si tratta di interpretare norme di legge primaria e non clausole di un bando (e, ovviamente, laddove un bando riporti norme imperative di legge, è quest’ultima a parlare e non il primo).

Dunque, tutto quanto criticamente riferito ad una male interpretazione o ad una integrazione (″inammissibile e postuma″ del bando) risulta inconferente ed infondato.

Il problema è meramente interpretativo della normativa primaria.

Va innanzi tutto dato atto che, secondo la giurisprudenza amministrativa, la ″dispensa″ dal servizio per mancato superamento del periodo di prova non ha natura di provvedimento disciplinare (″Il provvedimento di dispensa dal servizio dell’insegnante per esito sfavorevole del periodo di prova non richiede la previa contestazione di addebiti, trattandosi di provvedimento di natura non disciplinare″:

Cons. Stato 1430/1997;

″Il provvedimento di dispensa dal servizio di un insegnante ex art. 59 del d.p.r. n. 417/74, per esito sfavorevole del periodo di prova, motivato con lo scarso impegno dimostrato, non ha rilievo disciplinare, attenendo ai contenuti professionali della prestazione, caratterizzata da poca diligenza e modesta preparazione professionale.

la suddetta motivazione – di carattere discrezionale – non richiede, per la sua natura, la previa contestazione di alcun addebito″: Cons. Stato 86/1986).

Tale giurisprudenza risulta formatasi sulla normativa precedente a quella attuale, normativa precedente che, in tema di insegnanti ed in particolare circa la dispensa per persistente insufficiente rendimento (D.P.R. 417/1974) prevedeva (art. 112) ″Salvo quanto previsto dall’articolo successivo, il personale di cui al presente decreto è dispensato dal servizio per inidoneità fisica o incapacità o persistente insufficiente rendimento.

I provvedimenti di dispensa sono adottati dal provveditore agli studi, sentito il consiglio scolastico provinciale, se trattasi di personale appartenente ai ruoli provinciali e dal ministro per la pubblica istruzione, sentito il consiglio nazionale della pubblica istruzione, se trattasi di personale appartenente ai ruoli nazionali″. La stessa era interpretata, dalla giurisprudenza in materia, nel senso che ″Il persistente insufficiente rendimento configurato dall’art. 112 del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, costituisce ipotesi oggettiva, che, ormulata in aggiunta a quelle soggettive della inidoneità fisica e dell’incapacità, contemplate dalla stessa disposizione, assolve, con previsione residuale, l’esigenza di tutelare, comunque, la funzionalità dell’assetto organizzativo dell’Amministrazione, in presenza di un comportamento del dipendente, che, globalmente considerato ed indipendentemente dalle maggiori o minori giustificazioni da cui sia assistito, conduca ad un risultato insoddisfacente per l’espletamento dei compiti istituzionali; pertanto, tale fattispecie ben ricomprendere, tra gli elementi costitutivi, anche fatti, che, valutati episodicamente, abbiano valenza disciplinare, ovvero siano iscrivibili, singolarmente, in un quadro morboso oggettivamente sussistente″ (Cons. Stato 434/2001) Se così è, non vi possono essere fondati dubbi che la normativa in questione la quale, all’indomani della privatizzazione del pubblico impiego, veniva essenzialmente riprodotta nel D.P.R. 487/1994 (e, come detto, in particolare nell’art. 2, 3° comma, secondo il quale ″Non possono accedere agli impieghi coloro che … siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento″), nel contenuto restasse fedele all’interpretazione della giurisprudenza amministrativa di provenienza. Va quindi affermato che il ″persistente insufficiente rendimento″, di cui sia alla normativa del 1974, che a quella del 1994, è una ipotesi residuale e riguarda essenzialmente ″un comportamento del dipendente, che, globalmente considerato conduca ad un risultato insoddisfacente per l’espletamento dei compiti istituzionali″. Ora, non vi è dubbio che questo sia esattamente quando avvenuto, relativamente alla ricorrente, durante il suo periodo di prova da preside e che condusse alla risoluzione dei suoi contratti con ritorno al ruolo dei docenti. Infatti, il mancato superamento del periodo di prova altro non certifica che l’inidoneità del dipendente della P.A. a rivestire l’incarico previsto, rientrandosi così nell’ambito di quella stessa ratio che giustifica la clausola generale a tutela della P.A. del ″persistente insufficiente rendimento″, tutt’ora presente nella normativa del 1994.

E di ciò non può ragionevolmente dubitarsi, posto che, nel passaggio dalla normativa del 1974 a quella del 1994, nel passaggio dal rapporto di lavoro di diritto pubblico a quello di diritto privato, nonché nel passaggio dalla giurisdizione del giudice amministrativo a quella del giudice ordinario, l’art. 97 della Costituzione (buon andamento e imparzialità della P.A.) è rimasto il medesimo.

Va, dunque, conclusivamente ritenuto che il mancato superamento del periodo di prova rappresenta idonea causa di esclusione da una nuova partecipazione al una ulteriore procedura concorsuale per lo stesso ruolo dal quale si è stati esclusi.

Peraltro, nel caso di specie, le motivazioni spese dalla P.A. per escludere la ricorrente dal ruolo dirigenziale furono una pluralità e sicuramente di gravità tali da confermare, anche nella sostanza, un giudizio di inidoneità tale da rappresentare un ostacolo alla nuova partecipazione della d una nuova procedura concorsuale per lo stesso ruolo.

Ne risulta, parimenti, la totale inconferenza con gli istituti qui in esame, della disciplina di cui al D.Lgs. n. 165/2001 art. 55-quater ed in particolare modo all’istituto del licenziamento (qui disciplinare) per ″insufficiente rendimento″ e che si configura in presenza della ″reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza, e rilevato dalla costante valutazione negativa della performance del dipendente per ciascun anno dell’ultimo triennio, resa a tali specifici fini ai sensi dell’articolo 3, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 150 del 2009″. È evidente che tale istituto mai potrebbe applicarsi al periodo di prova, posto che il primo presuppone un arco temporale di valutazione (negativa) triennale. Inoltre il licenziamento di cui all’art. 55-quater è un licenziamento disciplinare, mentre, come detto sopra, nella disciplina anteriore l’ipotesi di dispensa per persistente insufficiente rendimento era di natura oggettiva e non disciplinare.

Si tratta, pertanto di istituti (art. 55-quater lettera f) e art. 2, 3° comma D.P.R. 487/1994) di carattere e con rationes del tutto diversi.

per entrare nello stesso ruolo dal quale si è stati esclusi – coincide con quella di cui al D.P.R. 417/1974, ed era cioè rappresentata da ″un comportamento del dipendente, che, globalmente considerato conduca ad un risultato insoddisfacente per l’espletamento dei compiti istituzionali″. Risultato identico a quello che si raggiunge in caso di dispensa (o restituzione al ruolo precedente come avvenuto nel caso di specie) per mancato superamento del periodo di prova.

Deve, quindi, concordarsi con quanto ritenuto dalla Corte dei Conti sulla vicenda della verifica di legittimità dei contratti della ricorrente e che hanno portato alla risoluzione degli stessi.

’ Anche secondo il Tribunale di Ravenna dunque, così come piu’ recentemente secondo quello di Padova, il mancato superamento del periodo di prova è ostativo ad una nuova assunzione per lo stesso ruolo.

Dalla recente pronuncia Cass 6742/2022 si evince, d’altro canto, la sostanziale differenziazione, nell’ambito delle varie ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro del personale docente, tra dispensa per scarso rendimento e incapacità didattica in senso stretto, nuovamente a favore della ricomprensione nella prima categoria in termini ampi di tutti i casi di inadeguatezza del docente per comportamenti volontari.

E infatti la , nell’evidenziare che le distinte fattispecie di risoluzione del rapporto riconducibili all’istituto della dispensa ex art 512 del d.lgs. n. 297/1994, pacificamente vigente anche all’esito dell’entrata in vigore del d.lgs. n 165/2001, quanto alle cause non sono sovrapponibili, rimarcata la tripartizione inidoneità fisica, incapacità didattica e scarso rendimento, evidenzia che tale ultima ipotesi si configura qualora l’inidoneità alla funzione venga prodotta, non da un’oggettiva assenza di capacità, bensì da insufficiente impegno o dalla violazione dei doveri di ufficio. La distinzione è – sub par 5.1 della parte motiva di tale pronuncia – tra un’oggettiva inettitudine all’ impiego, frutto di valutazione non discrezionale, e tutti gli altri casi di inidoneità a svolgere la funzione di insegnante, a conferma, ad avviso di questo Giudicante, dell’ampiezza della categoria, tale da ricomprendere sia carenze in corso di rapporto, sia l’esito negativo della prova in sede di assunzione.

Come osservato nei citati precedenti di Padova e Ravenna, in effetti i due istituti della dispensa per mancato superamento della prova e della dispensa per persistente insufficiente rendimento si differenziano soltanto per la diversa collocazione temporale nelle diverse fasi del rapporto, ma, in entrambi i casi, il presupposto non è legato ad una condotta disciplinarmente rilevante, bensì è rappresentato dall’inadeguatezza del dipendente rispetto alle esigenze dell’amministrazione, valutata per un apprezzabile lasso temporale. In entrambi i casi, e a differenza del caso di incapacità didattica in senso stretto, vanno rispettate prerogative e diritti della parte interessata mutuati dai principi in materia di procedimento disciplinare genericamente inteso, nello specifico pacificamente rispettati, essendo stata la valutata negativamente all’ esito di nomina di un tutor affiancato a supporto, visita ispettiva ex art. 14 comma 3 del D.M. n. 850/2015, osservazione in piu’ occasioni, deposito all’ esito di apposita relazione, relazione da parte della Dirigente scolastica, parere del Comitato di valutazione. Alcuna censura è stata, infatti, svolta in merito, come già detto, dall’interessata.

In altre parole i due istituti di cui si discute sono tra loro assimilabili, non solo quanto a presupposti (inadeguatezza del dipendente stesso alle esigenze dell’amministrazione valutata per un apprezzabile lasso temporale) e finalità (buon andamento della pubblica amministrazione ex art 97 della Costituzione), bensì anche quanto alle garanzie procedimentali, che ne confermano la comune natura di provvedimenti valutativi riferiti ad una rilevata inadeguatezza del dipendente per comportamenti volontari.

L’autonomia della procedura concorsuale che ha condotto alla nomina a tempo indeterminato della docente, poi annullata, rispetto all’assunzione precedentemente avvenuta tramite invocata tale ricorrente, non sposta il quadro riguardando i due canali di reclutamento il medesimo profilo professionale.

In ottemperanza al principio del buon andamento dell’azione della Pubblica Amministrazione ex art. 97 della Costituzione, quest’ultima non può essere dunque condannata a stipulare un contratto a tempo indeterminato con una aspirante docente la quale, per il medesimo profilo professionale, è stata destinataria di dispensa per mancato superamento del periodo di prova e che, dunque, ha già avuto modo di dimostrare un’ inadeguatezza delle competenze tecniche e professionali richieste per l’espletamento dell’attività professionale, senza peraltro che possa essere prevista un’ulteriore rinnovazione del previsto periodo di prova. L’ ordinanza di Padova 28.10.2021 appare, d’altro canto, condivisibile anche laddove esclude la rilevanza ai fini di causa della sentenza Tar Lazio n. 10969/2019 del 13/09/2019, che ha negato la pretesa dei ricorrenti – tra cui la – ad essere inseriti nelle G.A.E. sulla base di diploma magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002.

Secondo la ricorrente, anche a volere ritenere la dispensa per mancato superamento della prova assimilabile a destituzione o dispensa per persistente insufficiente rendimento, comunque tale sentenza Tar avrebbe travolto l’atto a monte (inserimento in G.A.E.) e, quindi, tutti gli atti consequenziali, tra cui la stipulazione di contratti a tempo indeterminato, il patto di prova, i giudizi sulla prova ed il decreto finale di non superamento del percorso formativo.

L’ assunto è infondato in quanto – come appunto osservato dal Tribunale di Padova – la procedura relativa alla valutazione del periodo di formazione e di prova si è conclusa prima della sentenza Tar e comunque la valutazione negativa c’è stata e la relativa conseguente dispensa non è mai stata impugnata.

Il ricorso va dunque rigettato.

” (pagg. 3-10).

2.

Per la riforma della sentenza ha proposto appello la sig.ra sulla base di tre motivi di appello.

2.1.

Con il primo motivo di appello la lavoratrice ha impugnato la sentenza per aver ritenuto che l’esclusione dalla nomina a seguito di superamento di concorso, a causa del mancato superamento del periodo di prova in una precedente assunzione, benché non prevista dal bando di concorso, discende dalla normativa di cui al D.M. del 17.10.2018 (art 10, comma 5) e al D.D.G. n. di prova, poiché il mancato superamento costituisce un mero recesso datoriale, nonché dalla normativa generale (art. 2, comma 3, D.P.R. 487/1994) e da quella specifica del concorso (art. 4, comma 6, D.D.G. n. 1546 del 07.11.2018) che non prevedono fra le cause di esclusione dal concorso straordinario la “dispensa per mancato superamento della prova” in una precedente assunzione. Osserva che il mancato superamento del periodo di prova ha valenza nella procedura in cui questo è stato svolto ma non inibisce la partecipazione ad altro concorso, e, se vincitori, non inibisce la nomina e lo svolgimento di un altro periodo di prova, se previsto.

L’appellante lamenta che il primo giudice ha effettuato un’interpretazione analogica, assimilando cause di esclusione inespresse (dispensa per mancato superamento della prova) a cause espresse (destituzione, dispensa per persistente insufficiente rendimento).

Sostiene che tale interpretazione non è sostenibile in quanto l’interpretazione degli atti amministrativi soggiace alle regole dettate dall’art. 1362 e ss. c.c., che prevedono la preminenza del dato letterale, e in quanto il ragionamento del primo giudice è carente di logicità.

L’appellante rileva che la stessa prassi interpretativa dell afferma l’autonomia delle due procedure concorsuali e dunque la non ostatività del mancato superamento del periodo di prova in altro concorso.

2.2.

Con il secondo motivo di appello la lavoratrice ha impugnato la sentenza per aver affermato la legittimità dell’annullamento della nomina in ruolo assimilando il recesso per mancato superamento della prova al licenziamento per persistente insufficiente rendimento.

L’appellante evidenzia che, laddove si ritenga ammissibile un’interpretazione analogica, comunque essa non è possibile nel caso di specie, in quanto i due istituti (recesso per mancato superamento della prova e licenziamento per persistente insufficiente rendimento) sono differenti e non assimilabili con riguardo alla ratio, alle premesse, ai presupposti di adozione, al regime di censurabilità e anche con riguardo alle conseguenze.

Precisa, richiamando giurisprudenza a supporto, che il recesso per mancato superamento della prova non è un licenziamento, bensì un atto di gestione del personale da parte del dirigente scolastico, connotato da ampi margini di discrezionalità e non sindacabile nel merito.

Osserva che, assimilando i due istituti, si perverrebbe che il mancato superamento della prova a seguito della nomina per concorso esplichi effetti oltre il concorso medesimo e determini l’esclusione dal diritto di contrarre con la P.A. come avviene per i lavoratori licenziati per insufficiente rendimento.

2.3.

Con il terzo motivo di appello la lavoratrice ha impugnato la sentenza per aver ritenuto che, nonostante l’annullamento della nomina a seguito di procedimento di stabilizzazione in ruolo ( a cui era stata ammessa con riserva), è rimasto valido ed efficace il periodo di prova espletato.

L’appellante sostiene che, laddove si considerino assimilabili i due istituti (recesso per mancato superamento della prova e licenziamento per persistente insufficiente rendimento), comunque il provvedimento di dispensa per mancato superamento della prova è stato travolto dalla sentenza n. 10969/2019 del TAR Lazio che ha determinato lo scioglimento in senso sfavorevole alla della riserva (il diploma magistrale sopra citato non è stato ritenuto titolo abilitante).

Ribadisce che detta sentenza, che ha determinato l’esclusione della sig.ra dalle GAE, determina effetti ex tunc su tutti gli atti del procedimento, ossia comporta l’annullamento dell’ammissione con riserva, sicché i periodi di prova (sia superati sia non superati) dovranno essere considerati tamquam non esset.

3. Si è costituito il contestando l’appello e chiedendone il rigetto.

richiama l’art. 1, comma 119, L. 107/2015 nonché l’art. 10, comma 5, del D.M. 17.10.2018 e del D.D.G. n. 1546 del 07.11.2018 evidenziando che nel pubblico impiego privatizzato la sottoposizione del neo assunto a un periodo di prova è obbligo di legge non derogabile.

Ribadisce la legittimità dell’annullamento della nomina a tempo indeterminato, atteso che la sig.ra aveva già espletato due periodi di prova con esito negativo sul medesimo tipo di posto (comune) e nello stesso grado di scuola (primaria), con conseguente dispensa dal servizio e con impossibilità di rinnovo del periodo di prova ai sensi di legge.

Aggiunge che, ex art. 97 Cost., la P.A. non può essere condannata a stipulare un contratto a tempo indeterminato con una aspirante docente la quale – per il medesimo profilo professionale – ha già dimostrato inadeguatezza delle competenze tecniche e professionali richieste per l’espletamento dell’attività lavorativa.

nella categoria della dispensa dal servizio per persistente insufficiente rendimento, atteso che i due istituti hanno ratio comune relativa all’“oggettiva inadeguatezza dell’apporto lavorativo del dipendente” e sono volti a salvaguardare il buon andamento della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 97, comma 2, Cost. e della L. 107/2015.

, altresì, rileva che la sentenza n. 10969/2019 del TAR Lazio determina un annullamento con efficacia ex tunc del contratto ma restano salvi gli effetti prodotti dallo stesso fino alla data della pronuncia ossia la prestazione del servizio, il pagamento della retribuzione e pure il provvedimento di dispensa per mancato superamento del periodo di prova.

4. All’udienza del 13.2.2025

la causa è stata discussa e, all’esito della camera di consiglio, decisa come da dispositivo in atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. L’appello è fondato nei termini che seguono e va accolto nei limiti e per le seguenti dirimenti ragioni che assorbono ogni altra questione.

6. I motivi di appello sono suscettibili di essere congiuntamente esaminati e sono fondati nei seguenti termini (salvo e impregiudicato quanto infra sulla non coincidenza tra motivi e conclusioni d’appello).

6.1.

Il Collegio richiama (ex art. 118 disp. att. c.p.c.), condividendolo e non essendo stati addotti in questa sede argomenti che inducano a discostarsene, l’orientamento recentemente espresso dalla Suprema Corte di Cassazione in una vicenda analoga a quella sub iudice, in cui “il rapporto di lavoro in esame veniva risolto in quanto contestualmente alla accettazione dello stesso il 27 agosto 2019, interveniva il decreto 1906 del 27 agosto 2019 di risoluzione, con decorrenza 1° settembre 2019, di un precedente rapporto di lavoro (15 settembre 2017) per mancato superamento della prova” (Cass. 22466/2023). Si tratta, del resto, di principi già applicati dalla Corte d’Appello di Venezia nel procedimento sub RG. In particolare, nel richiamato precedente la Suprema Corte ha ritenuto che la destituzione per insufficiente rendimento e il mancato superamento del periodo di prova sono due fattispecie l’Amministrazione non preclude l’instaurazione di un successivo contratto di lavoro con l’Amministrazione medesima, sempre soggetto ex lege ad un periodo di prova.

Invero, la Corte di Cassazione ha chiarito quanto segue:

“6.

L’art. 2 del dPR n. 487 del 1994, al comma 3, prevede che “Non possono accedere agli impieghi (…) coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento (…).

Il comma 7 precisa che “ I requisiti prescritti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso per la presentazione della domanda di ammissione”.

7. La Corte d’Appello, erroneamente ha sovrapposto due fattispecie distinte:

da un alto la dispensa per persistente insufficiente rendimento, dall’altro il mancato superamento del periodo di prova.

8. L’art. 70, comma 13, del d.lgs. n. 165 del 2001 dispone, infatti, che “in materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni applicano la disciplina prevista dal D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni ed integrazioni, per le parti non incompatibili con quanto previsto dagli artt. 35 e 36, salvo che la materia venga regolata, in coerenza con i principi ivi previsti, nell’ambito dei rispettivi ordinamenti”.

E l’art. 17 della richiamata fonte normativa (Assunzioni in servizio), al comma 1, prevede che i candidati dichiarati vincitori sono assunti in prova nel profilo professionale di qualifica o categoria per il quale risultano vincitori, e che la durata del periodo di prova è differenziata in ragione della complessità delle prestazioni professionali richieste e sarà definita in sede di contrattazione collettiva, i provvedimenti di nomina in prova sono immediatamente esecutivi.

Dunque tutte le assunzioni alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche sono assoggettate all’esito positivo di un periodo di prova, e ciò avviene ex lege e non per effetto di patto inserito nel contratto di lavoro dall’autonomia contrattuale e che l’autonomia contrattuale è abilitata esclusivamente alla determinazione della durata del periodo di prova, ma tale abilitazione è data dalle norme esclusivamente alla contrattazione collettiva, restando escluso che il contratto individuale possa discostarsene (Cass., n. 21376 del 2018). Il periodo di prova e le conseguenze del mancato superamento della prova da parte del docente sono disciplinate dall’art. 438 e 439 del prova, il provveditore agli studi (…) provvede:

alla dispensa dal servizio o, se il personale proviene da altro ruolo docente o direttivo, alla restituzione al ruolo di provenienza, nel quale il personale interessato assume la posizione giuridica ed economica che gli sarebbe derivata dalla permanenza nel ruolo stesso;

ovvero, a concedere la proroga di un altro anno scolastico al fine di acquisire maggiori elementi di valutazione.

9. La risoluzione per mancato superamento del periodo di prova pur potendo riferirsi alla più ampia nozione di dispensa dal servizio si distingue dagli istituti di cui all’art. 512 del medesimo d.lgs. n. 297 del 1994:

dispensa dal servizio per inidoneità fisica o incapacità o persistente insufficiente rendimento”.

Questa Corte, con riguardo alla disciplina della dispensa del servizio di cui all’art. 512 cit. (Cass. n. 6742 del 2022), ha precisato la sussistenza di tre distinte fattispecie di risoluzione del rapporto che, seppure accomunate dall’essere tutte riconducibili al suddetto istituto, non sono sovrapponibili quanto alle cause che legittimano l’esercizio del potere da parte dell’amministrazione scolastica.

L’inidoneità fisica, infatti, presuppone l’impossibilità, assoluta o relativa, allo svolgimento delle mansioni, derivante dalle condizioni di salute psico-fisica dell’impiegato, mentre l’incapacità didattica, che rende il docente non idoneo alla funzione, consiste nell’inettitudine assoluta e permanente a svolgere le mansioni inerenti l’insegnamento, inettitudine che deriva da deficienze obiettive, comportamentali, intellettive o culturali, che solo come conseguenza inducono prestazioni insoddisfacenti.

Lo scarso rendimento, infine, si configura qualora quello stesso effetto venga prodotto, non da un’oggettiva assenza di capacità, bensì da insufficiente impegno o dalla violazione dei doveri di ufficio.

9.1.

Dunque, la dispensa dal servizio di cui all’art. 512 del d.lgs. n.297 del 1994 ha una propria tipizzazione legale quanto alle fattispecie che vi danno corso.

Il persistente insufficiente rendimento nella prestazione lavorativa non solo determina un inadempimento di tale gravità da dare luogo alla dispensa dal servizio, ma assume una valenza oggettiva impeditiva ex lege dell’accesso agli impieghi pubblici.

9.2.

Diversamente, il periodo di prova è diretto ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore di lavoro che il lavoratore possono verificare la reciproca convenienza del contratto, accertando il primo le capacità del lavoratore e quest’ultimo, a sua volta, valutando l’entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto (si v., Cass., n. 26669 del 2018), e il mancato superamento dello stesso esaurisce i suoi effetti nel recesso del datore di lavoro dal rapporto contrattuale cui accede. 9.3.

Pertanto, erroneamente la Corte d’Appello ha fatto ricadere sul nuovo rapporto di lavoro instaurato tra il ricorrente e il gli effetti risolutori del mancato superamento del periodo di prova che già si erano consumati con riguardo al rapporto di lavoro nel cui veniva esperito” (Cass. 22466/2023).

Ebbene, nel citato precedente di questa Corte d’Appello, sulla base dei principi sanciti dalla Suprema Corte, così si è argomentato:

“6.2.

Pertanto, con riferimento al caso di specie, anche a prescindere dalla questione circa la sussistenza o meno delle ragioni poste dall’Amministrazione quali motivi del mancato superamento del periodo di prova relativo al primo contratto a tempo indeterminato stipulato il 4.9.2018 (contratto che, comunque, era destinato a risolversi ex tunc a seguito dello scioglimento, in senso negativo per la ricorrente, della riserva a cui era condizionato il contratto medesimo, per effetto della sentenza del TAR che ha escluso l’efficacia abilitante all’insegnamento del diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002) – questioni oggetto del primo e del secondo motivo di appello – deve ritenersi – in accoglimento del terzo motivo – che, in ogni caso, il mancato superamento del periodo di prova previsto ex lege in relazione al predetto primo contratto di lavoro stipulato il 4.9.2018 non esplica alcun effetto sul successivo contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato nel settembre 2020 e sul relativo periodo di prova. Sicché deve ritenersi che la dispensa dal servizio in relazione a tale secondo contratto, disposta con il provvedimento 4126/2020 e pacificamente motivata con riferimento unicamente al mancato superamento del periodo di prova relativo al precedente contratto di lavoro, sia illegittimo e che, non trattandosi di una ipotesi di “licenziamento” (v. Cass. 22466/2023), l’appellante abbia diritto di essere reimmessa in servizio quale docente a tempo indeterminato in prova e, dunque, verifica del suo superamento e dell’eventuale consolidamento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato”. 6.2.

Tali principi devono trovare applicazione anche alla fattispecie sub iudice, in cui la non è mai stata destituita per insufficiente rendimento ma, assunta con un contratto a tempo indeterminato a seguito di scorrimento di graduatorie, non ha superato il periodo di prova apposto ex lege a tale contratto.

In forza dei principi statuiti dalla Suprema Corte, la , che, successivamente alla predetta vicenda, è risultata vincitrice di concorso straordinario, ben avrebbe potuto e dovuto essere assunta a tempo indeterminato dall’Amministrazione resistente, con un nuovo (distinto dal precedente) contratto a tempo indeterminato con svolgimento del relativo periodo di prova.

Sicchè, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accertato e dichiarato il diritto di alla nomina in conseguenza della legittima partecipazione al concorso c.d. straordinario per cui è causa ed all’utile collocamento in graduatoria.

Per l’effetto deve essere ordinato al resistente e/o all di provvedere alla nomina della ricorrente ed alla conseguente stipulazione del contratto a tempo indeterminato ed a consentire l’espletamento del periodo di prova ex art. 434 e ss T.U. 7. A questo punto, il Collegio rileva che i motivi di appello non ripropongono la domanda risarcitoria, che risulta formulata solo nelle conclusioni, senza alcuna allegazione illustrativa/argomentativa nella parte motiva.

Sicchè il Collegio ritiene che la domanda di risarcimento del danno non è stata correttamente e ritualmente (in modo espresso e specifico ex art. 346 c.p.c.) riproposta in questa sede e che, in ogni caso, essa debba essere rigettata non essendo il danno specificamente allegato né provato.

Ad abundantiam, il Collegio rileva che la non ha nemmeno allegato e provato di aver offerto, medio tempore, la propria prestazione di lavoro all’Amministrazione resistente.

Per la necessità di messa in mora si veda, di recente, Cass. 5788/2023.

8.

Quanto alle spese di lite, esse vengono interamente compensate tra le parti per entrambi i gradi, tenuto conto del chiarimento intervenuto solo di recente da parte della giurisprudenza di

PQM

La Corte, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, rigettata e/o assorbita ogni diversa istanza, eccezione e domanda, così provvede:

1) in parziale accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza impugnata, accerta e dichiara il diritto di alla nomina in conseguenza alla legittima partecipazione al concorso c.d. straordinario per cui è causa ed all’utile collocamento in graduatoria;

per l’effetto ordina al resistente e/o all di provvedere alla nomina della ricorrente ed alla conseguente stipulazione del contratto a tempo indeterminato ed a consentire l’espletamento del periodo di prova ex art. 434 e ss 2) rigetta per il resto l’appello;

3) compensa tra le parti le spese di lite.

Venezia, il giorno 13.2.2025 Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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