N. R.G. 3/2024
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO sezione lavoro
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella persona fisica del magistrato dott. NOME COGNOME pronunzia la seguente
S E N T E N Z A N._46_2025_- N._R.G._00000003_2024 DEL_01_04_2025 PUBBLICATA_IL_01_04_2025
nella causa per controversia in materia di previdenza obbligatoria promossa con ricorso in opposizione depositato in data 3.1.2024 d a rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME pec ricorrente in opposizione c o n t r o in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME pec convenuto opposto convenuta contumace
CONCLUSIONI
DI PARTE OPPONENTE “Nel merito accertare e dichiarare nei confronti di la natura subordinata del rapporto di lavoro della opponente con in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in 38060 Nomi (TN), INDIRIZZO P.I. C.F. nel periodo 15.10.2012 – 10.01.2018 o diversa data ritenuta di giustizia;
per l’effetto annullare / dichiarare l’inefficacia / l’illegittimità della medesima cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA 2023 NUMERO_CARTA 15 000 notificata il 24.11.2023 da anche in considerazione dell’insussistenza di un genuino rapporto di lavoro autonomo tra l’opponente e la predetta Sulle spese legali:
condannare l’ in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in 00192 Roma (RM), INDIRIZZO C.F. , alla rifusione delle spese legali nonché dei diritti ed onorari di causa da distrarsi a favore del sottoscritto legale che dichiara di aver anticipato le prime e non percepito i secondi;
il legale si riserva il diritto di rinunciare nel corso del giudizio al beneficio della distrazione delle spese.
CONCLUSIONI
DI PARTE OPPOSTA NEL MERITO, in ogni caso, rigettare integralmente il ricorso, confermando, per l’effetto, la legittimità della cartella opposta e della pretesa impositiva in essa incorporata relativa agli anni 2016 e 2017;
dichiarare in capo al ricorrente il presupposto d’iscrizione ad (ex art 4 comma 1 statuto ed art 1 d.lgs. n. 103/1996 in forza della natura di contratto d’opera professionale ex art. 2222 e ss. c.c. del rapporto professionale tra il ricorrente e l’ (TN), (2012- 2018), per l’effetto confermando, in capo al ricorrente, la permanenza degli obblighi contributivi per tutto il periodo di iscrizione ad confermando il buon diritto di (e/o di pretendere la contribuzione per i periodi di cui alla cartella opposta, confermandone la legittimità. Il tutto con vittoria delle spese di lite, iva c.p.a. e spese generali al 15% ai sensi della vigente tar. for., con attribuzione allo scrivente procuratore anticipatario”.
MOTIVAZIONE §1) le domande proposte dalla ricorrente La ricorrente propone opposizione ex art. 24 d.lgs. 26.2.1999, n. 46 avverso l’iscrizione a ruolo (di cui alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA 2023 00040282 15 000 notificata il 24.11.2023 da ) mediante la quale l ha avanzato nei confronti di la pretesa al pagamento della somma di € 13.496,87, a titolo di:
➢ contributi previdenziali (integrativi, soggettivi e maternità) per € 9.512,18, dovuti per avere la presunta debitrice svolto negli anni 2016 e 2017 attività infermieristica in regime di libera professione, ➢ sanzioni per € 951,22, ➢ interessi per € 3.033,47, la seconda e terza voce in applicazione del Regolamento di Previdenza approvato dai Ministeri Vigilanti conformemente alle disposizioni di cui all’art. 3 d.lgs. 30.6.1994, n. 509.
A fondamento dell’opposizione la ricorrente afferma l’insussistenza del presupposto costitutivo dell’obbligo al versamento dei contributi previdenziali pretesi da rappresentato dall’esercizio, negli anni 2016 e 2017, di attività infermieristica in regime di libera professione.
Infatti allega che in quei due anni ha svolto prestazioni di lavoro subordinato in favore dell con sede in Nomi (TN), sebbene avesse con la medesima stipulato contratti di lavoro autonomo in realtà fittizi.
§2) le difese dell’ente convenuto L’ente convenuto opposto in primo luogo, evidenzia che è stata la stessa a presentare, in data 10.7.2013, richiesta di iscrizione alla gestione previdenziale dell’ente (doc. 1 fasc. conv.), dichiarando di essere titolare di partita IVA n. con codice ateco (afferente a “attività professionali paramediche indipendenti”).
Inoltre sostiene che negli anni 2016 e 2017, cui si riferisce la propria pretesa contributiva, ha intrattenuto rapporti di lavoro autonomo nella specie libero- professionale.
In proposito afferma che alcune circostanze, quali la sottoposizione tecnica e funzionale rispetto al direttore generale della struttura, al direttore sanitario e ai medici addetti, la percezione della retribuzione a cadenze fisse, la partecipazione a riunioni, l’utilizzo quotidiano di un software per la compilazione dei diari giornalieri degli ospiti e la redazione della schede sanitarie, sono compatibili con la natura autonoma del rapporto di lavoro.
le ragioni della decisione L’opponente ammette di aver instaurato un rapporto di lavoro formalmente autonomo con l di Nomi, dal 15.10.2012 al 10.01.2018, quindi anche in ordine agli anni 2016 e 2017, cui si riferiscono le pretese avanzate da ma sostiene di avere, in realtà, svolto attività lavorativa con modalità proprie della subordinazione ex art. 2094 cod.civ.
, da cui consegue l’insussistenza di obblighi contributivi nei confronti di 1. in ordine all’eccezione, sollevata dall’opponente e successivamente rinunciata, di prescrizione dei crediti pretesi da on l’iscrizione a ruolo opposta All’udienza del 21.5.2024 l’opponente ha dichiarato “di rinunciare all’eccezione di prescrizione alla luce della documentazione prodotta sub all. B della memoria dd.
29.2.24 da e consistente in una diffida ricevuta dall’opponente via pec in data 3.12.2021.
2. il thema decidendum Lo Statuto dell’ (che costituisce una fondazione di diritto privato istituita con decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ai sensi dell’art. 3 co. 1 d.lgs. 10.2.1996, n. 103, con lo scopo di assicurare la tutela previdenziale obbligatoria in favore degli infermieri professionali che esercitano attività in forma libero professionale), all’art. 4 co. 1 dispone:
“1. Sono obbligatoriamente iscritti all’Ente, con le modalità previste nel Regolamento di Previdenza, tutti gli Infermieri, gli Infermieri Pediatrici e gli Assistenti Sanitari che, iscritti ai relativi Albi provinciali, esercitino, in via esclusiva, attività libero professionale in forma autonoma, associata o societaria.
2. Sono, altresì, obbligatoriamente iscritti all’Ente, con le modalità previste nel Regolamento di Previdenza, anche tutti i Professionisti iscritti agli Albi che esercitino in una qualsiasi forma diversa da quella subordinata, comunque denominata.
3.
L’obbligo di iscrizione sussiste in ogni caso anche laddove l’attività libero – professionale sia svolta contestualmente a quella subordinata, indipendentemente dalla tipologia di rapporto di lavoro instaurato, a tempo parziale, ovvero a tempo pieno… 4. Il Regolamento di Previdenza definisce gli obblighi di iscrizione, contribuzione e dichiarazione, nonché le modalità di accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali, per i Professionisti che si trovino nelle condizioni di cui al precedente comma 3”. Appare così evidente che il presupposto giuridico per l’insorgenza dell’obbligo di iscrizione all’ente previdenziale e al versamento dei relativi contributi (come determinati dal Regolamento di Previdenza approvato dai conformemente alle disposizioni di cui all’art. 3 d.lgs. 509/1994) è rappresentato, in via alternativa, da:
A) lo svolgimento in via esclusiva di attività libero professionale di infermiere, infermiere pediatrico e assistenza sanitaria in forma autonoma;
B) l’esercizio in qualsiasi forma, diversa da quella subordinata, di attività di infermiere, infermiere pediatrico e assistenza sanitaria;
C) lo svolgimento di attività libero professionale di infermiere, infermiere pediatrico e assistenza sanitaria anche svolta contestualmente a quella subordinata.
Essendo ammesso dalla stessa opponente che ella ha prestato, nel periodo dal 15.10.2012 al 10.01.2018 (e quindi anche in quello dal 2016 al 2017, cui si riferiscono le pretese avanzate da , attività lavorativa di tipo infermieristico in favore dell’ – è evidente che l’accertamento in ordine alla fondatezza delle pretese contributive avanzate da in relazione ai redditi, che l’opponente ha percepito dall dipende dalla qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro intercorsi tra l’opponente e l’ 3. il contesto normativo Alla luce della nozione di subordinazione delineata dall’art. 2094 cod.civ. (“E’ prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”) la causa del contratto di lavoro subordinato è costituita dallo scambio tra la prestazione di lavoro “alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore” (costituente oggetto di un’obbligazione di facere) e il pagamento della retribuzione (costituente oggetto di un’obbligazione di dare).
Secondo il tradizionale orientamento della Suprema Corte (ex multis, anche di recente, Cass. 15.2.2023, n. 47878; Cass. 30.8.2022, n. 25508; Cass. 2.9.2021, n. 23816; Cass. 23.1.2020, n. 1555; Cass. 18.5.2018, n. 12335; Cass. 10.4.2017 n. 9173; Cass. 19.2.2016, n. 3303; Cass. 8.4.2015, n. 7024; Cass. 21.10.2014, n. 22289; Cass. 19.8.2013, n. 19199; Cass. 16.5.2013, n. 11930; Cass. 20.8.2012, n. 14573;), la fattispecie della subordinazione si perfeziona, in primo luogo – esaminando la norma ex art. 2094 cod. civ. attraverso il classico metodo dogmatico fondato sulla sussunzione per identità (con valorizzazione soprattutto della locuzione “sotto la direzione dell’imprenditore”, in collegamento alla previsione ex art. 2104 co. 2 cod. civ., secondo cui il prestatore “deve… osservare le disposizioni per l’esecuzione…del lavoro…impartite dall’imprenditore…”) – allorquando sia presente l’assoggettamento del prestatore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente subordinazione intesa come vincolo di natura personale, che si esplica sulle modalità di esecuzione della prestazione e non già sul solo risultato da essa prodotto. Tuttavia, ad avviso della stessa giurisprudenza (come emerge dalle pronunce appena ricordate), siffatta situazione non costituisce il solo presupposto che consente di ricondurre l’esecuzione di prestazioni di lavoro nell’area del lavoro subordinato.
Infatti, facendo applicazione anche del metodo tipologico funzionale che ricostruisce il sillogismo giudiziario (comunque giuridicamente imposto dagli artt. 101 co. 2 Cost. e dall’art. 113 cod. proc. civ.) secondo la sussunzione per equivalenza, la Suprema Corte individua alcune circostanze (quali la continuità della prestazione, la sua localizzazione, l’osservanza di un orario, la cadenza e la commisurazione a ore o a cottimo della retribuzione, l’incidenza del rischio economico, l’inesistenza di una struttura organizzativa in capo al prestatore di lavoro, l’utilizzo da parte del prestatore delle attrezzature nella disponibilità del datore), tratte dal mondo materiale quali aspetti caratterizzanti la figura socialtipica di lavoratore subordinato, ma comunque riconducibili alla fattispecie normativa della subordinazione, ricostruita alla luce non solo della definizione ex art. 2094 cod. civ., ma dell’intera disciplina del lavoro subordinato, in quanto costituenti elementi equivalenti, sotto il profilo delle esigenze di tutela soddisfatte dal diritto positivo, a quelli considerati dal legislatore, di cui rappresentano, secondo una felice espressione dottrinale, le “varianti di senso”. Si tratta di circostanze che assurgono a meri indici sintomatici della subordinazione nel senso che ai fini qualificatori non assume rilievo decisivo né la presenza (per affermare la subordinazione), né l’assenza di ciascuna (per negarla), ma esse vanno considerate complessivamente attraverso un giudizio di sintesi.
Sussistono incertezze (in parte chiarite, quanto meno ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile, con l’art. 2 co. 1 d.lgs. 25.6.2015, n. 81 in tema di collaborazioni etero-organizzate su cui più diffusamente infra) in ordine alla circostanza consistente nell’assoggettamento del prestatore al potere organizzativo dell’imprenditore che si realizza esplicitamente mediante l’imposizione unilaterale di direttive (contenenti regole e non ordini specifici) o anche solo implicitamente mediante l’inserimento del prestatore nella struttura produttiva del datore.
Infatti secondo autorevoli orientamenti dottrinali (che hanno trovato riscontri anche nella giurisprudenza – ex multis Cass. 9.4.2004, n. 6983; Cass. 17.7.2003, n. 11203; Cass. 20.6.2003, n. 9900; più di recente: Cass. 10.4.2017, n. 9173 ha ritenuto che la “subordinazione intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro”; Cass. 4.3.2015, n. 4346 ha statuito che “un pieno inserimento del lavoratore nell’attività di impresa comporta la qualificazione del rapporto come di lavoro subordinato”) l’assoggettamento al potere organizzativo unilaterale del datore costituisce un elemento sufficiente a perfezionare la subordinazione (a tal fine viene valorizzata la locuzione “alle dipendenze” contenuta nell’ art. 2094 cod. civ. in collegamento alla previsione ex art. 2104 co. 2 cod.civ., secondo cui il prestatore “deve… osservare le disposizioni… per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore”); secondo altri, invece, rappresenta soltanto un, pur significativo, indice sintomatico nell’accezione più sopra precisata.
Ad avviso di Corte cost. 5.2.1996, n. 30 (rel. il rapporto di lavoro subordinato è caratterizzato da una “doppia alienità”:
l’alienità rispetto all’organizzazione produttiva in cui la prestazione si inserisce e l’alienità rispetto al risultato che è prodotto dalla prestazione.
Sebbene, di per sé, non assuma rilievo decisivo il contenuto della prestazione dedotta nell’obbligazione assunta dal lavoratore in quanto ogni attività umana economicamente rilevante può, a seconda delle modalità del suo svolgimento, essere oggetto sia di un rapporto di lavoro subordinato sia di un rapporto di lavoro autonomo (ex multis Cass. 3.11.2021, n. 31410; Cass. 2.11.2021, n. 231138; Cass. 10.6.2021, n. 16377;) – vi è ormai concordia nel ritenere (Cass. 24.10.2022, n. 31279; Cass. 3.11.2021, n. 31410; Cass. 22.2.2021, n. 4699; Cass. 14.7.2020, n. 14975; Cass. 6.7.2020, n. 13909; Cass. 10.10.2019, n. 25584; Cass. 11.7.2018, n. 18262; Cass. 10.4.2017 n. 9173;) che la verifica circa l’esistenza o meno del vincolo della subordinazione vada condotta dal giudice di merito con riguardo alla “specificità dell’incarico” conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione in quanto l’assoggettamento al potere direttivo e disciplinare, nonché gli indici sintomatici della subordinazione e l’inserimento nell’organizzazione aziendale assumono aspetti e intensità diversi in relazione alla maggiore o minore elevatezza professionale delle mansioni esercitate o al contenuto (più o meno intellettuale e/o creativo) della prestazione pattuita. In particolare, in presenza di prestazioni di natura intellettuale o comunque di contenuto complesso, oppure, all’opposto, di prestazioni estremamente elementari, ripetitive e predeterminate nelle sue modalità di esecuzione, può accadere che il criterio dell’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo non risulti, in quel determinato contesto, significativo ai fini della qualificazione del rapporto come autonomo o subordinato.
In ordine alle ipotesi del primo tipo, cui, in tutta evidenza, è riconducibile la vicenda oggetto della presente controversia, assume rilievo l’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. 20.1.2023, n. 1851; Cass. 15.11.2022, n. 33652; Cass. 22.4.2022, n. 12919; Cass. 24.2.2022, n. 6129; Cass. 5.11.2021, n. 32180; Cass. 3.11.2020, n. 24391; Cass. 2.5.2019, n. 5436;), secondo cui, ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato in caso di prestazioni di natura intellettuale o professionale, le quali mal si adattano ad essere eseguite sotto la direzione del datore di lavoro e con una continuità regolare, anche negli orari, l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui si presenta in forma attenuata in quanto non agevolmente apprezzabile a causa dell’atteggiarsi del rapporto, sicché occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari, come quelli dell’inserimento nell’organizzazione aziendale determinante il coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’inerenza al ciclo produttivo, della collaborazione con gli altri addetti alla stessa impresa, della continuità delle prestazioni, del vincolo di orario, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale, tutte da valutarsi criticamente e complessivamente, nel senso supra precisato, vale a dire si tratta di circostanze sintomatiche della subordinazione per cui ai fini qualificatori non assume rilievo decisivo né la presenza (per affermare la subordinazione), né l’assenza di ciascuna (per negarla), ma esse vanno considerate complessivamente attraverso un giudizio di sintesi. Rimane, invece, ferma l’opinione della Suprema Corte (ex plurimis, anche di recente, Cass. 13.2.2023, n. 4345; Cass. 15.7.2022, n. 22387; Cass. 30.11.2021, n. 37952; Cass. 24.7.2020, n. 15922; Cass. 1.3.2018, n. 4884;), secondo cui, ai fini della qualificazione giuridica del rapporto – se è vero che non si può prescindere dalla preventiva ricerca della volontà delle parti, giacché la dichiarazione negoziale rimane comunque un elemento rilevante nella ricostruzione del contenuto del rapporto, senza che possa essere stralciata quando si tratti di interpretare il precetto contrattuale – tuttavia il concreto atteggiarsi del rapporto nel suo effettivo svolgimento assume comunque una rilevanza primaria e decisiva, stante l’idoneità, nei rapporti di durata, del comportamento delle parti a esprimere sia una diversa effettiva volontà contrattuale, sia una nuova diversa volontà e dovendo tenersi conto, sul piano dell’interpretazione della volontà negoziale delle parti, del comportamento complessivo delle medesime, anche posteriore alla conclusione del contratto ai sensi dell’art. 1362 co. 2 cod.civ. , di talché il giudice di merito, cui compete dare l’esatta qualificazione giuridica del rapporto, deve attribuire valore prevalente – rispetto al nomen iuris adoperato in sede di conclusione del contratto – al comportamento tenuto dalle parti stesse nell’attuazione del rapporto.
In proposito si è evidenziato che la tutela relativa al lavoro subordinato, consistendo prevalentemente in norme inderogabili, non può essere elusa per mezzo di una configurazione formale non rispondente alle concrete modalità di esecuzione del contratto, il che determinerebbe una derogabilità complessiva della disciplina imperativa del rapporto di lavoro subordinato.
4. la vicenda concreta in riferimento alla fase genetica dei rapporti L’opponente ammette (pag. 5 del ricorso introduttivo) che “ha concluso nel periodo in contestazione rapporti formalmente “autonomi””.
Tuttavia è noto che, secondo l’ormai consolidata giurisprudenza (già richiamata nel paragrafo precedente), il nomen iuris eventualmente attribuito dalle parti al negozio non è vincolante ai fini qualificatori del rapporto di lavoro, essendo superabile in presenza di diverse modalità di adempimento della prestazione, poiché il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto costituisce elemento necessario ai fini non solo della sua interpretazione (ai sensi dell’art. 1362 co. 2 cod.civ.), ma anche dell’accertamento di una nuova e diversa volontà eventualmente intervenuta nel corso dell’attuazione del rapporto medesimo diretta a modificare singole sue clausole e, talora, la stessa natura del rapporto inizialmente prevista. Tale orientamento è espressione del più generale principio di indisponibilità (da parte dei contraenti, oltre che, come si è già visto, del legislatore) del tipo contrattuale che caratterizza, in modo particolare, i contratti di lavoro subordinato, la cui disciplina è in buona parte rappresentata da previsioni di carattere imperativo, ossia non derogabili dall’autonomia negoziale individuale.
Risulta, in tal modo, preclusa all’autonomia negoziale la possibilità di qualificare il contratto in maniera differente rispetto alle concrete modalità di svolgimento del rapporto, con conseguente impossibilità di far discendere dalla stessa l’individuazione della disciplina normativa applicabile.
II)
in riferimento alla fase (funzionale) di svolgimento del rapporto di lavoro Con riferimento alle concrete modalità di svolgimento del rapporto di lavoro, parte opponente allega di essere stata assoggetta al potere di eterodirezione da parte dell’Azienda RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE” di Nomi.
A tale riguardo allega la sussistenza di una serie di circostanze comprovanti l’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo e di indici sintomatici della subordinazione (secondo i consolidati orientamenti dottrinali e giurisprudenziali richiamati nel paragrafo precedente), quali:
la continuità della prestazione la localizzazione della prestazione la sussistenza di un vincolo di orario la collaborazione con gli altri addetti dell’Azienda l’inserimento nell’organizzazione aziendale l’utilizzo delle attrezzature del datore di lavoro ad a) La circostanza relativa all’esercizio in modo continuativo della prestazione di lavoro in favore dell’ non è contestato e comunque è confermata anche dai risultati dell’istruttoria svolta.
Infatti i testi tutti ex dipendenti della suddetta hanno confermato di conoscere la ricorrente come collega di lavoro e che la stessa ha svolto, nel periodo considerato, mansioni di infermiera qualificata.
In proposito il teste ha dichiarato:
“Ho lavorato presso la fino al 2018 per circa quattro-cinque anni, inizialmente quale lavoratore somministrato e successivamente quale dipendente, con mansioni di operatore socio- sanitario.
Ho conosciuto la ricorrente quale mia collega di lavoro.
Quando io ho iniziato la ricorrente era già presente al lavoro presso l’ non ricordo esattamente se la ricorrente abbia cessato il lavoro presso l’ poco prima o poco dopo di me comunque lo ha fatto nella stessa epoca in cui io ho terminato il rapporto con l’ La ricorrente svolgeva mansioni di infermiera”;
la teste ha riferito:
“Ho lavorato presso la fino al 2018 per circa cinque anni, formalmente quale libera professionista.
Svolgevo mansioni di infermiera.
Ho conosciuto la ricorrente quale mia collega di lavoro.
Quando io ho iniziato la ricorrente mi pare non fosse già presente al lavoro presso l’ io ho cessato il lavoro dopo la ricorrente.
La ricorrente svolgeva mansioni di infermiera.
la teste ha dichiarato:
“Ho lavorato presso la fino al 2018-2019 per circa sette-otto anni, formalmente quale libera professionista.
Svolgevo mansioni di infermiera.
Ho conosciuto la ricorrente quale mia collega di lavoro.
Quando io ho iniziato la ricorrente non era già presente al lavoro presso l’ io ho cessato il lavoro dopo la ricorrente.
La ricorrente svolgeva mansioni di infermiera”.
a b) La circostanza, per cui l’opponente ha prestato la propria attività lavorativa sempre nel medesimo luogo, di cui l aveva la disponibilità, ossia presso il nucleo assistenziale costituito dalla palazzina ubicata in Nomi – INDIRIZZOprincipalmente al primo piano”, ha trovato piena conferma in sede istruttoria, avendo tutti e tre i testimoni concordemente dichiarato:
“E’ vero che la ricorrente lavorava principalmente al primo piano di INDIRIZZO”.
a c) Anche la circostanza relativa alla sussistenza di un vincolo di orario nello svolgimento della prestazione lavorativa risulta compiutamente accertata alla luce delle concordanti deposizioni rese dai tre testi escussi , i quali hanno concordemente riferito circa la predeterminazione, da parte dell’ di precisi turni di lavoro mediante i quali erano conformate, sotto il profilo temporale, le prestazioni eseguite delle infermiere, tra cui la ricorrente:
“Confermo che gli infermieri lavoravano su tre turni, in particolare la mattina dalle ore 6.00 alle 14.00, il pomeriggio dalle 14.00 alle 21.00 inizialmente, successivamente alle 22.00, la notte dalle 21,00 inizialmente, successivamente dalle 22.00 alle 6.00”.
L’istruttoria svolta ha, inoltre, evidenziato che la lavoratrice opponente era soggetta ad un controllo in ordine al rispetto dei vincoli di orario mediante il sistema di timbratura del cartellino.
Gli stessi testi hanno, infatti, concordemente dichiarato:
“Sono al corrente che la ricorrente timbrava il cartellino di inizio e fine lavoro, la circostanza mi è nota in quanto talvolta incontravo la ricorrente al timbratore.
Mi è noto che il personale formalmente autonomo, cui apparteneva la ricorrente, veniva retribuito sulla base del numero delle ore che risultavano a seguito delle timbrature dei cartellini”.
Si tratta di circostanze da cui è agevole desumere l’assoggettamento della ricorrente all’esercizio del potere direttivo da parte dell’ a d) ed e) La verifica in ordine alla sussistenza delle circostanze sub punti d) ed e) – le quali, se sussistenti, comproverebbero che la ricorrente era assoggettata al potere direttivo e al potere organizzativo da parte dell’ – merita di essere condotta in maniera congiunta, atteso che l’inserimento del prestatore nell’organizzazione aziendale può trovare esplicazione nell’effettuazione del coordinamento dell’attività svolta dal prestatore con quella degli altri dipendenti dell’azienda. E’ stata compiutamente accertata la presenza di un coordinatore del personale infermieristico, il quale si occupava della predisposizione dei turni di lavoro e dell’organizzazione dei periodi di ferie, nonché svolgeva il ruolo di caposala, assegnando i compiti giornalieri agli infermieri, disponendo in caso di assenza di operatori socio sanitari che l’ infermiere in turno esercitasse anche mansioni di operatore socio sanitario, e componendo i contrasti che talvolta sorgevano tra gli infermieri.
Infatti hanno concordemente riferito:
“E’ vero che le infermiere, le quali lavoravano al primo piano di INDIRIZZO venivano dirette dalla coordinatrice.
Anche in proposito non vi era distinzione in ragione della natura giuridica del rapporto di lavoro.
E’ vero che la coordinatrice aveva tra i suoi compiti la verifica dei turni di servizio, la determinazione dei periodi di ferie e la soluzione dei problemi che nascevano in reparto, tra cui eventuali contrasti che nascevano tra le infermiere….
Era la coordinatrice, la quale svolgeva anche il ruolo di caposala, che assegnava i compiti giornalieri alle infermiere.
In proposito preciso che in ciascun turno era presente un solo infermiere.
Quindi la coordinatrice comunicava all’infermiere le esigenze che si presentavano in quella giornata e l’ordine cronologico con cui dovevano essere soddisfatte da parte delle infermiere.
Inoltre in caso di assenza di operatori socio sanitari la coordinatrice disponeva che l’infermiera esercitasse anche mansioni di operatore socio sanitario… E’ vera la circostanza di cui al cap. 98, di cui mi viene data lettura (“Alle singole infermiere, comprese quelle autonome, compresa l’odierna ricorrente, era assegnata l’incombenza (che nulla ha a che vedere con la professione infermieristica) di provvedere alla sostituzione di un operatore (OSS) quando si assentava”), in ordine all’obbligo dell’infermiere, anche qualora fosse formalmente autonoma, di sostituire un operatore socio sanitario in caso di sua assenza…. La coordinatrice impartiva alle infermiere anche le disposizioni riguardanti la collocazione dei pazienti nelle stanze;
le infermiere comunicavano alla coordinatrice eventuali richieste in proposito da parte degli ospiti”.
Il costante assoggettamento della ricorrente alle disposizioni impartite da colui che svolgeva il ruolo di coordinatore del personale infermieristico è comprovata dalle numerose mail aventi tra i destinatari anche la ricorrente, che quest’ultima ha prodotto sub doc. 66.
Tra dette mail vi è quella del 28.7.2015, ore 13,27, con la quale la coordinatrice ricordava che il cambio di mansioni degli operatori socio-sanitari da parte degli infermieri era subordinato alla preventiva autorizzazione da parte della coordinatrice, il che rappresenta un chiaro atto di esercizio di potere direttivo nei confronti degli infermieri.
Risulta pure pienamente accertata l’esistenza di un “piano di lavoro infermieri”, redatto dall’ , che l’opponente ha prodotto sub doc. 57 (qui rileva la versione revisionata nell’ottobre 2014).
Infatti i testi escussi hanno concordemente riferito:
“Mi è nota l’esistenza di un “piano lavoro infermieri” redatto dall’ consegnata a ciascuna infermiera, sia che fosse subordinata che rientrasse tra quelle formalmente autonome.
Il piano conteneva una serie di disposizioni che tutte le infermiere dovevano osservare qualunque fosse la natura giuridica del loro rapporto”.
Viene esibito al teste il doc. n. 57, il teste dichiara:
“Riconosco nel documento che mi viene esibito il “piano di lavoro” infermiere di cui ho detto.
Posso dire che il “piano di lavoro” veniva talvolta modificato”.
In proposito appaiono rilevanti, al fine di comprovare la conformazione delle prestazioni rese dagli infermieri alle esigenze funzionali dell’ alcuni contenuti di quel piano di lavoro, che parte opponente ha opportunamente così menzionato (pag. 13 e 14 della memoria autorizzata depositata il 30.3.2004):
“87.
Tale documento in particolare contiene numerose e dettagliate istruzioni riguardanti, ad esempio, le attività che dovevano essere eseguite dalle lavoratrici ad un orario stabilito, con suddivisione per nuclei (Primo piano, Secondo piano, Palazzina e ), turni (M: mattino, P: pomeriggio, N: notte presso la struttura di INDIRIZZO NOME notte presso il nucleo assistenziale ed S: dalle 6:00 alle 7:30) e fasce orarie.
Oltre a ciò contiene la previsione di “impegni fissi” (come ad esempio l’indicazione dei giorni in cui sono previsti i prelievi ematici) ed “indicazioni di massima”.
88) Queste ultime sono in realtà indicazioni molto precise, quali:
«- L’infermiere deve sempre essere presente, eccetto per situazioni di emergenza, in sala da pranzo per supervisionare il momento del pasto;
– Le terapie vanno sempre somministrate all’esterno della sala da pranzo, quindi non serve entrare con il carrello delle medicine nella sala da pranzo, questo per rispetto del momento del pasto (vedi progetto ristorante);
– Le comunicazioni all’interno dell’Ente, tranne in casi rari, sono in forma informatica;
quindi per essere sempre al corrente su ogni informazione e/o comunicazione sia interna che esterna dell’Ente, leggere quotidianamente e più volte nel corso del turno di servizio la propria posta elettronica personale sia interna che esterna;
– In occasione del PAI la cartella va aggiornata con tutti i parametri;
– In assenza del coordinatore di struttura l’infermiere si occupa delle sostituzioni degli operatori assenti per malattia, si preoccupa di avvisare, appena possibile, il coordinatore di struttura;
– Vista l’importanza dell’integrazione fra professioni, l’infermiere in turno si occupa di dare le giuste indicazioni agli operatori in turno in merito alle attività legate alla cure di base e quanto deciso in sede di equipe e di consegna giornaliera;
– Si occupa di organizzare le uscite per visite mediche esterne:
si attiva per la prenotazione della visita, facendo attenzione che le visite non siano più di una al giorno, si preoccupa di avvertire subito la famiglia e solo nel caso in cui i famigliari sono impossibilitati, si organizza la visita con il personale interno e prenota la macchina;
– Compilazione e supervisione delle varie schede presenti nel nucleo:
schede assistenziali, schede slaccio contenzioni, schede sanitarie, schede infermieristiche per la rilevazione dei report, schede assaggi ecc.».
89) Infine, vi sono riportate anche delle “note per infermieri” le quali riportano anche una sorta di “avvertimento disciplinare” preventivo:
«- La notte deve essere attiva in tutte le sue ore.
– Le varie urgenze e/o emergenze che possono presentarsi nell’arco della notte hanno la precedenza su tutte le varie attività.
Se le attività previste da questo piano di lavoro non vengono effettuate si chiederà di avere riscontro del motivo»”.
L’inserimento stabile della ricorrente, quale infermiera, nell’organizzazione dell’ emerge dal compito, di coordinamento del personale con mansioni di operatore socio-sanitario, che ella svolgeva alla luce delle concordi dichiarazioni dei testi escussi , secondo cui:
“E’ vero che tra i compiti dell’infermiera vi era quello di coordinare gli O.S.S. e quindi di impartire loro le disposizioni circa il lavoro da svolgere.
E’ pure vero che nel turno di mattina l’infermiera coordinava 7 O.S.S. che erano presenti in ciascun reparto, in quello del pomeriggio 5 che erano presenti in ciascun reparto, in quello della notte 3 (questi ultimi uno per reparto)”;
inoltre, con specifico riferimento alla ricorrente, “E’ vero che alla ricorrente la coordinatrice ha assegnato il compito di svolgere il ruolo di tutor per i nuovi O.S.S. in formazione”.
L’indifferenza del formale status di lavoratrice autonoma, rivestito dalla ricorrente, in ragione della sua sostanziale equiparazione, durante lo svolgimento in concreto delle sue prestazioni, con il personale alle dipendenze dell
‘ trova riscontro in ordine alle modalità di fruizione delle ferie.
In proposito i testi escussi hanno riferito:
“E’ vero che il piano ferie ricomprendeva tutte le infermiere a prescindere dalla natura giuridica del loro rapporto.
Solitamente le infermiere dipendenti avevano una prelazione nella scelta dei periodi e quindi alle infermiere formalmente autonome venivano assegnati i periodi che residuavano.
La redazione del piano ferie rientrava tra i compiti della coordinatrice la quale sentiva le infermiere interessate.
Nel caso di contrasti che la coordinatrice non riusciva a dirimere interveniva il direttore dell’Azienda”.
a f) Anche l’ultimo degli indici sintomatici allegati può ritenersi compiutamente accertato, essendosi riscontrato che la lavoratrice opponente utilizzava, nell’espletamento della propria attività, attrezzature proprie del datore di lavoro.
Lo confermano le concordi deposizioni dei testi escussi “La ricorrente nello svolgimento del suo lavoro utilizzava materiali e apparecchiature messe a disposizione dall’ Confermo la circostanza di cui al capitolo 80, di cui mi viene data la lettura [“In particolare, la ricorrente disponeva di una propria e- mail aziendale, di una ID e Password per accedere al gestionale dell’ente (denominato “ABC”)
(doc. 10) ed un tablet per esaminare la cartella clinica e le terapie ovvero particolari indicazioni / esigente dell’ospite”], in ordine alla messa a disposizione, da parte dell’ “ , di una casella di posta elettronica, di una posizione individuale e di una password per accedere al gestionale dell’ente, nonché di un tablet per consultare la cartella clinica dell’ospite”.
5. conclusioni Gli accertamenti condotti nei paragrafi precedenti impongono di ritenere che il rapporto di lavoro intercorso tra l’opponente e l’Azienda Provinciale per i Servizi alla RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” di Nomi, negli anni 2016 e 2017, si sia svolto con le modalità proprie della subordinazione.
Conseguentemente, in definitiva, va dichiarata l’insussistenza dei crediti, a titolo di contributi, sanzioni ed interessi, azionati dall’opposto ei confronti dell’opponente Non potendosi certo rimproverare all’ l’affidamento verso la realtà apparente (che l’opponente ha contribuito a creare, presentando ella stessa richiesta di iscrizione alle gestione previdenziale curata da quell’ente), appare congruo disporre l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
Le contrarie considerazioni svolte dalla difesa dell’opponente nelle note finali autorizzate non inducono questo giudice a mutare l’orientamento già espresso in altra controversia, tanto più che nel presente giudizio l’opponente è virtualmente soccombente in ordine all’eccezione di prescrizione che ha sollevato nel proprio atto introduttivo, ma alla quale ha in seguito rinunciato, così riconoscendone implicitamente l’infondatezza.
Il tribunale ordinario di Trento – sezione per le controversie di lavoro, in persona del giudice istruttore, in funzione di giudice unico, dott. NOME COGNOME definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata, così deciso:
1. Dichiara l’insussistenza dei crediti, a titolo di contributi, sanzioni ed interessi, di cui alla cartella n. NUMERO_CARTA notificata il 24.11.2023 da , per conto dall’opposto nei confronti dell’opponente 2. Dispone l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
Trento, 1 aprile 2025 IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO IL GIUDICE dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.