R.G. n. 632/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI GENOVA SEZIONE SECONDA CIVILE nelle persone dei magistrati Dott. NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere relatore Dott. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._1369_2024_- N._R.G._00000632_2023 DEL_14_11_2024 PUBBLICATA_IL_14_11_2024
Nella causa civile d’appello avverso la sentenza N. 1095/2023 del Tribunale di Savona promossa da:
in persona del Direttore pro tempore, , in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova, presso i cui uffici, siti in Genova, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata COGNOME contro in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Savona, INDIRIZZO come da mandato in atti DELLE PARTI:
Per gli appellanti:
“Voglia Codesta Corte d’Appello, contrariis reiectis, in accoglimento dei motivi di appello sopra dedotti, annullare e/o riformare la sentenza impugnata e, per l’effetto:
– dichiarare la nullità dell’atto unilaterale di rinuncia impugnato posto in essere dalla convenuta con atto del 5.9.17 ricevuto dal Notaio dott. , Rep. N. 66822 Racc. n. 38686, registrato a Savona in data 20.9.17 al n. 5344/1T, avente ad oggetto gli immobili siti nel Comune di Finale Ligure (SV) così identificati (doc. 1 fascicolo di parte di primo grado):
1) appezzamento di terreno, censito al Catasto terreni del Comune di Finale Ligure al fg. – mapp. 521 – bosco misto;
2) appezzamento di terreno, censito al Catasto terreni del Comune di Finale Ligure al fg-mapp. 475 (uliveto) e 555 (bosco misto);
3) appezzamento di terreno, censito al Catasto terreni del Comune di Finale Ligure al fg. 38-mapp. 553 (frutteto irriguo) -474 (bosco ceduo) -439 (bosco misto);
– occorrendo, condannare la convenuta alla ripetizione in favore delle Amministrazioni odierne attrici degli esborsi dalle stesse eventualmente sostenuti a titolo di oneri manutentivi ordinari e straordinari nel periodo successivo alla rinuncia ed anche nelle more del presente giudizio in relazione all’immobile oggetto di causa.
Con il favore delle spese in relazione ad entrambi i gradi di giudizio”.
Per l’appellata:
“Piaccia all’Ill.ma COGNOME;
rejectis contrariis;
previo rigetto dell’istanza di acquisizione del verbale di ispezione demaniale del 9.2.23, prodotto da controparte in violazione del 3° comma dell’art. 345 cpc;
Dichiarare inammissibile e comunque rigettare, perché destituito di fondamento giuridico e fattuale, l’appello proposto dall’ e dal avverso la sentenza n. 1095/2022 del Tribunale di Savona.
In ogni caso, assolvere la conchiudente da tutte le domande contro di lei formulate.
Con vittoria delle spese e competenze professionali difensive del doppio grado di giudizio, oltre rimborso forfettario 15%, IVA E CPA.
” SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato l e il convenivano in giudizio, dinanzi il Tribunale di Savona, ripetizione delle spese sostenute dall’Amministrazione a titolo di oneri manutentivi ordinari e straordinari.
Parte attrice, a sostegno della domanda, deduceva che:
-in data 05.09.2017, la società sottoscriveva, con atto a rogito Notaio , un atto di rinuncia unilaterale al diritto di proprietà avente ad oggetto i terreni censiti al Catasto del Comune di Finale Ligure al Foglio 38, mappali 521, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA, acquisiti al patrimonio dello Stato in forza dell’art. 827 c.c. Lamentava che attraverso l’atto notarile impugnato, la convenuta aveva inteso rinunciare alla proprietà degli immobili al solo fine di liberarsi degli oneri e delle responsabilità connessi al mantenimento del diritto reale sui predetti beni e che, pertanto, l’atto di rinuncia posto in essere risultava nullo, per illiceità della causa e, quindi, improduttivo di effetti giuridici. Si costituiva in giudizio contestando in toto la domanda e chiedendone il rigetto.
Rilevava che l’istituto della rinuncia abdicativa doveva ritenersi ammissibile e che l’abuso del diritto poteva al massimo comportare una responsabilità risarcitoria, ma non la nullità dell’atto.
Deduceva, inoltre, il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sulla controparte, atteso che le deduzioni circa la pericolosità degli immobili oggetto di causa erano rimaste del tutto generiche ed anzi smentite dalla documentazione in atti.
Il Giudice di primo grado, con l’impugnata sentenza, respingeva la domanda attorea e compensava integralmente le spese di lite.
Avverso la sentenza proponevano appello l e il insistendo per sentire dichiarare la nullità dell’atto unilaterale di rinuncia impugnato, condannando la società alla ripetizione, in favore delle Amministrazioni, degli esborsi dalle stesse eventualmente sostenuti a titolo di oneri manutentivi ordinari e straordinari relativi all’immobile oggetto di causa.
In particolare, parte appellante, censurava la statuizione di primo grado per violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, co.2 e 827 c.c., deducendo l’inammissibilità dell’istituto della rinuncia abdicativa nel nostro ordinamento ed una errata interpretazione delle disposizioni indirettamente applicabili alla fattispecie per cui è causa.
Lamentava, altresì, in relazione alla domanda di accertamento della nullità dell’atto sotto il profilo del difetto di causa meritevole di tutela, l’errata affermazione secondo la quale non sarebbe stata fornita alcuna prova della pericolosità dei terreni oggetto di rinunzia, che si presentavano franosi ed esposti a rischio crollo.
provvedimento del 6.11.2024
il Consigliere istruttore, viste le note depositate dalle parti sostitutive dell’udienza in data 05.11.2024, visto l’art. 352
c.p.c., riservava la decisione al Collegio ed il deposito della sentenza
MOTIVI DELLA DECISIONE
e il sostengono l’inammissibilità dell’istituto della rinuncia abdicativa nel nostro ordinamento, al contrario di quanto affermato dalla pronuncia impugnata, e deducono l’erroneità della statuizione di primo grado secondo cui non sarebbe stata fornita alcuna prova della pericolosità dei terreni oggetto di rinunzia.
Orbene, il Tribunale ha affermato che “non è revocabile in dubbio l’esistenza e l’ammissibilità nel nostro ordinamento dell’istituto della rinuncia abdicativa” … e che la domanda formulata dagli odierni appellanti sarebbe “infondata anche qualora si aderisse all’orientamento dottrinale e giurisprudenziale secondo cui l’atto di rinuncia alla proprietà dovrebbe essere dichiarato nullo per immeritevolezza/illiceità della causa in concreto ogni qualvolta lo stesso fosse posto in essere dal privato al solo scopo egoistico di trasferire all’Erario ex art. 827 c.c., i costi necessari per le opere di consolidamento, manutenzione o demolizione dell’immobile” perseguita dalla società convenuta, con conseguente rigetto della domanda attrice.
Parte appellante, dedotta l’improprietà del richiamo da parte del Tribunale alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 2/2020 del Consiglio di Stato, asserisce – a sostegno del proprio assunto – che tutti i casi in cui il codice civile ha espressamente ammesso la rinunzia ad un diritto reale risultano accomunati dal fatto che a fronte della rinuncia la proprietà immobiliare non rimane “acefala”, perché in tali casi la rinunzia provoca l’estinzione del diritto reale minore e la correlativa riespansione della piena proprietà; ovvero, trattandosi di diritti reali minori in comunione, provoca l’accrescimento delle quote altrui sul diritto reale minore.
In nessun caso, comunque, si viene ad avere un bene immobile privo di proprietario;
richiamano in tal senso la pronuncia TAR Piemonte, n. 368/2018.
In ordine alla mancanza di prova del pericolo, gli appellanti ribadiscono il rilievo della documentazione allegata all’atto di rinuncia, dalla quale si evince che i terreni oggetto di dismissione non costituiscono un unicum, essendo gli stessi collocati in diverse zone non contigue tra loro, comportando quindi una evidente complessità nella gestione e risulta che tali aree sono “intervallate ad insediamenti e ad aree coltive che debbono essere conservate, valorizzate e manutese”);
nel P.U.C. del Comune di Finale Ligure, a pag. 47 con riferimento alle caratteristiche morfologiche dei terreni (H), si legge che “queste zone sono caratterizzate dalla presenza di alte falesie che delimitano i bordi dell’altopiano e che possono generare scariche di sassi, cadute di massi ed anche parziali crolli…La prima zona mostra, in corrispondenza dei solchi degli affluenti secondari episodi di franamenti antichi ed attuali, dovuti soprattutto per erosione al piede dei versanti secondari e a copiosi rifornimenti d’acqua provenienti dalle opere di antropizzazione effettuate nel tempo (strade, insediamenti civili, piscine ecc.). Il versante è caratterizzato dalla presenza di alcune frane attive come quella che da San Bernardino si spinge fino a Finalborgo.
La seconda zona, dove ha inizio il tratto di valle a forra del torrente Aquila, mostra invece problemi di instabilità dalla tipologia di crollo, che possono interessare tutto il versante, dalle pareti a falesia fino al fondo valle dove è situata la strada provinciale”.
Allegano altresì che successivamente al deposito della sentenza appellata l ha proceduto ad ulteriore ispezione demaniale sugli immobili oggetto di rinunzia e dalla lettura del verbale ispettivo risulta che è stata collocata dal Comune di Finale Ligure nel 2019 un rete paramassi al mappale 475, per evitare la caduta sulla rete stradale di materiali provenienti dall’appezzamento già di proprietà della Asseriscono quindi che proprio dalle caratteristiche geografiche e morfologiche dei terreni oggetto di rinuncia emerge che ha rinunziato al diritto di unicamente al fine di sottrarsi agli oneri ed alle responsabilità connessi alla titolarità del diritto reale abdicato, con conseguente nullità dell’atto di rinuncia per illiceità della causa, in quanto non si ravvisa alcun interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico. La condotta quindi integrerebbe un’ipotesi di abuso del diritto da parte del rinunziante in danno dell’Erario La società appellata eccepisce la tardività della produzione del verbale d’ispezione, assumendo che sia stato redatto in vista dell’appello con l’intenzione di porre rimedio alla carenza istruttoria della domanda, rilevata dal Tribunale.
Indi richiama:
la sentenza 735/2015, resa dalla Suprema Corte a Sezioni Unite, in materia di espropriazione per pubblica utilità con la quale è stata ammessa la possibilità per il privato, che abbia subito un illecito spossessamento da parte della P.A. con irreversibile trasformazione del suo bene, di abdicare al suo diritto, chiedendo il risarcimento del danno per equivalente;
il parere dell’Avvocatura dello Stato (parere n. 137950 del 14 marzo 2018), secondo il quale sarebbe Orbene, in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite di Cassazione alla quale è stata devoluta la risoluzione della controversa questione, questa Corte (con la sentenza 50/2022) si è espressa con riferimento al tema dell’ammissibilità della rinuncia abdicativa della proprietà fondiaria :
”Con la sentenza n 1114/2020 del 19.11.2020 (Pres. estensore dott.ssa NOME COGNOME questa stessa Sezione della Corte ha affrontato la medesima questione così statuendo:
la suddetta “rinuncia abdicativa”, non soggetta al rispetto di forme solenni, è prevista, oltre che dall’art. 1104 cc, solo in tassativi casi, la cui applicazione generale o analogica é però del tutto esclusa dalla giurisprudenza, che con consolidato indirizzo afferma:
“La possibilità nel nostro ordinamento di esercitare la rinunzia abdicativa alla proprietà immobiliare non può essere desunta in via interpretativa da norme che disciplinano casi specifici di rinunzia abdicativa, dalle quali semmai si dovrebbe ricavare che il legislatore ha voluto ammettere solo casi tipici;
né essa rinunzia si può evincere, in maniera chiara, dagli artt. 1350 n. 5 e 2643 n. 5 c.c., che, in particolare, facendo riferimento alla rinunzia ai diritti immobiliari possono e debbono interpretarsi, prima di tutto, nel senso che si riferiscono ai casi di rinunzia a diritti reali espressamente disciplinati dal codice (ad esempio:
la rinunzia a diritti reali minori;
la rinunzia alla quota di proprietà pro indiviso) ovvero, comunque, a casi di rinunzia traslativa, e non abdicativa;
né l’art. 827 c.c. contiene alcun riferimento alla rinunzia abdicativa a diritti immobiliari e segnatamente alla rinunzia al diritto di proprietà, né tale norma contiene riferimento alcuno agli atti e fatti giuridici che possono aver dato luogo alla esistenza di beni immobili privi di proprietario”.
(T.A.RAGIONE_SOCIALE Piemonte Torino, sez. I, 28/03/2018, n. 368 Riv. Giur. dell’Edilizia 2018, 3, 715).
Dello stesso tenore:
“Alla luce della disciplina imperativa contenuta nell’art. 42-bis, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 deve escludersi la possibilità che un privato possa unilateralmente e legittimamente rinunciare alla proprietà del bene immobile, acquisendo il diritto ad ottenere un risarcimento commisurato al valore venale di esso, anche a prescindere dalla adozione di un decreto di acquisizione non retroattiva;
tale possibilità non può, infatti, essere desunta in via interpretativa da norme che ne disciplinano casi specifici, dalle quali semmai si dovrebbe ricavare che il legislatore ha voluto ammettere solo ipotesi tipiche;
né essa si può evincere, in maniera chiara, dagli artt. 1350, comma 1, n. 5 e 2643, comma 1, n. 5, cod. civ. che disciplinano la forma della rinunzia traslativa e bilaterale al diritto di proprietà, e non abdicativa unilaterale;
neppure l’art. 827 dato luogo alla esistenza di beni immobili privi di proprietario.
” (T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 06/02/2019, n. 87 Foro Amministrativo (Il) 2019, 2, 303).
Parte appellante contesta tale indirizzo giurisprudenziale, asserendo che il Tar Piemonte abbia errato “ a causa di una fallace impostazione ideologica sottostante”.
All’opposto, come già espresso dalla citata pronuncia di questa stessa Corte, deve essere condiviso l’orientamento volto ad escludere che la rinuncia abdicativa sia istituto di carattere generale.
La circostanza che sia prevista con riferimento a taluni diritti reali ed alla quota di comproprietà indivisa, deriva infatti dalla considerazione che in questi casi è funzionale alla corretta gestione dell’immobile.
Il richiamo proprio all’art 42 Cost riguarda invero il principio che il mantenimento in buono stato dell’immobile sia esplicazione delle facoltà spettanti al proprietario, ma anche dovere incombente sullo stesso.
Del resto, giova evidenziare un parere fornito dall’Avvocatura dello Stato (parere n. 137950 del 14 marzo 2018), ai sensi del quale può sussistere la rinuncia alla proprietà eseguita con un atto unilaterale, da parte del titolare dell’immobile, con l’effetto che il diritto di proprietà venga acquisito dallo Stato, mentre non è invece ammissibile la rinuncia al diritto di proprietà se sia effettuata al solo fine di trasferire in capo all’Erario i costi necessari per le opere di manutenzione o di demolizione dell’immobile. Il parere afferma la nullità dell’atto di rinuncia quando con esso il proprietario, ad esempio, persegua l’intento di liberarsi di terreni con evidenti problemi di dissesto idrogeologico (così da evitare i costi per opere di demolizione e manutenzione), di edifici inutilizzabili (per evitare i costi di demolizione) o di terreni inquinati (per far gravare sullo Stato le occorrenti spese di bonifica).
Ne consegue che si rientra nell’ipotesi in cui il proprietario del terreno rinuncia ad un bene immobile a fronte della prospettazione di spese da sostenersi per la messa in sicurezza del medesimo.
” Richiamato quindi il precedente orientamento va evidenziato che, quanto alla pronuncia n 2/2020 dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, essa testualmente riporta la questione trattata, che “riguarda la configurabilità, nel nostro ordinamento giuridico, della rinuncia abdicativa quale atto implicito ed implicato nella proposizione, da parte di un privato illegittimamente espropriato, della domanda di risarcimento del danno per equivalente monetario derivante dall’illecito permanente costituito dall’occupazione di un suolo da parte della P.A., a fronte della irreversibile trasformazione del fondo… la questione, infatti, non Né appare pertinente il richiamo di parte appellata alla pronuncia Cass SSUU 735/2015, che così statuiva: “Posto che l’illecito spossessamento del privato da parte della p.a. e l’irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un’opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all’acquisizione dell’area da parte dell’amministrazione, il privato proprietario può pretenderne la restituzione, salvo che non decida di abdicare al suo diritto di proprietà e di chiedere il risarcimento del danno”.
Diversi, infatti, sono i presupposti della consentita abdicazione.
La produzione nel presente grado di giudizio del verbale di ispezione, nel quale si fa riferimento alla procedura in corso, risulta tardivamente effettuata, in quanto riferita ad un accertamento scientemente compiuto successivamente alla pronuncia di primo grado.
Del resto, proprio per tale ragione, non è idoneo a dare contezza dello stato dei luoghi al momento della rinuncia.
La sentenza appellata, con riferimento alle produzioni di primo grado richiamate dall’appellante, ha così statuito:
Gli attori infatti, si sono limitati a richiamare il contenuto dell’estratto del PUC del Comune di Finale Ligure allegato all’atto di rinuncia della proprietà, che, tuttavia, contiene una descrizione generale di un’ampia porzione di terreno, all’interno della quale sono certamente compresi anche gli immobili oggetto di causa, ma che non si esaurisce in essi.
Parte attrice, inoltre, da un lato non ha contestato il documento n. 7 depositato dalla parte convenuta, dal quale emerge che la maggior parte dei terreni oggetto di causa sono classificati a basso rischio di dissesto e, dall’altro, non ha fornito alcuna indicazione specifica sullo stato attuale e concreto dei luoghi (ad esempio depositando in atti una specifica perizia relativa agli immobili oggetto di causa), né ha esattamente quantificato le spese necessarie per la messa in sicurezza dei terreni oggetto di dismissione, limitandosi ad affermare genericamente ed apoditticamente che i predetti terreni sarebbero “franosi ed esposti a rischio crollo” e “forieri di importanti oneri manutentivi e di messa in sicurezza”. In altre parole, il generico ed indimostrato pericolo di crollo dei terreni oggetto di causa non può valere a far ritenere sussistente l’immeritevolezza/illiceità della causa in concreto”.
Deve invece osservarsi che la circostanza che l’estratto del PUC del Comune di Finale Ligure contenga una più ampia indicazione di terreni rispetto a quelli la cui proprietà è rinunciata, non vale ad escluderne il rilievo per questi ultimi, che la pronuncia con efficacia di giudica afferma “certamente ivi compresi”.
le conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti (Cass. civ. n. 6172/2020).
Inoltre il basso rischio, che già di per sé integra un rischio idoneo ad essere considerato, non riguarda tutti i terreni oggetto di causa.
Ne consegue, in riforma della impugnata pronuncia, la declaratoria di nullità della rinuncia abdicativa dei terreni oggetto di causa, intendendosi che con essa la società proprietaria abbia inteso liberarsi dei costi di manutenzione dei terreni..
Non può trovare accoglimento la conseguente richiesta di condanna di parte appellata alla ripetizione in favore delle Amministrazioni degli esborsi dalle stesse eventualmente sostenuti a titolo di oneri manutentivi ordinari e straordinari nel periodo successivo alla rinuncia ed anche nelle more del presente giudizio in relazione all’immobile oggetto di causa.
Parte appellante non ha assolto all’onere probatorio con riferimento alla circostanza di avere sostenuto esborsi.
Essendo la questione oggetto dell’odierna pronuncia al vaglio delle Sezioni Unite della Suprema Corte e stante l’ultima statuizione in ordine al mancato assolvimento dell’onere probatorio, le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio devono essere integralmente compensate tra le parti.
La Corte di Appello, Ogni diversa o contraria domanda, eccezione e deduzione disattesa e reietta, definitivamente pronunciando, in parziale accoglimento dell’appello proposto e il ed in riforma della sentenza N. 1095/2023 del Tribunale di Savona n. 359/2023, dichiara la nullità dell’atto unilaterale di rinuncia reso da con atto del 5.9.17 ricevuto dal Notaio dott. , Rep. N. 66822 Racc. n. 38686, registrato a Savona in data 20.9.17 al n. 5344/1T, avente ad oggetto gli immobili siti nel Comune di Finale Ligure (SV) così identificati: 1) appezzamento di terreno, censito al Catasto terreni del Comune di Finale Ligure al fg. 38-mapp. 521 – bosco misto;
2) appezzamento di terreno, censito al Catasto terreni del Comune di Finale Ligure al fg. 38-mapp. 475 (uliveto) e 555 (bosco integralmente tra le parti le spese di lite dei due gradi di giudizio.
Genova, 7.11.2024 Il Consigliere estensore Il Presidente dott.ssa NOME COGNOME dott. ssa NOME COGNOME
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