REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO SEZIONE PRIMA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._3173_2025_- N._R.G._00014129_2023 DEL_15_04_2025 PUBBLICATA_IL_15_04_2025
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 14129/2023 promossa da:
(C.F. ), con il patrocinio degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, presso i quali è elettivamente domiciliato in Milano, INDIRIZZO per delega in calce all’atto di citazione ATTORE contro (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME presso la quale è elettivamente domiciliata in Milano, INDIRIZZO per delega allegata alla comparsa di risposta CONVENUTA
CONCLUSIONI
ATTORE:
Voglia l’Ecc.mo Tribunale, per tutti i motivi esposti in narrativa:
– nel merito accertare e dichiarare, la nullità totale o parziale dell’atto sottoscritto in data 4 febbraio 2016 dal e della società denominato “atto per la definizione del rapporto di gestione degli impianti afferenti il servizio pubblico di distribuzione del gas naturale ai sensi dell’art. 14, comma 7 del D.Lgs. n. 164/2000” e/o l’intervenuta eterointegrazione dello stesso, nei sensi meglio specificati nel presente atto;
– nel merito accertare e dichiarare, la società tenuta al pagamento in favore del del canone concessorio per la distribuzione del gas all’interno del territorio comunale secondo i criteri di calcolo previsti nel contratto di servizio del 18 aprile 2003, con riferimento alle annualità 2019, 2020, 2021 e 2022, e quindi al pagamento dei maggiori importi dovuti per queste annualità e pari a complessivi Euro 445.149,06 (107.755,72 per il 2019 + 105.933,98 per il 2020 + 127.385,10 per il 2021 + 104.074,26 per il 2022) o della maggiore o minore somma che dovesse risultare all’esito del giudizio, pari alla differenza tra l’importo dovuto per queste annualità e quanto effettivamente versato da come meglio illustrato nella narrativa del presente atto; – sempre nel merito condannare la società al pagamento in favore del del canone concessorio per la distribuzione del gas all’interno del territorio comunale secondo i criteri di calcolo previsti nel contratto di servizio del 18 aprile 2003, con riferimento alle annualità 2019, 2020, 2021 e 2022, e quindi al pagamento della somma di Euro 445.149,06, o della maggiore o minore somma che dovesse risultare all’esito del giudizio, pari alla differenza tra l’importo dovuto per queste annualità e quanto effettivamente versato da come meglio illustrato nella narrativa del presente atto; – nel merito, ove occorrer possa, accertata e dichiarata l’illegittimità e/o la nullità della delibera di Giunta Comunale 22 dicembre 2015, n. 117, disapplicare la stessa ai sensi dell’articolo 5 della l. n. 2248/1865, Allegato E;
– sempre nel merito accertare e dichiarare la società tenuta al pagamento in favore del degli interessi moratori, o in subordine legali, sulle somme dovute a titolo di conguaglio in accoglimento delle domande precedentemente formulate e, per l’effetto, condannare la stessa a pagare i predetti interessi in favore del – sempre nel merito condannare la società al pagamento delle spese di lite in favore del e alla restituzione dell’importo di Euro 1.214 corrisposto dal attore a titolo di contributo unificato.
CONVENUTA:
Piaccia all’Ill.mo
Tribunale adito, per tutte le ragioni in fatto e in diritto esposte in atti, così giudicare In via preliminare/pregiudiziale – sospendere ex art. 295 cpc o 337, comma 2 cpc il presente giudizio, a fronte della sentenza n. 9839/2023 del Tribunale di Milano, impugnata, ritenuta pregiudiziale.
– Accertare il contrasto tra l’art. 1, comma 453 L. 232/2016, e gli artt. 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché con l’art. 4, par. 3, del Trattato sull’Unione europea e dei principi di cui alla direttiva n. 73/2009 (in particolare, art. 3, par. 1) e per l’effetto, disapplicare la norma interna onde consentire la piena e uniforme applicazione del diritto europeo, ovvero rimettere in via pregiudiziale in sede comunitaria, ai sensi dell’art. 267 TFUE, la questione de qua alla Corte di Giustizia dell’Unione europea nei termini indicati nel primo punto del presente atto; – vista la rilevanza ai fini della decisione del presente procedimento e la non manifesta infondatezza dell’eccezione sopra articolata, sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 453, della legge n. 232/2016 in riferimento agli articoli 3, 41, 42, 97 e 117, comma 1, della Costituzione;
Nel merito Rigettare le domande tutte formulate da parte attrice, per tutti i motivi esposti in atti.
In ogni caso Con vittoria di spese e competenze professionali, spese generali 15%, IVA e CPA di legge.
Ragioni della decisione 1. Con atto di citazione notificato il 30 marzo 2023, il convenuto in giudizio per sentir accertare la nullità totale o parziale, per contrarietà a norma imperativa, dell’atto dal medesimo stipulato con la società convenuta il 4 febbraio 2016, denominato “atto per definizione del rapporto di gestione degli impianti afferenti il servizio pubblico di distribuzione del gas naturale ai sensi dell’art. 14 comma 7 del d.lgs. n.164/2000”, o comunque l’avvenuta etero-integrazione dello stesso ai sensi dell’art. 1 comma 453 della L. 11.12.2016 n. 232. L’attore ha quindi chiesto la condanna della convenuta al pagamento delle annualità 2019, 2020, 2021 e 2022 del canone concessorio per la distribuzione del gas all’interno del territorio del Comune di nella misura derivante dall’applicazione dei criteri di calcolo previsti nel precedente contratto di servizio stipulato tra le parti il 18 aprile 2003.
L’ammontare complessivo della somma pretesa è pari a euro 445.149,06, che rappresenta la differenza tra l’importo dovuto per le annualità indicate e quanto effettivamente versato da maggiorata degli interessi moratori.
2.
Si è costituita contestando gli assunti di parte attrice.
In via preliminare e pregiudiziale, la stessa ha chiesto al tribunale di accertare il contrasto tra l’art. 1, comma 453, della legge n. 232/2016 e gli artt. 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché con l’art. 4, par. 3, del Trattato sull’Unione europea e dei principi di cui alla direttiva n. 73/2009 (in particolare, art. 3, par. 1).
Ha chiesto quindi, conseguentemente, la disapplicazione della norma.
In alternativa, ha chiesto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, nonché la rimessione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 453, della legge n. 232/2016 alla Corte costituzionale con riferimento agli articoli 3, 41, 42, 97 e 117 comma 1 Cost. Nel merito, la convenuta ha chiesto il rigetto delle domande della controparte e ha chiesto di accertare che il non ha diritto a percepire ai sensi dell’art. 1, comma 453 della legge n. 232/2016, un canone concessorio determinato in base ai criteri di calcolo di cui al previgente contratto di concessione del servizio di distribuzione del gas rep. n. 927/2003. Secondo la convenuta, infatti, tale norma di interpretazione autentica non avrebbe natura imperativa nella parte relativa all’obbligo del pagamento del canone previsto dal contratto scaduto, ma solo nella parte in cui è prevista la prosecuzione della gestione del servizio.
ha, infine, chiesto di accertare che la stessa non deve interessi moratori ex d.lgs. n. 231/2002.
In sede di precisazione delle conclusioni, la convenuta ha evidenziato che, in data 5 dicembre 2023, è stata pubblicata la sentenza n. 9839/2023 di questo medesimo tribunale (RG 46823/2019) a definizione del parallelo giudizio incardinato dal per ottenere il pagamento del maggior canone per le annualità 2015-2018.
Tale pronuncia, rileva la convenuta allegando la sentenza, ha dichiarato la nullità dell’ “atto per la definizione del rapporto di gestione degli impianti afferenti al servizio pubblico di distribuzione del gas naturale ai sensi dell’art. 14 co.7 d.lgs. 164/2000” stipulato tra le medesime parti il 4 febbraio 2016, condannando pagare al la somma di euro 392.750,45, oltre interessi moratori al tasso legale ordinario fino alla data della domanda e, successivamente, al tasso di cui al d.lgs. 231/02, fino al saldo. Poiché tale provvedimento è stato impugnato avanti la Corte d’Appello di Milano, la convenuta ha chiesto la sospensione di questo giudizio, sostenendo che la decisione citata ha riflessi giuridici sul presente giudizio, in quanto il chiesto anche in questa sede la declaratoria di nullità dell’atto del 4 febbraio 2016.
La nuova sentenza potrebbe quindi porsi in contrasto logico-giuridico con quella menzionata.
Di qui, la richiesta di sospensione del presente giudizio ai sensi dell’art. 295 o dell’art. 337, secondo comma c.p.c. 3. Senza svolgimento di attività istruttoria, la causa, all’esito dell’udienza di prima comparizione delle parti, è stata rinviata per la rimessione in decisione e, all’udienza del 17 dicembre 2024, è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni riportate in epigrafe.
4. Preliminarmente, si osserva che non sussistono i presupposti per accogliere l’istanza di sospensione formulata dalla parte convenuta.
Innanzitutto, quanto all’invocata sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c., si osserva che, anche qualora si ritenesse sussistente il rapporto di pregiudizialità asserito, non si potrebbe far luogo alla sospensione in forza di tale norma.
Infatti, secondo l’orientamento costante della Suprema Corte, quando tra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337 c.p.c. (Cass. civ. SS.UU., sent.19 giugno 2012 n. 10027 conforme a Cass. civ., sez. III, ord. 29 agosto 2008 n. 21924).
Pertanto, la scelta relativa alla sospensione appare nel caso di specie facoltativa, posto che, ai sensi dell’art.337 c.p.c., quando l’autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso, se tale sentenza è impugnata.
Non ritiene questo giudice ravvisabile il presupposto per disporre la sospensione ai sensi del citato art. 337 c.p.c., in quanto l’esito della causa pregiudiziale non appare così incerto da rendere opportuno l’arresto del giudizio pregiudicato.
Pertanto, una interpretazione costituzionalmente orientata, in sintonia con il principio di economia processuale, declinato come ragionevole durata del processo dagli articoli 111 Cost. e 6 CEDU, e con il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale declinato dall’articolo 24 Cost. induce a ritenere preferibile che il processo prosegua senza subire sospensioni.
5.
Quanto al merito, si osserva che la controversia nasce dalla gara pubblica, indetta nel 2002 dal conformemente a quanto disposto dall’art. 14 d.lgs. 164/2000, per l’affidamento in concessione della gestione della rete e degli impianti di gas metano all’interno del territorio comunale.
La concessione è stata affidata, con determinazione dirigenziale del 9 aprile 2003, alla società dal 19 marzo 2014 denominata seguito di fusione per incorporazione.
Essa, per effetto del contratto di servizio rep. n. 927/2003 (prodotto dall’attore quale doc.1) avrebbe avuto la durata di dodici anni:
dal 1° maggio 2003
al 30 aprile 2015.
Era stato riconosciuto al il corrispettivo variabile e soggetto ad aggiornamento Istat di euro 0,0291 (2,91 centesimi) per ogni metro cubo di gas distribuito nel corso di ogni anno.
Le regole per l’affidamento del servizio di erogazione e distribuzione del gas sono state successivamente modificate.
In particolare, l’art. 46-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni nella legge 29 novembre 2007, n. 222 (“disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas”) prevede, al secondo comma, la determinazione di “ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas, a partire da quelli tariffari, secondo l’identificazione di bacini ottimali di utenza, in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi”; tale sistema è divenuto il regime obbligatorio per l’affidamento del servizio, in virtù dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. 1° giugno 2011, n. 93.
Con il cd. Decreto Ambiti (D.M. del 19.1.2011 entrato in vigore in data 1.4.2011) sono stati determinati gli ambiti territoriali delle nuove procedure di affidamento;
è così specificato che il gestore uscente, ai sensi dell’art. 14, comma 7, del d.lgs. n. 164/2000, “resta comunque obbligato a proseguire la gestione del servizio, limitatamente all’ordinaria amministrazione, fino alla data di decorrenza del nuovo affidamento”;
Il D.M. 18.10.2011 ha poi individuato i Comuni appartenenti a ciascuno degli ambiti territoriali e il è stato inserito nell’ambito denominato “Milano INDIRIZZO – INDIRIZZO”.
In conseguenza delle modifiche disposte, alla data di scadenza del contratto di servizio (30 aprile 2015) sarebbe stato legittimato a indire nuove gare il non più, quindi, il Prima dell’indizione di una nuova gara da parte del soggetto competente, il rapporto concessorio è proseguito tra le parti ai sensi dell’art. 14 comma 7 del d.lgs. 164/2000.
stante la richiesta di pagamento dell’intero canone relativo all’anno 2015 da parte del , formulata in data 11 novembre 2015 (doc.2 di parte attrice), ha invitato quest’ultimo, nel mese di dicembre 2015, a raggiungere un accordo finalizzato a una riduzione del canone concessorio rispetto a quello originariamente stabilito (docc. 3 e 4 di parte attrice).
All’esito dell’interlocuzione tra le parti, il con deliberazione della Giunta del 22 dicembre 2015, ha recepito la proposta di Il 4 febbraio 2016 le parti hanno stipulato, “anche a tacitazione” di ogni potenziale controversia, l’“atto per la definizione del rapporto di gestione degli impianti afferenti al servizio pubblico di distribuzione del gas naturale ai sensi dell’art. 14 co.7 d.lgs. 164/2000” (doc. 6 di parte attrice).
L’accordo raggiunto prevedeva che, dal 1° maggio 2015 e fino al nuovo affidamento della gara d’ambito, a titolo di canone concessorio annuo, avrebbe versato il minor importo di euro 93.900,00 rispetto al canone originariamente dovuto (art. 3 del doc.6 di parte attrice).
L’Autorità di regolazione del settore (ora RAGIONE_SOCIALE), in data 19 maggio 2016, ha affermato la radicale infondatezza della tesi sostenuta da alcuni gestori di servizi di distribuzione, secondo cui essi sarebbero stati “titolati a svolgere transitoriamente il servizio, sino all’esito delle gare per l’affidamento del servizio per ambiti senza dover corrispondere alcun canone”.
In particolare, l’Autorità ha precisato che, nel regime transitorio, i concessionari avrebbero dovuto continuare a erogare il servizio, limitatamente all’ordinaria amministrazione, conformemente a quanto avvenuto in precedenza.
L’art. 14 comma 7 d.lgs. 164/2000 non conteneva previsioni relative al canone.
Pertanto, anche in considerazione del fatto che i concessionari avrebbero continuato a percepire la medesima tariffa dall’utenza, ARERA ha ritenuto equo affermare che i rapporti di concessione del servizio di distribuzione debbano proseguire secondo le previsioni della concessione scaduta, rispettando l’equilibrio giuridico- economico ivi stabilito (doc. 7 di parte attrice).
Successivamente, la norma di interpretazione autentica dell’art. 14 comma 7 d.lgs. n. 164/2000, contenuta nell’art. 1, comma 453 L. n. 232/16, ha specificato che “L’articolo 14, comma 7, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, si interpreta nel senso che il gestore uscente resta obbligato al pagamento del canone di concessione previsto dal contratto.
Le risorse derivanti dall’applicazione della presente disposizione concorrono al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti locali”.
Conformemente a tale previsione, il , con note del 22 dicembre 2022 e del 23 febbraio 2023, ha chiesto la corresponsione delle maggiori somme dovute ai sensi del contratto originario (docc. 23 e 24 att.).
A seguito del rifiuto di di corrispondere le somme richieste, è stato instaurato il presente giudizio e il previo accertamento della nullità dell’atto stipulato il 4 febbraio 2016, ha chiesto la condanna di a pagare la differenza sui canoni concessori relativi alle annualità 2019, 2020, 2021 e 2022, per complessivi euro 445.149,06, oltre interessi di mora.
6.
Ai fini dell’esatto inquadramento della vicenda sottoposta all’esame del giudice, occorre preliminarmente procedere alla qualificazione dell’“atto per la definizione del rapporto di gestione degli impianti afferenti al servizio pubblico di distribuzione del gas naturale ai sensi dell’art. 14 co.7 d.lgs. 164/2000” stipulato fra le parti il 4 febbraio 2016.
È con tale atto, infatti, che è stato concordato il canone concessorio annuo che avrebbe dovuto corrispondere al Conformemente a quanto già ritenuto nella citata sentenza n. 9839/2023 di questo stesso ufficio, l’atto richiamato può essere qualificato come transazione.
Risulta dalle previsioni in esso contenute, che le parti, “nel prendere atto che il contratto di concessione, unitamente ai suoi allegati, è scaduto in data 30/04/2015” hanno concordato un canone annuo “nelle more dell’indizione e dell’espletamento della gara d’ambito”, intendendo così risolvere in via preventiva “ogni insorgenda controversia sul punto”.
La terminologia utilizzata e l’intento perseguito consentono di identificare nel contratto sottoscritto i caratteri propri della transazione.
ha chiesto al tribunale di dichiarare la nullità di tale contratto.
Occorre quindi verificare se l’assetto d’interessi complessivamente programmato dalle parti si ponga in contrasto con norme imperative.
Soltanto in tal caso, infatti, opererebbe il divieto di transigere (Cass. 11.11.2016 n. 23064), ai sensi dell’art. 1418 c.c.
La verifica non può prescindere dalla considerazione che “In tema di nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, l’area delle norme inderogabili di cui all’art. 1418, comma 1, c.c., ricomprende, oltre le norme relative al contenuto dell’atto, anche quelle che, in assoluto, oppure in presenza o in difetto di determinate condizioni oggettive e soggettive, direttamente o indirettamente, vietano la stipula stessa del contratto ponendo la sua esistenza in contrasto con la norma imperativa” (Cass. 21.4.2016 n. 8066). Quanto alla normativa applicabile al caso di specie, occorre far riferimento:
– al settimo comma dell’art. 14 del d.lgs. 23.5.2000 n. 164, che dispone che “gli enti locali avviano la procedura di gara non oltre un anno prima della scadenza dell’affidamento, in modo da evitare soluzioni di continuità nella gestione del servizio.
Il gestore uscente resta comunque obbligato a proseguire la gestione del servizio, limitatamente all’ordinaria amministrazione, fino alla data di decorrenza del nuovo affidamento.
Ove l’ente locale non provveda entro il termine indicato, la regione, anche attraverso la nomina di un commissario ad acta, avvia la procedura di gara”;
– al secondo comma dell’art. 46-bis D.L. 159/2007
conv. in L. 222/2007, che stabilisce che “i Ministri dello sviluppo economico e per gli affari regionali e le autonomie locali, su proposta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e sentita la Conferenza unificata, determinano gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas, a partire da quelli tariffari, secondo l’identificazione di bacini ottimali di utenza, in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi, e determinano misure per l’incentivazione delle relative operazioni di aggregazione”; – al quarto comma dell’art. 24 del d.lgs. 1.6.2011 n. 93, ai sensi del quale “gli enti locali che, per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale, alla data di entrata in vigore del presente decreto, in caso di procedura di gara aperta, abbiano pubblicato bandi di gara, o, in caso di procedura di gara ristretta, abbiano inviato anche le lettere di invito, includenti in entrambi i casi la definizione dei criteri di valutazione dell’offerta e del valore di rimborso al gestore uscente, e non siano pervenuti all’aggiudicazione dell’impresa vincitrice, possono procedere all’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale secondo le procedure applicabili alla data di indizione della relativa gara. Fatto salvo quanto previsto dal periodo precedente, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione sono effettuate unicamente per ambiti territoriali di cui all’articolo 46-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222”;
– dal comma 453 dell’art. 1 della L. 11.12.2016 n. 232, secondo cui “l’articolo 14, comma 7, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, si interpreta nel senso che il gestore uscente resta obbligato al pagamento del canone di concessione previsto dal contratto.
Le risorse derivanti dall’applicazione della presente disposizione concorrono al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti locali”.
Come già riconosciuto nella sentenza n. 9839/2023, il complesso normativo richiamato, in quanto volto a garantire la correttezza della gestione amministrativa, la razionalizzazione della spesa pubblica e l’equilibrio economico-finanziario degli enti locali, appare indubbiamente rilevante sul piano della definizione dell’ordine pubblico.
Al medesimo deve quindi essere riconosciuto il carattere di normativa imperativa, non derogabile dalla volontà negoziale delle parti.
Ai fini della qualificazione di una norma come imperativa, occorre “aver riguardo alla natura della disposizione , dovendosi indagare di volta in volta gli interessi che la norma è diretta a tutelare” e valutare se la disposizione sia diretta a tutelare interessi pubblici (T.A.R. Lazio sez. III, 30/01/2012, n.1043).
È stato affermato, dalla giurisprudenza amministrativa, che, “considerata l’importanza degli obiettivi perseguiti, è ragionevole sostenere che il legislatore abbia configurato una disciplina imperativa dell’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale.
Una diversa conclusione si presterebbe invero a eludere l’unitarietà e la coerenza di detta disciplina e gli obiettivi di efficienza e di economicità a essa sottesi” (T.A.R. Lombardia, sez. I, 8/6/2020 n.1009).
Parimenti, il Consiglio di Stato, in più occasioni, ha sostenuto che “la regolazione economica di tali settori è dettata da norme imperative” (Cons. Stato, sez. VI, 5.11.2018, n. 6227).
Infine, va rilevato che l’art. 1 comma 453 della legge n.232/2016, in quanto norma interpretativa per espressa indicazione legislativa, ha, per sua natura, efficacia retroattiva.
A parere della Corte costituzionale, deve escludersi l’illegittimità della norma che deriva dalla legge di interpretazione autentica “qualora si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario” (Corte Cost. 15/2012).
Per la Corte di Cassazione, la corretta previsione di una norma interpretativa avente efficacia retroattiva presuppone che in precedenza vi fosse una situazione di incertezza da risolvere (Cass. ord. n. 25277 del 9.10.2019).
Questo tribunale, con la sentenza n.70 dell’8.1.2018, si è già espresso nel senso di ritenere legittima la retroattività di una disposizione, anche di interpretazione autentica, quando essa trovi “adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale”.
La situazione di incertezza interpretativa, nel caso qui considerato, è riconducibile alla circostanza che diversi concessionari del servizio di distribuzione del gas avevano già contestato la sussistenza in capo agli stessi di un obbligo di pagamento di canoni successivamente alla scadenza del contratto precedentemente stipulato, tanto che RAGIONE_SOCIALE, con un comunicato del 19 maggio 2016 (doc.7 di parte attrice), aveva fornito “Chiarimenti in relazione alla sussistenza dell’obbligo di pagamento del canone per il servizio di distribuzione del gas naturale da parte del concessionario del servizio nel periodo di prosecuzione del servizio”. Il requisito previsto dalla pronuncia della Corte Costituzionale sopra menzionata, nel caso di specie, appare soddisfatto:
l’interpretazione della norma contenuta nell’art. 14 comma 7 del d.lgs. 23.5.2000 n. 164 dettata dall’art. 1 comma 453 della L. 11.12.2016 n. 232 attribuisce alla prima un significato già in essa originariamente ravvisabile, in quanto costituisce principio generale dell’ordinamento quello secondo cui il corrispettivo del perdurante godimento di un bene o di un servizio è dovuto, in mancanza di altri parametri, nella stessa misura stabilita in contratto anche dopo la scadenza di questo.
Relativamente all’esigenza che la norma interpretativa retroattiva tuteli principi, diritti o beni di rilievo costituzionale, può affermarsi che la materia della finanza pubblica e dell’equilibrio della gestione degli enti locali, regolamentata dalla norma di cui si discute ha, in effetti, rilievo costituzionale.
In tale situazione di incertezza, il ha ritenuto di stipulare, il 4 febbraio 2016, una transazione con la concessionaria circa l’ammontare del dovuto per canoni relativi al periodo successivo alla cessazione del contratto di servizio n. 927 del 18 aprile 2003 (giunto a termine il 30 aprile 2015), destinata, secondo l’intenzione delle parti oggettivatasi nelle proposizioni dell’accordo transattivo, a valere fino al momento del nuovo affidamento della gara d’ambito.
Tuttavia, alla luce della normativa imperativa sopra richiamata, come interpretata, con efficacia retroattiva, dall’art. 1 comma 453 della L. 232/2016, deve ritenersi che alle parti non fosse consentita la stipulazione della transazione di cui si controverte.
Da un lato, infatti, alla data del 4 febbraio 2016 il non era più legittimato a concordare nuove condizioni di svolgimento del servizio di distribuzione gas, essendo stata tale competenza trasferita al Comune di dall’altro lato, l’ammontare del canone concessorio avrebbe dovuto essere quantificato nella stessa misura stabilita con il contratto di servizio n. 927 del 18 aprile 2003.
Anche con riferimento alla richiesta della convenuta, per il caso di interpretazione della normativa nel senso sopra indicato, di rimettere la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea o alla Corte costituzionale, relativamente agli articoli 3, 41, 42, 97 e 117 comma 1 Cost., si condividono le motivazioni già espresse da questo stesso tribunale con la più volte citata sentenza n. 9839/2023.
In particolare, va rilevato che la fondatezza delle argomentazioni svolte da stata già esclusa dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 14351 del 24.5.2023, secondo la quale “In tema di contratto di servizio di distribuzione del gas naturale, la proroga ex lege dell’obbligo di pagamento del canone ex artt. 14, comma 7, del d.lgs. n. 164 del 2000 e 1, comma 453, della l. n. 232 del 2016, non si pone in contrasto con la normativa comunitaria a tutela della libertà di impresa, tenuto conto che l’ordinamento interno, da un lato, contempla un apposito rimedio per consentire la rinegoziazione delle condizioni contrattuali (assicurando financo la possibilità di recedere dal contratto, ove tale rinegoziazione non vada a buon fine), e dall’altro riconosce, al concessionario che non intenda perseguire tale via, strumenti preordinati tanto a reagire avverso l’inerzia dell’amministrazione nel provvedere all’indizione delle gare (o all’esercizio dei poteri sostitutivi), quanto a neutralizzare (sub specie di risarcimento del danno conseguente) l’eventuale decremento (o perdita) di redditività, correlata alla forzata “stabilizzazione” del rapporto”. Prima ancora, la Corte d’appello di Milano, in ordine alle stesse questioni, aveva escluso la contrarietà della normativa a principi costituzionali o dell’UE.
La stessa aveva infatti affermato che “la tutela dei rapporti economici è nel sistema della Costituzione posta in relazione di subordinazione gerarchica rispetto alle esigenze di utilità sociale … Nel caso di specie, l’imposizione al gestore della prosecuzione del servizio risponde all’esigenza di garantire la continuità della fornitura del gas agli utenti.
La fornitura di gas costituisce un servizio pubblico essenziale;
pertanto, la necessità di evitare l’interruzione di tale servizio rende legittima la limitazione all’autonomia privata del gestore apportata dall’art. 14 co. 7 d.lgs. 164/2000 e la sua interpretazione autentica di cui all’art. 1, co. 453, l. 232/2016.
La possibilità di continuare ad eseguire il contratto dopo la sua naturale scadenza è parte del rischio d’impresa che gli operatori economici si assumono nel momento in cui decidono di esercitare la propria libera iniziativa economica in un settore regolamentato quale è quello della distribuzione del gas” (App. Milano, n. 1973/18).
Inoltre, con riguardo all’ipotizzata lesione della libertà dell’impresa, del diritto di proprietà, del principio di parità di trattamento (in relazione agli artt. 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, recepita dall’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea), la stessa Corte d’appello ha evidenziato che “la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha più volte affermato che il principio della certezza del diritto, che ha per corollario quello della tutela del legittimo affidamento, esige che una normativa implicante conseguenze svantaggiose per i privati sia chiara e precisa e che l’applicazione della stessa sia prevedibile per gli amministrati. In questa ottica, l’applicazione retroattiva di una disposizione nazionale, che sia priva di una ragionevole giustificazione, contrasterebbe con il suddetto principio.
La Corte di Giustizia non ha, però, escluso a priori la legittimità di qualsivoglia norma con efficacia retroattiva e, anzi, ne ha riconosciuto la legittimità qualora vi sia un interesse pubblico inderogabile e qualora la modifica introdotta sia prevedibile per un operatore economico prudente” (sent. n. 577/2022).
Alla luce delle considerazioni che precedono, deve dichiararsi la nullità dell’atto stipulato il 4 febbraio 2016 tra il Ne consegue che la convenuta deve essere condannata a pagare al in relazione agli anni di proroga del rapporto concessorio (2019, 2020, 2021, 2022), l’importo complessivo di euro 445.149,06, corrispondente alla differenza tra le maggiori somme dovute in forza del contratto di servizio n. 927/2003, e quelle effettivamente corrisposte dalla convenuta:
– euro 107.755,72 per il 2019;
– euro 105.933,98 per il 2020;
– euro 127.385,10 per il 2021;
– euro 104.074,26 per il 2022 (docc. 23-24 di parte attrice).
Gli importi sopra indicati devono essere maggiorati degli interessi di mora al tasso legale ordinario sino alla data della domanda e, successivamente, al tasso commerciale ex lege 231/02 (art. 1284, quarto comma c.c.).
7. Quanto alle spese di lite, si ritiene che, avendo il attivamente contribuito alla stipulazione della transazione di cui viene dichiarata la nullità, sussistano motivi gravi ed eccezionali legittimanti l’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti (art. 92 c.p.c., Corte Cost. 77/2018).
Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, sulle domande proposte dal nei confronti di con citazione notificata il 30 marzo 2023, ogni diversa istanza o eccezione disattesa o assorbita, così provvede:
– dichiara la nullità dell’“atto per la definizione del rapporto di gestione degli impianti afferenti al servizio pubblico di distribuzione del gas naturale ai sensi dell’art. 14 co.7 d.lgs. 164/2000” stipulato tra il il 4 febbraio 2016;
– per l’effetto, condanna a pagare al la somma di euro 445.149,06, oltre interessi moratori al tasso legale ordinario fino alla data della domanda e, successivamente, al tasso di cui al d.lgs. 231/02, fino al saldo effettivo;
– compensa interamente tra le parti le spese di lite.
Milano, 15 aprile 2025
Il giudice NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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