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Codice Civile
Codice Penale

Mediazione obbligatoria in opposizione a decreto ingiuntivo

In caso di opposizione a decreto ingiuntivo per crediti soggetti a mediazione obbligatoria, l’onere di attivare la procedura spetta al creditore opposto. L’inerzia del creditore comporta l’improcedibilità del giudizio di opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo. Tale principio, affermato dalla Cassazione a Sezioni Unite, si basa su argomenti testuali, logico-sistematici e costituzionali, privilegiando la garanzia del diritto di difesa rispetto all’efficienza del processo.

Pubblicato il 24 September 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Corte D’Appello di Roma Prima sezione civile Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. NOME COGNOME presidente dott. NOME COGNOME consigliere dott. NOME COGNOME consigliere rel.
ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._5510_2024_- N._R.G._00008045_2018 DEL_03_09_2024 PUBBLICATA_IL_04_09_2024

nella causa civile in grado d’appello iscritta al n. r.g. 8045/2018 e pendente TRA (c.f. ), rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in forza di procura in atti appellante (c.f. ), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura in atti appellata

CONCLUSIONI

Per “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Roma, contrariis reiectis:
1) in via preliminare dichiarare l’improcedibilità della pretesa monitoria, per mancato esperimento del tentativo di mediazione da parte della con riforma della sentenza di primo grado e revoca del decreto ingiuntivo opposto, oltre a vittoria di spese, competenze ed onorari;
2)sempre in via preliminare, nella denegata ipotesi di mancato accoglimento del motivo 1), disporre lo svolgimento della mediazione, in considerazione dell’impossibilità del di proporla per C.F. prova scritta del credito azionato;
4)ancora in via preliminare, revocare, annullare, dichiarare nullo, inefficace e/o come meglio, l’opposto decreto ingiuntivo, per nullità per grave difetto di forma dei contratti posti a base del medesimo;
5)nel merito, revocare, annullare, dichiarare nullo, inefficace e/o come meglio, l’opposto decreto ingiuntivo, per applicazione di interessi illegittimi da parte dell’Istituto di Credito, con rideterminazione dell’effettivo dare avere tra le parti e condanna della alla restituzione delle somme eventualmente percepite e non dovute;
6)nel merito, in via subordinata, considerata l’assenza di istruttoria in primo grado, disporre l’espletamento di adeguata istruttoria con rinvio al Giudice di Prime Cure, ovvero provvedendo direttamente in appello;
7) Con vittoria di spese, onorari, IVA e CPA come per legge.

Per “In via preliminare:
1) Dichiarare inammissibile l’appello, ai sensi dell’art. 348 bis cpc, attesa la ragionevole probabilità di non essere accolto;
Nel merito:
2) Rigettare l’appello proposto e confermare la sentenza di primo grado n. 642/2018 del 24/04/2018 del Tribunale di Viterbo (RG n. 1578/2017), con vittoria di spese e compensi di lite, oltre accessori di legge (IVA e CPA) e rimborso spese generali 15%;
3) In via subordinata, nell’ipotesi di accoglimento di qualsiasi domanda dell’appellante, condannarlo (anche ai sensi degli artt. 2033 cc e 2041 cc) alla restituzione o al pagamento a favore di della somma di € 49.924,45 (ovvero quella diversa somma maggiore o minore che dovesse risultare dovuta e da determinarsi, se del caso, in via equitativa) oltre agli interessi al saggio legale;
4) In via istruttoria, con riserva di ulteriormente dedurre e produrre, si allega:
(all. a) procura alle liti;
(doc. 1) procura notarile Dott.ssa (doc. 2) atto di citazione in appello notificato il 26/11/2018;
(doc. 3) l’intero fascicolo di parte di primo grado, contenente tutti gli atti e i documenti, con attestazione di conformità;
(doc. 4) copia sentenza Tribunale di Viterbo n. 642/2018 del 24/04/2018.

Ragioni di fatto e di diritto della decisione

ha proposto appello avverso la sentenza n. 642/2018 con la quale il Tribunale di Viterbo aveva dichiarato improcedibile l’opposizione dallo stesso proposta avverso il decreto ingiuntivo n. 447/2017 già emesso dal Tribunale di Viterbo in suo danno.

Questi i fatti di causa rappresentati dalle parti.

Con il decreto ingiuntivo n. 447/2017 del 31/03/2017, il Tribunale di Viterbo ha ingiunto al sig.
di pagare in favore di la somma di € 49.924,45 oltre interessi, compensi e spese.
si è opposto con atto di citazione notificato in data 16/5/2017 alla banca, la quale si è costituita in giudizio con comparsa di risposta del 19/10/2017.

All’esito della prima udienza di comparizione del 9/11/2017 e a scioglimento della riserva ivi assunta il Giudice ha concesso la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, successiva udienza del 18/4/2018 l’opposta ha eccepito l’improcedibilità dell’opposizione stante il mancato esperimento del tentativo di mediazione e il Giudice ha trattenuto la causa in decisione.

Il giudizio di primo grado si è quindi concluso con l’appellata sentenza n. 642/2018 del 24/04/2018, con la quale il Tribunale di Viterbo ha dichiarato improcedibile l’opposizione proposta da dichiarando altresì l’inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta da e compensando integralmente le spese di lite relative al giudizio di opposizione.
ha quindi impugnato la sentenza di primo grado.

L’appello deve essere accolto con riferimento al primo motivo, con il quale sostiene l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha affermato che l’onere, posto a pena di improcedibilità, di avviare il procedimento di mediazione gravi, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, sull’opponente.

Sul punto si rileva quanto segue.

Le Sezioni Unite Civili, con sentenza n. 19596 del 18 settembre 2020 hanno enunciato il seguente principio di diritto:
“Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta;
ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.

Sul tema si era espressa la Corte di Cassazione (Cass. 24629/2015), ritenendo che l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione, pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c., fosse a carico della parte opponente.

Tale impostazione non è stata condivisa dalle Sezioni Unite che, per converso, hanno ritenuto sussistente il detto onere in capo al creditore opposto, pena l’improcedibilità e conseguente revoca del decreto ingiuntivo, militando nel senso di tale interpretazione argomenti di carattere testuale, logico e sistematico.

Sotto il primo profilo è stato in particolare evidenziato che l’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2010 specificamente dispone che «l’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa», apparendo alla Suprema Corte almeno curioso, quindi, ipotizzare che l’opponente, cioè il debitore – ossia chi si è limitato a reagire all’iniziativa del creditore – sia costretto ad indicare l’oggetto e le ragioni di una pretesa che non è la sua.

L’art. 5, comma 1-bis, del medesimo d.lgs. sensi del presente decreto».

L’obbligo di esperire il procedimento di mediazione è dunque posto dalla legge a carico di chi «intende esercitare in giudizio un’azione», e non c’è alcun dubbio, per la Suprema Corte, che tale posizione sia quella dell’attore, che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è il creditore opposto (c.d. attore in senso sostanziale).

Il sesto comma del medesimo art. 5, infine, dispone che «dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale».

Agevolmente le Sezioni Unite hanno ricollegato tale ultima previsione con gli artt. 2943 e 2945 c.c., i quali regolano gli effetti della domanda giudiziale sull’interruzione della prescrizione e l’ultrattività dell’effetto interruttivo in caso di estinzione del processo (art. 2945, comma 3, c.c.).

Non apparendo così logico che un effetto favorevole all’attore come l’interruzione della prescrizione si determini grazie ad un’iniziativa assunta dal debitore, posto che l’opponente nella fase di opposizione al monitorio è, appunto, il debitore (convenuto in senso sostanziale).

La sentenza in esame trae dunque una prima conclusione di carattere testuale e cioè che le tre norme innanzi richiamate sono univoche nel senso che l’onere di attivarsi per promuovere la mediazione debba essere posto a carico del creditore, che è appunto l’opposto.

Agli argomenti letterali di cui innanzi le Sezioni Unite affiancano ragioni di ordine logico- sistematico.

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in particolare, è l’opposto ad avere la qualità di creditore in senso sostanziale.

La legge ha voluto che nel giudizio monitorio l’onere di attivazione della procedura di mediazione obbligatoria fosse collocato in un momento successivo alla decisione delle istanze sulla provvisoria esecuzione;
a quel punto, non solo è certa la pendenza del giudizio di opposizione, ma può anche dirsi che «la causa si è incanalata lungo un percorso ordinario».

Instaurata l’opposizione e sciolto il nodo della provvisoria esecuzione, non ha più rilievo che il contraddittorio sia differito;
e dunque appare più conforme al sistema, letto nella sua globalità, che le parti riprendano ciascuna la propria posizione, per cui sarà il creditore a dover assumere l’iniziativa di promuovere la mediazione.

La contraria soluzione sarebbe invece per le Sezioni Unite dissonante rispetto alla ricostruzione sistematica del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, suddiviso in due fasi, la prima a cognizione sommaria e la seconda a cognizione piena.

L’opposizione a decreto ingiuntivo non è l’impugnazione del decreto ma «ha natura di giudizio di cognizione piena che devolve al giudice dell’opposizione il completo esame del rapporto giuridico controverso, e non il semplice controllo della legittimità della pronuncia del decreto d’ingiunzione» (così, in precedenza, Sez. U, n. 19246 del 2020, Rv.
614394-01).

Tanto che il giudice può anche revocare il decreto e Un secondo argomento sistematico è stato altresì dedotto confrontando le diverse conseguenze derivanti dall’inerzia delle parti a seconda che si propenda per l’una o per l’altra soluzione.

Se, infatti, si ponesse l’onere in questione a carico dell’opponente e questi rimanesse inerte, la conseguenza sarebbe una pronuncia di improcedibilità alla quale farebbe seguito l’irrevocabilità del decreto ingiuntivo.

Se, per converso, l’onere si ponesse a carico dell’opposto, la sua inerzia comporterebbe l’improcedibilità e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo, il quale ben potrà essere riproposto, senza quell’effetto preclusivo che consegue alla irrevocabilità del decreto.

Nella prima ipotesi, quindi, definitività del risultato;
nella seconda, mero onere di riproposizione per il creditore, il quale non perde nulla.

Le Sezioni Unite concludono con rilievi di natura costituzionale, evidenziando come la Corte Costituzionale si sia più volte pronunciata sulla legittimità della c.d. giurisdizione condizionata dichiarando l’illegittimità costituzionale di numerose disposizioni che prevedevano, appunto, simili forme di giurisdizione.

Tra le numerose pronunce la statuizione in oggetto ricorda la sentenza n. 98 del 2014 nella quale il Giudice delle leggi, occupandosi di una norma del processo tributario (l’art. 17-bis, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546) ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui prevedeva l’obbligo di presentazione di un reclamo agli uffici tributari come condizione di proponibilità della domanda, con la conseguenza che la mancata presentazione di quel reclamo determinava l’inammissibilità del ricorso.

La Corte Costituzionale ha in particolare ricordato che le forme di accesso alla giurisdizione condizionate al previo adempimento di oneri sono legittime purché ricorrano certi limiti;
e che comunque sono illegittime le norme che collegano al mancato previo esperimento di rimedi amministrativi la conseguenza della decadenza dall’azione giudiziaria.

La giurisprudenza costituzionale, quindi, fornisce un ulteriore e decisivo argomento nel senso di cui innanzi.

Dovendo scegliere tra due contrapposte interpretazioni, le Sezioni Unite dichiaratamente hanno preferito quella maggiormente in armonia con il dettato costituzionale.

Porre l’onere di promuovere il procedimento di mediazione a carico dell’opponente si traduce, in caso di sua inerzia, nella irrevocabilità del decreto ingiuntivo come conseguenza del mancato esperimento di un procedimento che non è giurisdizionale;
nel conflitto tra il principio di efficienza (e ragionevole durata) del processo e la garanzia del diritto di difesa, quest’ultimo deve necessariamente prevalere.
(rispettivamente, Rv. NUMERO_DOCUMENTO01 e Rv. NUMERO_DOCUMENTO), le quali hanno esaminato problemi diversi ma tuttavia relativi a questioni lato sensu assimilabili a quella odierna, relative al tentativo obbligatorio di conciliazione nell’ambito dei servizi di telefonia nel contesto del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

In ragione dell’indirizzo esposto l’appello deve essere accolto in ragione del mancato esperimento da parte di del tentativo di mediazione.

Le spese di lite devono essere compensate in ragione del mutamento giurisprudenziale intervenuto sulla materia in questione.

La Corte di Appello di Roma, definitivamente pronunciando, così provvede:
1) accoglie l’appello proposto avverso la sentenza n. 642/2018 emessa dal Tribunale di Viterbo e, per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo n. 447/2017 del 31/03/2017 con il quale il Tribunale di Viterbo ha ingiunto a di pagare in favore di somma di € 49.924,45 oltre interessi, compensi e spese;
2) compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2024.

Il giudice est. Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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