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Codice Civile
Codice Penale

Occupazione abusiva suolo pubblico e canone COSAP

Il Tribunale ha stabilito che l’occupazione abusiva di suolo pubblico, anche se parziale, comporta la corresponsione di un’indennità, ma che il pagamento del canone per la porzione di area legittimamente occupata deve essere detratto dall’importo dovuto a titolo di indennità, al fine di evitare un ingiustificato arricchimento per l’ente pubblico.

Pubblicato il 12 January 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 1408/2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO PRIMA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._48_2025_- N._R.G._00001408_2023 DEL_03_01_2025 PUBBLICATA_IL_03_01_2025

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1408/2023 promossa da:

(C.F. ), personalmente nonché quale legale rappresentante pro tempore della ” (RAGIONE_SOCIALEF. & P.IVA , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME (C.F. ), elettivamente domiciliato presso e nello studio dello stesso in Milano, INDIRIZZO. ATTORE/I contro (C.F. ), in persona del Sindaco pro tempore rappresentato e difeso, dagli Avv.ti NOME COGNOME (C.F. ) e NOME COGNOME (C.F. ), presso i quali è elettivamente domiciliato in Milano, INDIRIZZO, negli Uffici dell’Avvocatura Comunale.

CONVENUTO/I

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da fogli di p.c. depositati telematicamente.

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato la società ed il legale rappresentante della stessa hanno impugnato l’avviso di accertamento esecutivo n. NUMERO_CARTA del 24.11.2022, notificato in data 30.11.2022, per il pagamento del complessivo importo di € 11.596,24, azionato dal per il recupero del canone di C.F. C.F. C.F. C.F. occupazione abusiva di suolo pubblico di cui all’invito di pagamento n. 50/2018, mai saldato.

Parte attrice ha dedotto quanto segue.

L’avviso di accertamento esecutivo opposto fa riferimento al mancato pagamento di una “lettera di invito” (doc. 2), con la quale il Comune di Milano, chiedeva di corrispondere il “canone di occupazione dovuto” pari ad un anno (dal gg 1/1/2018 al gg 31/12/2018) sulla base di un verbale di contestazione del 12/02/2018, ex art. 20 Regolamento Cosap.

Il citato verbale veniva redatto da alcuni Agenti della P.L., che accertavano un’occupazione difforme rispetto alla concessione per l’apposizione di “pendoni in materiale plastico … non a completa chiusura”.

Successivamente il Comune di Milano, RAGIONE_SOCIALE, provvedeva ad inviare una lettera di invito prendendo a riferimento una tipologia di occupazione diversa rispetto ai pendoni, ovvero quella che prende il nome di “controventature permanenti”.

La società attrice contesta di avere mai realizzato una struttura permanente, adducendo la conformità di quanto realizzato alla concessione rilasciata dal Comune di Milano per il medesimo spazio, oltre al regolare pagamento del canone effettuato da parte della stessa società attrice per l’anno 2018, pari ad euro 4.312,51.

La difesa di parti attrici ha concluso chiedendo di dichiarare la nullità/annullabilità dell’avviso di accertamento esecutivo per carenza di motivazione e per la non certezza e liquidità del credito azionato, oltre che per l’insussistenza della violazione, perché i fatti contestati non corrispondono ad alcuna violazione di norme.

In via subordinata ha chiesto di rideterminare il canone richiesto sulla base della temporaneità dell’abuso e di scorporare quanto pagato a titolo di Cosap per l’annualità cui si riferisce l’accertamento (anno 2018).

Si è costituito, con comparsa depositata telematicamente in data 1.06.2023, il , che ha dedotto ed eccepito quanto segue.

La società era titolare di concessione per l’occupazione di suolo pubblico in prossimità di INDIRIZZO mediante tavoli, sedie, tenda ombra-sole e ombrelloni, contenente l’indicazione di particolari condizioni, rilasciata dal Comune di Milano in data 27.04.2017.

In data 12.02.2018 Agenti della Polizia Locale effettuavano un sopralluogo in INDIRIZZO accertando e contestando, attraverso l’elevazione del verbale n. NUMERO_DOCUMENTO, accompagnato dal verbale di sopralluogo n. 3327 e dalla relativa documentazione fotografica, “l’occupazione suolo e spazio pubblico DIFFORME rispetto OSP 11200/2017 mediante tavoli, sedie, ombrelloni delimitati su 4 lati da pendoni in materiale plastico.

Si precisa che l’occupazione in questione è posizionata a INDIRIZZO. 1,00 dal muro dello stabile”.

Il verbale regolarmente redatto veniva notificato alla e al e conteneva l’irrogazione della sanzione ex art. 20, comma 3, lett. c) del Regolamento COSAP, con espresso avviso che sarebbero seguite le notificazioni per il recupero dell’indennità e per la sanzione, di cui, rispettivamente, alla lett. a) e b) dell’art. 20, comma 3, del Regolamento COSAP.

Le parti attrici hanno presentato osservazioni scritte, hanno provveduto al pagamento della sanzione di cui alla lett. c del citato art. 20 e il Settore Finanze ed Oneri Tributari ha emesso e notificato l’avviso n. 50/2018, per l’importo di € 11.212,53 dovuto a titolo d’indennità ex art. 20, comma 3, lett a), del Regolamento COSAP;

non risultando pervenuto alcun pagamento da parte dell’intimato, il ha provveduto ad emettere, ex art. 1, comma 792, L. 160/2019, l’atto di riscossione n. NUMERO_CARTA per euro 11.596,24.

convenuto ha concluso deducendo la legittimità della procedura di riscossione e del procedimento amministrativo in tutte le loro fasi, la certezza, liquidità ed esigibilità del credito azionato, oltre alla correttezza della cifra dovuta, calcolata secondo parametri legislativamente previsti e comunicati e, quindi, conosciuti dal debitore ingiunto.

Nel corso della prima udienza del 21.06.2023, questo giudice concedeva i termini ex art. 183, 6° comma, 1-2-3 c.p.c.;

ammessi alcuni capitoli di prova formulati dalla difesa di parte attrice, si procedeva all’assunzione di un teste nel corso dell’udienza del 27.02.2024, all’esito della quale, ritenuta la causa sufficientemente istruita, veniva fissata udienza cartolare di precisazione delle conclusioni, con termine perentorio per il deposito delle note sostitutive d’udienza al 4.07.2024;

con ordinanza del 8.07.2024, questo Giudice verificato il deposito delle note contenenti la precisazione delle conclusioni, assegnava i termini ex art. 190 c.p.c. e tratteneva la causa in decisione.

La fattispecie dedotta in giudizio richiede un sia pur breve, preliminare inquadramento normativo.

Quanto alla natura e alle caratteristiche dell’atto impugnato, si osserva che il agito mediante un avviso di accertamento esecutivo, previsto e disciplinato dall’art. 1, comma 792, L. n. 160/2019.

Si tratta di un atto impositivo-esattivo, che supera il binomio esattoriale e fa discendere dal decorso del termine di 60 giorni entro cui effettuare il pagamento la portata costitutiva della natura di titolo esecutivo dell’avviso di accertamento.

In sostanza l’atto ha valore di titolo esecutivo e di precetto.

Contro lo stesso l’intimato può proporre opposizione dinanzi all’Autorità Giudiziaria Ordinaria competente, secondo il disposto dall’art. 3 del R.D. 14.4.1910 n. 639, così come modificato dal D.Lgs. 150/2011 art. 32, nel termine di 30 giorni dalla data di notifica dell’avviso di accertamento esecutivo.

Dal punto di vista della pretesa sostanziale, non pare inutile richiamare quanto affermato dalla Suprema Corte in merito alla natura del canone per cui è causa.

In particolare, la Corte di Cassazione (si veda Cass. 6.08.2009 n. 18037) ha stabilito che:

“Il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, istituito dall’art. 63 D.L.vo n. 466/97, come modificato dall’art. 31 della L. n. 448 del 1998, è stato concepito dal legislatore come un quid ontologicamente diverso, sotto il profilo strettamente giuridico, dalla tassa per l’occupazione di aree pubbliche;

esso è, infatti, configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici ed è dovuto non in base alla limitazione o sottrazione all’uso normale o collettivo di parte del suolo, ma in relazione all’utilizzazione particolare (o eccezionale) che ne trae il singolo….”.

L’art. 63 del citato D.lg. 446/1997, prevede la facoltà per i Comuni di “prevedere per l’occupazione, sia permanente che temporanea di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile …sia assoggettata al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa.

Il pagamento del canone può essere anche previsto per l’occupazione di aree private soggette a servitù di pubblico passaggio costituita nei modi di legge.

” Il primo comma dell’art. 63 prevede che l’ente preposto possa discrezionalmente scegliere, mediante regolamento, approvato secondo quanto stabilito dall’art. 52 del D.lg. 446/1997, se applicare una tassa o un canone;

l’amministrazione del Comune di Milano ha scelto di applicare un canone a tutte le occupazioni di spazi ed aree pubbliche, mediante regolamento, in vigore dal 1.01.2000.

L’art. 20 del regolamento, rubricato “Occupazioni abusive” stabilisce che:

“1. Le occupazioni effettuate senza concessione o autorizzazione comunale sono considerate abusive.

Sono considerate altresì abusive le occupazioni:

a) difformi dalle disposizioni dell’atto di concessione o di autorizzazione;

b) che si protraggono oltre il termine di loro scadenza senza che sia intervenuto rinnovo o proroga della concessione o dell’autorizzazione, ovvero oltre la data di revoca, decadenza o sospensione della concessione o dell’autorizzazione medesima.

2.

Ai fini dell’applicazione del canone le occupazioni abusive si considerano permanenti se realizzate con impianti o manufatti di carattere stabile;

altrimenti si considerano temporanee ed in quest’ultimo caso l’occupazione si presume effettuata dal trentesimo giorno antecedente la data del verbale di accertamento redatto da competente pubblico ufficiale.

3. L’accertamento dell’occupazione abusiva, effettuata mediante verbale redatto da competente pubblico ufficiale, comporta per il trasgressore l’obbligo di corrispondere:

a) un’indennità pari al canone che sarebbe stato determinato se l’occupazione fosse stata autorizzata aumentata del 30% (trenta per cento);

b) una sanzione amministrativa pecuniaria il cui minimo edittale coincide con l’ammontare della somma di cui alla lettera a) ed il massimo edittale corrisponde al suo doppio.

Per l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria si applicano le norme di cui alla L. 24 novembre 1981 n. 689;

c) le sanzioni stabilite dall’art. 20, commi 4 e 5, del nuovo C.d.S. approvato con D.Lgs. 30/04/92 n. 285.

4. Fatta salva ogni diversa disposizione di legge nei casi di occupazione abusiva di spazi ed aree pubbliche, il Comune ordina al trasgressore la rimozione dei mezzi di occupazione assegnando un congruo termine per provvedervi.

Decorso inutilmente tale termine, la rimozione è effettuata d’ufficio con addebito delle relative spese.

In tal caso il non risponde dei danni causati ai mezzi di occupazione durante la rimozione.

” Quanto alla natura dell’azione svolta da e dal , deve essere qualificata come azione di accertamento negativo in ordine alla sussistenza del credito richiesto dal infatti, indipendentemente dalle conclusioni finali volte alla mera dichiarazione di illegittimità/nullità dell’atto impugnato, alla luce delle considerazioni espresse nel corpo della citazione, può considerarsi formulata la domanda volta all’accertamento della assenza di presupposti per la contestazione del canone per occupazione abusiva, presupposti il cui onere probatorio grava sul convenuto. Fatte queste premesse, all’esito della trattazione, ritiene il Tribunale che la domanda di parte attrice opponente possa trovare parziale accoglimento, per i motivi che seguono.

Non può trovare accoglimento, perché infondata, la contestazione formulata da parti attrici di avere mai realizzato una struttura permanente, adducendo la conformità di quanto realizzato alla concessione rilasciata dal Comune di Milano.

ha ottenuto in data 27.04.2017 atto di concessione per occupazione di suolo pubblico contenente precise indicazioni sulle modalità con le quali l’occupazione stessa dovesse essere effettuata.

In particolare, è stata concessa l’occupazione di un’area di 45 mq. da effettuarsi mediante tavoli sedie ed ombrelloni.

Nel settore “Condizioni Particolari” dello stesso atto, il Comune di Milano ha espressamente indicato che “L’area per tavoli e sedie andrà collocata rasente il muro dello stabile, sarà coperta da ombrelloni e sarà dotata di irradiatori di calore a gas, sgabelli porta menù, piani d’appoggio e arredi”.

Le indicazioni fornite dal Comune di Milano sulle modalità dell’occupazione sono particolarmente puntuali e stringenti:

il Comune specifica che la tenda solare potrà essere aperta solo in alternativa agli ombrelloni, nei periodi in cui non avviene l’esposizione degli Enti per la somministrazione.

Inoltre, lo stesso atto, nella sezione “Norme generali” dispone chiaramente che è vietata l’apposizione di teli laterali di chiusura.

La stessa scheda n. 5 (doc. 10 di parte attrice) fornisce indicazioni particolarmente puntuali sulle caratteristiche degli ombrelloni, tra le quali l’unico punto d’appoggio al suolo, la proiezione degli stessi (contenuta entro i limiti dell’area data in concessione), l’altezza della punta delle stecche, l’uso, nel centro storico, di strutture in legno naturale con telo chiaro in doppio cotone impermeabilizzato e la circostanza che eventuali scritte pubblicitarie devono essere autorizzate preventivamente dal Settore competente. A fronte di tali puntuali e stringenti indicazioni, l’occupazione effettuata dalla necessariamente difforme sia per quanto riguarda la collocazione degli arredi non in aderenza al muro dello stabile, sia per quanto attiene all’apposizione dei pendoni.

Con il verbale di contestazione n. NUMERO_DOCUMENTO, elevato a seguito di verbale di sopralluogo n. 3327 del 12.02.2018, e relativa documentazione fotografica, La Polizia Locale ha constatato “l’occupazione suolo e spazio pubblico DIFFORME rispetto OSP 11200/2017 mediante tavoli, sedie, ombrelloni delimitati su 4 lati da pendoni in materiale plastico.

Si precisa che l’occupazione in questione è posizionata a INDIRIZZO. 1,00 dal muro dello stabile”.

Tali difformità rispetto all’oggetto della concessione, oltre che risultare dal verbale di contestazione, venivano provate mediante documentazione fotografica (doc. 8 di parte attrice e doc. 5 di parte convenuta).

Del resto, si osserva che, nella fattispecie, sono allegate agli atti complessivamente n. 4 fotografie, che mostrano inequivocabilmente che l’area autorizzata è discostata di circa un metro dalla facciata dell’edificio e risulta protetta da pendoni (vietati dall’atto di concessione) che partono dagli ombrelloni e sono ancorati al suolo o ai new jersey posti sul lato sinistro della struttura, determinando così una tipologia di occupazione difforme da quella concessa, atteso che è stata creata una struttura in gran parte chiusa, una sorta di veranda, che ha indebitamente esteso l’area utilizzabile e fruibile dagli avventori del locale anche durante il periodo invernale. Questo giudice ritiene che la protezione di gran parte dell’area esterna, posta a più di un metro dall’edificio, in violazione delle prescrizioni, con pendoni di plastica applicati agli ombrelloni ed ancorati al suolo abbia potenziato la fruibilità dell’area data in concessione, tanto più in abbinamento con gli irradiatori di calore, questi sì autorizzati, determinando un’occupazione difforme e quindi abusiva.

Inoltre, la circostanza, contestata dalla Polizia locale e documentata dalle fotografie allegate, che l’area occupata fosse posta non in aderenza all’edificio, come prescritto dal titolo concessorio, bensì a distanza di 1 metro dallo stesso ha determinato la creazione di un corridoio “non occupato”, ma di fatto utilizzato dal pubblico esercizio per il passaggio dal locale all’area concessa e, quindi, utilizzato in via esclusiva per tale attività.

Tali evidenze probatorie non possono essere superate da quanto riferito dal teste nel corso dell’udienza istruttoria dal 27.02.2024.

Il teste escusso, dipendente della ha confermato che al momento del controllo i teli di plastica erano applicati e in uso, che il titolare ha ordinato di rimuoverli subito, che in ogni caso i teli di plastica vengono ancora utilizzati “…e li mettiamo solo su un lato quando fa freddo e piove.

Si tratta di teli di plastica che si attaccano con lo strappo sull’ombrello e poi ci mettiamo le pinze” Anche le successive dichiarazioni del “Di solito i teli venivano applicati solo su due lati, non su tre come nelle foto.

Forse in quell’occasione pioveva forte.

Specifico che quelli della foto sono ombrelli vecchi che ora non abbiamo più.

Specifico che molto raramente, anche in passato, la disposizione dei teli è stata quella che mi si mostra.

Sarà capitato due o tre volte massimo da quando lavoro qua.

Si tratta di teli a strappo, non sono fissi, noi chiudiamo l’ombrello e portiamo tutto dentro” non superano le evidenze documentali, atteso che dalle fotografie prodotte si evidenzia che i teli erano applicati su quattro lati, sebbene non completamente chiusi, in assenza di pioggia o di eventi metereologici avversi.

Inoltre, l’utilizzo costante o quantomeno frequente dei teli è provato dalle stesse dichiarazioni del oltre che dalla circostanza che la è stata oggetto di numerosi controlli nel corso degli anni, da cui sono scaturiti altrettanto numerosi verbali emessi dalla Polizia Locale nei confronti della società, come provato dalle allegazioni del convenuto (docc. 11-13).

Questo Tribunale ha più volte statuito che le circostanze dedotte in giudizio integrano una fattispecie di occupazione abusiva di suolo pubblico, dal momento che, il carattere illecito di tale condotta non si rinviene solo nel caso di estensione dello spazio occupato oltre i limiti dimensionali indicati nell’atto autorizzativo, bensì anche nell’ipotesi di utilizzazione dello spazio consentito con modalità ed elementi di arredo diversi da quelli stabiliti tassativamente nella concessione, tanto più che lo stesso disciplinare COSAP prescrive espressamente che “sono vietati tutti i manufatti non autorizzati nell’atto di concessione” e che “i manufatti di arredo non previsti specificatamente dovranno essere indicati nella richiesta e formalmente autorizzati” (C. App. Milano n. 181/2024 e n. 1418/2024; T. Mi. n. 2026/2021; Trib. Milano, Sez. I, n. 10287/2022).

Quanto alla sentenza n. 916/2024, che ha annullato la sanzione di cui alla lettera b) dell’art. 20, comma 3, Reg. Cosap, si osserva che secondo la giurisprudenza sia di legittimità che di merito i due giudizi sono assolutamente indipendenti, vertendo l’uno sull’applicazione di una sanzione e l’altro, quello che qui interessa, sulla determinazione del canone da versare in caso di occupazione difforme da quanto concesso.

In particolare, la giurisprudenza ha confermato che i provvedimenti sanzionatori adottati ai sensi della L. 689/1981 e gli eventuali provvedimenti giudiziali afferenti agli stessi, non producono alcun effetto rispetto alla legittimità dell’atto di riscossione impugnato nel presente giudizio.

Accertata, quindi, l’esistenza della violazione, si osserva che l’iter procedimentale seguito dal , per la determinazione dell’indennità prevista dall’art. 20 comma 3 lettera a), in caso di violazione del canone Cosap, risulta chiaro nell’indicazione delle norme violate e dei parametri utilizzati per la determinazione dell’importo e, come tale, perfettamente aderente al dettato legislativo.

Con il verbale di contestazione n. NUMERO_DOCUMENTO (doc. 3), accompagnato dal verbale di sopralluogo n. 3327 (doc. 4) e dalla relativa documentazione fotografica (doc. 5), sopralluogo effettuato in data 12.02.2018, la Polizia Locale accertava, “..

l’occupazione suolo e spazio pubblico DIFFORME rispetto OSP 11200/2017 mediante tavoli, sedie, ombrelloni delimitati su 4 lati da pendoni in materiale plastico.

Si precisa che l’occupazione in questione è posizionata a INDIRIZZOINDIRIZZO 1,00 dal muro dello stabile.

” Il verbale contiene l’avviso che “Seguiranno le notificazioni x il recupero delle sanzioni ed indennità di cui le lettere A e B – art. 20 Reg. Cosap”.

Giova rammentare che il verbale d’accertamento, nel quale vengono analiticamente descritte le violazioni personalmente accertate dagli agenti della Polizia Locale, costituisce piena prova delle infrazioni contestate.

Infatti, nel giudizio d’opposizione, la verità dei fatti direttamente rilevati dall’agente accertatore può essere contestata solo avvalendosi del procedimento di querela di falso, che nel presente giudizio non è stato esperito (Cass, sez. lav. n. 23800/2014), rendendo così incontrovertibili i fatti stessi.

Come affermato dalla Cassazione il verbale d’accertamento dell’infrazione fa piena prova fino a querela di falso dei fatti attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento, oppure da lui compiuti, nonché riguardo alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti (Cass. 15966/2012).

Il verbale è stato regolarmente notificato, contiene la puntuale descrizione delle condotte illecite contestate, oltre all’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria, nella misura ridotta di € 226,67, prevista dal Codice della Strada – come disposto dall’art. 20, comma 3, lett. c), del Regolamento COSAP.

Parti attrici hanno presentato osservazioni scritte ai sensi dell’art. 18 L. 689/1981 ed all’esito del procedimento Amministrativo il ha emesso l’ordinanza – ingiunzione n. 13278/2018/ 8/2/1 per il pagamento della sanzione di cui alla lett. c del citato art. 20, sanzione pagata dall’opponente (doc. 6).

Successivamente, sulla base del rapporto di servizio e del suddetto verbale della Polizia Locale, il Settore Finanze ed Oneri Tributari, ha emesso l’avviso n. 50/2018, per l’importo di € 11.212,53 dovuto a titolo d’indennità ex art. 20, comma 3, lett a), del Regolamento COSAP (doc. 7);

il suddetto invito, regolarmente notificato, contiene la puntuale indicazione di tutti gli elementi utilizzati per la determinazione dell’indennità dovuta, quali la tipologia dell’occupazione, la categoria viaria, la superficie, la tariffa, il canone, il tempo d’occupazione, oltre all’aumento del 30%.

La tariffa applicata è stata esplicitamente indicata nell’avviso di pagamento inviato prima dell’atto di riscossione, fornendo alla società e al tutti gli elementi necessari all’identificazione del comportamento illecito contestato, della normativa applicabile ed applicata, dei parametri di calcolo utilizzati per la determinazione dell’indennità applicata, aumentata del 30%.

Tale avviso, regolarmente notificato, è stato espressamente richiamato nel provvedimento impugnato, ove sono state citate le normative di riferimento e viene chiaramente riportato – nella Tabella A – il dettaglio delle voci di debito calcolate dal Settore per determinare l’importo dovuto e richiesto.

La regolarità e l’aderenza al dettato legislativo del procedimento seguito dal attestano l’infondatezza delle eccezioni di carenza di motivazione dell’atto impugnato e di mancanza dei requisiti di certezza e di liquidità del credito azionato.

Quanto infine alla contestazione del carattere permanente della struttura abusiva formulata dalla difesa della , che ha sostenuto che si tratterebbe di tende di plastica asseritamente apposte occasionalmente e facilmente rimovibili, si osserva che al fine di distinguere tra occupazione permanente o temporanea, non è sufficiente la considerazione della sola durata (infra o ultra annuale) dell’occupazione del suolo pubblico oggetto dell’atto di concessione, dovendosi, invece, verificare sempre se l’atto di concessione limiti o meno l’occupazione ad alcuni giorni della settimana e/o ad alcune ore del giorno, poiché tale limitazione importa la natura temporanea della stessa (ex plurimis, Cass. Civ. n. 31718 del 07-12-2018). Nel caso di specie l’atto concessorio non contiene alcuna limitazione temporale all’occupazione di suolo pubblico da parte di che, pertanto, deve essere considerata permanente.

Sul punto si osserva, ulteriormente, che l’onere probatorio sulla circostanza che i pendoni fossero stati applicati solo quel giorno gravava su parte attrice e che non è stato assolto, sia in considerazione delle riportate dichiarazioni del teste escusso, sia sulla base delle prove documentali fornite dal di Milano (docc. 11 – 13), che attestano l’uso prolungato e frequente da parte della società dei pendoni non autorizzati.

Con riferimento alla domanda svolta in via subordinata da parti attrici, ritiene il Tribunale di dovere accogliere la richiesta di rideterminazione del canone dovuto, diminuendo l’importo ingiunto dal per le ragioni e nei soli limiti di seguito indicati.

Parti attrici opponenti hanno affermato e provato (docc. 7 e 11) di avere regolarmente provveduto al pagamento del canone per quanto oggetto di concessione, con riferimento all’annualità oggetto d’ingiunzione (2018).

La documentazione allegata dimostra l’avvenuto versamento del canone OSAP relativo all’anno 2018, così come identificato, nel suo ammontare, dallo stesso nella somma di € 4312,51.

Orbene, l’aggiunta di elementi abusivi e le modalità di occupazione difformi dall’assentito, non consentono di ritenere legittima l’occupazione;

tuttavia, la corresponsione di una somma a titolo di canone per l’occupazione di una porzione dell’area pubblica complessivamente utilizzata, costituisce credito della debitrice, da porre in compensazione con la maggior somma dovuta a titolo di indennità, non potendo il pena un ingiustificato arricchimento, pretendere per una porzione della medesima area, sia il pagamento di un canone per occupazione legittima, che il pagamento di un indennità per occupazione abusiva.

Dall’importo richiesto con l’avviso di accertamento opposto deve, pertanto, essere sottratta la somma già versata da per l’annualità in esame (2018), pari a euro 4.312,51, con un residuo dovuto di euro 7.283,73.

Sono dovuti gli interessi di legge sulla somma così rideterminata a far tempo dal dovuto al saldo effettivo.

Le spese di lite seguono la soccombenza ai sensi dell’art. 91 c.p.c. e sono liquidate in favore del convenuto e a carico delle parti attrici in solido, nella misura direttamente determinata in dispositivo, avuto riguardo al valore della causa come ritenuto in sentenza, all’attività difensiva effettivamente prestata e all’articolazione delle questioni di fatto e di diritto affrontate, e diminuita di 1/3, tenuto conto dell’accoglimento della domanda svolta in via subordinata dalle parti attrici.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

in parziale accoglimento della domanda svolta da accerta che l’indennità d’occupazione abusiva indicata nell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO del 24.11.2022 deve essere rideterminata nella somma di €. 7.283,73; condanna parti attrici in solido al pagamento in favore del delle spese di lite, che liquida in complessivi € 3.384,00 per compensi, somma già decurtata di 1/3 per le motivazioni esposte, oltre spese generali al 15% ed oneri riflessi.

Milano, 3 gennaio 2025 Il Giudice NOME COGNOME

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