Ai fini della misurazione dell’orario di lavoro, l’art. 1, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n. 66 del 2003 attribuisce un espresso ed alternativo rilievo non solo al tempo della prestazione effettiva ma anche a quello della disponibilità del lavoratore e della sua presenza sui luoghi di lavoro (Cass. sentenza n. 13466 del 29/05/2017).
Quanto alla delimitazione dell’arco temporale definibile orario di lavoro rilevante ai fini retributivi e contributivi, con riguardo al tempo che precede e segue la prestazione lavorativa, la Suprema Corte (da ultimo si vedano Cass. n. 20694 del 3 giugno 2015; 20714/2013; 1697/2012; Cass. 3763/1998; 15734/2003; 19273/2006), ha affermato che:
– il R.Decreto Legge 5 marzo 1923, n. 692, articolo 3, a norma del quale “è considerato lavoro effettivo ogni lavoro che richieda un’occupazione assidua e continuativa”, non precludeva che il tempo necessario a porre in essere attività strettamente prodromiche a tale occupazione fosse da considerarsi lavoro effettivo e che esso dovesse essere pertanto retribuito ove tale operazione fosse diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione, ovvero si trattasse di operazioni di carattere strettamente necessario ed obbligatorio per lo svolgimento dell’attività lavorativa;
– ai fini della misurazione dell’orario di lavoro, il Decreto Legislativo n. 66 del 2003, articolo 1, comma 2, lettera a), attribuisce un espresso e alternativo rilievo non solo al tempo della prestazione effettiva ma anche a quello della disponibilità del lavoratore e della sua presenza sui luoghi di lavoro; la materia dell’orario di lavoro rientra nell’ambito del diritto dell’Unione limitatamente ai profili incidenti sulla salute e la sicurezza dei lavoratori, quindi, limitatamente alla previsione di limiti massimi alla durata della prestazione mentre il profilo retributivo, e, conseguentemente, anche quello dell’imponibile contributivo, dell’orario di lavoro rientrano nella competenza esclusiva del legislatore nazionale.
Ne consegue che è da considerarsi orario di lavoro l’arco temporale comunque trascorso dal lavoratore medesimo all’interno dell’azienda nell’espletamento di attività prodromiche ed accessorie allo svolgimento, in senso stretto, delle mansioni affidategli, ove il datore di lavoro non provi che egli sia ivi libero di autodeterminarsi ovvero non assoggettato al potere gerarchico.
In applicazione di tale principio, la S.C. ha considerato orario di lavoro il tempo impiegato dai dipendenti di una acciaieria per raggiungere il posto di lavoro, dopo aver timbrato il cartellino marcatempo alla portineria dello stabilimento, e quello trascorso all’interno di quest’ultimo immediatamente dopo il turno.
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza 28 maggio 2024, n. 14848
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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