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Negazione assegno sociale, mancanza requisito di soggiorno

Il soggiorno continuativo per ottenere l’assegno sociale non ammette periodi di assenza prolungati, anche se giustificati da legami familiari con il Paese di origine. La frequenza, durata e sistematicità dei viaggi possono far venir meno il requisito, configurando un radicamento altrove.

Pubblicato il 26 December 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

N. 1391 /2022 R.G.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI BRESCIA SEZIONE LAVORO, PREVIDENZA E ASSISTENZA OBBLIGATORIA

in composizione monocratica e in funzione di Giudice del Lavoro, in persona della dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._1202_2024_- N._R.G._00001391_2022 DEL_08_11_2024 PUBBLICATA_IL_08_11_2024

ex art.127 ter c.p.c. con motivazione contestuale nella controversia di primo grado promossa con l’avv. COGNOME RICORRENTE contro con l’avv. COGNOME

NOME e con l’avv. – RESISTENTE

Oggetto: Assegno sociale All’udienza ex art.127 ter, i procuratori delle parti concludevano come da rispettive note scritte.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con ricorso ex art. 442 c.p.c. del 27.07.2022, chiedeva accertarsi il suo diritto a condannarsi l’ a corrispondere i ratei della prestazione richiesta oltre interessi e rivalutazione a decorrere dalla domanda amministrativa.

A sostegno esponeva:

a) di aver soggiornato legalmente e in via continuativa in Italia per 10 anni;

b) di essere titolare di carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione, come risultante dalla certificazione rilasciata dall’Ufficio Immigrazione della Questura di Brescia in data 16 ottobre 2016 (doc.5);

c) di risiedere in Italia nel Comune di Roccafranca dal 21 maggio 2009 per immigrazione dal Marocco (doc. 7);

d) di essere stato in precedenza titolare di permesso di soggiorno rilasciato in data 24.10.2014 con scadenza al 2017 e permessi relativi ai periodi dal 2012 al 2014 e dal 2008 al 2010, poi rinnovato (doc.6);

e) di essere presente sul territorio italiano in via continuativa dal maggio 2009, senza che i periodi di assenza di breve durata per raggiungere il paese d’origine (una o massimo 2 volte all’anno) per come documentati dai due passaporti prodotti (doc.8) potessero far venir meno tale requisito;

f) di avere un reddito imponibile relativo all’anno 2018 (anno precedente alla domanda amministrativa) pari a 13.885,08 , pari ad 1.307,62 euro (doc.9 certificazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze) mentre la moglie non aveva redditi (doc.10);

g) di aver presentato domanda di assegno sociale in data 27.11.2019; h) che l’ emetteva provvedimento di diniego in data 10.01.2020, per omessa presentazione della documentazione richiesta;

i) che il Comitato provinciale rigettava il ricorso amministrativo in quanto riteneva che “nella fattispecie non è stato accertato il requisito della permanenza in via continuativa, in Italia per almeno 10 anni e il requisito della titolarità del permesso di soggiorno, idonea per il riconoscimento della prestazione (circolare 105/2008)”.

, tempestivamente costituitosi in giudizio, contestava la domanda attorea e ne chiedeva il rigetto.

L’ente deduceva che:

a) che la domanda iniziale non era stata accolta in quanto il ricorrente non aveva presentato nei termini la documentazione richiesta (copia dei permessi di soggiorno dal 2017 in avanti;

copia dei passaporti in vigore dal 2009 al 2019), sicché non era stato possibile verificarne la permanenza continuativa e stabile nel territorio nazionale per dieci anni;

b) che tale documentazione non era stata prodotta, né al momento del riesame, né a seguito di presentazione del ricorso amministrativo;

c) che secondo le indicazioni contenute nella Circolare n.105/2008 (doc.1), la continuità della permanenza sul territorio doveva ritenersi interrotta a seguito di passaporto non era stato possibile accertare la sussistenza di tale requisito prescritto dall’art. 20 della legge n.133/2008;

e) che infine neppure era stata dimostrata la sussistenza del necessario requisito reddituale.

3.

La causa veniva istruita con l’acquisizione della documentazione prodotta dalle parti.

3.1.

L’assegno sociale è stato introdotto dall’art. 3, comma 6, L. n. 335/1995.

Tale norma stabilisce:

“Con effetto dal 1° gennaio 1996, in luogo della pensione sociale e delle relative maggiorazioni, ai cittadini italiani, residenti in Italia, che abbiano compiuto 65 anni e si trovino nelle condizioni reddituali di cui al presente comma è corrisposto un assegno di base non reversibile fino ad un ammontare annuo netto da imposta pari, per il 1996, a lire 6.240.000, denominato “assegno sociale”.

Se il soggetto possiede redditi propri

l’assegno è attribuito in misura ridotta fino a concorrenza dell’importo predetto, se non coniugato, ovvero fino al doppio del predetto importo, se coniugato, ivi computando il reddito del coniuge comprensivo dell’eventuale assegno sociale di cui il medesimo sia titolare.

I successivi incrementi del reddito oltre il limite massimo danno luogo alla sospensione dell’assegno sociale.

Il reddito è costituito dall’ammontare dei redditi coniugali, conseguibili nell’anno solare di riferimento”.

L’art. 39 della L. n. 40/1998 prevede che “Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti”. Infine, il D.L. n. 112/2008, all’art. 20, comma 10, dispone che “A decorrere dal 1° gennaio 2009, l’assegno sociale di cui all’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è corrisposto agli aventi diritto a condizione che abbiano soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale”.

La condizione del lungo soggiorno è stata regolata dal D.Lgs. n. 30/2007 di recepimento della Direttiva 2003/109 relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare.

In particolare, l’art. 10, comma 1, del D.Lgs. cit. prevede che “i familiari del cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro…trascorsi tre mesi dall’ingresso nel territorio nazionale, richiedono alla questura competente per territorio di residenza la Carta di soggiorno di Il successivo art. 14 stabilisce che il familiare acquisisce “il diritto di soggiorno permanente” se soggiorna legalmente in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale unitamente al cittadino dell’Unione, mentre il successivo art. 19 sancisce la parità di trattamento fra i cittadini italiani e quelli dell’Unione e la estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano legalmente soggiornanti: “2…ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base al presente decreto, nel territorio nazionale gode di pari trattamento rispetto ai cittadini italiani nel campo di applicazione del Trattato.

Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.

3. In deroga al comma 2 e se non attribuito autonomamente in virtù dell’attività esercitata o da altre disposizioni di legge, il cittadino dell’Unione ed i suoi familiari non godono del diritto a prestazioni d’assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o, comunque, nei casi previsti dall’articolo 13 comma 3, lettera b), salvo che tale diritto sia automaticamente riconosciuto in forza dell’attività esercitata o da altre disposizioni di legge”.

In ultimo l’art. 23 estende le disposizioni del decreto legislativo, ove più favorevoli, ai familiari di cittadini italiani non aventi la cittadinanza italiana.

3.2

Così riassunto il quadro normativo di riferimento, non è in discussione in questa sede che il ricorrente, in quanto titolare di carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione legalmente soggiornante, emessa ai sensi del citato art. 10 D.Lgs. nr. 30 del 2007 dalla Questura di Brescia in data 16.10.2016 con scadenza al 22.05.2021 (doc. 5 ricorso), possa avere accesso all’assegno sociale.1 Ciò di cui si discute è infatti la sussistenza in capo al ricorrente degli ulteriori requisiti previsti dalla legge. Nello specifico, il requisito del soggiorno legale in via continuativa nel territorio nazionale nei 10 anni precedenti alla domanda (presentata a novembre 2019), requisito previsto dall’art. 20 cit. Ricordato che il richiedente l’assegno sociale è onerato della prova della sussistenza dei requisiti di legge, secondo il generale criterio di riparto degli oneri probatori ex art. 2697 cod. civ. (cfr. Cass. n. 23477/2010) e ritenuta l’infondatezza delle doglianze di parte convenuta con riferimento alla mancata presentazione della documentazione richiesta, posto che il ricorrente con il ricorso del 3 marzo 2020 avverso il diniego espresso dell’Ente in data 10 gennaio 2020 (doc.2 ricorso) ha chiesto 1 Cfr.Cass. sentenza n.9131/23 (Rv. 667148 – 01):

Nello specifico, il ricorrente risulta residente nel territorio italiano da maggio 2009 nel Comune di Roccafranca per immigrazione dal Marocco (doc. 7 ricorso, certificato storico di residenza) ed è rientrato nel paese d’origine, secondo quanto allegato in ricorso e risultante in via documentale dalla fotocopia dei passaporti (doc.8), ogni anno, a suo dire, per far “visita alla propria famiglia d’origine” e con ciò escludendo che si sia trattato di allontanamento per lunghi periodi tale da far presumere uno spostamento degli interessi di vita e di lavoro. Stima il Tribunale che tale assunto non possa essere condiviso.

È vero infatti che, quanto al contenuto del requisito previsto dall’art. 20 cit., la giurisprudenza ha statuito che la nozione di soggiorno continuativo almeno decennale in Italia (valido per tutti i soggetti indipendentemente dalla loro cittadinanza:cfr.Corte Cost. 197/2013) ha natura fattuale, distinto dalla mera residenza legale, e che, in relazione all’ampiezza dell’arco temporale di riferimento, la continuità va intesa non quale assoluta, costante e ininterrotta permanenza in Italia, bensì come espressione di un radicamento sul territorio nazionale, come tale compatibile anche con allontanamenti temporanei o di breve durata (cfr. Cass. n. 16865/2020, Cass. n. 16989/2019, Cass. n. 16867/2019)2, tuttavia, la frequenza, la durata e sistematicità dei viaggi del ricorrente in Marocco, esclude che gli stessi possano essere considerati quali episodici casi di meri allontanamenti temporanei. Infatti, il ricorrente ha fatto ritorno in Marocco tutti gli anni per alcuni mesi, in alcuni anni anche per due volte nell’arco dello stesso anno e quindi per periodi complessivamente molto lunghi e ripetuti come si evince dai timbri leggibili apposti sui passaporti prodotti (doc.8 ricorso):

così nel 2010 si è recato in Marocco dal 17 maggio 2010 al 9 luglio 2010, facendovi di nuovo ingresso il 14 settembre 2010 (pag.10);

nel 2011 dal 29 ottobre 2011 al 7 dicembre 2011;

nel 2012 dal 13 maggio 2012 al 27 giugno 2012;

nel 2013 dal 6 febbraio 2013 al 18 giugno 2013;

nell’anno 2015 dal 16 dicembre 2015 al 19 aprile 2016;

nell’anno 2016 dal 29 marzo 2016 al 19 aprile 2016 e poi ancora 2 Cfr. anche Cass. n. 17397/2016:

nell’anno 2017 dal 21 febbraio 2017 al 17 maggio 2017 e dal 20 luglio 2017 al 11 ottobre 2017;

nel 2018 dal 28 febbraio 2018 al 14 maggio 2018 e dal 11 novembre 2018 al 6 febbraio 2019 e infine nel 2019 dal 3 marzo 2019 al 21 luglio 2019.

Trattasi di permanenze molto lunghe pari per alcuni anni a quasi la metà dell’anno e a cui sommano altre assenza di più breve durata che, tuttavia, si ripetono quasi ogni anno e per effetto delle quali va quindi escluso che si sia trattato di allontanamenti temporanei di carattere episodico, risolvendosi di fatto in lunghe assenze che non possono essere configurate come mere “visite” a familiari e che inducono quindi a ritenere come il ricorrente avesse mantenuto un radicamento d’interessi nel paese d’origine, tale da far venir meno la sussistenza del requisito in esame. 3.3.

La ritenuta insussistenza del requisito del soggiorno legale rende superfluo l’esame del requisito reddituale.

4.

La complessità della materia trattata giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.

Definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, istanza ed eccezione rigettata e disattesa, 1) rigetta il ricorso;

2) compensa le spese di lite.

Sentenza provvisoriamente esecutiva.

Brescia il 8 novembre 2024.

Il Giudice del Lavoro NOME COGNOME

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