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Modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cpc

La modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cpc può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa.

Pubblicato il 21 June 2021 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’Appello di L’Aquila

riunita in camera di consiglio nelle persone dei sotto indicati Magistrati:

pronunciato la seguente

SENTENZA n. 924/2021 pubblicata il 10/06/2021

nella causa civile di appello iscritta al n. /2017 R.G., promossa da

XXX, rappresentato e difeso dall’Avv.;

APPELLANTE

Contro

YYY S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv.;

APPELLATO

per la riforma della sentenza n. 90/2017 resa dal Tribunale di Avezzano pubblicata in data 24 gennaio 2017.

All’udienza tenutasi in data 12 gennaio 2021 in modalità telematica come disposto con provvedimento del Presidente di Sezione del 10 dicembre 2020, le parti hanno rassegnato le conclusioni mediante deposito di note scritte e la Corte tratteneva la causa in decisione assegnando termini ai sensi dell’art. 190 c.p.c. di sessanta giorni per comparse conclusionali e venti giorni per memorie di replica con ordinanza del 13 gennaio 2021.

FATTO E DIRITTO

Con sentenza n. 90/2017 pubblicata in data 24 gennaio 2017 il Tribunale di Avezzano decideva in merito a domanda proposta da XXX contro la YYY s.r.l. di risoluzione contrattuale, restituzione della caparra versata pari ad euro 30.000,00 e risarcimento danni. Asseriva l’attore di avere concluso con la convenuta in data 1 ottobre 2010 contratto verbale con il quale la YYY s.r.l. si obbligava a vendere entro sei mesi un immobile in Avezzano in corso di costruzione per la somma di euro 115.000,00, versando a titolo di caparra la somma di euro 30.000,00 tramite assegno circolare. Rilevava che erano ormai decorsi quattro anni senza stipula del contratto definitivo, cosicchè essendovi inadempimento della convenuta e non avendo interesse ormai all’acquisto dell’immobile, chiedeva risoluzione contrattuale, restituzione caparra e risarcimento danni patiti.

Si costituiva la YYY s.r.l. contestando la domanda e la ricostruzione dei fatti; asseriva la società che il XXX aveva stipulato con lei un contratto per il subentro nel preliminare concluso tra YYY s.r.l. e *** s.r.l., titolare dell’immobile, versando la somma di euro 30.000,00 quale acconto.

Eccepiva che con scrittura privata del 17 settembre 2013 che produceva in giudizio il XXX avrebbe rinunciato ad altra causa iniziata per nullità ed in subordine risoluzione dell’accordo verbale del 01 ottobre 2010 e le parti contestualmente con la stessa scrittura avrebbero regolato diversamente i loro rapporti, con novazione dell’originario accordo.

Il XXX chiedeva di proporre querela di falso della suddetta scrittura e la controparte dichiarava di volersene avvalere.

In sede di memoria ex art. 183 c.p.c. XXX precisava la propria domanda allegando essersi trattato in realtà di accordo orale stipulato tra le parti avente ad oggetto l’impegno della YYY s.r.l. a svolgere attività di intermediazione finanziaria con la *** proprietaria dell’immobile sito in Avezzano, accordo di cui chiedeva la risoluzione per inadempimento.

Rilevava pertanto che l’assegno versato alla controparte di euro 30.000,00 sarebbe stato intestato alla convenuta, ma in realtà destinato alla ***, negando di essere subentrato nel contratto preliminare tra YYY e ***. Infine l’attore precisava che la scrittura del 17 settembre 2013 doveva ritenersi priva di efficacia in quanto recante firma apocrifa del legale rappresentante della YYY s.r.l.

1) La sentenza di primo grado: Il primo giudice preliminarmente dichiarava inammissibile la domanda proposta in sede di memoria ex art. 183 c.p.c. da XXX, di risoluzione per inadempimento del contratto di intermediazione, trattandosi di mutatio libelli.

In ordine alla domanda originaria di preliminare di vendita concluso oralmente, il primo giudice rilevava che l’eccezione sollevata dal convenuto di rinunzia al credito e quindi di estinzione con la scrittura del 17 settembre 2013, costituiva eccezione in senso stretto, da dichiararsi pertanto inammissibile, stante la tardiva costituzione del convenuto.

Il contratto preliminare di compravendita non poteva essere provato oralmente.

La scrittura del 17 settembre 2013, pur recando firma apocrifa del legale rappresentante della YYY s.r.l., veniva prodotta in giudizio ed utilizzata dalla medesima società e pertanto doveva ritenersi sanata la relativa nullità.

Sulla base del contenuto della suddetta scrittura privata redatta da entrambe le parti, l’accordo stipulato oralmente era diretto al subentro di XXX nel preliminare di compravendita stipulato tra YYY e *** s.r.l., con pagamento a tale titolo della somma di euro 30.000,00.

Da quanto sopra il primo giudice ne faceva discendere l’infondatezza della domanda di risoluzione del preliminare di compravendita per inadempimento dell’obbligo di stipulare il contratto definitivo e l’infondatezza della domanda dipendente di restituzione dell’indebito e di risarcimento danni.

Le spese di lite venivano poste in capo alla parte attrice soccombente.

2) Appello: avverso la predetta sentenza proponeva appello XXX, per le ragioni di seguito indicate.

2.1) Erroneità della sentenza nella parte in cui dichiarava l’inammissibiltà della domanda di risoluzione per inadempimento del contratto di intermediazione finanziaria.

Rilevava l’appellante come sin dall’atto di citazione avesse sempre fatto riferimento ad un accordo verbale tra le parti per la consegna di un immobile, cosicchè in sede di memoria ex art. 183 c.p.c., si provvedeva a qualificare la causa petendi precisando come l’accordo avesse natura intermediaria. Si trattava di interpretazione della qualifica giuridica del fatto costitutivo del diritto, pertanto di mera emendatio, del tutto ammissibile.

2.2) Erroneità della sentenza nella parte in cui aveva statuito sulla irrilevanza della richiesta di presentazione della querela di falso avanzata dall’attore.

2.3) Erroneità sulla statuita infondatezza della domanda di risoluzione del preliminare di compravendita per inadempimento.

La pronuncia si basava sull’erroneo presupposto della inammissibilità della domanda di intermediazione finanziaria considerata inammissibile mutatio. Inoltre mancava ogni decisione in ordine alla richiesta di restituzione di quanto indebitamente trattenuto dalla YYY.

La scrittura privata del 17 settembre 2013 doveva considerarsi nulla per mancanza del consenso, risultando la firma della rappresentante della società appellata falsa; pertanto ne derivava il diritto alla restituzione della somma indebitamente versata ai sensi dell’art. 2033 c.c., dando luogo ad un ingiustificato arricchimento ai sensi dell’art. 2041 c.c., su cui il primo giudice non aveva statuito alcunché.

Si chiedeva pertanto la riforma della sentenza impugnata con accoglimento della domanda di primo grado e vittoria di spese, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.

Si costituiva in appello la YYY s.r.l. resistendo alle avverse difese e chiedendo il rigetto dell’impugnazione con vittoria di spese da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.

3) Motivi della decisione: Questa Corte ritiene l’appello infondato per le ragioni che seguono.

La domanda di risoluzione precisata in sede di memoria ex art. 183 c.p.c. di primo grado da XXX, volta a qualificare l’accordo intercorso tra le parti in data 1 ottobre 2010 come intermediazione finanziaria finalizzata a far acquistare dall’appellante l’appartamento in oggetto di proprietà della *** s.r.l., con pagamento di euro 30.000,00, a tal fine versato alla YYY s.r.l., deve all’evidenza qualificarsi una inammissibile mutatio libelli, rispetto alla domanda proposta con atto di citazione.

In particolare deve osservarsi come con il predetto atto introduttivo XXX avesse chiesto la risoluzione di un accordo verbale concluso in data 1 ottobre 2010 con la YYY s.r.l. “in virtù del quale la società de qua si impegnava a vendere all’istante un appartamento, di mq 55 circa, sito in, alla via e posto al I° piano dell’edificio ancora in costruzione, con annesso posto auto, per la somma complessiva pari ad € 115.000,00”. Indicava l’appellante nell’atto di citazione che, a fronte di tale accordo, aveva consegnato alla società “a titolo di caparra”, un assegno circolare, meglio indicato in atti, di euro 30.000,00.

Evidente appare come, dalla descrizione dei fatti così come indicati dal XXX, lo stesso avesse inteso chiedere la risoluzione per inadempimento di una accordo verbale che comportava l’impegno della controparte “a vendere” un immobile, con pagamento della somma di euro 3.000,00 a titolo di “caparra”. Un tale accordo deve chiaramente essere qualificato come contratto preliminare di compravendita, secondo la prospettazione fattuale proposta da parte attrice in primo grado.

Con la memoria ex art. 183 c.p.c., invece il XXX qualificava e descriveva in modo diverso l’accordo intercorso tra le parti, come intermediazione finanziaria a fronte della quale la YYY si sarebbe obbligata

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a far acquistare l’immobile al XXX dalla proprietaria *** s.r.l., ricevendo a tal fine la somma di euro 30.000,00.

Tale ricostruzione fattuale della vicenda appare del tutto diversa dalla prima, comportando una differenza totale della causa petendi e soprattutto muovendo da premesse di fatto del tutto diverse da quelle come ricostruite e descritte nell’atto introduttivo.

Al riguardo la Suprema Corte, con la nota sentenza a Sezioni Unite ha avuto modo di precisare che: “la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cpc può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, per ciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali. Ne consegue

l’ammissibilità della modifica, nella memoria ex art. 183 c.p.c., dell’originaria domanda formulata ex art. 2932 c.c. con quella di accertamento dell’avvenuto effetto traslativo” (Cass. SU n. 12310 del 15 giugno 2015).

Nel caso di specie la domanda come proposta in sede di memoria ex art. 183 c.p,c, di risoluzione di intermediazione finanziaria risulta del tutto diversa in termini fattuali dalla domanda di risoluzione di preliminare verbale di compravendita proposta nell’atto di citazione, non potendo considerarsi nemmeno connessa con la vicenda fattuale come prospettata inizialmente dal XXX, così dovendosi ritenere la domanda proposta in sede di memoria ex art. 183 c.p.c. una inammissibile mutatio libelli, come correttamente statuito dal primo giudice con decisione impugnata sul punto, con motivo di gravame del tutto infondato per le ragioni appena illustrate.

Deve pertanto ritenersi che l’accertamento in ordine alla risoluzione per inadempimento debba essere valutato in relazione al dedotto contratto preliminare di acquisto stipulato verbalmente. Un tale contratto dovrà ritenersi sicuramente nullo per mancanza della forma scritta prevista ad substantiam a pena di nullità.

In ordine alla dazione della somma di euro 30.000,00, incontestata tra le parti, tuttavia, parte appellata in primo grado eccepiva altra causa giustificativa, sostenendo sin dall’atto costitutivo che tra le parti fosse in realtà intervenuto non un accordo verbale costituente preliminare di acquisto immobile, bensì accordo in base al quale XXX sarebbe subentrato nel preliminare stipulato tra YYY s.r.l. e *** s.r.l., con pagamento della predetta somma a titolo di acconto sul prezzo da versarsi al definitivo.

A dimostrazione di tale diversa qualifica dell’accordo intercorso tra XXX e YYY s.r.l., quest’ultima depositava scrittura privata del 17 settembre 2013 con la quale le parti, oltre a rinunciare a cause pendenti inerenti la stessa vicenda, qualificavano nel modo suddetto l’accordo del 1 ottobre 2010, quindi come subentro nel preliminare tra YYY e ***, e regolavano i propri rapporti per il futuro, rinnovando quelli precedenti.

Tale scrittura privata recava firma del XXX e firma del legale rappresentante della YYY s.r.l. e quest’ultima era stata accertata come apocrifa in sede di procedimento penale e da consulenza grafica depositata in atti dall’appellante, consulenza nel corpo della quale veniva riportata anche copia della suddetta scrittura.

Tuttavia la falsità della suddetta firma deve ritenersi superata, come correttamente statuito dal primo giudice, dalla produzione e deposito dell’atto stesso in primo grado dalla stessa YYY s.r.l., che ne riconosceva pertanto la validità e l’esistenza del proprio consenso alla stipula. Pertanto, stante la validità della scrittura del 17 settembre 2013, deve ritenersi dimostrata l’eccezione sollevata dall’appellato in primo grado, in ordine alla causa giustificativa della somma ricevuta dall’appellante, dovendosi pertanto ritenere, in mancanza di prova di segno contrario da parte del XXX, che l’accordo intervenuto originariamente tra le parti in data 1 ottobre 2010 fosse

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di subentro nel preliminare concluso tra appellata e proprietaria *** s.r.l., con dazione a tal fine della somma di euro 30.000,00.

Non risulta, pertanto, dimostrata dall’appellante né diversa causa della dazione di denaro, né inadempimento dell’appellato relativamente all’accordo di subentro concluso tra le parti, così diversamente qualificato il contratto verbale del 1 ottobre 2010, sulla base delle risultanze documentali prodotte in atti. Assorbito ogni altro motivo di appello, stante la qualifica dell’accordo intercorso, deve rigettarsi l’appello proposto.

Le spese di lite di secondo grado seguono la soccombenza secondo liquidazione indicata in dispositivo, fatta esclusione per la fase istruttoria non svolta in grado di appello.

Trova applicazione la norma di cui all’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30/5/2002, n. 115, che prevede l’obbligo del versamento da parte chi ha proposto un’impugnazione dichiarata inammissibile o improcedibile o rigettata integralmente di versare una ulteriore somma pari al contributo unificato dovuto per la stessa impugnazione (vedi Cass. S.U. n. 14594 del 2016, Cass. n. 18523 del 2014); pertanto trattandosi di appello proposto dopo il 31 gennaio 2013, l’appellante soccombente sarà altresì tenuto al versamento di un importo pari a quello già dovuto a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da XXX, contro la sentenza n. /2017 resa dal Tribunale di Avezzano pubblicata in data 24 gennaio 2017, nei confronti di YYY S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, così provvede:

• Rigetta l’appello;

• Condanna l’appellante a rimborsare controparte delle spese del giudizio liquidate in euro 6.615,00 oltre Iva, Cap e spese generali come per legge, con distrazione in favore del procuratore dell’appellato dichiaratosi antistatario;

• Dichiara che l’appellante è tenuto al versamento di ulteriore importo pari a quello già dovuto a titolo di contributo unificato.

Così deciso nella camera di consiglio tenuta in videoconferenza in data 8 giugno 2021.

Il Consigliere rel. Il Presidente

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