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Codice Penale

Nullità clausole interessi mutuo e usurarietà: rigetto appello

La sentenza affronta il tema del calcolo degli interessi nei mutui con ammortamento “alla francese” e della verifica del superamento del tasso soglia. La Corte ha ribadito che il metodo di calcolo “alla francese” non integra di per sé un’ipotesi di capitalizzazione degli interessi e che la pretesa usurarietà va valutata confrontando i tassi applicati con i tassi soglia fissati dal MEF, non con piani di ammortamento basati su regimi finanziari differenti. Inoltre, la commissione di estinzione anticipata non può essere sommata agli interessi moratori ai fini della verifica di usurarietà.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

————– CORTE DI APPELLO DI ANCONA I° SEZIONE PER LE CONTROVERSIE CIVILI Composta dai seguenti magistrati:
dr. NOME COGNOME Presidente dr.
NOME COGNOME Consigliere rel.
dr. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._893_2024_- N._R.G._00000017_2022 DEL_06_06_2024 PUBBLICATA_IL_07_06_2024

nella causa in grado di appello iscritta al n° 17/2022 del ruolo generale e promossa nata in (c.f. ), elettivamente domiciliata in San Benedetto del Tronto , presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente all’avv. NOME COGNOME come da mandato in calce all’atto di citazione in appello;
nato in San Benedetto del Tronto il (c.f. elettivamente domiciliata in San Benedetto del Tronto , presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende come da mandato in calce all’atto di citazione in appello;
– appellante- CONTRO in persona del legale rappresentante pro tempore (c.f.
/p.i. ), elettivamente domiciliata in Benedetto del Tronto, presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende come da mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta;
– appellato-

OGGETTOAppello avverso la sentenza n. 822 del 29/11/2021 pronunciata dal Tribunale di Ascoli Piceno

CONCLUSIONI

DELLE PARTI
Per l’appellante:
Piaccia alla Ecc.ma Corte di Appello, in totale riforma della sentenza impugnata:
Accertare e dichiarare la nullità ed inefficacia delle clausole del contratto di mutuo ipotecario con le quali risultano pattuiti gli interessi e gli altri emolumenti, eccetto il capitale, stipulato con l’atto pubblico 05-01-2011 del notaio di Grottammare rep.
108.827, per l’importo di euro 250.000,00 per violazione di legge nonché delle disposizioni di cui agli artt. 1284, 1346, 2697, 1418 comma 2 e dell’art. 1815 c.c., sulla base dei motivi dedotti nelle premesse del presente atto.

Accertare e dichiarare che l’istituto di credito convenuto ha applicato tassi di interesse (globalmente considerati) che superano la soglia imposta dalla legge 07-03-1996 n. 108, e che quindi è incorsa 05-01-2011 del notaio di Grottammare rep.
108.827, per l’importo di euro 250.000,00.

Dichiarare non dovuti gli interessi comunque determinati e ritenere dovuta la sola sorte capitale residua (euro 150.737,32) depurata delle rate già versate da imputarsi per intero al capitale e, in ipotesi subordinata applicare il comma 7° dell’art. 117 TUB in base al quale il saldo dovuto va rielaborato, senza alcuna capitalizzazione secondo il tasso minimo dei BOT annuali emessi nei dodici mesi precedenti il contratto o, se più favorevoli, nei medesimi 12 mesi precedenti ogni operazione (euro 154.457,50). Condannare la banca convenuta, nell’ipotesi in cui dovesse incassare più di quanto gli compete alla restituzione delle somme illegittimamente riscosse oltre agli interessi legali e rivalutazione monetaria.

Emettere ogni altro provvedimento di ragione e di legge.

Condannare la alle spese ed onorari di causa con riferimento ad entrambi i gradi di giudizio, da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore antistatario Avv. NOME COGNOME.

Per l’appellata:
si chiede il rigetto dell’appello avversario, con la conferma della sentenza impugnata ed il rigetto di tutte le domande avversarie.
Vinte le spese di entrambi i gradi di giudizio.

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Ascoli Piceno ha rigettato le domande avanzate da quale debitrice principale, e , quale fideiussore, contro tese ad accertare “la nullità ed inefficacia delle clausole del contratto di mutuo ipotecario con le quali risultano pattuiti gli interessi e gli altri emolumenti, eccetto il capitale, stipulato con atto In particolare il primo giudice, dopo aver rilevato che nell’ammortamento “alla francese” non viene in rilievo alcuna forma di capitalizzazione, con conseguente irrilevanza della invocata delibera CICR del 9/2/2000 anche perché chiaramente riferita “ai rapporti di conto corrente in cui è prevista una capitalizzazione infrannuale, cosa che nei rapporti di finanziamento con rimborso rateale non avviene”, ha rigettato l’eccezione di usurarietà dei tassi corrispettivo e moratorio pattuiti sulla base delle risultanze della CTU contabile disposta nel corso del giudizio. Gli attori hanno proposto appello, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1283, 1284, 1195, 1344, 1418, 1815 c.c., dell’art. 117 TUB e dell’art. 6 delibera CICR 9/2/2000, nonché delle norme in materia di usura, e concludendo come in epigrafe.
ha resistito al gravame, chiedendone il rigetto.

L’appello non appare meritevole di accoglimento.

Assumono gli appellanti l’erroneità della decisione per avere il primo giudice aderito acriticamente alle conclusioni rassegnate dal nominato CTU senza considerare:

1) che quest’ultimo non aveva risposto all’osservazione circa il tipo di regime di capitalizzazione utilizzato per il calcolo del piano di ammortamento e cioè “composto” o “semplice”;

2) che nella specie la mutuataria non aveva espressamente approvato il regime finanziario composto invece che quello semplice;

3) che la mancata dichiarazione del tipo di regime, che governa il piano di ammortamento, costituisce una violazione della normativa sulla trasparenza bancaria, in quanto determina un innalzamento occulto del tasso di interesse effettivamente applicato inserendo un costo occulto, che deve essere computato ai fini del calcolo del tasso effettivo globale annuo.

Aggiungono inoltre che, risultando la rata semestrale scaturente dall’applicazione del regime della capitalizzazione semplice inferiore a quella derivante dall’applicazione della capitalizzazione composta, è evidente che il tasso applicato per giungere all’importo indicato dal CTU sia superiore a quello da lui indicato e pari al 5,766% e quindi ricostruzione offerta dagli appellanti non è condivisibile alla luce dei principi di diritto affermati dalla Suprema Corte, con sentenza resa, a Sezioni Unite n. 15130 del 29/5/2024. I Giudici di legittimità, esaminando in particolare le medesime questioni qui sollevate dagli appellanti in riferimento ad un mutuo “alla francese stantardizzato”, hanno innanzitutto escluso che la formula matematica utilizzata per il calcolo degli interessi nell’ammortamento “alla francese” proceda a qualsivoglia capitalizzazione.

Si afferma infatti che “Deve escludersi che la quota di interessi in ciascuna rata sia il risultato di un calcolo che li determini sugli interessi relativi al periodo precedente o che generi a sua volta la produzione di interessi nel periodo successivo.

Come osservato dalla Procura Generale, «l’ammortamento alla francese prevede che l’obbligazione per interessi sia calcolata sin da subito sull’intero capitale erogato benché quest’ultimo non sia ancora integralmente esigibile» ‒ come accade anche in altri sistemi di ammortamento, come quello c.d. «all’italiana» in cui la quota di interessi è calcolata sin da subito sull’intero importo mutuato e non su quello residuo ‒ «ma non prevede che sugli interessi scaduti maturino altri interessi.

Il metodo alla francese è, piuttosto, costruito in modo tale che ad ogni rata il debito per interessi si estingue a condizione ovviamente che il pagamento sia avvenuto nel termine prestabilito.

È, perciò, anche solo astrattamente inipotizzabile che siffatto ammortamento sia fondato su un meccanismo che trasforma l’obbligazione per interessi… in base di calcolo di successivi ulteriori interessi».

Una opposta conclusione non potrebbe argomentarsi rilevando semplicemente che nel mutuo «alla francese» la capitalizzazione avviene in regime «composto» che è una espressione descrittiva del fenomeno per cui la quota capitale è incrementata con gli interessi generati, però, non (necessariamente) su altri interessi ma sul capitale (debito) residuo, né destinati (necessariamente) a generare a loro volta (diventando parte della somma fruttifera di) ulteriori interessi nel periodo successivo (quantomeno nel regime di ammortamento «alla francese» standard e nella dinamica fisiologica del rapporto). Se ne ha conferma nella giurisprudenza di legittimità:

«nessuna successivo rilievo del fatto che la quota di interessi dovuta per ciascuna rata “è calcolata applicando il tasso convenuto solo sul capitale residuo, il che esclude l’anatocismo”» (Cass. n. 34677/2022);

«la capitalizzazione composta è quindi, nel caso di specie, del tutto eterogenea rispetto all’anatocismo ed è solo un modo per calcolare la somma dovuta da una parte all’altra in esecuzione del contratto concluso tra loro;
è, in altre parole, una forma di quantificazione di una prestazione o una modalità di espressione del tasso di interesse applicabile a un capitale dato» (Cass. n. 27823/2023 in materia fiscale)”.

Hanno poi escluso che l’omessa specificazione in contratto “del regime finanziario” ovvero del criterio matematico di ammortamento “alla francese” comporti la indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto e, di conseguenza, la nullità (parziale) del contratto di mutuo bancario, ai sensi degli artt. 1346 e 1418, comma 2, c.c., rilevando che “L’indagine sulla determinatezza dell’oggetto del contratto attiene alla costruzione strutturale dell’operazione negoziale, cioè è volta a verificare che essa abbia confini ben definiti con riguardo all’an e al quantum degli interessi (non legali) che devono essere pattuiti sulla base di criteri oggettivi e insuscettibili di dare luogo a margini di incertezza” sicché il contratto di mutuo risulta validamente stipulato quando “contenga le indicazioni proprie del tipo legale (art. 1813 ss. c.c.), cioè la chiara e inequivoca indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, della periodicità del rimborso e del tasso di interesse predeterminato”. Nel caso di specie tali elementi risultano tutti compiutamente specificati e facilmente evincibili (cfr. contratto sub doc. 7 nel fascicolo degli appellanti).

I giudici di legittimità hanno anche escluso che il regime finanziario dell’ammortamento “alla francese” implichi “un costo o «prezzo» occulto che avrebbe dovuto essere indicato nel contratto, ex art. 117, comma 4, T.u.b.
”, evidenziando in particolare che “ c) Il maggior carico di interessi del prestito non dipende… da un fenomeno di produzione di «interessi su interessi», cioè di calcolo degli interessi sul capitale incrementato di interessi né su interessi «scaduti» (propriamente anatocistici), necessità di assicurare la rata costante (calmierata nei primi anni) in equilibrio finanziario, il che comporta la debenza di più interessi corrispettivi da parte del mutuatario a favore del mutuante per il differimento del termine per la restituzione dell’equivalente del capitale ricevuto. In mancanza di un fenomeno di produzione di interessi su interessi, la tipologia di ammortamento adottato non incide di per sé sul tasso annuo (TAN) che dev’essere (ed è stato) esplicitato nel contratto né sul tasso annuo effettivo globale (TAEG) anch’esso esplicitato.

Peraltro, la giurisprudenza (cfr. Cass. n. 4597, 17187 e 34889/2023, n. 39169/2021) ritiene che il TAEG sia solo un indicatore sintetico del costo complessivo del finanziamento e non rientri nel novero dei tassi, prezzi e altre condizioni di cui all’art. 117, comma 4, T.u.b. , sicché l’eventuale mancata previsione del TAEG non determina, di per sé, una maggiore onerosità del finanziamento, ma solo l’erronea rappresentazione del suo costo globale, pur sempre ricavabile dalla sommatoria degli oneri e delle singole voci di costo elencate in contratto (l’obbligo di indicare l’ISC/TAEG fu esteso ai mutui nel 2003 con le «Istruzioni di vigilanza per le banche in tema di trasparenza» adottate dalla Banca d’Italia il 25 luglio 2003, attuative della delibera CICR del 4 marzo 2003;
disposizioni specifiche al riguardo sono presenti nella legislazione più recente:
nell’art. 121, commi 1, lett. m, e 3, T.u.b. in tema di «credito ai consumatori» e negli artt. 120-quinquies, comma 1, lett. m, e 3; 120-octies, comma 2, lett. e, e 120-decies, comma 3, T.u.b. in tema di «credito immobiliare ai consumatori»)”.

Quindi, “il maggior carico di interessi derivante dalla tipologia di ammortamento in questione non deriva da un fenomeno di moltiplicazione in senso tecnico degli interessi che non maturano su altri interessi e non si traduce in una maggiore voce di costo, prezzo o esborso da esplicitare nel contratto, non incidendo sul TAN e sul TAEG, ma costituisce il naturale effetto della scelta concordata di prevedere che il piano di rimborso si articoli nel pagamento di una rata costante (inizialmente calmierata) e non decrescente”.

Ciò posto e precisato che, allorché gli appellanti fanno riferimento al “regime finanziario della capitalizzazione composta”, intendono riferirsi alla formula matematica utilizzata per il calcolo deve evidenziare l’assoluta incongruenza dell’eccezione di usurarietà rilevata dal consulente degli appellanti e qui dagli stessi reiterata.

Innanzitutto, a fronte del rilievo svolto dal CTU per cui “il contratto in esame prevede (art. 1 e allegato “A”) che tutte le clausole relative agli interessi vengano riportate negli atti di erogazione, che devono essere considerati (art. 8 comma 2 dell’all.

2 “Condizioni Generali”) mutui a sé stanti con un proprio piano di ammortamento”, occorre rilevare che gli odierni appellanti non hanno provveduto al deposito in questa sede del piano di ammortamento in concreto pattuito tra le parti, nonostante ne fossero in possesso come desumibile dall’annotazione posta in calce al prospetto n. 9) redatto dal consulente di parte rag.
che ne ha tenuto conto nello svolgimento dell’elaborato allegato all’atto di citazione di primo grado.

Detta omissione non consente pertanto a questa Corte di accertare in concreto quale sia il regime applicabile.

La circostanza è in ogni caso irrilevante ai fini del decidere, non essendo stata svolta alcuna domanda in tal senso da parte degli appellanti, che nell’atto di citazione di primo grado si sono limitati ad eccepire l’usurarietà del tasso sia corrispettivo che moratorio convenuto.

L’ipotesi subordinata avanzata a pag. 10 dell’appello risulta pertanto inammissibile e comunque deve essere rigettata non avendo gli appellanti assolto l’onere probatorio posto a loro carico.

Orbene, il superamento delle soglie ai fini dell’accertamento dell’usura non può che essere fatto confrontando i tassi convenuti in contratto con i tassi soglia fissati dal MEF e non estrapolando percentuali di interesse dal confronto delle rate di due diversi piani di ammortamento fondati su regimi finanziari diversi (“capitalizzazione composta” e “capitalizzazione semplice”).

Sulla base di quanto sopra esposto è evidente che la rata del piano di ammortamento “alla francese” è maggiore rispetto a quella con capitalizzazione semplice, ciò tuttavia non implica che l’interesse sia usurario.

Nella specie il CTU nominato in primo grado, dopo aver ricondotto il piano di ammortamento del riguardo occorre solo evidenziare che la formula utilizzata dal rag. e da lui definita “regime finanziario della capitalizzazione composta” come sopra già anticipato è la formula che la matematica finanziaria utilizza per la determinazione della rata di mutuo nei piani di ammortamento “alla francese”, per cui del tutto incomprensibile è l’affermazione contenuta a pag. 8 dell’appello che “la violazione contestata alla convenuta non dipende dal piano di ammortamento adottato, ma … solo ed esclusivamente dal regime finanziario di capitalizzazione utilizzato”.
Di contro corretta e condivisibile è la lapidaria risposta data dal CTU alla relativa osservazione del CTP di parti attrici, con la quale ha sostanzialmente affermato di non aver tenuto conto di alcuna forma di capitalizzazione ovvero di maggiorazione, vieppiù occulte.

L’eccezione di usurarietà non può trovare accoglimento neppure sulla base della perizia redatta dal rag.
ed allegata all’atto di citazione di primo grado.

La stessa infatti si fonda su criteri eccentrici rispetto a quelli dettati tempo per tempo dalle Istruzioni della Banca d’Italia e la cui difformità stride con l’ineludibile esigenza logica e metodologica di avere a disposizioni dati omogenei da raffrontare, atteso che un eventuale calcolo del TEG effettuato in modo difforme rispetto alle Istruzioni emanate dalla Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi condurrebbe ad un risultato privo di attendibilità scientifica (cfr. Cass. sent. n. 16303 del 20/06/2018;
ord. n. 16077 del 18/5/2022).

2 e 3 giungono ad affermare il superamento del tasso soglia inserendo nella base di calcolo anche “gli interessi in preammortamento”.

Orbene, dagli stessi prospetti redatti dal perito di parte emerge che il pagamento di detti interessi era dovuto, in conformità al contenuto contrattuale, con scadenze semestrali successive all’erogazione del credito e cioè al 30/6/2011, al 31/12/2011 e al 30/6/2012 e non al momento dell’erogazione avvenuta sei mesi prima della scadenza della prima delle rate richiamate.
Non è quindi neppure astrattamente ipotizzabile l’esistenza di un costo ulteriore occulto da considerare nella base per il calcolo del TAEG.

agli interessi moratori, l’usurarietà è affermata tenendo conto della clausola di estinzione anticipata e di decadenza dal beneficio del termine conseguente all’inadempimento della mutuataria.

A riguardo questa Corte si limita a rilevare come la Suprema Corte, superando il contrasto creatosi nella giurisprudenza di merito sul punto, ha affermato “In tema di usura bancaria, ai fini del superamento del “tasso soglia” previsto dalla disciplina antiusura, non è possibile procedere alla sommatoria degli interessi moratori con la commissione di estinzione anticipata del finanziamento, non costituendo quest’ultima una remunerazione, a favore della banca, dipendente dalla durata dell’effettiva utilizzazione del denaro da parte del cliente, bensì un corrispettivo previsto per lo scioglimento anticipato degli impegni a quella connessi” (cfr. Cass. n. 7352 del 07/03/2022). La Cassazione, infatti, dopo aver ribadito “la rilevanza della differenziazione delle componenti del costo del credito” ai fini “ai fini della determinazione del tasso soglia”, non essendo “accomunabili, nella comparazione necessaria alla verifica delle soglie usuraie, voci del costo del credito corrispondenti a distinte funzioni”, ha ritenuto di non poter sommare la commissione di estinzione anticipata agli interessi moratori.

“La prima costituisce infatti una clausola penale di recesso, che viene richiesta dal creditore e pattuita in contratto per consentire al mutuatario di liberarsi anticipatamente dagli impegni di durata, per i liberi motivi di ritenuta convenienza più diversi, e per compensare, viceversa, il venir meno dei vantaggi finanziari che il mutuante aveva previsto, accordando il prestito, di avere dal negozio;
i secondi, come noto, costituiscono una clausola penale risarcitoria volta a compensare il ritardo nella restituzione del denaro, così da sostituire, incrementati, gli interessi corrispettivi;
ma, a ben vedere, proprio la natura di penale per recesso, propria della commissione di estinzione anticipata, comporta che si tratta di voce non computabile ai fini della verifica di non usurarietà;
la commissione in parola non è collegata se non indirettamente all’erogazione del credito, non rientrando tra i flussi di rimborso, maggiorato del correlativo corrispettivo o del costo di mora per il ritardo nella corresponsione di quello;
non si è di fronte, cioè, a «una remunerazione, a favore art. 2-bis, d.l.
n. 185 del 2008, quale convertito), posto che, al contrario, si tratta del corrispettivo previsto per sciogliere gli impegni connessi a quella”.
La perizia del rag. inoltre non tiene in alcun conto dei principi di diritto affermati dalla Suprema Corte (cfr. da ultimo Cass. ord. n. 31615 del 04/11/2021;
ord. n. 15505 del 16/5/2022), per cui “Il problema relativo all’esorbitanza degli interessi corrispettivi e moratori rispetto al tasso soglia va quindi risolto in modo differenziato.

Per i primi deve ovviamente tenersi conto dell’art. 2, comma 4, 1. n. 108/1996 e aversi riguardo al tasso medio risultante dalla rilevazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale aumentato della metà (essendo stato il contratto di mutuo concluso il 3 marzo 2000, e non essendo quindi ad esso applicabile la diversa disciplina contenuta nel d.l.
n. 70/2011);

per gli interessi moratori assume invece rilievo quanto precisato, di recente, dalle Sezioni Unite di questa Corte:
in particolare, poiché la 1. n. 108/1996 si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell’ambito del tasso effettivo globale medio (TEGM) non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali di cui all’art. 2, comma 1, della 1. n. 108 del 1996, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, il tasso- soglia sarà dato dal TEGM. , incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell’art. 2 sopra citato, mentre invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l’indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il tasso effettivo globale (TEG) del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il TEGM. così come rilevato nei suddetti decreti”.

Nel caso di specie risalendo il contratto di mutuo per cui è causa al 2011 ed essendo stata inserita solo nel dicembre 2017 l’indicazione separata anche dei tassi soglia moratori, al tasso soglia deve essere addizionata la maggiorazione predetta.

Le considerazioni che precedono impongono il rigetto dell’appello e la conferma integrale della spese del presenta di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo in base ai valori medi indicati nelle tabelle allegate al d.m.
n. 55 del 2014 per le cause del relativo scaglione di valore.

Stante la soccombenza integrale dell’appellante ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 1, comma 17 L. 228/2012.

La Corte d’Appello di Ancona, definitivamente pronunciando sull’appello proposto avverso la sentenza n. 822 del 29/11/2021 pronunciata dal Tribunale di Ascoli Piceno, così decide nel contraddittorio delle parti:
rigetta l’appello e conferma integralmente la sentenza impugnata;
condanna parti appellanti al rimborso in favore dell’appellata delle spese di lite, liquidate nella misura di € 10.000,00, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e CPA;
dichiara parte appellante tenuta pagamento di una somma pari a quella già versata a titolo di contributo unificato ex art. 1, comma 17, L. 228/2012.
Così deciso nella camera di consiglio in data 5/6/2024
Il Presidente dr. NOME COGNOME Il Consigliere Est.
NOME
NOME COGNOME

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