REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’Appello di Salerno, Prima Sezione Civile, riunita in camera di consiglio e composta dai signori:
ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 823/2023 pubblicata il 16/06/2023
nella causa civile iscritta al numero 612 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell’anno 2021, vertente
TRA
XXX, rappresentato e difeso dall’avvocato, come in atti domiciliato,
APPELLANTE
E
YYY S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati, come in atti domiciliata,
APPELLATA
avente ad oggetto: appello avverso la sentenza numero 1241/21 del Tribunale di Salerno, pubblicata in data 16 aprile 2021.
CONCLUSIONI: rassegnate all’udienza del 16 marzo 2023, come risulta dal relativo verbale, che qui si intende integralmente riportato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con atto del 22 luglio 2021, XXX proponeva appello, affidandone l’accoglimento a due motivi di gravame, avverso la sentenza numero 1241/21, pubblicata in data 16 aprile 2021, con la quale il Tribunale di Salerno aveva rigettato l’opposizione proposta avverso il provvedimento monitorio numero 695/10- con il quale gli era stato ingiunto il pagamento, in favore della YYY s.r.l., della somma di euro 16.516,67, oltre accessori e spese, a titolo di corrispettivo dovuto per la fornitura -effettuata dalla *** s.c. a r.l., cedente del credito alla società appellata- di piantine in polistirolo.
2. Costituitasi in giudizio, la YYY s.r.l. impugnava le avverse argomentazioni e richieste, delle quali, dedottane l’infondatezza in fatto ed in diritto, invocava la reiezione.
3. Acquisito il fascicolo del giudizio di primo grado, la causa, all’udienza del 16 marzo 2023, veniva assegnata a sentenza, previa concessione dei termini per il deposito di scritti conclusionali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L’appello proposto da XXX non è fondato ed, in quanto tale, non merita accoglimento.
2. Con il primo motivo di gravame l’appellante ha lamentato l’erroneità e l’ingiustizia della sentenza impugnata, con la quale il Tribunale di Salerno aveva omesso di considerare che aveva disconosciuto le sottoscrizioni apposte sulle fatture accompagnatorie, per cui, in mancanza di istanza di verificazione, di tali documenti non si sarebbe potuto tenere conto, non essendo stata fornita alcuna dimostrazione della fondatezza della pretesa creditoria ex adverso azionata nemmeno tramite i testimoni escussi nel corso dell’istruttoria, che non avrebbero potuto essere sentiti, ai sensi dell’articolo 2721, comma primo, del codice civile (cfr. l’atto d’appello del 22 luglio 2021, alle pagine 2, 3 e 4).
3. Il Giudice di primo grado, invero, aveva fatto presente che:
a) il provvedimento monitorio era fondato sulle “fatture emesse dalla cedente ***s s.c. a r.l.”, che costituivano “prova scritta idonea all’emissione del decreto ingiuntivo”, essendo utile, all’uopo, “qualsiasi documento proveniente non solo dal debitore, ma anche da un terzo, purché idoneo a dimostrare il diritto fatto valere, anche se privo di efficacia probatoria assoluta, quale, avuto riguardo alla sua formulazione unilaterale, la fattura commerciale”; b) le doglianze dell’opponente, il quale aveva contestato l’efficacia probatoria delle suddette fatture accompagnatorie, erano infondate, oltre che ininfluenti, in quanto, in seguito all’opposizione, l’autorità giudiziaria adita non doveva stabilire se l’ingiunzione di pagamento fosse stata emessa legittimamente in relazione alle condizioni previste dalla legge, ma accertare il fondamento della pretesa creditoria azionata, tanto è vero che, in caso di accertata sussistenza del credito vantato, la domanda doveva essere accolta “indipendentemente dalla circostanza della regolarità, sufficienza e validità degli elementi probatori alla stregua dei quali il provvedimento monitorio era stato concesso”; c) nei contratti aventi ad oggetto la consegna di una quantità di merce da una parte all’altra, l’onere della prova della fornitura poteva essere assolto liberamente, nel senso che poteva essere resa -tale prova- “con ogni mezzo, salvo i limiti imposti dalla legge, anche quando fossero state rilasciate bolle di consegna”; d) conseguentemente, laddove la sottoscrizione apposta sulle fatture accompagnatorie fosse stata -come nella fattispecie in esame- disconosciuta, la parte venditrice avrebbe potuto “scegliere se proporre istanza di verificazione di scrittura privata, affidando all’esito del relativo procedimento la dimostrazione della consegna, o, in via alternativa, chiedere di provare la consegna con altri mezzi, ivi inclusa la prova testimoniale, nella quale, peraltro, era ammesso il riferimento alle bolle, non potendosi risolvere in una limitazione delle facoltà probatorie della parte la predisposizione di una prova documentale astrattamente idonea a favorirla”; e) nel caso di specie, “tramite la prova testimoniale articolata ed espletata” era stata “raggiunta la dimostrazione della consegna della merce e, quindi, del diritto al pagamento del corrispettivo”, come poteva evincersi dalle dichiarazioni rese dai testimoni ***, *** e ***; f) nessuna conseguenza pregiudizievole per il venditore, pertanto, poteva essere ricondotta al prefato disconoscimento, perché, sebbene le fatture commerciali non integrassero, nel giudizio di opposizione, “la piena prova del credito in esse indicato” e non comportavano nemmeno “l’inversione dell’onere della prova in caso di contestazione sull’an o sul quantum del credito vantato in giudizio”, il contenuto di esse, nel corso dell’istruttoria espletata, era stato comunque “confermato dai tre testimoni escussi”; g) l’opponente, d’altro canto, non aveva fornito la prova dell’esistenza di fatti estintivi o modificativi dell’obbligazione, anzi, il suo assunto -di non aver mai commissionato la merce per la quale era stato richiesto il pagamento- non aveva trovato alcuna conferma “nell’istruttoria dibattimentale svolta”; h) l’opposizione, pertanto, doveva essere rigettata ed il decreto ingiuntivo opposto doveva essere confermato (cfr. la sentenza impugnata, alle pagine 3, 4, 5, e 6).
3.1. Orbene, le conclusioni alle quali è pervenuto il Tribunale di Salerno sono pienamente condivisibili e devono essere tenute ferme in questa sede, essendo sostanzialmente coerenti con l’assetto dei principi che sovrintende alla materia e con gli elementi fattuali emersi nel corso del giudizio.
3.2. Vale la pena di aggiungere -alle compiute ed esaurienti argomentazioni rinvenibili nella pronuncia gravata- che -ed in ciò il motivo di gravame in esame, per lo più ancorato all’omesso rilievo del disconoscimento effettuato in prime cure e dei suoi effetti, non attinge a pieno la ratio decidendi della sentenza impugnata- il Giudice di primo grado, lungi dal fondare il suo convincimento sulle fatture accompagnatorie versate in atti, ha apertis verbis evidenziato come il disconoscimento delle sottoscrizioni presenti sui documenti prodotti in giudizio dalla YYY s.r.l. fosse del tutto irrilevante ai fini della decisione, perché le circostanze riferite dai testimoni escussi nel corso dell’istruttoria permettevano già di reputare adeguatamente fornita la dimostrazione che la società opposta avrebbe dovuto dare.
Ed, in effetti, le dichiarazioni rese dai testimoni ***, *** e ***, sufficientemente dettagliate, intrinsecamente coerenti e sostanzialmente concordanti nei contenuti, permettono di ritenere -contrariamente a quanto sostenuto, sia pure in maniera assolutamente vaga e generica, dall’appellante- che la YYY s.r.l. abbia fornito la prova, in maniera appagante e convincente, di avere consegnato la merce per la quale ha invocato il pagamento, avendo i suddetti testimoni descritto i beni alienati -richiamando, tra l’altro, proprio i documenti versati in atti dalla società opposta- e le loro modalità di consegna, che avevano curato dipendenti di XXX, nonché il debito maturato da quest’ultimo nei confronti della società fornitrice e la cessione del credito -da parte della *** s.c. a r.l.- in favore della YYY s.r.l. (cfr. il verbale delle udienze del 24 aprile 2013 e del 10 novembre 2014, in cui sono riportate le dichiarazioni rese dai testimoni ***, *** e ***).
3.3. Parimenti immeritevole di condivisione si rivela il riferimento -anch’esso fatto con il motivo di gravame in esame- ai limiti che la legge stabilisce in materia di prova testimoniale, in quanto la disciplina dettata dall’articolo 2721, comma primo, del codice civile non è diretta alla tutela dell’ordine pubblico, ma degli interessi delle parti, con la conseguenza che, qualora la prova sia stata ammessa, in prime cure, oltre i suddetti limiti, deve ritenersi ritualmente acquisita, ove la parte interessata -come nella vicenda in esame- non ne abbia tempestivamente eccepito l’inammissibilità in occasione dell’assunzione o, tutt’al più, nella prima difesa successiva, senza che la relativa nullità, oramai sanata, possa essere eccepita per la prima volta in grado di appello (cfr. Cass. civ. n. 3959/12, Cass. civ. n. 3956/18 e Cass. civ. n. 18971/22).
Senza considerare, in ogni caso, che la qualità delle parti, la natura e l’oggetto del contratto, per il quale la stipula -come è possibile desumere da nozioni di comune esperienza legate alla quotidianità dei traffici commerciali- non sempre -anzi, quasi mai- avviene per iscritto, e la circostanza che si trattasse di un rapporto in cui la fornitura di merce è solita avvenire in seguito a mera richiesta, senza particolari formalità, in relazione ad importi non particolarmente elevati, permettono di ritenere del tutto ammissibile la prova testimoniale, ai sensi dell’articolo 2721, comma secondo, del codice civile.
4. Con il secondo motivo di gravame l’appellante si è doluto del mancato accoglimento dell’eccezione di difetto -in capo alla YYY s.r.l.- di titolarità attiva del rapporto giuridico dedotto in giudizio, non essendo possibile reputare efficace la cessione del credito alla quale la società appellata aveva ancorato il suo diritto ad agire in giudizio, non sorretta da “forma solenne” e non accettata, oltre che non comunicata ritualmente (cfr. l’atto d’appello del 22 luglio 2021, alle pagine 4, 5 e 6).
5. Il Giudice di primo grado, invero, aveva messo in rilievo che:
a) “il contratto di cessione di credito” aveva “natura consensuale e, perciò, il suo perfezionamento” conseguiva “al solo scambio del consenso tra cedente e cessionario”, che attribuiva a quest’ultimo “la veste di creditore esclusivo, unico legittimato a pretendere la prestazione, anche in via esecutiva”, pur se fosse “mancata la notificazione prevista dall’articolo 1264 del codice civile”, che era “necessaria al solo fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato in buona fede dal debitore ceduto al cedente anziché al cessionario, nonché, in caso di cessioni diacroniche del medesimo credito, per risolvere il conflitto tra più cessionari, trovando applicazione, in tal caso, il principio della priorità temporale riconosciuta alla prima notifica”; b) la cessione del credito aveva effetto nei confronti del debitore ceduto, il quale non poteva più efficacemente adempiere nelle mani del cedente, dal momento della notificazione o dell’accettazione della cessione, che, nella fattispecie in esame, era avvenuta -la notificazione- in data 25 ottobre 2008, come era possibile evincere dalla lettera raccomandata prodotta in giudizio dalla YYY s.r.l.; c) quest’ultima, pertanto, era pienamente legittimata ad agire in giudizio ed a fare valere il credito della quale era titolare (cfr. la sentenza impugnata, alle pagine 2 e 3).
5.1. Orbene, le conclusioni alle quali è addivenuto il Tribunale di Salerno -anche sul punto- devono essere del tutto confermate in queste sede, non essendo scalfite, in termini efficaci, dalle ragioni di doglianza articolate da XXX.
5.2. Non è superfluo rammentare -in aggiunta alle chiare e perspicue argomentazioni addotte a sostegno del convincimento trasfuso nella decisione- che la notificazione della cessione del credito al debitore ceduto -al solo fine, proprio come aveva messo in rilievo il Giudice di primo grado, di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato in buona fede al cedente anziché al cessionario (cfr. Cass. civ. n. 4713/19)- non necessita di particolari requisiti formali (cfr. Cass. civ. n. 1684/12, nonché, in senso sostanzialmente conforme, Cass. civ. n. 1770/14), può avvenire ad opera del cedente o del cessionario (cfr. Cass. civ. n. 5869/14) e può consistere in una richiesta di pagamento o in un atto giudiziario -tra cui un ricorso per decreto ingiuntivo (cfr. Cass. civ. n. 1770/14)- che la presupponga (cfr. Cass. civ. n. 20143/05 e, da ultimo, Cass. civ. n. 20495/20).
Non è possibile ritenere, pertanto, che nella vicenda in esame, occorresse, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, una cessione in “forma solenne”, essendo stato dimostrato il negozio di cessione, desumibile -oltre che dal riferimento ad esso fatto dai testimoni escussi nel corso dell’istruttoria- dalla lettera raccomandata ricevuta da XXX in data 25 ottobre 2008, inviata dalla società cedente, nonché dalla successiva lettera raccomandata ricevuta dall’appellante in data 1° aprile 2009, inviata -questa volta- dalla YYY s.r.l., cessionaria del credito (cfr., allegate in copia al fascicolo della società appellata, le lettere raccomandate alle quali si è fatto cenno, corredate dai relativi avvisi di ricevimento).
5.3. Tali lettere raccomandate -ed i pedissequi avvisi di ricevimento- permettono di ritenere, per di più, che XXX avesse avuto contezza della cessione del credito, essendogli stata notificata presso il suo indirizzo, giusta consegna ad una persona evidentemente rinvenuta sul posto ed autorizzata alla ricezione, come l’appellante, del resto, ha sostanzialmente ammesso fin dall’instaurazione del giudizio di opposizione celebrato davanti al Tribunale di Salerno (cfr. l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, a pagina 3).
E ciò senza considerare l’efficacia comunque attribuibile al ricorso per decreto ingiuntivo ed alle difese dispiegate nel successivo giudizio di opposizione da parte della YYY s.r.l., che devono reputarsi del tutto idonee -in ossequio ai principi precedentemente evocati- a notiziare il debitore ceduto dell’avvenuta cessione del credito controverso dalla *** s.c. a r.l. alla società appellata.
6. Alla luce, pertanto, delle osservazioni fin qui esposte, ogni altra istanza, domanda, eccezione e deduzione disattesa o assorbita in virtù delle argomentazioni precedentemente illustrate, l’appello proposto da XXX deve essere rigettato.
7. Non è meritevole di accoglimento, infine, l’istanza, formulata dalla YYY s.r.l., tendente ad ottenere la condanna dell’appellante al risarcimento dei danni asseritamente subiti, ai sensi dell’articolo 96, comma primo, del codice di procedura civile, in mancanza dei presupposti all’uopo richiesti, tra i quali, oltre alla soccombenza totale della controparte, il dolo o la colpa grave e l’effettiva sussistenza di un vulnus scaturito dalla condotta denunciata (cfr., in ordine alle condizioni indispensabili per l’emissione di una condanna analoga a quella invocata dalla società appellata, Cass. civ. n. 6637/92, secondo la quale, ai fini dell’accoglimento di una domanda proposta ai sensi dell’articolo 96, comma primo, del codice di procedura civile, è necessario, oltre al presupposto della soccombenza totale della controparte, la quale deve avere tenuto un comportamento connotato dai caratteri del dolo o della colpa grave, che sia fornita la prova come ricorda anche Cass. civ. n. 9080/13- di avere realmente subito un vulnus in conseguenza del comportamento lamentato, oltre che della sua consistenza, almeno approssimativa, essendo possibile all’autorità giudiziaria adita attendere alla liquidazione equitativa dell’ammontare del pregiudizio sempre che l’esistenza di esso sia stata pienamente ed incontrovertibilmente dimostrata).
Non è possibile ipotizzare, peraltro, nemmeno l’applicazione dell’articolo 96, comma terzo, del codice di procedura civile, essendo pur sempre necessario, ai fini della concreta operatività di siffatto istituto, che emerga il dolo o la colpa grave della parte nei confronti della quale dovrebbe essere adottata la sanzione prevista dalla legge, se non addirittura l’abuso del processo conseguente al fatto di avere agito o resistito in giudizio pretestuosamente (cfr. Cass. civ. n. 20018/20), contrariamente a quanto è avvenuto nel caso di specie, in cui non è possibile affermare che tale circostanza sia emersa con certezza, a maggior ragione considerando che XXX si è limitato -nel corso del giudizio- a perorare i suoi assunti, non ancorati a difese -ancorché non fondate- del tutto astruse, illogiche o contraddittorie.
8. Le spese di lite conseguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
9. Il rigetto dell’appello impone, ai sensi dell’articolo 13, comma primo quater, del decreto del Presidente della Repubblica numero 115 del 2012, come integrato dall’articolo 1, comma diciassettesimo, della legge numero 228 del 2012, entrata in vigore in data 31 gennaio 2013, di dare atto della sussistenza dei presupposti richiesti per il pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari all’ammontare già dovuto.
Ed, infatti, quando un’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, e l’autorità giudiziaria adita è tenuta a dare atto, nel provvedimento, della sussistenza dei relativi presupposti.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Salerno, Prima Sezione Civile, nella composizione di cui in intestazione, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
1) rigetta l’appello;
2) condanna XXX alla refusione, in favore della YYY s.r.l., delle spese di lite, che liquida in euro 1.950,00 per compensi di avvocato, oltre Iva, Cassa Previdenza e rimborso forfettario spese generali come per legge, da distrarre in favore dei procuratori costituiti, dichiaratisi antistatari;
3) dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma primo quater, del decreto del Presidente della Repubblica numero 115 del 2002, ai fini del versamento, da parte dell’appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la proposta impugnazione.
Salerno, 15 giugno 2023
Il Giudice estensore Il Presidente dott.
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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