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Manufatti preesistenti e responsabilità contrattuale, vizi occulti

La presenza di manufatti che limitano l’uso di un bene immobile, se preesistente all’acquisto, non comporta responsabilità del condominio ma deve essere imputata al venditore. L’acquirente può agire in via contrattuale per vizi occulti.

Pubblicato il 24 October 2024 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI ROMA – QUINTA

SEZIONE CIVILE in persona del dott. NOME COGNOME in funzione di giudice unico, ha emesso la seguente

SENTENZA N._14797_2024_- N._R.G._00052504_2020 DEL_02_10_2024 PUBBLICATA_IL_02_10_2024

nella causa civile in primo grado iscritta al n. 52504 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2020, trattenuta in decisione all’udienza dell’11.6.2024 e vertente tra ATTRICE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME CONVENUTO rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME CHIAMATA IN CAUSA – CONTUMACE

MOTIVI DELLA DECISIONE

convenuto in giudizio il condominio di INDIRIZZO in riferendo in sintesi quanto segue:

– l’attrice è proprietaria – per averlo acquistato dalla società costruttrice con atto di compravendita del 2.7.2013 – di un posto auto scoperto distinto con il numero 4 al piano terra dell’edificio condominiale;

– risulta dall’atto di compravendita che il posto auto è sorto senza “vincoli e pesi reali” (art. 5);

– nell’agosto 2013 – solo dopo il suo accatastamento e la conseguente compravendita – sono stati tuttavia abusivamente installati sullo stesso due manufatti di proprietà condominiale in cui sono rispettivamente allocati i contatori dell’acqua e del gas a servizio dell’edificio;

– tali manufatti – date le loro dimensioni – impediscono l’utile parcheggio di una vettura di normali dimensioni pregiudicando il pieno godimento di quel bene ed imponendo un’illegittima servitù a suo carico;

– la ridotta utilizzabilità del posto auto ha comportato per l’attrice – a decorrere dall’agosto 2013 – un danno patrimoniale quantificabile in misura almeno pari al 30% del suo valore locativo (stimabile in euro 100,00 mensili).

L’attrice ha chiesto pertanto:

via principale, la condanna del convenuto alla rimozione dei due manufatti ed al risarcimento dei danni per il ridotto godimento del posto auto provocato dalla loro installazione;

in via subordinata – nel caso di impossibile rimozione – la condanna comunque del medesimo al risarcimento dei danni per il minor valore commerciale e per il ridotto godimento del bene.

Il convenuto – negando la proprietà condominiale dei manufatti ed eccependo la loro preesistenza rispetto all’acquisto della – ha chiesto in via preliminare la chiamata in causa della venditrice per essere eventualmente manlevata dalle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalle domande dell’attrice e nel merito – in via principale – ha chiesto comunque l’integrale rigetto delle stesse.

– di cui è stata concessa la chiamata in causa – è rimasta invece contumace.

Sono state quindi depositate dalle parti costituite le memorie ex art. 183, sesto comma, c.p.c. e – all’esito – è stata disposta una consulenza tecnica d’ufficio.

All’udienza dell’11.6.2024 – espletata anche una prova testimoniale richiesta dalle parti e raccolto l’interrogatorio libero dell’amministratore condominiale – la causa è stata infine trattenuta in decisione.

Il Tribunale – sulla base di tali premesse – rileva quanto segue.

c.t.u. ha accertato – attraverso una congrua indagine svolta con il programma “Google Earth” – che i due manufatti sono stati effettivamente installati in epoca precedente rispetto all’acquisto del posto auto da parte della (“è stata acquisita un’immagine risalente al 17 giugno 2013, quindi antecedente all’atto di compravendita che è del 2 luglio 2013, nella quale si distinguono i quattro posti auto e sono ben visibili i due manufatti oggetto di causa”:

pag. 8 della relazione con relativa documentazione fotografica).

Tale accertamento – seppur smentito dalla ben poco attendibile deposizione testimoniale del figlio di parte attrice (che neppure ha specificamente riferito di un suo personale sopralluogo in epoca precedente o contemporanea rispetto all’atto di compravendita) – trova anche conforto nella più attendibile deposizione dell’altro teste escusso (che abita invece nel condominio sin dal giugno 2012) e nelle circostanziate dichiarazioni rese dall’amministratore condominiale in sede di interrogatorio libero (cfr. verbale del 5.4.2023). Nessuna responsabilità può essere conseguentemente addebitata al riguardo a tale installazione – in quanto l’attrice avrebbe dovuto semmai agire a titolo di responsabilità contrattuale ex art. 1489 cod. civ. nei confronti della società alienante (che – nell’atto di compravendita – dichiarava espressamente la libertà di quanto alienato da “vincoli” e “pesi reali”) e dunque chiedere – diversamente – l’eventuale risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo secondo le domande contrattuali – in questa sede – non sono state formulate dall’attrice nei confronti della chiamata in causa (essendosi la limitata genericamente – nella prima memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. – ad “estendere le proprie domande e le proprie conclusioni anche nei confronti del terzo chiamato in causa , senza aver oltretutto chiesto di notificare nel rispetto del contraddittorio ex art. 292 c.p.c. tali domande alla società rimasta contumace). Le spese processuali – ivi comprese quelle afferenti alla c.t.u. – seguono la soccombenza dell’attrice nei confronti del condominio (con relativa distrazione in favore del difensore che si è dichiarato antistatario ex art. 93 c.p.c.).

rigetta le domande;

condanna l’attrice al rimborso delle spese processuali sostenute dal liquidate d’ufficio in euro 4.000,00 per compensi, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e Cassa come per legge, disponendone la distrazione in favore dell’avv. NOME COGNOME

pone le spese di c.t.u. – nella misura già liquidata – a carico definitivo dell’attrice.

2.10.2024.

IL GIUDICE

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