REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI FROSINONE
In composizione monocratica ed in persona del Giudice Dott.ssa ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 792/2021 pubblicata il 09/08/2021
Nella causa civile in I° grado iscritta al N° 2387 del Ruolo Generale dell’anno 2019 promossa da:
XXX, elettivamente domiciliata in, presso lo studio dell’Avv. che la rappresenta e difende giusta delega in calce dell’atto di citazione
– parte attrice /opponente –
CONTRO
YYY S.R.L., e per essa quale sua mandataria ZZZ S.P.A., elettivamente domiciliata in presso lo studio dell’Avv. che la rappresenta e difende giusta procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta
– parte convenuta/opposta –
OGGETTO: Opposizione a precetto.
CONCLUSIONI
All’udienza del 11.05.2021 le parti hanno concluso come da processo verbale di causa (da intendersi qui integralmente richiamato per relationem e trascritto).
FATTO E DIRITTO
1. Con atto di citazione ritualmente notificato XXX ha opposto l’atto di precetto notificatole dalla YYY S.R.L. e per essa quale mandataria da *** spa in data 09.07.2019, con il quale le è stato intimato, unitamente al Sig. ***, il pagamento della somma di euro 108.419,42 oltre interessi e spese, in base al contratto di mutuo a rogito del Notaio del 16.09.1993, garantito da ipoteca volontaria sui beni dell’odierna opponente; ella ha rappresentato che l’importo precettato costituiva il differenziale tra quanto originariamente dovuto e quanto ricavato (euro 15.670,87) dalla Banca in esito all’approvazione del progetto di distribuzione in una precedente procedura esecutiva immobiliare (43/1994 r.g.e.). Ella ha addotto quali motivi di opposizione: a) nullità del precetto per mancanza dei requisiti essenziali di cui all’art. 480 c.p.c., difettando esso dell’indicazione della data di notifica del titolo esecutivo azionato e dei suoi estremi; b) prescrizione del diritto di credito azionato, essendo trascorsi più di dieci anni dalla data dell’approvazione e dichiarazione di esecutività del progetto di distribuzione in seno alla procedura esecutiva in data 12.11.2008 e la data della notifica del precetto avvenuta il 09.07.2019; c) illegittimità della minacciata esecuzione per difetto di legittimazione attiva della società istante, non essendovi prova della iscrizione del credito ceduto nel registro delle imprese; d) illegittimità del precetto per mancata indicazione dei criteri di calcolo e determinazione della somma precettata; chiedendo: a) in via preliminare, di accertare e dichiarare la nullità del precetto; nella denigrata ipotesi in cui non si ritenga lo stesso nullo, di sospendere l’efficacia del titolo esecutivo; b) in via principale e nel merito, di sospendere l’efficacia del titolo esecutivo, accertare e dichiarare che il credito precettato dalla YYY S.r.l. nei confronti di XXX è prescritto, accertare e dichiarare il difetto di legittimazione attiva nella società convenuta; c) in via meramente subordinata, di ordinare alla Banca istante di esibire la documentazione a fondamento della somma richiesta e attestante la non prescrizione del credito; il tutto con vittoria di spese di giudizio, da distrarsi nei confronti del procuratore dichiaratosi antistatario.
Costituitasi in giudizio, YYY S.R.L., e per essa, nella qualità di mandataria, ZZZ S.P.A. (già *** S.p.a.), ha chiesto il rigetto dell’opposizione, con vittoria di spese di lite.
Accolta inaudita altera parte l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo azionato con provvedimento del 07.08.2019, confermata all’udienza del 21.01.2020; concessi alle parti i termini per il deposito di memorie istruttorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. e ritenuta la natura documentale della causa, essa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 11.05.2021 in esito alla quale, previa concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., veniva trattenuta in decisione.
2. L’opposizione è infondata e va respinta per i motivi che seguono.
3. Noto è che in materia di esecuzione forzata, il criterio distintivo fra l’opposizione all’esecuzione e l’opposizione agli atti esecutivi si individua considerando che, con la prima, si contesta l’an dell’esecuzione, cioè il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo ovvero – nell’esecuzione per espropriazione – della pignorabilità dei beni, mentre, con la seconda, si contesta solo il quomodo dell’esecuzione ossia la legittimità dello svolgimento dell’azione esecutiva attraverso il processo, deducendosi l’esistenza di vizi formali degli atti compiuti o dei provvedimenti adottati nel corso del processo esecutivo e di quelli preliminari all’azione esecutiva (cfr. in tema sul criterio distintivo in menzione, Cass. civ., sez. III, 03/08/2005, n.16262; sez. III, 25/11/2002, n.16569; sez. III, 03/08/2002, n.11646). Alla stregua di tale criterio, va qualificata come opposizione all’esecuzione ex art. 615 co. 1 c.p.c. l’opposizione proposta, nella parte in cui fa valere il difetto di legittimazione attiva della cessionaria del credito e la prescrizione del diritto di credito stesso, mentre va qualificata come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 co. 1 c.p.c. l’opposizione proposta contro l’atto di precetto, nella parte in cui si contesta la regolarità della procedura intrapresa, e quindi il vizio dell’atto relativo all’omessa menzione della notifica del titolo esecutivo e dei criteri di determinazione delle somme precettate.
Sulla base del richiamato criterio distintivo e della qualificazione della domanda come sopra, va dichiarata la tempestività dell’opposizione agli atti esecutivi, essendo l’atto di citazione stato notificato alla convenuta il 25.07.2019 e quindi entro il termine perentorio di giorni venti stabilito dall’art. 617 c.p.c.
4. Tanto premesso, in via preliminare, va esaminata l’eccezione di parte attrice in ordine al difetto di legittimazione attiva della società intimante.
Parte opponente ha denunciato il difetto di prova da parte della YYY srl e per essa di *** spa dell’avvenuta inclusione del credito vantato da *** spa nei confronti della XXX in base al contratto di mutuo del 16.09.1993 (rep. ) a rogito del Notaio ad *** srl e del successivo conferimento da parte di questa nel portafogli crediti ceduto in gestione, amministrazione e recupero all’intimante, non ritenendo peraltro sufficiente la mera pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avvenuta cessione dei crediti in blocco, essendo anche necessaria l’iscrizione nel registro delle imprese prevista dall’art. 4 l. 130/90.
Sul punto l’opposta ha prodotto tanto la visura della CCIAA da cui evincere l’intervenuta iscrizione della cessione in blocco dei crediti nel registro delle imprese quanto l’avviso di pubblicazione in G.U. della cessione medesima.
Orbene, si deve anzitutto capire se parte opponente abbia inteso eccepire effettivamente il difetto di legittimazione attiva della YYY S.r.l. ovvero abbia in realtà voluto contestarne la titolarità sostanziale del credito.
Sul punto si sono pronunciate le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 16.02.2016, n. 2951), ripercorrendo la distinzione tra legittimazione attiva e titolarità del rapporto controverso, sottolineando che a) la mancanza della prima integra una questione di rito e può ricavarsi dalla prospettazione fatta nella domanda di parte attrice/ricorrente, in questo caso del creditore; b) la titolarità dal lato attivo o passivo della posizione soggettiva oggetto dell’azione rappresenta una questione di merito, in quanto attiene alla fondatezza della domanda.
In quest’ottica, nessun dubbio circa la legittimazione attiva della creditrice intimante avuto riguardo alla sua prospettazione fattuale per come recata dall’avversato atto di precetto.
Dunque, nel caso di specie, può dirsi che il termine “legittimazione attiva” sia stato impiegato in senso “atecnico” dall’opponente: se ne deduce che questa ha voluto contestare la titolarità, in capo alla YYY, del credito per cui questa ha agito. Pertanto la Sig.ra XXX ha sostanzialmente sollevato una questione preliminare di merito, onerando così la società di fornire la prova della titolarità del rapporto obbligatorio dal lato attivo.
In proposito costituisce principio generale, e in quanto tale applicabile anche all’operazione di cartolarizzazione, che per essere opponibile un negozio di cessione deve contenere gli elementi minimi necessari alla cognizione del debitore circa la modificazione dal lato attivo dell’obbligazione da lui contratta; a questo fine tali elementi possono ricavarsi dal contratto di cessione, non essendo tuttavia necessaria o rilevante la sua accettazione. Pertanto la pubblicazione nella G.U. dell’avvenuta cessione esonera la cessionaria dalla notificazione al debitore ceduto, ma non dalla prova dell’esistenza della cessione stessa, in quanto una cosa è l’avviso della cessione un’altra è la prova della sua esistenza e del suo specifico contenuto (Cass. civ., sez. III, 13.09.2018, n. 22268). Si aggiunga che tale prova è imprescindibile, poiché chi si afferma successore della parte originaria ha l’onere di fornire la prova documentale della sua legittimazione, quindi nel caso di specie dell’effettività della cessione (Cass. civ., 02.03.2016, n. 4116).
In materia di cessioni di credito in blocco, da una parte, è vero che il mero fatto della cessione di crediti in blocco non è in sé sufficiente ad attestare che proprio e anche il credito oggetto di causa sia compreso tra quelli che sono stati oggetto di cessione, il che costituisce onere probatorio a carico della creditrice-cessionaria, per cui “la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare della parte creditrice originaria, in virtù di un’operazione di cessione in blocco D.Lgs. n. 385 del 1998 ex art. 58, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, a meno che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta” (v. Cass. n. 4116 del 2016, richiamata espressamente da Cass. civ., sez. VI, 05/11/2020, n. 24798). D’altra parte, è altrettanto vero che “In tema di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione” (così Cass. civ., sez. III, 13/06/2019, n.15884; Cass. civ., Sez. III, sent., n. 17110/2019; Cass. civ., Sez. V, sent., n. 31118 del 2017; nella giurisprudenza di merito v. Trib. Ragusa, sent., 18.01.2019, n. 68).
In definitiva si può dire che, per dimostrare di essere titolare del rapporto, la prova primaria è costituita dal contratto di cessione, da cui si possa ricavare che lo specifico credito per il quale essa agisce è stato effettivamente ed inequivocabilmente cartolarizzato; ad essa può tuttavia sopperirsi se si dimostri che il singolo credito ceduto integra tutti i requisiti e rientra in tutti i criteri indicati nell’estratto di cessione, pubblicato in G.U.
A questo proposito si sono pronunciati anche i Giudici di merito:
i) alcuni hanno ritenuto che la Gazzetta Ufficiale non sia sufficiente e che la prova dell’avvenuta cessione possa essere fornita solo con la produzione del contratto di cessione o, in alternativa, con una dichiarazione scritta e dettagliata firmata dalla cedente, nella quale si dia atto della cartolarizzazione di quella specifica posizione debitoria; ii) altre pronunce, facendo leva sulla lettera dell’art. 4 della L. n. 130/1999, che richiama l’art. 58 TU Bancario, hanno sostenuto che la prova della titolarità del credito sia compiutamente fornita solo con la produzione in giudizio dell’estratto della Gazzetta Ufficiale. (Trib. Cuneo, sent., 11.05.2018, n. 387, che ha ritenuto sufficiente la G.U., in un caso nel quale, però, era stato anche prodotto il contratto di cessione; Trib. Pavia, sent., 01.02.2019, n. 184, secondo cui la normativa non prevede l’indicazione specifica nell’avviso di cessione e, quindi, in materia di cartolarizzazioni non sarebbe necessaria né la notifica al debitore, né l’individuazione del singolo rapporto di credito in base ai criteri pubblicati in Gazzetta Ufficiale).
Sul punto la società opposta, come detto, ha inizialmente prodotto in giudizio la visura della camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi della YYY e l’estratto della Gazzetta Ufficiale del giorno 09.08.2017 circa il contratto di cessione di rapporti giuridici in blocco del 14.07.2017, da cui emerge che a) la YYY S.r.l., nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione di crediti ceduti da *** S.r.l. e da *** S.p.A., aveva acquistato pro soluto “tutti i crediti … derivanti da contratti di mutuo, di apertura di credito o da finanziamenti erogati in altre forme tecniche che alla data del 14 luglio 2017 risultavano nella titolarità di *** S.r.l.”; b) la *** S.p.A. era stata incaricata dalla YYY S.r.l. di riscuotere detti crediti.
Oltre all’estratto appena citato, veniva successivamente prodotto dall’opposta, al fine di ricostruire le varie cessioni susseguitesi nel tempo, l’estratto della Gazzetta Ufficiale del 25.11.2014 in ordine alla cessione – avvenuta in data 20.11.2014 – di crediti individuabili in blocco da *** S.p.A. ad *** S.r.l. In aggiunta, veniva depositato atto del 21.01.2015 del Notaio, con cui *** nominava procuratrice speciale *** S.p.A. () per la gestione del recupero dei crediti acquistati. Quest’ultima Banca, invero, necessitava di apposita procura speciale per dare esecuzione al proprio compito, in quanto a) in data 20.11.2014 *** S.r.l. aveva conferito a *** l’incarico di amministrare, gestire, incassare e recuperare i crediti oggetto della cartolarizzazione; b) con atto di scissione parziale del 23.12.2014 *** S.p.A. era subentrata a *** nel predetto incarico; c) il giorno 24.12.2014 veniva sottoscritto tra *** ed *** S.p.A. un contratto di “Ausiliario del Servicer” con cui la seconda delegava alla prima l’attività di amministrazione, gestione, incasso e recupero dei crediti.
Parte opposta produceva poi anche l’atto del Notaio del 20.07.2017, mediante il quale la YYY, essendo – in virtù della predetta operazione di cartolarizzazione e a partire dal 14.07.2017 – divenuta titolare di un pacchetto di crediti “in sofferenza” trasferiti ad essa da *** S.p.A. ed ***, nominava ZZZ S.p.a. (già *** e prima ancora ***) procuratore speciale.
Con la seconda memoria di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c., la YYY depositava in giudizio anche la dichiarazione rilasciata da *** S.p.A., in nome e per conto di ***, che attesta come tra i crediti compresi nella cessione a favore di YYY S.r.l. rientrino anche i crediti vantati nei confronti di XXX (e ***) derivanti da mutuo ipotecario.
Allegata alla dichiarazione v’è schermata riguardante la posizione facente capo ai Sig.ri XXX e *** con il Codice CR n., ossia il codice con il quale la posizione a sofferenza viene comunicata alla Centrale Rischi, il quale si rinviene nell’elenco dei debitori inclusi nella cessione (v. pag. 103 della stessa dichiarazione appena citata, ma anche pag. 94 del medesimo elenco in allegato – all. 08 – alla memoria 183 n. 1, c.p.c. di parte opposta).
In ordine a tale ultima questione, la Sig.ra XXX – nella comparsa conclusionale – rilevava che la Banca aveva rappresentato che la posizione facente capo a lei e al Sig. *** era identificata con il Codice CR n. solo nella terza memoria di cui all’art. 183 c.p.c. e in nessun atto della Banca era mai stato attribuito all’opponente detto codice. Questa circostanza, dunque, a suo avviso, non poteva esser presa in considerazione dal Tribunale, in quanto il termine di 20 giorni previsto dall’art. 183, comma 6, n. 3, c.p.c. attiene solo alle indicazioni di prova contraria e non anche alle precisazioni della domanda.
In realtà però, come già rilevato, tale Codice risulta attribuito alla posizione della Sig.ra XXX nella dichiarazione di *** S.p.A. depositata dalla YYY in sede di seconda memoria ex art. 183 c.p.c. (segnatamente a pag. 3 del relativo allegato) e quindi in una fase in cui le parti hanno la possibilità di indicare mezzi di prova e produzioni documentali; quella contenuta nella terza memoria ex art. 183 della Fino 2 costituisce una mera sottolineatura di ciò che parte opposta aveva già prodotto nella precedente memoria al fine di dimostrare ulteriormente la propria titolarità della posizione attiva.
Ove pure si intendesse privare detta documentazione di valore probatorio in ordine ai fatti costitutivi della domanda creditoria, resta comunque con valore dirimente la dichiarazione resa dal creditore cedente che attesta l’inclusione della debitoria nella cessione in blocco a comprovare l’esistenza dell’atto e la cessione del credito.
Orbene, alla luce della documentazione prodotta, non v’è ragione di dubitare della esistenza e della conformità del contenuto del contratto di cessione alle attestazioni della cedente, sicchè l’opposta ha adempiuto all’onere probatorio relativo alla propria titolarità della posizione attiva, che pertanto sussiste certamente in capo alla YYY.
Di conseguenza le censure sollevate sul punto dalla XXX risultano destituite di fondamento e, in questa prospettiva, si giustifica anche la reiezione dell’istanza di “stralcio” della relativa documentazione prodotta dalla YYY. Ulteriormente basti dare atto del fatto che, in relazione alle prove costituite (come, appunto, i documenti in questione), la cui ammissibilità si riduce alla tempestività e ritualità della loro allegazione in atti, non se ne può disporre lo “stralcio” in sede civile, ma eventualmente può solo darsi atto della loro inutilizzabilità all’atto della decisione, ipotesi quest’ultima che comunque non trova spazio nel caso in esame.
5. Risulta infondato anche il motivo di opposizione che attiene alla mancanza nel precetto dei requisiti essenziali di cui all’art. 480 c.p.c.
La XXX ha sostenuto che nel precetto non erano stati indicati né la data di notifica del titolo esecutivo né gli estremi dello stesso, dal che discenderebbe la nullità del precetto e l’insanabilità del vizio per raggiungimento dello scopo.
La YYY eccepiva sul punto l’inaccoglibilità della deduzione di controparte, in quanto l’atto di precetto notificato contiene tutti gli elementi di cui all’art. 480 c.p.c. ed inoltre precisava che il finanziamento in questione, erogato ai sensi dell’art. 38 ss. del D.Lgs. 385/93, è esente dall’obbligo della notificazione.
Sulla questione è opportuno osservare che la Corte di Cassazione, intervenendo sul tema dei vizi di nullità del precetto determinati da carenze circa aspetti contenutistici e sostanziali dell’atto, ha sostenuto in generale che il precetto è valido nonostante la mancata indicazione della data di notifica dell’ingiunzione su cui è fondato, qualora, a dispetto del vizio di difformità dallo schema legale, vi sia stato il raggiungimento dello scopo cui l’atto è destinato, ossia che il debitore sia stato messo in condizione di individuare comunque il creditore, la somma azionata ed il titolo su cui si fonda la pretesa (cfr., in particolare, Cass. civ., 28 gennaio 2020, n. 1928; Cass. civ., sez. 6 3, ord., 18.07.2019, n. 19440.
In linea con tale conclusione, nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Trento, sent., 31.07.2013, n. 682; Trib. Cassino, sent., 03.12.2013, n. 991; Trib. Milano, sent., 14.03.2014, n. 3777, nella specie si trattava di un’opposizione al precetto, per mancata indicazione del titolo esecutivo precedentemente notificato; Trib. Ferrara, sent., 10.05.2018, n. 359).
Più nel dettaglio “la nullità del precetto, derivante dalla mancata indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo, è sanata, per il raggiungimento dello scopo dalla proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi, in tutti i casi in cui questa si limiti a lamentare l’esistenza dell’irregolarità formale in sé considerata senza dedurre che essa abbia causato pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento della procedura esecutiva” (Cass. civ., sez. 6 3, ord., 18.07.2018, n. 19105).
Peraltro la giurisprudenza ha affermato che, in ogni caso, all’omessa indicazione del titolo esecutivo non consegue la nullità del precetto “quando l’esigenza di individuazione del titolo risulti comunque soddisfatta attraverso altri elementi contenuti nel precetto stesso, la cui positiva valutazione da parte del giudice di merito – insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata – può essere utilmente ancorata al successivo comportamento del debitore (consistente, nelle specie, nel pronto pagamento dell’importo precettato).” (Cass. civ., sez. III, sent., 02.12.2014, n. 25433).
In definitiva non vi è un automatismo tra la mancata indicazione del titolo esecutivo o della data di notifica dello stesso e la nullità del precetto in quanto, in tali circostanze, bisogna analizzare l’intero contenuto dell’atto al fine di individuare con esattezza qual è il titolo esecutivo per il quale si agisce e qual è la data della sua notifica.
Tanto premesso in generale, in specie può osservarsi che dall’atto di precetto depositato in atti dalla Sig.ra XXX in data 31.07.2019 emerge chiaramente l’indicazione del titolo esecutivo: si fa riferimento al “contratto di mutuo a rogito Notaio di Alatri (FR) del 16/09/1993 rep. 10295 racc. 3599, garantito da iscrizione di ipoteca volontaria 17/09/1993 al n. 1430 di formalità sui cespiti di proprietà della sig.ra XXX”. Si precisa poi che il credito intimato deriva dalla differenza tra quello vantato in origine e quanto percepito (euro 15.670,87) dalla Banca da una precedente esecuzione immobiliare (n. 43/94 r.g.e.). Nulla si rinviene invece in ordine alla notifica del citato titolo esecutivo, ma sul punto va osservato che non è in contestazione tra le parti che il contratto di mutuo a rogito notaio del 16.09.1993 fosse assoggettato alla disciplina dei mutui fondiari di cui agli artt. 38 e ss. T.U.B.
I procedimenti esecutivi relativi al credito fondiario seguono le regole ordinarie, previste dagli artt. 569 ss. c.p.c., ma con le specificazioni previste dall’art. 41 del D.lgs. n. 385/1993 (TU Bancario) e quest’ultima disposizione prevede in particolare che nell’esecuzione riguardante i crediti fondiari è escluso l’obbligo della notificazione del titolo contrattuale esecutivo. In altri termini, nel processo esecutivo per la soddisfazione di un credito fondiario, la banca non ha l’obbligo di notificare il titolo, ma il precetto deve comunque contenere l’indicazione del titolo esecutivo da cui il credito è assistito.
Nel caso di specie la XXX contesta l’omessa indicazione nell’atto di precetto della data di notifica; ma la censura è infondata perché non sussistendo obbligo di notifica del titolo, essendo già vigente il disposto normativo richiamato all’epoca della stipulazione negoziale, la relativa omissione in specie risulta del tutto priva di rilievo (né potrebbe pretendersi di ottenere menzione della data di un adempimento che il creditore è per legge esonerato dal compiere, facendone discendere invalidità escluse dal tessuto normativo).
Inoltre l’opponente, in sede di prima memoria ex art. 183 c.p.c., precisava ulteriormente che l’atto di precetto avrebbe anche dovuto contenere la data di deposito e di esecutività del piano di riparto, costituendo quest’ultimo titolo esecutivo su cui fondare una nuova procedura esecutiva.
Premesso che – com’è noto – il titolo esecutivo rappresenta quel documento che accerta il diritto del creditore, in base al quale è possibile esercitare l’azione esecutiva, nel caso di specie non è il piano di riparto a rappresentare il titolo con cui la YYY può intraprendere l’esecuzione forzata, ma esso rimane il contratto di mutuo stipulato nel 1993. D’altra parte è noto che il progetto di distribuzione non spiega alcuna efficacia esecutiva al di fuori della procedura in seno alla quale è adottato e approvato, quindi a maggior ragione non potrebbe costituire il titolo esecutivo di una ipotetica nuova esecuzione.
Perciò, alla luce dei principi appena richiamati e dell’analisi del precetto oggetto di opposizione, la deduzione contenuta nel primo motivo di opposizione, così come specificato negli scritti difensivi successivi all’atto introduttivo, risulta infondata.
6. Quanto alla censura riguardante l’intervenuta prescrizione del diritto di credito vantato dalla YYY, parte opponente ha dedotto che, poiché dalla data di approvazione del progetto di distribuzione in seno alla procedura esecutiva immobiliare n. 43/1994, divenuto esecutivo per mancanza di contestazioni il 12.11.2008, alla data di notifica del precetto avvenuta il 09.07.2019 erano trascorsi più di 10 anni, il credito azionato si è prescritto ai sensi dell’art. 2946 c.c.
Sulla scorta di tale argomento, è stata accordata la sospensione inaudita altera parte dell’efficacia esecutiva del titolo azionato con decreto del 07.08.2019.
Senonchè l’opposta, nel costituirsi in giudizio, ha allegato e provato di aver inviato alla XXX in data 11.01.2011 una lettera raccomandata con la quale le veniva intimato il pagamento del residuo dovuto, interrompendo così la prescrizione (all. 3 del fascicolo di parte convenuta).
L’avviso di ricevimento della comunicazione risulta sottoscritto da tal *** persona diversa dai destinatari della missiva (XXX e ***), sicchè la XXX ritiene che detta comunicazione sia inidonea a interrompere la prescrizione e disconosce altresì la copia allegata in atti dall’opposta, sostenendo di non aver mai ricevuto la predetta raccomandata né di averne mai preso visione; piuttosto, la Banca avrebbe dovuto inviare ai destinatari una comunicazione di avvenuta notifica (CAN) e, in ogni caso, la missiva non denotava una inequivocabile volontà di interrompere la prescrizione.
Invero con tale lettera, la *** S.p.a. informava i Sig.ri XXX e
*** dell’imminente fusione per incorporazione (a partire dal 1° gennaio 2011) della *** S.p.a. in ***, specificando che essa, in quanto mandataria di Aspra, aveva incarico di recuperare il credito vantato nei loro confronti (quantificato in euro 116.762,54).
Le eccezioni dell’opponente non sono meritevoli di accoglimento.
6.1. Anzitutto v’è da precisare che l’atto di costituzione in mora del debitore, per produrre i suoi effetti e, in particolare, l’effetto interruttivo della prescrizione, deve essere diretto al suo legittimo destinatario, ma non è soggetto a particolari modalità di trasmissione, né alla normativa sulla notificazione degli atti giudiziari. Pertanto, nel caso in cui detta intimazione sia inoltrata con raccomandata a mezzo del servizio postale, la sua ricezione da parte del destinatario può essere provata anche sulla base della presunzione di recepimento fondata sull’arrivo della raccomandata all’indirizzo del destinatario, che dovrà, dal suo canto, provare di non averne avuta conoscenza senza sua colpa.
In specie, va primariamente osservato che la XXX si è limitata ad affermare che la raccomandata è stata ricevuta da soggetto diverso dai destinatari ma non ha allegato l’erroneità dell’indirizzo di recapito né, a ben guardare, l’assoluta estraneità della sig.ra *** rispetto alla deducente.
Considerato che è principio consolidato che in caso di notificazione a mezzo posta, si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati (art. 14 L. n. 890/1982) e non quelle del codice di procedura civile, valevoli nel caso di consegna degli atti da parte dell’ufficiale giudiziario (art. 149 c.p.c.); nei casi di momentanea assenza del destinatario, la notifica è ritenuta valida anche quando viene effettuata non a mani proprie della persona cui l’atto è indirizzato, ma anche ad una persona diversa, purché la consegna sia avvenuta presso l’indirizzo del destinatario e non in un luogo diverso; deve rilevarsi che la stessa giurisprudenza che viene citata dall’opponente per fondare le proprie argomentazioni depone nel senso che si indica, perché la Cassazione ha evidenziato che l’atto di costituzione in mora del debitore, per produrre i suoi effetti e, in particolare, l’effetto interruttivo della prescrizione, deve essere diretto al suo legittimo destinatario, senza vincolo a particolari modalità di trasmissione, nè alla normativa sulla notificazione degli atti giudiziari; è sufficiente una raccomandata a mezzo del servizio postale, la cui ricezione da parte del destinatario può essere provata anche sulla base della presunzione di recepimento fondata sull’arrivo della raccomandata all’indirizzo del destinatario, che dovrà, dal suo canto, provare di non averne avuta conoscenza senza sua colpa, trattandosi di presunzione iuris tantum .
Non è sufficiente in specie che la XXX abbia affermato di non aver ricevuto la missiva e che il soggetto cui l’atto è stato consegnato sia diverso dai destinatari dello stesso, laddove è a suo carico l’onere di provare la totale estraneità del soggetto che ha firmato per ricevuta la raccomandata, ad esempio depositando un certificato di residenza cumulativo, uno stato di famiglia dal quale evincere che la sig.ra *** non è familiare nè convivente coi debitori, circostanze, queste, idonee a fondare quanto meno un dubbio circa l’effettiva impossibilità per la XXX di avere notizia dell’atto e della non ascrivibilità di tale situazione a sua colpevolezza.
In questo senso va correttamente inteso il principio espresso da Cass. n. 9303 dell’8 giugno 2012 e Cass. n. 20924 del 27 ottobre 2005, per cui “la spedizione di un atto al corretto indirizzo del destinatario non basta, da sola, per presumere che il destinatario l’abbia conosciuto. A tal fine è invece necessario che il plico sia effettivamente pervenuto a destinazione, in quanto il principio di presunzione di conoscenza, posto dall’art. 1335 c.c., opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione, ma non quando l’agente postale abbia consegnato lo stesso a soggetto del tutto estraneo al destinatario”. Nulla di tutto ciò è però ricorso nel caso di specie.
Non essendo perciò necessaria l’indicazione nell’avviso di ricevimento delle generalità del soggetto diverso dal destinatario (segnatamente della Sig.ra ***) né della relazione intercorrente tra questa ed i Sig.ri XXX e ***; considerato che l’agente postale neppure era tenuto ad inviare un’altra raccomandata al destinatario; la comunicazione risulta correttamente e validamente inviata agli effetti che occupano. Né varrebbe a confutare detta conclusione il mero generico disconoscimento della copia dell’avviso di ricevimento depositato laddove non sono state allegate specifiche censure o rilievi che valgano a far dubitare della effettiva corrispondenza della copia prodotta all’originale.
6.2. In ordine poi all’altra doglianza eccepita dalla Sig.ra XXX circa la mancanza di una chiara ed inequivocabile volontà di interrompere la prescrizione, si deve chiarire nello specifico quando un atto può essere effettivamente idoneo ad interrompere il termine prescrizionale.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, affinché un atto possa avere efficacia interruttiva, deve contenere la chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo). Tale ultimo requisito non è soggetto a rigore di forme, non richiede l’uso di formule solenni né l’osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto (Cass. civ., sent., 28 novembre 2016, n. 24116).
Nella lettera in esame si rinvengono chiaramente tanto i soggetti obbligati, *** e XXX, quanto la pretesa derivante da un’esposizione pari ad euro 116.762,54 al giorno 17.12.2010 in virtù del mutuo ipotecario. E poi si legge testualmente che la *** era stata incaricata di “intraprendere ogni iniziativa, anche giudiziale, per il recupero del credito in oggetto”, così veniva intimato “il pagamento di quanto dovuto entro e non oltre 15 giorni dalla ricezione della presente”, specificando che il relativo versamento poteva esser effettuato presso gli uffici della Banca mostrando la “lettera e/o le precedenti comunicazioni ricevute ovvero presso qualunque sportello bancario utilizzando il testo allegato”. Ad ulteriore conferma della evidente volontà della *** di far valere il proprio diritto vantato nei confronti di XXX e ***, si precisava che, in mancanza dell’adempimento richiesto, avrebbero provveduto “senza ulteriore preavviso” ad “esperire ogni azione ritenuta opportuna per il recupero del credito”.
Dunque, per le caratteristiche appena enucleate, la missiva del 21.12.2010 costituisce certamente un atto interruttivo della prescrizione e, giacché – per ciò che è dato sapere – il successivo atto idoneo in tal senso è la notifica del precetto in questione (avvenuta in data 09.07.2019), il credito in questione non è prescritto e la contestazione dell’opponente è perciò infondata.
7. Quanto infine al motivo di opposizione concernente la mancata determinazione delle modalità con cui si è arrivati alla somma precettata, l’opponente si duole del fatto che a fronte di un mutuo per originari 60 milioni di lire e di un soddisfacimento parziale del credito di € 15.670,87 non si comprende quale calcolo si sia seguito per addivenire ad un importo precettato di ben € 108.419,42 quale differenziale tra originario dovuto e quanto ottenuto in sede esecutiva.
Sul punto la YYY, sostenuta la correttezza dell’importo precettato ed eccepita la mancanza di analiticità e di puntualità delle “anomalie” riscontrate da controparte, argomenta circa la sufficienza dell’indicazione in precetto dell’obbligo di pagare una somma di denaro, non essendo richiesta anche la specifica dei criteri attraverso i quali si è giunti alla determinazione dell’importo richiesto (Cass. civ., n. 4008 del 2013; Cass. civ., n. 11281 del 1993) e ha comunque depositato estratto conto certificato ai sensi dell’art. 50 tub.
Come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza richiamata dalla convenuta, il precetto opposto non è nullo in quanto l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo contenuto nel precetto non richiede quale requisito formale, a pena di nullità, oltre alla indicazione della somma domandata in base al titolo esecutivo, anche quella del procedimento logicogiuridico e del calcolo matematico seguiti per determinarla.
Nel caso di specie il precetto notificato all’opponente specifica in maniera chiara l’importo del debito residuo richiamando altresì l’assegnazione in sede esecutiva avvenuta in suo favore della minor somma di € 15.670,87, chiarendo che il precettato costituisce il differenziale tra il debito originario e quello attualizzato.
Va rilevato peraltro che in specie nessuna delle parti si è premurata di produrre in giudizio il titolo esecutivo e il piano di ammortamento e la stessa opponente si è limitata ad allegare anomalie e illegittimità nei criteri di calcolo degli interessi applicati dalla Banca, senza fornire migliore specificazione in ordine – ad esempio – alla consistenza del proprio inadempimento (quante e quali rate sono rimaste impagate, quale era il debito residuo in quota capitale, quale il tasso di interessi applicato, etc.) e che, oltre a risultare comunque aspecifiche, non sono state accompagnate da adeguato supporto probatorio, quantunque in punto di principio di prova. La XXX ha richiesto che fosse la Banca a depositare la documentazione contrattuale, al fine di dare dimostrazione della non prescrizione del credito. Superata la doglianza però, ogni ulteriore censura che riguardi la consistenza della debitoria o altri fatti estintivi impeditivi o modificativi del diritto fatto valere debbono essere dimostrati dall’opponente, la quale mai ha allegato di non essere in possesso della documentazione in discussione.
La stessa richiesta di consulenza tecnica d’ufficio svolta dalla XXX per il calcolo e la natura degli interessi si appalesa pertanto del tutto esplorativa, incontestata essendo tra le parti l’esistenza del contratto di mutuo quale titolo esecutivo.
È vero che, per giurisprudenza costante, con l’opposizione ex art. 615 c.p.c. il debitore può contestare l’atto di precetto notificato sulla base di un mutuo illegittimo per la presenza di tassi usurari, tuttavia al di là della circostanza per cui l’argomento non è stato tempestivamente introdotto in giudizio (entro la prima memoria istruttoria ex art. 183 co. 6 c.p.c.), parte opponente nulla ha provato in ordine all’usura degli interessi, neppure avendo prodotto in giudizio il contratto onde consentirne un primo riscontro ufficioso quanto meno per tabulas.
Ora, la funzione della C.T.U. è infatti quella di fornire al giudice cognizioni tecniche che questi non possiede, pertanto essa non esonera la parte dalla prova, anche documentale, dei fatti dedotti e della quale è onerata: di conseguenza la consulenza tecnica d’ufficio non può essere disposta al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume (Trib. Avellino, Sez. I, sent., 22.02.2017, n. 345). In specie, ove disposta, la C.T.U. contabile avrebbe avuto il solo scopo di sondare la fondatezza delle mere allegazioni dell’opponente sulla base di una documentazione del tutto incompleta, finendo pertanto per supplire alla deficienza di tali allegazioni e compiendo un’attività meramente esplorativa.
8. Per tutto quanto sopra l’opposizione va rigettata.
9. La regolamentazione delle spese di lite segue la soccombenza e ne viene operata liquidazione in dispositivo sulla base dei parametri di liquidazione di cui alla Tabella n. 2 allegata al D.M. 55/2014 sullo scaglione di valore compreso tra euro 52.000,00 ed euro 260.000,00, ridotti della metà attesa la scarsa complessità delle questioni giuridiche poste e dell’attività istruttoria espletata.
Quanto alla domanda di parte opposta, in ordine alla condanna della XXX ai sensi dell’art. 96 c.p.c., se ne deve rilevare l’infondatezza, in quanto, se nel caso di specie sussiste un presupposto per la configurazione della responsabilità processuale aggravata di cui all’art. 96 c.p.c. (l’infondatezza della domanda giudiziale), non si rinviene tuttavia l’altro presupposto, in egual maniera necessario, ossia l’accertamento se la parte abbia agito con mala fede o colpa grave (art 96, comma 1, c.p.c.) o abbia violato le regole della comune prudenza per agire in giudizio (art. 96, comma 2, c.p.c.): non v’è dimostrazione né dell’uno né dell’altro presupposto e dunque non può darsi seguito alla domanda in tal senso.
P. Q. M.
Definitivamente pronunciando nel giudizio civile di I° grado iscritto al n. 2387 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi Civili dell’Anno 2019, introdotto da XXX nei confronti di YYY S.R.L. e per lei ZZZ S.P.A., quale sua mandataria, e avente ad oggetto opposizione a precetto, rigettata ogni altra domanda ed eccezione, così decide:
– RIGETTA la domanda;
– CONDANNA parte opponente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida nella già ridotta misura di euro 6.715,00 per compensi, oltre rimborso forfetario spese generali, IVA e CAP come per legge.
Alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Frosinone, il 09.08.2021
IL GIUDICE
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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