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Codice Civile
Codice Penale

Natura di erede o legatario e donazione indiretta

La sentenza chiarisce la distinzione tra erede e legatario in base all’intenzione del testatore di attribuire una quota del patrimonio o beni specifici. Inoltre, si precisa che la cointestazione di un conto corrente non configura automaticamente una donazione indiretta, richiedendo la prova dell’animus donandi.

Pubblicato il 08 July 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 227/2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI ANCONA
SEZIONE CIVILE
La Corte, nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME Consigliere dott. NOME COGNOME Consigliere est. ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._890_2024 – N._R.G._00000227_2022 DEL_06_06_2024 PUBBLICATA_IL_07_06_2024

nella causa civile in II grado iscritta al N° 227 del Ruolo Generale dell’anno 2022 promossa da (C.F.: , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME per procura in calce all’atto di appello – APPELLANTE- CONTRO (C.F. , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME per procura in calce all’atto di citazione in primo grado -APPELLATA- C.F.

OGGETTO: appello avverso sentenza n. 384 pronunciata in data 11.08.2021 dal Tribunale di Fermo

Sulle

CONCLUSIONI

Per l’appellante:
“Piaccia all’Onorevole Corte d’Appello di Ancona, contrariis reiectis:
– riformare completamente la sentenza dell’onorevole Tribunale di Fermo numero 384/2021 pubblicata il 12 agosto 2021 e non notificata, assoggettata ad appello che ha così disposto (…) Per l’effetto, dopo aver riformato la suddetta sentenza per i motivi e nei modi spiegati nella narrativa di questo atto, voglia:
“A) –
1) – rigettare ogni domanda proposta dalla signora nei confronti del signor , perché ed infondata sia in fatto che B) – IN INDIRIZZO
2) – dichiarare la compensazione parziale di quanto dovesse essere riconosciuto in favore dell’attrice fino alla concorrenza della somma di Euro 4.836,44 oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria, disponendo per la differenza;
C) – IN OGNI CASO:
3) – ordinare alla signora la restituzione della somma di Euro 40.087,85 a lei pagata dal signor esecuzione della sentenza appellata, determinand avere;
D) – vittoria nelle spese e competenze di causa del doppio grado di giudizio” In via istruttoria (…)”

Per l’appellata:
“Nel merito e in via principale Respingere, perché infondato in fatto e in diritto, per i fatti esposti in narrativa, l’appello proposto dal sig. e, di conseguenza, confermare l’impugnata sentenza n. 38 2 agosto 2021 ed emessa dalla dott.ssa NOME COGNOME del Tribunale civile di Fermo.
Con vittoria di spese, diritti ed onorari di entrambi i gradi di giudizio, oltre IVA e CPA In via istruttoria (…)”

FATTI DI CAUSA

si è rivolta al Tribunale di Fermo proponendo, quale erede testamentaria del proprio zio azione di petizione ereditaria volta ad ottenere la quota di propria spettanza delle somme e dei titoli facenti parte dell’asse ereditario;
l’attrice ha in particolare dedotto che tali rapporti, pur se cointestati al de cuius ed al nipote (anch’egli chiamato all’eredità), sarebbero stati di esclusiva spettanza dello zio.

Costituendosi dinanzi al primo giudice, ha contestato la legittimazione dell’attrice, la quale non sarebbe erede dello zio, ma mera legataria;
il convenuto ha altresì dedotto di essere titolare del 50% delle somme e dei titoli cointestati con lo zio in forza di donazione indiretta, giustificata dell’assistenza costantemente prestata al de cuius;
in via subordinata, ha eccepito la compensazione con le spese funerarie anticipate per lo zio.

All’esito di una proposta conciliativa inutilmente avanzata dal primo giudice ai sensi dell’art. 185 bis c.p.c. e dell’acquisizione della denuncia di successione, con sentenza pronunciata in data 11.08.2021 il Tribunale ha accolto la domanda attorea, dichiarando che l’attrice è erede del proprio zio e condannando il convenuto a versarle la somma pari ad € 31.163,56, determinata all’esito di compensazione con la quota di spettanza delle spese funerarie;
ha infine compensato le spese di lite tra le parti limitatamente ad un quarto, ponendone la residua frazione a carico del convenuto.

Avverso tale pronuncia ha proposto appello censurando la sentenza sia nel capo in cui il primo giudice ha ritenuto che la controparte sia erede del de cuius, sia nel capo in cui è stato escluso che vi sia stata una donazione indiretta ed infine nel capo relativo alla regolazione delle spese di lite.

Costituendosi nella presente sede, ha contestato la fondatezza dell’appello ed ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado.
La presente causa è stata infine trattenuta in decisione in data 19.10.2023, con concessione dei termini previsti dall’art. 190 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’appello, censura la sentenza nel capo in cui il primo giudice ha ritenuto che sia erede del proprio zio e non mera legataria;
l’appellante ribadisce invece che l’intenzione del de cuius era disporre un legato in favore dei quattro nipoti, cui sono state destinate solo somme di denaro e titoli.

Tale motivo dev’essere rigettato.

E’ stato infatti chiarito che, “in tema di distinzione tra erede e legatario, ai sensi dell’art. 588 c.c., l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale (institutio ex re certa) qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, individuati, beni, così che l’indagine diretta ad accertare se ricorra l’una o l’altra ipotesi si risolve in un apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, se congruamente motivato” (leggasi ad esempio Cass. Sez. 6-2, ordinanza n.6125 del 05.03.2020). In tale prospettiva, risulta “elemento decisivo non l’attribuzione formale del titolo (che, anzi, può essere usata dal testatore qualsivoglia espressione, denominazione o appellativo), ma il criterio obiettivo del modo di attribuzione dei beni, fatta dallo stesso testatore nella loro universalità o frazione (…) quando risulti che il testatore abbia inteso assegnare quei beni come quota del suo patrimonio” (leggasi già Cass. Sez. II, sentenza n.1637 del 18.06.1963).

Nel caso di specie, il testamento olografo vergato dal de cuius non designa in modo espresso alcun erede, limitandosi a ripartire i beni che sarebbero caduti in successione;
subito aver nominato un esecutore testamentario, in particolare, il testatore ha previsto che il denaro ed i titoli depositati presso due istituti bancari “vengano dati ai miei 4 nipoti”, attribuendo poi all’odierno appellante anche un appartamento e la metà degli arredi presenti nella casa parrocchiale (assegnati per la quota residua all’altro nipote );
il testamento prosegue poi con due previsioni aventi chiara natura di legato, ovvero il lascito di una somma in favore della badante che stava assistendo il testatore, nonché dei libri e degli armadi che li contenevano in favore della parrocchia.

Risulta quindi evidente che il de cuius, attribuendo in pari quote ai propri quattro nipoti il cespite di maggior valore dell’asse ereditario (secondo quanto risulta dalla dichiarazione di successione sottoscritta dallo stesso appellante), li ha contestualmente designati quali eredi;
né la scelta del testatore di attribuire anche ulteriori cespiti al nipote può di per sé giustificare la sua individuazione quale unico erede.

2. Con il secondo motivo di appello, poi, censura la sentenza nel capo in cui il primo giudice ha escluso che la scelta del de cuius di cointestare il conto ed i titoli anche al nipote abbia costituito una donazione indiretta;
l’appellante ribadisce invece che lo zio avrebbe inteso effettuare una liberalità in suo favore al fine di ricompensarlo per l’assistenza che gli aveva sempre offerto.

L’appello dev’essere rigettato anche sotto tale profilo.

E’ stato infatti chiarito che “l’atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito che risulti essere appartenuta ad uno solo dei contestatari, può essere qualificato come donazione indiretta solo quando sia verificata l’esistenza dell’animus donandi, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della detta cointestazione, altro scopo che quello della liberalità” (leggasi ad esempio Cass. Sez. II, ordinanza n.4682 del 28.02.2018). Nel caso di specie, non è emerso alcun elemento tale da far ritenere che don nel momento in cui ha intestato anche al nipote le somme presenti nei due conti correnti sopra indicati abbia inteso donargli la metà del denaro e dei titoli ivi presenti, e non piuttosto agevolarne la gestione nel momento in cui, in considerazione dell’età ormai raggiunta e delle patologie che avevano reso necessario l’ausilio di una badante, avrebbe potuto incontrare difficoltà nel recarsi personalmente in banca.

La collaborazione pacificamente prestata dall’odierno appellante è stata del resto già ricompensata dallo zio sia in vita (attraverso la donazione di un’auto e di un appartamento), sia dopo la morte (con l’attribuzione al nipote non soltanto della medesima quota di denaro e titoli assegnata agli altri nipoti, ma anche di un altro appartamento e di una quota dei mobili presenti nella casa parrocchiale).

E’ altresì indicativo il fatto che, nell’ambito della scheda testamentaria sopra descritta, il de cuius ha destinato ai quattro nipoti tutte le somme ed i titoli presenti nei conti, pur dando atto della cointestazione dei rapporti ed anzi delegando espressamente il nipote a ritirare gli importi necessari per dare attuazione alle previsioni del testamento.

Dev’essere da ultimo disattesa la domanda avanzata dall’appellante al fine di ottenere la restituzione delle somme già versate in adempimento della sentenza di primo grado.

3. Con il terzo motivo d’appello, infine, censura la regolazione delle spese di lite operata dal primo giudice, ribadendo di essersi limitato ad attuare le volontà del de cuius.

L’impugnazione dev’essere rigettata anche sotto tale profilo, tenuto conto che la principale soccombenza del convenuto ne ha ampiamente giustificato la condanna a rifondere in favore dell’attrice la maggior parte delle spese di lite;
l’accoglimento dell’eccezione di compensazione relativa alle spese funerarie è stata del resto già tenuta in considerazione attraverso la compensazione delle spese processuali per un quarto.

4. L’integrale soccombenza dell’appellante ne impone da ultimo la condanna a rifondere in favore dell’appellata tutte le spese della presente fase, liquidate in dispositivo in considerazione del valore della causa e dell’attività processuale svolta.

Ricorrono altresì i presupposti, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater DPR 115 del 2002, per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato in misura pari a quello dovuto per l’appello, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

La Corte d’Appello di Ancona, definitivamente pronunciando sull’appello proposto avverso la sentenza n. 384 pronunciata in data 11.08.2021 dal Tribunale di Fermo, così provvede:
RIGETTA l’appello.
RIGETTA la domanda di restituzione proposta dall’appellante.
CONDANNA a rifondere in favore di le spese del presente grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 6.000,00 per compenso professionale, oltre a rimborso forfettario spese generali nella misura del 15% e ad oneri fiscali e previdenziali nella misura di legge.
DA’ ATTO che sussistono i presupposti per porre a carico dell’appellante, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002, l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato in misura pari a quello dovuto per l’appello.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del 5 giugno 2024
Il Consigliere estensore Il Presidente dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME

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