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Nullità parziale fideiussione per intesa anticoncorrenziale

L’accertamento di un’intesa anticoncorrenziale relativa a moduli contrattuali predisposti dalle banche non comporta automaticamente la nullità delle fideiussioni rilasciate in epoca antecedente all’accertamento, essendo necessaria la prova specifica dell’intesa illecita.

Pubblicato il 23 November 2024 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

Repubblica Italiana In nome del Popolo Italiano

LA CORTE DI APPELLO DI GENOVA Sezione Prima Civile

riunita in camera di consiglio e così composta Dott. NOME COGNOME Presidente rel. Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A  N._1318_2024_- N._R.G._00000642_2023 DEL_02_11_2024 PUBBLICATA_IL_04_11_2024

nella causa n. 642 / 2023 R.G. promossa da rapp.

e difeso dall’Avv.to COGNOME e dall’Avv.to NOME COGNOME presso il cui studio è elett. dom. per delega in atti e con domiciliazione telematica PARTE APPELLANTE nei confronti di rapp. e difesa dall’avv.to NOME COGNOME dall’avv.to NOME COGNOME e dall’avv.to COGNOME presso il cui studio è elett. dom. per delega in atti e con domiciliazione telematica PARTE APPELLATA

CONCLUSIONI

delle PARTI PARTE APPELLANTE “Piaccia a Codesta Ecc.ma Corte, contrariis reiectis, in accoglimento dell’appello proposto a mezzo del presente atto ed in totale riforma della sentenza n. 306 resa dal Tribunale di Genova in data 03-06/02/2023 a definizione del giudizio R.G. n. 4451/2020, notificata a in data 25 maggio 2023:

– nel merito ed in via principale respingere l’avversaria opposizione in quanto infondata in fatto ed in diritto, e confermare quindi in ogni sua parte il decreto ingiuntivo n. 316 reso dal Tribunale di Genova, nella persona del Giudice Unico Dr.ssa NOME COGNOME in data 30/1/2020 in favore di ed a carico del Sig. – nel merito ed in via di subordine nella denegata e non creduta ipotesi di revoca – anche parziale – del decreto ingiuntivo opposto, condannare il Sig. , nella sua qualità di garante della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, a corrispondere in favore di l’importo di €. 26.059,96 oltre interessi maturati e maturandi da conteggiarsi al tasso dell’ euribor, fissati dal Ministero del Tesoro in attuazione della Legge 108/1996 – cfr. doc. n. 8 fascicolo fase monitoria) a far data dal 1/7/2014 al saldo.

Con vittoria di spese ed onorari di entrambi i gradi del giudizio.

” PARTE APPELLATA “Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello di Genova, contrariis reiectis, previa ogni più opportuna pronuncia e declaratoria, respingere l’appello proposto da poiché infondato in fatto e diritto, confermando in ogni sua parte l’impugnata sentenza.

Vinte le spese di entrambi i gradi del giudizio.

” Fatto e diritto Con atto di citazione ritualmente notificato roponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 316/2020 del 30.01.2020, emesso dal Tribunale di Genova, con il quale gli veniva ingiunto di pagare, in favore di la somma di € 26.059,96, oltre agli interessi ed alle spese legali per la fase monitoria liquidata in € 1.000,00 per compenso professionale in € 286,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15% iva e cpa e oltre alle successive occorrende.

L’opponente chiedeva di revocare il decreto ingiuntivo in quanto emesso in assenza dei presupposti di legge e per un importo non dovuto.

L’opponente deduceva:

– che in data 16/5/1994 la veva chiesto ed ottenuto dall’odierno opponente il rilascio di una garanzia personale (fideiussione omnibus) fino a concorrenza di Lit. 360.000.000 (€. 185.924,59) a copertura di ogni operazione bancaria e a fronte delle esposizioni di conto corrente della società RAGIONE_SOCIALE sedente in Genova, di cui il garante era socio.

La fideiussione (doc. sub n. 4 di controparte) veniva rilasciata mediante sottoscrizione di un prestampato uniforme, predisposto dalla Banca e conforme ai noti modelli uniformi A.B.I., affetto da nullità.

Il modulo prestampato veniva inviato dalla Banca a sé medesima in data 17/05/1994 a mezzo del Servizio Grandi Utenti di , come risulta dal timbro di annullamento del francobollo su di esso apposto.

– che la , in data 8 luglio 2005, aveva stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE e un atto di mutuo per l’importo di € 150.000,00 (prod. 2), da rimborsare in dieci anni con decorrenza 01/01/2006.

Tale mutuo veniva garantito sempre personalmente da e la prestata garanzia veniva rafforzata dalla concessione di garanzia reale, mediante iscrizione di ipoteca decennale su un bene immobile di proprietà del garante per l’importo di € 300.000,00 (prod. 9).

– che il Tribunale di Genova, con sentenza n. 1/ del 08/01/2015 (prod. 3),aveva dichiarato il fallimento della società – che in data 22.03.2018 era stata chiusa la procedura fallimentare (prod. 4);

– che non si era insinuata, né tempestivamente né tardivamente, al passivo del Fallimento della società RAGIONE_SOCIALE inviando al garante, a mezzo raccomandata del 10/04/2019, una diffida stragiudiziale invitandolo al versamento dell’importo di € 73.905,99 oltre interessi (prod. 5);

– che aveva eseguito un’inammissibile manovra di “compensazione” sul conto corrente di trasformando un saldo attivo di circa € 12.000 in un saldo contabile passivo di -€ 126.674,74.

Tale operazione veniva immediatamente annullata dopo un’opportuna diffida (prod. 7, 8 A, 8 B).

Preliminarmente l’opponente si opponeva alla concessione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo e lamentava la nullità del contratto di fideiussione del 16/5/1994 per violazione dell’art. dell’art. 2, c. 2, lett. a), L. 287/1990 (c.d. Legge Antitrust) considerato che il contratto era stato sottoscritto utilizzando lo schema predisposto dall’A.B.I. per le fideiussioni omnibus, modalità che determina la nullità dell’accordo.

Di conseguenza, il decreto ingiuntivo andava revocato.

L’opponente aggiungeva:

– che nell’ipotesi in cui il contratto di fideiussione 16/5/1994 dovesse intendersi trasferito e fatto rivivere nell’atto di mutuo con la garanzia personale ivi prestata, depurata dalle clausole di nullità, sarebbe decaduta dal diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione fideiussoria da parte di – che nel caso di fallimento del debitore il termine di sei mesi decorre dalla data di dichiarazione del fallimento e, quindi, nel caso di specie, stante il deposito della sentenza n. 1/2015 il 08/01/2015, al fine di evitare la decadenza prevista dall’art. 1957 c.c., avrebbe dovuto agire o contro il debitore principale fallito (insinuandosi al passivo del fallimento) o, in mancanza del beneficium excussionis, nei confronti del garante nelle forme ordinarie, entro l’8/07/2015. Ma l’opposta ha mai agito contro l’odierno opponente soltanto nel 2019;

– che l’art. 6 del contratto di fideiussione 16/5/1994, nel quale era prevista la deroga all’art. 1957 c.c., era da dichiararsi nullo, per violazione delle Legge Antitrust, anche nel caso in cui il Tribunale adito ritenesse di non dichiarare la nullità integrale della fideiussione sottoscritta;

che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (A.G.C.M), con proprio provvedimento n. 14251/2005 (prod.

13), aveva rilevato la nullità dell’art. 6 (deroga dei termini previsti dall’art. 1957) del contratto di fideiussione predisposto dall’ARAGIONE_SOCIALE, precisando che “la standardizzazione della clausola in esame produce effetti anticoncorrenziali, in quanto fissa condizioni contrattuali incidenti su aspetti significativi del rapporto negoziale, che impediscono un equilibrato contemperamento degli interessi della parti.

In particolare, tale clausola ha lo scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa”;

– che la Banca d’Italia, con il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 (prod.

14), aveva dichiarato l’illegittimità dell’art. 6 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione omnibus poiché in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90.

Quindi, il decreto ingiuntivo opposto andava revocato, per inosservanza del termine di cui all’art. 1957 c.c., da parte – che l’ipoteca volontaria, garanzia reale collegata alla garanzia personale concessa da era legata al mutuo (che doveva essere restituito in dieci anni) era stata iscritta nei Registri Immobiliari il 13/07/2005 per la durata di anni dieci (prod.9), era scaduta;

– che l’atto di mutuo era stato posto in essere da parte della banca in violazione dei doveri di diligenza, correttezza e buona fede, con conseguente nullità dei negozi in esso contenuti.

in favore di avuto riguardo alle disposizioni relative alla Legge 287/1990 (cd. “ Legge Antitrust”) in quanto tale materia è riservata alla cognizione esclusiva ed inderogabile della sezione specializzata delle imprese;

– la carenza di legittimazione attiva del chiedeva di respingere l’opposizione in quanto infondata in fatto ed in diritto.

Con sentenza n. 360-2023, pubblicata il 06.02.23, il Tribunale di Genova così decideva:

Respinge l’eccezione di incompetenza per materia sollevata dalla Accerta e dichiara la nullità della clausola di cui all’art. 6 del prodotto contratto di fideiussione omnibus del 16/05/1994 e per l’effetto dichiara l’estinzione della fideiussione per intervenuta decadenza di ex art. 1957 c.c. Respinge la domanda di pagamento dell’importo ingiunto fondata dalla sull’ipoteca volontaria de qua;

In accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo , revoca l’opposto decreto ingiuntivo n.316/2020;

Dichiara tenuta e condanna la cod. fisc. ,in persona del leg.rappr. pro-tempore, a rifondere al sig. cod. fisc. le spese di lite, che liquida in € 286,00 ( duecentottantasei/00), per esborsi ed € 4.390,00 ( quattromilatrecentonovanta/00) per compenso professionale, oltre il 15% di rimborso forfettario sul compenso professionale, ex D.M. Min. Giust. n.55 del 10/03/2014, IVA e CPA, come per legge.

” Avverso la predetta sentenza proponeva appello l’opposta in primo grado, la quale insisteva per il rigetto dell’opposizione e, nella denegata e non creduta ipotesi di revoca, anche parziale, del decreto ingiuntivo, per la condanna di al pagamento, in favore dell’odierna appellante, dell’importo di €. 26.059,96 oltre interessi maturati e maturandi da conteggiarsi al tasso dell’euribor, tempo per tempo vigente, maggiorato di 3,5% a far data dal 1/7/2014 al saldo.

L’appellante formulava i seguenti motivi di gravame:

Erroneità del capo della sentenza impugnata con cui il Tribunale – dopo aver dato atto che “parte attrice chiede dichiararsi la nullità della clausola n. 6 inserita nelle condizioni generali della fideiussione impugnata in quanto riproduttiva di uno schema negoziale vietato” ed essersi limitato a richiamare dapprima il provvedimento n 55/2005 con cui la Banca d’Italia ha stabilito che gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per le fideiussioni omnibus sottoscritte negli anni 2002-2005 contengono disposizioni che, se applicate in misura uniforme, sono in contrasto con l’art. 2 comma 2, lett. a) della Legge n° 287/1990 e, di poi, la sentenza n° 41994/2021 con cui le Sezioni Unite del Supremo Collegio hanno statuito la nullità, per violazione della normativa antitrust, delle clausole n. 2, 6 e 8 contenute nelle fideiussioni “a valle” conformi allo schema predisposto dall’ABI e riproduttivo dell’intesa vietata “a monte” – ha dichiarato “la nullità parziale del contratto con riferimento alla clausola sub n. 6 delle condizioni generali …” nonostante la fideiussione per cui è causa sia stata rilasciata nell’anno 1994 e parte attrice non abbia minimamente provato la sussistenza “a monte” di un’intesa anticoncorrenziale. )

Erroneità del capo della sentenza impugnata con cui il Tribunale – dopo aver (erroneamente) dichiarato la nullità parziale del contratto di fideiussione con riferimento alla clausola n. 6 delle condizioni generali – ha conseguentemente (ed altrettanto erroneamente) dichiarato l’estinzione della fideiussione per intervenuta decadenza di ex art. 1957 cod. civ. )

Erroneità del capo della sentenza impugnata con cui il Tribunale ha dichiarato la nullità di una C.F. ) Erroneità del capo della sentenza impugnata laddove il Tribunale, pur in presenza di una garanzia ipotecaria , ha ritenuto comunque applicabile il disposto dell’ art. 1957 cod. civ. Si costituiva la parte appellata chiedendo il rigetto dell’impugnazione in quanto immotivata in fatto e in diritto.

Precisava che si era formato il giudicato interno sui seguenti capi della sentenza:

“nel caso di specie l’ipoteca è stata iscritta nei Registri Immobiliari il 13/07/2005 per la durata di anni dieci (prod.

9 attorea), come risulta anche dalla nota di iscrizione prodotta sub n.3 con il ricorso per la concessione dell’ingiunzione, ed è quindi scaduta ovvero estinta alla data del 12/07/2015;

“la valutazione complessiva delle disposizioni contrattuali e dei rapporti intercorrenti tra le parti rende evidente come l’obbligazione assunta dal garante nel contratto impugnato abbia mantenuto quel carattere accessorio rispetto all’obbligazione principale, che è tipico della fideiussione” (pag. 14 sentenza);

“dal momento che con la presente opposizione a decreto ingiuntivo il sig. si è limitato a proporre un’eccezione riconvenzionale volta a paralizzare la pretesa creditoria di cui all’opposto decreto ingiuntivo, il giudice monocratico di questo Tribunale può essere investito della trattazione dell’odierno giudizio” (pag. 9 sentenza).

Con ordinanza del 22.12.23 la Corte, lette le note di trattazione scritta depositate, ritenuta la causa matura per la decisione, rinviava all’udienza del 19 giugno 2024 (in trattazione scritta) per rimessione della causa in decisione, assegnando alle parti i termini perentori di cui all’art. 352 comma 1 nn. 1, 2 e 3 c.p.c. (sessanta giorni prima dell’udienza per il deposito di note scritte contenenti la sola precisazione delle conclusioni;

trenta giorni prima dell’udienza per il deposito delle comparse conclusionali;

quindici giorni prima per il deposito delle note di replica).

Con ordinanza del 25.06.24, lette le note di trattazione scritta depositate con cui le parti precisavano le conclusioni, la Corte riservava la causa in decisione.

Le parti depositavano tempestivamente comparsa conclusionale e di replica.

Il Consigliere istruttore riferiva della causa al Collegio in data 01.10.2024. .

sui motivi di appello principale Erroneità del capo della sentenza impugnata con cui il Tribunale – dopo aver dato atto che “parte attrice chiede dichiararsi la nullità della clausola n. 6 inserita nelle condizioni generali della fideiussione impugnata in quanto riproduttiva di uno schema negoziale vietato” ed essersi limitato a richiamare dapprima il provvedimento n 55/2005 con cui la Banca d’Italia ha stabilito che gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per le fideiussioni omnibus sottoscritte negli anni 2002-2005 contengono disposizioni che, se applicate in misura uniforme, sono in contrasto con l’art. 2 comma 2, lett. a) della Legge n° 287/1990 e, di poi, la sentenza n° 41994/2021 con cui le Sezioni Unite del Supremo Collegio hanno statuito la nullità, per violazione della normativa antitrust, delle clausole n. 2, 6 e 8 contenute nelle fideiussioni “a valle” conformi allo schema predisposto dall’ABI e riproduttivo dell’intesa vietata “a monte” – ha dichiarato “la nullità parziale del contratto con riferimento alla clausola sub n. 6 delle condizioni generali …” nonostante la fideiussione per cui è causa sia stata rilasciata nell’anno 1994 e parte attrice non abbia minimamente provato la sussistenza “a monte” di un’intesa anticoncorrenziale. L’appellante impugna la sentenza nella parte in cui il Giudice ha dichiarato:

“la nullità parziale del – la fideiussione è stata stipulata in data 16/05/1994;

– l’accertamento della Banca d’Italia (provvedimento n 55/2005) circa l’esistenza di un’intesa illecita sfociata nell’adozione di clausole contrattuali nulle se applicate in misura uniforme si riferisce alle sole fideiussioni omnibus sottoscritte dall’ottobre 2002 al maggio 2005;

– sia la Banca d’Italia che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato hanno riconosciuto la liceità delle clausole n. 2, 6 e 8, sia singolarmente che nel loro complesso, in quanto relative a norme derogabili e che l’effetto anticoncorrenziale era determinato dal fatto che esse risultavano inserite in uno schema negoziale predisposto dall’ABI ed erano quindi suscettibili di essere applicate in maniera uniforme dal “cartello”;

– la parte opponente non aveva provato che la nell’anno 1994, facesse parte di un cartello – intesa vietata “a monte”- che proponeva ai clienti il formulario oggetto di causa.

L’appellato eccepisce l’inammissibilità ex art. 345 c.p.c. di tale ultima deduzione in quanto non tempestivamente allegata nel primo grado di giudizio.

L’appellato sostiene che l’appellante ha formulato questa difesa solo con la comparsa conclusionale.

L’eccezione ex art. 345 c.p.c. è infondata e deve essere respinta.

La parte opposta nella comparsa di costituzione e risposta del 3/9/2020 ( pag. 8) , ha dedotto come non fosse stata offerta prova alcuna in merito alla natura “anticoncorrenziale “ delle intese a monte.

Il motivo di appello è fondato e deve essere accolto.

Questa Corte ha già esaminato la questione con la sentenza emessa nella causa nr. 735/22, che è qui richiamata ex art. 118 c.p.c. disp. att..

Deve essere ribadito che:

secondo l’insegnamento della Suprema Corte “I contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge citata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata – perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza -, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti. (Sez. U, Sentenza n. 41994 del 30/12/2021);

che “La nullità dell’intesa a monte determina, dunque, la «nullità derivata» del contratto di fideiussione a valle, ma limitatamente alle clausole che costituiscono pedissequa applicazione degli articoli dello schema ABI, dichiarati nulli dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005 (nn. 2, 6 e 8) che, peraltro, ha espressamente fatto salve le altre clausole” ( Cass. S.U. cit. in motivazione);

che il provvedimento n. 55/2005 emesso dalla Banca d’Italia il 2/5/2005,ha ad oggetto condotte lesive della concorrenza poste in essere dall’01.11.2002;

che l’accertamento della violazione delle norme anti trust è relativo al predetto periodo e può essere utilizzato quale fonte di prova privilegiata circa la sussistenza di un “cartello” solo per le fideiussioni prestate in tale periodo;

che quindi le azioni o eccezioni di accertamento della nullità delle fideiussioni omnibus prestate al di fuori del periodo preso in esame dalla Autorità Garante devono essere qualificate come “azioni stand alone” mancando un accertamento in sede amministrativa dell’intesa illecita;

che pertanto grava sulla parte che deduce la sussistenza dell’accordo anticoncorrenziale, come in tutte le cause stand-alone in materia di antitrust (peraltro di competenza della Sezione Specializzata in materia anti-trust) , fornire idonea allegazione e prova dell’intesa illecita ex art. 2 L. n. 287/1990;

fatto e non una norma di diritto, per la quale potrebbe valere il principio iura novit curia” ( Cass. Ord. 31569/2019, in motivazione pag.7).

Tutto ciò premesso si rileva nel caso in esame che l’ opponente non ha assolto tale onere;non ha fornito elementi utili ai fini della prova della sussistenza di un’intesa anticoncorrenziale tra le banche, per effetto della quale già nel 1994, al momento della sottoscrizione, vi fosse nel settore creditizio la generalizzata applicazione dello schema contrattuale utilizzato nel caso specifico dalla convenuta opposta o comunque delle clausole delle fideiussioni controverse.

Ritenuto:

che la semplice produzione di fideiussioni antecedenti alla istruttoria della Banca d’Italia prodromica al provvedimento n. 55/2005, non sia idonea a comprovare la sussistenza di un’intesa anticoncorrenziale alla data della stipulazione delle medesime fideiussioni oggetto del giudizio;

che nel caso in esame la prestazione della fideiussione è anteriore non soltanto all’emissione del provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005, ma anche al periodo oggetto di istruttoria da parte dell’Istituto;

che , non può prescindersi, ai fini della declaratoria di nullità parziale della garanzia, dall’accertamento della prova specifica dell’intesa illecita, il cui accertamento non risulta aliunde dal citato provvedimento dell’autorità amministrativa;

che in mancanza di prova che le fideiussioni controverse fossero contratti a valle di un’intesa anticoncorrenziale a monte, non avendo l’opponente fornito elementi utili ai fini dell’accertamento di un’intesa tra banche cristallizzatasi con la predisposizione di uno schema di contratto identico a quello dallo stesso sottoscritto, la domanda di accertamento della “Nullità del contratto di fideiussione per violazione dell’art. dell’art. 2, c. 2, lett. a), L. 287/1990 (c.d. Legge Antitrust)” ( atto di citazione in opposizione pag. 5) deve essere respinta. onseguentemente

deve essere ritenuta la validità della clausola nr. 6 del contratto di fideiussione ggetto di causa circa la “Rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 cod. civ.”.

ali considerazioni sono dirimenti ed assorbenti degli altri motivi di appello, anche in applicazione del rincipio della “ragione più liquida” ( Cass. Sentenza n. 11458 del 11/05/2018).

L’accoglimento dell’appello determina l’accoglimento della domanda di condanna al pagamento della parte opponente, non essendo contestato l’importo richiesto;

non provate cause di estinzione del credito e respinte le eccezioni della parte opponente in primo grado.

Infatti “ L’accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo comporta la definitiva caducazione del provvedimento monitorio, sicché l’eventuale riforma della sentenza di primo grado da parte del giudice d’appello – anche ove impropriamente conclusa con un dispositivo con il quale si “conferma” lo stesso – non determina la “riviviscenza” del decreto ingiuntivo già revocato, che, pertanto, non può costituire titolo per iniziare o proseguire l’esecuzione forzata.

(Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20868 del 06/09/2017).

sulle spese di giudizio Il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, mentre, in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione ( Cass. Sez. L, Sentenza n. 11423 del 01/06/2016). Nel caso in esame le spese seguono il principio della soccombenza e devono essere poste a carico Inferiore ad € 52.000,00= e precisamente:

fase monitoria:€ 1.370,00= per compensi di avvocato;

fase davanti al Tribunale 1.Studio controversia:€ 1.701,00= 2. Fase introduttiva :

€ 1.240,00= 3. fase istruttoria:

€ 1.806,00 4. Fase decisionale:

€ 2.905,00=totale per compensi avvocato:€ 7.616,00= fase davanti alla Corte d’Appello 1.Studio

controversia:€ 2.058,00= .

Fase introduttiva : € 1.418,00= .

Fase istruttoria : € 3.045,00= .

Fase decisionale: € 3.470,00=totale per compensi avvocato:€ 9.991,00=

La Corte di Appello, ogni diversa o contraria domanda, eccezione e deduzione disattesa e reietta, definitivamente pronunciando:

In accoglimento dell’appello dichiara tenuto e condanna , nella sua qualità di garante della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, al pagamento in favore di dell’importo di €. 26.059,96 oltre interessi come in ricorso per decreto ingiuntivo dalla data della notifica dello stesso all’effettivo pagamento;

dichiara tenuto e condanna alla rifusione delle spese di lite dell’intero giudizio di giudizio sostenute da che liquida per compensi di avvocato in € 1.370,00= per la fase monitoria;

in € 7.616,00= per il primo grado di giudizio;

in € 9.991,00= per la fase di appello;

oltre rimborso forfettario, iva e cpa come per legge per ciascuna fase di giudizio ;

manda alla Cancelleria per quanto di competenza.

Così deciso in camera di consiglio alli 01.10.2024 Il Presidente Dott. NOME COGNOME

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