N. R.G. 4848/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di ROMA X
SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._14953_2024_- N._R.G._00004848_2021 DEL_02_10_2024 PUBBLICATA_IL_03_10_2024
nella causa civile iscritta al n. 4848 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2021, trattenuta in decisione all’udienza del 19/3/2024, svolta mediante trattazione scritta ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c., con assegnazione dei termini di legge per lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, e vertente TRA (C.F. elettivamente domiciliata a Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME COGNOME che la rappresenta e difende per procura in atti RAGIONE_SOCIALE (P. Iva ), in persona del legale rappresentante p.t. elettivamente domiciliata a Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende congiuntamente e disgiuntamente dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in atti CONVENUTA
OGGETTO: contratto preliminare
CONCLUSIONI
Le parti concludevano come da note di trattazione scritta in atti da intendersi integralmente riportate.
C.F.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, va evidenziato che la presente sentenza viene estesa senza l’esposizione dello “svolgimento del processo”, ai sensi delle indicazioni di cui al secondo comma dell’art. 132 c.p.c., come modificato per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 45, comma 17, della Legge 18 giugno 2009, n. 69, e in maniera sintetica a norma dell’art. 16 bis, comma 9 octies del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221 (comma aggiunto dall’art. 19, comma 1, lett. a), n. 2 ter) del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132). Devono, pertanto, considerarsi integralmente richiamati dalla presente pronuncia gli atti introduttivi e di costituzione delle parti, le memorie ex art. 183, VI comma, c.p.c., e i verbali di causa, compresi quelli ove è trascritta l’assunzione delle prove orali.
Appare comunque opportuno riportare, per comodità espositiva, le conclusioni delle parti e, sia pure brevemente, le rispettive deduzioni ed eccezioni.
ha convenuto in giudizio la (di seguito anche solo ) al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni:
“In via principale, accertare e dichiarare la nullità ex art 1418 cc del contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato fra le parti in data 28 gennaio 2016 per violazione delle norme di legge;
– In via principale subordinata, nella denegata ipotesi di mancato accoglimento dell’eccezione di nullità, accertare e dichiarare risolto il contratto preliminare di vendita per i gravi inadempimenti della di cui in narrativa;
– In ogni caso, condannare la in persona del legale rappresentante pro tempore:
1) alla restituzione in favore della Sig.ra dell’importo di € 106.000,00 (euro centoseimila/00) ovvero a identica somma per equivalente versata a titolo di acconto sul prezzo degli immobili oggetto del preliminare di vendita oltre agli ulteriori importi maturandi fino alla definizione della controversia, con rivalutazione e interessi ex art. 1284, co. 4, c.c. come per legge;
2) al risarcimento dei danni in favore dell’attrice per il mancato godimento delle unità immobiliari quantificati in complessivi € 118.000,00 (euro centodiciottomila/00), ovvero condannarla al pagamento della diversa somma ritenuta di giustizia, in ogni caso oltre agli ulteriori importi maturandi fino alla definizione della controversia, con rivalutazione e interessi ex art. 1284, co. 4, c.c. come per legge”.
A sostegno delle proprie pretese, l’attrice ha sostanzialmente rappresentato:
1) che, con contratto preliminare del 28/1/2016, si era impegnata ad acquistare due unità immobiliari di proprietà della site ad Anzio (Rm), in INDIRIZZO (meglio descritte in atti);
2) che, in forza dell’art. 3 del citato accordo, la si era espressamente impegnata a consegnarle i predetti cespiti contestualmente alla stipula del preliminare, nonché a convocarla per addivenire al rogito presso un notaio di sua scelta, entro la data del 31/3/2017;
3) che la convenuta le aveva altresì garantito che le unità immobiliari per cui è causa “sono realizzate e si trovano in condizioni tali da garantirne l’agibilità ferma comunque l’obbligazione di quest’ultimo ( farne conseguire il rilascio stesso” (art. 3), nonché la regolare “esecuzione dei lavori a regola d’arte ed in conformità alle vigenti norme di legge, regolamentari ed urbanistiche, nonché ai titoli abilitativi in premessa citati con le relative prescrizioni” (art. 6);
4) che, all’art. 4 del preliminare, il prezzo di vendita era stato complessivamente determinato in € 356.000,00, di cui € 106.000,00 da considerarsi già corrisposti mediante parziale compensazione del credito vantato dall’esponente a titolo di restituzione di somme versate come anticipo socio a favore della ed € 250.000,00 da versare a saldo, in un’unica soluzione, mediante accollo di parte del mutuo gravante sugli immobili, contestualmente alla stipula del definitivo;
5) che, successivamente alla sottoscrizione del contratto preliminare, aveva appreso che i suddetti cespiti erano gravati da numerose difformità urbanistiche ed edilizie;
6) che, infatti, durante i lavori di edificazione degli immobili per cui è causa – terminati nel 2010 – al fine di soddisfare le nuove esigenze di accesso all’ di Anzio Nettuno, la Immobiliare aveva necessariamente dovuto apportare delle modifiche alla viabilità interna del comparto INDIRIZZO, conseguentemente elaborando una variante urbanistica approvata dalla Giunta Municipale solo nel 2018, ovvero due anni dopo la stipula del citato preliminare;
6a) che la convenuta, una volta ottenuta la regolarizzazione urbanistica del comparto, aveva altresì provveduto a sanare le difformità edilizie – come modifiche alle tramezzature e spostamenti di finestre – ottenendo, nel febbraio 2020, la certificazione di agibilità degli immobili;
7) che le predette unità, pertanto, erano state edificate in totale difformità dal Piano Regolatore Generale (P.R.G.), e tale era la situazione anche al momento della stipula del contratto preliminare, il quale doveva quindi essere ritenuto nullo a ogni effetto di legge ex art. 1418 c.c., in quanto concluso in violazione dell’art. 40, comma 2, della L. 47/85, ovvero della legislazione vigente in materia;
7a) che era infatti evidente che il citato accordo fosse affetto tanto da una irregolarità formale – stante l’incompletezza, o addirittura l’omessa indicazione, dei titoli autorizzativi ivi menzionati, evincibile dal mancato riferimento agli estremi della “variante definitiva in corso d’opera in corso di approvazione” di cui all’art. 3 e del presupposto del Piano Regolatore Generale che ne rappresentava l’oggetto – quanto da una irregolarità sostanziale, concernente le difformità urbanistiche dell’intero comparto edificatorio C1 n. 21, sorto in virtù di titoli autorizzativi difformi dal piano regolatore generale;
8) la violazione dei principi di buona fede contrattuale ex art. 1375 c.c. atteso che la convenuta, con il citato accordo, aveva inteso commercializzare dei beni affetti da palesi difformità urbanistiche;
8a) che la infatti, con le garanzie prestate all’art. 3 del contratto preliminare pur essendo consapevole delle gravi difformità edilizie dei beni per cui è causa, aveva ingenerato nell’esponente la convinzione che gli immobili fossero almeno prossimi alla regolarizzazione, circostanza, questa, tuttavia avveratasi solo nel 2020;
9) che, in ogni caso, la convenuta si era resa gravemente inadempiente agli obblighi assunti agli artt. 3 e 7 del contratto preliminare, a causa, rispettivamente, della mancata consegna degli immobili all’atto di stipula dell’accordo – a fronte dell’anticipata ricezione di una quota del prezzo di vendita pari a € 106.000,00 – nonché della omessa convocazione, entro la data del 31/3/2017, dinanzi a un notaio di sua scelta al fine di addivenire al rogito;
9a) che il grave inadempimento della era altresì riconducibile alla mancata consegna dei certificati di agibilità delle unità immobiliari per cui è causa, concretamente conseguiti solo nell’anno 2020;
10) che il citato preliminare doveva pertanto essere dichiarato risolto, in ragione del grave inadempimento della convenuta, con conseguente diritto a ottenere la ripetizione dell’importo di € 106.000,00 versato in favore della stessa a titolo di acconto sul prezzo dei predetti cespiti, nonché il risarcimento dei danni patiti a causa del mancato godimento degli immobili, complessivamente quantificati in € 116.000,00, pari a un valore locatizio di € 1.000,00 mensili per ogni unità, a far data dal 28/1/2016;
11) la configurabilità della fattispecie “aliud pro alio”, stante l’assoluta difformità degli immobili oggetto di preliminare, tanto sotto il profilo quantitativo che sotto quello qualitativo, ai beni promessi in vendita.
Si è costituita in giudizio la chiedendo di sentire accogliere le seguenti conclusioni:
“- in via principale e nel merito:
rigettare le domande ex adverso spiegate in quanto infondate in fatto e in diritto per tutti i motivi esposti nella parte motiva della presente comparsa;
– ulteriormente nel merito:
accertare e dichiarare come non vi sia stato alcun inadempimento da parte della convenuta, attesa l’infondatezza e/o l’inesistenza dei fatti e delle circostanze ex adverso riferite, l’illegittimità delle doglianze eccepite da controparte unitamente al difetto assoluto di prova in ordine a tutti i fatti dedotti in atti, in ogni caso inidonei a costituire un grave inadempimento contrattuale e/o a fondare la legittimità della richiesta di risoluzione di diritto del contratto ai sensi e per gli effetti degli artt. 1454 e 1455 c.c. e per l’effetto, dichiarare la piena legittimità ed efficacia del contratto preliminare di acquisto di immobili del 28.01.2016; -in via riconvenzionale e di merito:
in via riconvenzionale, condizionata alla pronuncia di risoluzione del preliminare di compravendita immobiliare sottoscritto in data 28.01.2016, dichiarare tenuta e condannare parte attrice a corrispondere a titolo di indennità di occupazione senza titolo delle due unità immobiliari compromesse in vendita nella misura di €. 1.000,00 mensili cadauna come ex adverso indicato e richiesto o, nella misura diversa maggiore o minore che verrà accertata in corso di causa o ritenuta di giustizia e in ogni caso in misura non inferiore all’importo di € 106.000,00 imputato ad acconto prezzo, dalla mensilità di febbraio 2016 e sino alla effettiva restituzione delle unità immobiliari nella disponibilità della convenuta, oltre a tutte le spese inerenti il godimento degli immobili, ove non già corrisposte all’amministrazione condominiale, giusti accordi contrattuali sottoscritti in data 28.01.2016,con riserva di migliore accertamento nei termini di cui all’art. 183 VI comma c.p.c.”. La convenuta, in sintesi, ha eccepito:
1) l’assoluta infondatezza della domanda di risoluzione ex art. 1453 c.c. del contratto preliminare del 28/1/2016, spiegata da parte attrice, in ragione della mancata consegna dei cespiti per cui è causa;
1a) che, infatti, secondo quanto espressamente pattuito, la era stata immessa nel possesso dei citati immobili contestualmente alla stipula del contratto preliminare, in applicazione del disposto di cui all’art. 3 dello stesso, per cui “la consegna al promissario delle porzioni immobiliari in oggetto libere da persone e cose e perfettamente ultimate in ogni loro parte avverrà contestualmente alla sottoscrizione della presente scrittura e da tale data tutti gli oneri relativi alle porzioni immobiliari in oggetto saranno ad esclusivo carico del promissario”;
1b) che l’attrice, infatti, a seguito della stipula del citato accordo, non aveva mai contestato la mancata immissione nel possesso delle predette unità immobiliari, avendo, piuttosto, dato espressamente atto della circostanza contraria con la sottoscrizione dello stesso;
2) la non essenzialità del termine del 31/3/2017 stabilito dalle parti per addivenire al rogito, essendo stato meramente prospettato, nel preliminare, un periodo temporale di massima entro il quale procedere alla stipula del definitivo, in seguito superato di comune accordo con l’attrice;
3) la mancata previsione, nel preliminare, di un obbligo a proprio carico di invitare la promissaria acquirente a presentarsi dinanzi al notaio per la stipula del definitivo, ben potendo la stessa, pertanto, provvedervi autonomamente;
4) che la proprio in ragione della fiducia riposta nella deducente e della soddisfazione derivante dal possesso delle unità immobiliari per cui è causa, allo spirare del termine originariamente previsto per la stipula del definitivo, non aveva mai lamentato alcun inadempimento;
5) l’infondatezza della domanda di nullità ex art. 1418 c.c. del preliminare avanzata dall’attrice, essendo la stessa sempre stata a conoscenza della effettiva situazione urbanistica ed edilizia degli immobili per cui è causa, stante la specifica indicazione, nel preliminare stesso, dei titoli edilizi e delle successive varianti in corso d’opera sottese alla realizzazione del complesso edilizio;
5a) che, in particolare, quanto al certificato di agibilità, all’art. 3 dell’accordo, le parti avevano espressamente statuito che “il promittente garantisce fin d’ora che le porzioni immobiliari in oggetto sono realizzate e si trovano in stato tale da consentirne l’agibilità;
eventuali ritardi nel rilascio del certificato di agibilità da parte della competente amministrazione comunale non potranno essere addebitati al promittente, ferma comunque l’obbligazione di quest’ultimo a farne consentire il rilascio stesso ”;
5b) di aver, inoltre, espressamente dichiarato, al punto B) della premessa del contratto preliminare, che “su detto terreno la promittente ha edificato una serie di n. 123 unità immobiliari in forza di:
– permessi di costruire n. 19011/a e n. 19011/b rilasciati dal Comune di Anzio del 19.09.2006;
– proroga e variante definitiva in corso d’opera in corso di approvazione”;
6) di aver realizzato il complesso immobiliare di cui fanno parte i cespiti per cui è causa giusto contratto di appalto e capitolato sottoscritti con la 6a) che il ramo d’azienda di quest’ultima, destinato alla edificazione di immobili tra cui il predetto compendio immobiliare, era stato successivamente ceduto con contratto del 7/8/2009 alla la quale si era altresì occupata, per proprio conto, del servizio di sorveglianza e guardiania del complesso residenziale , il cui unico direttore dei lavori e progettista era stato il coniuge dell’attrice, 7) che l’evidente contiguità della con tutti i soggetti che avevano attivamente partecipato a ogni fase di progetto, realizzazione e successiva gestione del complesso residenziale di cui le unità immobiliari promesse in vendita facevano parte, non poteva in alcun modo legittimare la richiesta di risoluzione del contratto dalla stessa formulata;
8) che l’attrice aveva opzionato i predetti immobili per sé o per persona da nominare, al fine di realizzare un investimento finanziario e non, piuttosto, per soddisfare delle esigenze abitative, con la conseguenza che, eventuali perdite di interesse dovute alla contrazione del mercato immobiliare e/o a possibili problematiche connesse all’accollo del mutuo dovuto a titolo di saldo del prezzo – così come contrattualmente pattuito – non avrebbero in nessun caso potuto porsi a fondamento di un ingiustificato recesso dagli impegni contrattualmente assunti in assenza di alcun inadempimento a sé ascrivibile, stante la ricorrenza di tutti i requisiti necessari al fine di addivenire al rogito, ivi compreso il certificato di agibilità; 9) l’infondatezza delle domande, ulteriormente proposte dalla restituzione dell’importo di € 106.000,00 corrisposto a titolo di acconto prezzo, nonché di risarcimento dei danni, complessivamente pari a € 118.00,00, derivanti dal mancato godimento dell’unità immobiliari per cui è causa.
In via istruttoria è stata esperita la prova orale, nei limiti in cui era stata ammessa con ordinanza del 26/2/2022, qui da intendersi integralmente riportata e confermata;
all’esito, la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni di cui in epigrafe, con l’assegnazione dei termini di legge per conclusionali e repliche.
*** , premettendo di aver stipulato, in data 28/1/2016, un contratto preliminare con la in forza del quale si era impegnata ad acquistare due unità immobiliari di proprietà della stessa, site ad Anzio (RM), in INDIRIZZO ha agito in giudizio per ottenere l’accertamento della nullità del contratto o, in via subordinata, la risoluzione dello stesso per i gravi inadempimenti della nonché per ottenere la restituzione dell’importo di € 106.000,00 versato a titolo di acconto e il risarcimento dei danni, sostenendo che i suddetti beni fossero stati costruiti in totale difformità rispetto alle norme urbanistiche e regolamentari all’epoca vigenti e promessi in vendita in difetto del necessario certificato di agibilità, conseguito solo nel febbraio 2020. A fronte di tali contestazioni, la ha eccepito l’infondatezza della domanda di nullità del contratto preliminare spiegata dall’attrice, stante l’esatta indicazione, ivi contenuta, dei richiesti titoli edilizi e delle successive varianti in corso d’opera preordinate alla realizzazione del complesso edilizio, attese anche le specifiche disposizioni, di cui all’art. 3 del citato accordo, concernenti, in particolare, il certificato di agibilità.
A tale riguardo, occorre preliminarmente evidenziare che la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che la sanzione della nullità prevista dall’art. 40 l. 28 febbraio 1985 n. 47 (e successive modifiche) con riferimento a vicende negoziali relative a immobili privi della necessaria concessione edificatoria trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, come si desume dal tenore letterale della norma, nonché dalla circostanza che successivamente al contratto preliminare può intervenire la concessione in sanatoria degli abusi edilizi commessi o essere prodotta la dichiarazione prevista dalla stessa norma, ove si tratti di immobili costruiti anteriormente al 1º settembre 1967, con la conseguenza che in queste ipotesi rimane esclusa la sanzione di nullità per il successivo contratto definitivo di vendita, ovvero si può far luogo alla pronunzia di sentenza ex art. 2932 c.c. (v. Cass. Civ., Sez. III, 18/07/2011, n. 15734; nello stesso senso Cass. Civ. Sez. III, 19 dicembre 2013 n. 28456, Cass. n. 13225/2008; Cass. n. 9647/2006; Cass. n. 13024/1992).
Nel caso di specie, è pacifico che, a seguito della stipula del contratto preliminare del 28/1/2016, le difformità urbanistiche relative al complesso immobiliare comprendente i cespiti promessi in vendita all’attrice dalla siano state da quest’ultima regolarizzate, a seguito di specifica approvazione, da parte della Giunta Municipale, delle varianti ivi realizzate (cfr. doc. n. 2 accluso al fascicolo di parte attrice), e che il certificato di agibilità degli immobili per cui è causa sia stato in concreto ottenuto dalla convenuta, a seguito della presentazione della relativa SCIA in data 11/2/2020 (cfr. doc. n. 11 accluso al fascicolo di parte convenuta). Occorre inoltre sottolineare come, al punto B) della premessa del contratto, pur non essendo necessaria tale indicazione a pena di nullità, vista l’inapplicabilità del citato art. 40 al preliminare, la parte venditrice avesse comunque provveduto a precisare i titoli edilizi abilitativi relativi ai citati immobili, dichiarando in particolare che “su detto terreno la promittente ha edificato una serie di n. 123 unità immobiliari in forza di:
– permessi di costruire n° 19011/a e 19011/b rilasciati dal Comune di Anzio del 19.09.2006;
– proroga e variante definitiva in corso d’opera in corso di approvazione ” (cfr. doc. n. 3 accluso al fascicolo di parte convenuta).
Da tanto discende che la domanda di accertamento della nullità del contratto preliminare stipulato tra le parti, avanzata da , deve essere rigettata.
Quanto alla domanda di risoluzione ulteriormente avanzata dall’attrice, va rilevato che la ha eccepito l’insussistenza di alcun grave inadempimento a sé imputabile, stante l’avvenuta consegna degli immobili, la non essenzialità del termine del 31/3/2017 previsto per la stipula del definitivo, nonché l’insussistenza di alcun obbligo, su di sé gravante, di provvedere alla convocazione della promissaria acquirente, dinanzi al notaio, per addivenire al rogito.
Osserva il Giudicante che tali assunti difensivi colgono nel segno.
Invero, quanto alla consegna degli immobili per cui è causa, occorre evidenziare quanto espressamente dichiarato dalle parti all’art. 3 del contratto preliminare de quo – debitamente sottoscritto e, dunque, integralmente accettato dalla – secondo cui “la consegna al promissario delle porzioni immobiliari in oggetto libere da persone e cose e perfettamente ultimate in ogni loro parte avverrà contestualmente alla sottoscrizione della presente scrittura e da tale data tutti gli oneri relativi alle porzioni immobiliari in oggetto saranno ad esclusivo carico del promissario” (cfr. doc. n. 3 accluso al fascicolo di parte convenuta). Né dalla documentazione versata in atti è emersa alcuna pregressa contestazione avanzata dall’attrice nei confronti della circa l’omessa consegna, all’epoca della stipula del preliminare e quindi nel gennaio 2016, dei suddetti cespiti, dedotta per la prima volta in questa sede.
La sintesi di tali elementi porta pertanto a ritenere – alla luce dell’id quod plerumque accidit e ai sensi dell’art. 2727 c.c. – che gli immobili furono consegnati all’attrice all’epoca di stipula del preliminare.
Va altresì precisato che è evidente che il termine fissato per la stipula del definitivo – di cui all’art. 7 del contratto preliminare – non fosse essenziale.
A tale riguardo, è opportuno ricordare che, per condivisibile giurisprudenza, il termine per l’adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 1457 c.c., solo quando, all’esito di indagine, da condurre alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo.
Tale volontà non può desumersi solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre” quando non risulti dall’oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l’utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata (cfr. Cass. Civ. Sez. II, n. 5797/2005; nello stesso senso Cass. Civ. n. 3645/07).
Ebbene, nel caso di specie, non può ritenersi che il termine indicato nel citato preliminare per la stipula del definitivo fosse stato pattuito come essenziale, non emergendo dallo stesso alcun elemento che consenta di reputare che, l’inutile decorso del predetto termine, avrebbe comportato la definitiva perdita dell’utilità perseguita con il regolamento contrattuale.
Occorre altresì rilevare come, dal tenore letterale dell’art. 7 del contratto preliminare – così come configurato dalle parti – non sia possibile evincere la sussistenza di alcun onere, in capo alla promittente venditrice, di provvedere alla convocazione della promissaria acquirente dinanzi al notaio, al fine di addivenire al rogito, stante la generale previsione, ivi contenuta, per cui “l’atto notarile definitivo di vendita da stipularsi nella forma dell’atto pubblico verrà ricevuto da notaio scelto dalla parte venditrice. Il promittente provvederà, a sua cura e spese, a mettere a disposizione del predetto notaio rogante, con congruo anticipo, tutta la documentazione da questo richiesta per la stipula” (cfr. doc. n. 3 accluso al fascicolo di parte convenuta).
Con la predetta formulazione testuale, infatti, le parti avevano genericamente previsto che il rogito sarebbe stato effettuato da un notaio scelto dalla promittente venditrice, senza tuttavia attribuire a quest’ultima, lo specifico obbligo di provvedere alla convocazione dinanzi allo stesso della promissaria acquirente, la quale ben avrebbe potuto, dunque, attivarsi autonomamente per addivenire alla stipula del definitivo.
Né dalla documentazione prodotta in atti è emerso che, a seguito del decorso del termine del 31/3/2017, abbia mai lamentato alla il predetto inadempimento, manifestando il proprio perdurante interesse alla stipula.
Deve altresì evidenziarsi, quanto agli esiti dell’istruttoria orale, che non risulta che le parti abbiano ammesso, in sede di interrogatorio, circostanze a loro sfavorevoli.
A fronte delle suesposte risultanze, è dunque evidente che la non possa essere considerata inadempiente.
Occorre infine precisare che, per giurisprudenza costante, il successivo rilascio del certificato di abitabilità – rilascio che nel caso concreto è pacificamente avvenuto – esclude in radice la possibilità stessa di configurare la fattispecie di vendita di aliud pro alio (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 13/08/2020, n. 17123; nello stesso senso Cass. n. 6548/2010; Cass. n. 16918/2019).
Ne discende che anche la domanda di risoluzione deve essere disattesa.
Non essendo venuto meno il vincolo contrattuale che aveva giustificato il pagamento a titolo di acconto sul prezzo (atteso l’avvenuto rigetto delle domande di nullità e di risoluzione del contratto preliminare), anche la domanda di ripetizione d’indebito formulata da parte attrice deve essere rigettata.
Deve essere parimenti disattesa la domanda avanzata dalla volta a ottenere il risarcimento dei danni per il mancato godimento delle unità immobiliari, dovendosi ritenere, come si è detto sopra, che i citati immobili furono consegnati alla stessa all’epoca della stipula del preliminare.
Dal rigetto della domanda di risoluzione consegue l’assorbimento della domanda riconvenzionale condizionata, spiegata dalla Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo ai sensi del D.M. n. 55/2014.
Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa così provvede:
1. Rigetta le domande avanzate da 2. Dichiara assorbita la domanda spiegata in via riconvenzionale dalla 3. Condanna alla refusione delle spese di lite in favore della che liquida in complessivi € 11.268,00, oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge.
Così deciso in Roma il 2/10/2024 Il Giudice Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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